Scroll Top

I santi segni. Romano Guardini, parte 11

S. Messa

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 11»
Martedì 16 maggio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Gv 16, 5-11)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 16 maggio 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo sedicesimo del Vangelo di San Giovanni, versetti 5-11.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini, I Santi Segni.

Oggi rifletteremo su “L’incedere”. Sentiamo che cosa scrive.

Quanti sanno camminare con dignità, incedere? Non è affatto un affrettarsi e correre, bensì un movimento composto. Non un pigro trascinarsi innanzi, bensì un avanzare virile. Chi incede cammina con agile piede, non strascica; diritto, senza impacci, non curvo; non incerto, bensì in saldo equilibrio.

Forse nella nostra vita non abbiamo mai riflettuto sull’incedere, non abbiamo mai riflettuto sul camminare, sul modo con il quale noi camminiamo. Non è uguale incedere in un modo o nell’altro, perché tanto l’importante è arrivare a destinazione, no! C’è camminare e incedere. Incedere  — quindi questo camminare con dignità — non è affrettarsi e correre — ci dice Guardini — camminare con dignità è un movimento composto, è un avanzare virile, è camminare con agilità, essere dritto, avere un saldo equilibrio.

Lasciando da parte le patologie — non è colpa di nessuno se una persona ha un problema al piede, al ginocchio, se ha un problema di equilibrio, una persona anziana, ma questo è un altro discorso — per chi è sano è importante osservarsi nel camminare. Perché non di rado il nostro camminare è frettoloso; non è camminare, è un semi-correre; non è un camminare, è un trascinarsi; un trascinarsi come di quelli che sbattono le pantofole quando camminano in casa, quelli che non sanno sollevare i piedi, camminano strisciando, hanno confuso il pavimento con una pista da sci. Ci sono queste persone che sbattono le ciabatte mentre camminano. “Ma scusa, alza i piedi! Perché li trascini questi piedi?”. È una forma di pigrizia. E lui, infatti, parla di “strascicare” senza agilità, non c’è agilità in quel movimento. C’è chi cammina e fa un rumore incredibile. Poi c’è chi cammina tutto piegato, tutto storto, curvo. Poi un camminare quasi dubbioso; avete presente il bradipo? Che per fare un movimento sta lì, continua a farlo e rifarlo, che uno dice: “Forza, attaccati a ‘sto ramo, su… su, attaccati a ‘sto ramo, no?”. E-e-e-prova, e-e-e-e riprova, e-e-e-e riprova, questo “tartagliare del movimento”. C’è un tartagliare, un balbettare, delle labbra, della lingua e c’è un tartagliare del movimento. Oppure chi sembra che non riesca, che faccia fatica a stare in piedi, persone he non sono in equilibrio, non riescono a stare in equilibrio.

Tutto questo è assai diverso dal camminare con dignità, cioè dall’avere un portamento nel nostro modo di camminare. Anche nello stare seduti è la stessa cosa, anche nello stare seduti c’è un portamento.

Scrive Guardini:

È cosa piena di nobiltà un giusto incedere. Senza impacci eppur composto in distinto contegno. Lieve ed energico, diritto e vigoroso, senza sforzo, eppure pieno di forza protesa in avanti. Si tratti dell’incedere dell’uomo e della donna, in questa forza si presenta una nota di gravezza o di letizia: essa porta un peso esteriore oppure un mondo interiore di pace luminosa.

E com’è bello quest’incedere quando è pio!

Quindi lui ci dice che c’è grande nobiltà nel “giusto incedere” e ce l’ha descritto ancora una volta. Può anche essere un incedere che porta un peso. Perché lui dice che può esserci “una nota di gravezza” oppure “di letizia”, “un mondo interiore di pace luminosa” che traspare dal modo in cui camminiamo. Oggi, se voi notate, non c’è tanta compostezza e dignità nel modo di camminare. Non si fa più caso a questo aspetto, a questo segno del nostro corpo, del nostro atteggiamento esteriore.

E com’è bello quest’incedere quando è pio!

Sentite un po’:

Può assurgere a schietta liturgia. Quale semplice portarsi dinanzi a Dio in consapevolezza e reverenza, come quando si avanza in chiesa, nella casa dell’altissimo Signore e in speciale maniera sotto i Suoi occhi.

Assurgere a schietta liturgia”, cioè quando il nostro camminare è pio, già il camminare diventa una liturgia, è un portarsi dinanzi a Dio consapevoli di quello che si sta facendo, a chi lo si sta facendo, avanzare in chiesa sotto gli occhi di Dio. Un camminare non è uguale a quell’altro. No!

Oppure assurgere ad accompagnamento di Dio, come quando incediamo nelle processioni: il pensiero forse ti corre a disordinati pigia-pigia

È veramente bravo, Guardini! Uno dice: “In un testo di teologia, tutto mi immagino di leggere tranne che i pigia-pigia, comunque va bene, questo è un nuovo termine, una espressione che ci teniamo cara, i pigia-pigia. Quindi: 

il pensiero forse ti corre a disordinati pigia-pigia, allo strascinarsi e curiosare annoiato di tante processioni.

Beh, in effetti, il nostro incedere può essere anche un accompagnamento di Dio — lui ci dice — come nelle processioni; pensate a quelle belle e forse quasi ormai estinte processioni del Corpus Domini, che purtroppo sembrano dei pigia-pigia: non c’è ordine, c’è uno strascinarsi annoiato, pigro. Pensate quando voi vedete la processione per accompagnare un defunto o in chiesa o al cimitero, che alle volte è veramente inquietante, si respira tutto tranne che raccoglimento, tranne che accompagnamento della salma, tranne che preghiera, tranne che essere pio. Si respira curiosità, c’è un pigia-pigia incredibile, sembra di essere alla fiera degli “Oh Bej! Oh Bej!” a Milano, che uno dice: “Aspetta un attimo, che qui chi può si salvi!”. 

Scrive:

Potrebbe mai esservi cosa più festosa e lieta dei fedeli che accompagnano il Signore per le vie della città o per i campi, «sua proprietà», procedendo tutti con cuore orante, gli uomini con passo vigoroso, le donne nella loro dignità materna, le fanciulle liete, nella loro giovinezza, di pura grazia, i giovani nella loro forza contenuta? …

È festoso, è bello e gioioso, ti allarga il cuore vedere i fedeli che, secondo la loro età, la loro natura, il loro stato, accompagnano il Signore per le vie della città e dei campi. Abbiamo parlato adesso appunto, delle processioni, ad esempio, del Corpus Domini, per esempio, oppure le processioni alla Vergine Maria. E vedere queste persone che procedono con un cuore orante, cioè che pregano, e che quindi hanno un passo composto: chi vigoroso, chi con la sua dignità materna, chi lieto, chi con una forza contenuta. Vedete che bello, no? Sembra proprio di vedere un giardino di fiori vari, ognuno col suo colore.

Così una rogazione potrebbe assurgere a preghiera corporea!

Io so che alcuni di voi non sanno neanche cosa sono le rogazioni. E per questo vi rimando ad andarle a cercare, così vedrete che belle che erano queste preghiere che si facevano, duravano tre giorni, dove si …  — vabbè, ve lo sto già dicendo io, comunque andate a leggerle — dove si benedicevano i campi — c’è proprio la processione e poi la benedizione e l’incensazione dei campi — poi i corsi d’acqua, e poi la città; per chiedere al Signore la benedizione della pioggia, evitare il flagello della grandine, affinché non mancasse mai l’acqua, affinché non ci fossero straripamenti dei corsi d’acqua, affinché sulla città non accadesse niente di male… bellissime! Io nella mia vita sacerdotale ho avuto la grazia di poterle fare molte volte, e ho sempre visto un concorso di popolo elevatissimo, tanta gente partecipava alle rogazioni.

Da piccolino non le ho mai vissute; da ragazzo, poi, le ho conosciute e mi ricordo di qualche frate anziano [quando ero già sacerdote] che me ne parlò dicendomi: “Eh, padre, se si recuperassero le rogazioni! Quest’anno non sarebbe venuta la grandine che ha buttato giù tutti i nostri bellissimi kiwi, che ha buttato giù i grappoli d’uva, che ha rovinato l’orto …”, e a me sembravano cose un po’ d’altri tempi, magari anche un po’ superstiziose, dicevo: “Ma vabbè, ma cosa c’entra la grandine, cosa c’entra la siccità, cosa c’entrano le intemperie naturali col fatto delle rogazioni?”. Poi me le sono andate a leggere, le ho un po’ studiate, e mi sono detto: “Mah… Perché no? Perché no? Perché non credere, non prestare fede a tutto questo?” Vi ricordate quando Guardini parlava delle cose antiche, delle cose nuove? Ecco! E allora ho cominciato a farle.

Guardate, vi racconto la mia esperienza, poi ognuno è libero di credere, non credere, di dire: “è un caso”. 

Io sono rimasto colpito da una volta che avevamo fatto le rogazioni e, circa un mesetto dopo, è venuto una sorta di uragano. Mi ricordo che c’era una persona che veniva alla Messa, è stata presa con la macchina, spostata di corsia, ribaltata in un campo! Non abitavamo a Timor Est, è una zona assolutamente tranquilla. Mi ricordo che sono andate anche le immagini su YouTube, han fatto dei video, è stato veramente un flagello: ha scoperchiato dei capannoni, delle case, ha sradicato delle piante. Fortissimo! È stata una tromba d’aria potentissima. Mi ricordo che l’officina di un meccanico che conoscevamo, una grande officina, una bellissima officina, è stata distrutta. Un disastro, la tromba d’aria ha preso tutto il tetto dell’officina, l’ha strappato via, ha ribaltato i TIR, ha smosso le macchine… guardate: un disastro! Sembrava che fosse venuto veramente uno tsunami, terribile! E mi ricordo che tutto questo fu accompagnato da una grandinata che ha spaccato tutto. Tutto! Non vi dico le piante, le foglie, i frutti, un disastro!

Voi non ci crederete: tutta la zona del convento è stata preservata la tromba d’aria le ha girato intorno. Noi non abbiamo avuto una foglia caduta per il troppo vento. Niente! Non abbiamo perso un kiwi! Io sono voluto andare a vedere, perché questo frate mi ha detto: “Venga, venga padre, venga a vedere. Guardi, guardi per terra. Quanti kiwi ci sono?”. Non c’era un acino d’uva. Che io poi, guardandomi intorno, dicevo: “Non è possibile… Ha portato via le macchine, ma com’è possibile che a noi non sia caduto neanche un chicco d’uva e non sia caduto un kiwi?”  L’orto non ha subito un danno, niente! Sono rimasto molto colpito da questo. Uno dice: “Ah vabbè, ma è un caso, il meteo, è girato di qui piuttosto che di là”. Ognuno è libero di dare l’interpretazione che vuole, però questo è un dato di fatto: ci ha girato intorno, ci ha proprio girato intorno, ma non ha toccato il convento.

Così come un’altra volta, a una processione del Corpus Domini, un tempo da lupi. Era giugno, eppure… un buio, una tenebra, sembravano le tenebre d’Egitto. A giugno, sapete, ci sono delle giornate bellissime; quindi, avevamo preparato tutto per fare la processione, tutto bello, poi c’era tutta la gente… 

E allora subito sono arrivati gli Armageddon di turno e han cominciato: “No, ma padre, non si può uscire, guardi, si sta per scatenare l’universo, se usciamo ci bagneremo tutti, poi c’è l’ostensorio, il Santissimo, chissà che disastro… e su e giù…”. 

I ragazzi, i bambini avevano portato cesti interi pieni di petali di rose bellissime, dai 1000 colori, stupende, li avevano tenuti nelle celle frigorifere per farli mantenere, ma vi dico, guardate, bellissimo, non so se ci sarà su YouTube ancora qualche video di queste processioni, non lo so, non son più andato a rivederlo, ma probabilmente c’è ancora, insomma bellissima, veramente bellissima. Di questa però che sto dicendo non credo che ci siano state riprese, di altre sì, ma di questa non credo, perché non erano ancora gli anni in cui si riprendeva.

E insomma, ho detto: “Sentite, abbiamo programmato la processione Eucaristica, usciamo. Al massimo ci bagneremo, cosa dobbiamo fare? Chi dice ai bambini, che sono stati due giorni e quasi due notti ad andare a “spetalare” le rose di tutti i giardini che ci sono nel vicinato: «No, prendiamo tutto e buttiamo via, perché non facciamo più la processione?» No, no, non è possibile. Usciamo e accada quel che accada. Vedremo cosa farà il Signore”. 

Siamo usciti. Più andavamo avanti e più calavano le tenebre, più andavamo avanti e più soffiava un vento… c’era un freddo… io avevo su il piviale ma stavo benissimo! Tutti fuori con gli ombrelli in mano… Mi ricordo che nell’uscire però ho detto: “Non voglio vedere gli ombrelli, nessuno porti gli ombrelli!”, qualcuno non è stato molto docile a questa indicazione, ma comunque vabbè, la maggior parte sì, bisogna dire che hanno avuto fede, ho detto: “Non portate gli ombrelli, perché sennò … no! Noi dobbiamo credere che il Signore ci aiuterà, no? Al massimo ci bagniamo, per l’amor del cielo, non è mai morto nessuno per un po’ d’acqua!”. 

Insomma, un freddo, un vento, un buio, le nubi che diventavano sempre più scure. Mancava il Mar Rosso e poi eravamo a posto. Insomma, abbiamo fatto la nostra processione, siamo arrivati dove dovevamo arrivare, siamo tornati indietro pian pianino, con i nostri canti, coi petali di rose — bellissimi — e ovviamente il Santissimo stava in fondo a tutti. Quindi prima c’era tutta la gente che apriva la processione, poi il Santissimo in fondo. Siamo ritornati, tutta la gente è rientrata in chiesa…. 

Guardate, non mi crederete, ma è stato proprio così: quando stavo per mettere il secondo piede quasi dentro in chiesa, e poi avremmo chiuso le porte, nell’atto in cui ho alzato il piede per mettere l’altro una goccia d’acqua mi è caduta sulla fronte. Una goccia! Non so come ha fatto a colpirmi. Una goccia d’acqua è caduta sulla fronte. Abbiamo chiuso le porte, è venuto giù il mondo, il mondo! Pioveva talmente forte che in chiesa, con i microfoni, non si sentiva niente. Ovviamente non vi dico lo stupore di tutti, no? Veramente incredibile! Succedono queste cose. Ed è bello viverle almeno una volta nella vita, perché anche lì uno può dire: “Ma sì, vabbè, dai, padre, non esageriamo. Non cadiamo nel fideismo, non ha piovuto perché non doveva piovere. Poi a un certo punto ha piovuto, perché doveva piovere”. Va bene, io non dico niente, dico solo che io ho dato un’altra lettura e che me lo ricordo ancora adesso a distanza di anni e anni e anni e anni e credo che, con me, anche qualcun altro se lo ricordi ancora.

Prosegue Guardini:

Coscienza del bisogno e della colpa fatta persona potrebb’essere, e tuttavia dominata dalla fiducia cristiana non ignara che, come nell’uomo v’è una forza sopra tutte le altre sue forze, il volere calmo e sicuro di se stesso, così v’è una potenza sovrastante a tutti i bisogni e a tutte le colpe: il Dio vivente.

Ecco, potremmo proprio dire che quanto detto fin qui dice proprio questa potenza del Dio vivente. Che va oltre. Che va oltre quello che siamo, nel bene e nel male, le cose che abbiamo fatto… va oltre. Va oltre ed è il Dio vivente.

L’incedere non è un’espressione della nobiltà della natura umana? La figura diritta, signora di se stessa, che si porta da sola, calma e sicura, codesta figura rimane un privilegio riservato all’uomo. Camminare eretti significa essere uomini.

Sì, perché non vogliamo offendere nessuno, ma dobbiamo anche dirlo, ci sono delle persone che quando camminano sembrano degli scimpanzé. Non so se chi ha la mia età si ricorda un cartone animato che si chiamava “Sampei, il ragazzo pescatore”, che camminava con una gamba a sinistra, e una gamba a destra. Sì, ci sono persone che veramente camminano che sembrano dei gamberi. Stanno proprio male, son brutti a vederli camminare. Alle volte alcuni sembrano dei panzerotti con due stecchini, uno a sinistra e uno a destra, al posto delle gambe, ma proprio brutti! Che uno dice: “Ma santa pazienza, ma curati un pochino. Adesso non è che dobbiamo far le passerelle della moda di non so quale stilista, però santa pazienza, dai! Neanche vedere un panzerotto che cammina sbattendosi a sinistra e a destra, su! Tiriamoci un po’ insieme!”.

Questo incedere con nobiltà è un privilegio riservato all’uomo. “Camminare eretti significa essere uomini”, ha ragione Guardini! E allora abbiamo un po’ cura del nostro modo di camminare, che non sia un modo sgraziato, un modo proprio rozzo di muoverci, un modo da orango, dai, su! Uno vede certe celebrazioni, certe processioni, dice: “Ma cos’è entrato? Quale animale da circo si sta muovendo?”. 

E scrive Guardini:

Ma non siamo più soltanto uomini: siamo più che uomini. «Stirpe divina siete», dice la Scrittura. Rigenerati da Dio a una vita nuova. Cristo vive in noi, in maniera particolarmente profonda nel Sacramento dell’altare: il suo corpo viene a far parte del nostro corpo; il suo sangue circola nel nostro sangue. Poiché «chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui», Egli ha detto. Cristo cresce in noi e noi cresciamo in lui, in tutte le dimensioni, fino a che «abbiamo raggiunto la maturità di Gesù Cristo»; fino a che Egli «abbia preso forma in noi», e pertanto tutto l’essere e l’agire, «sia che mangiamo o che dormiamo o attendiamo a qualche altra cosa», lavoro o gioco, gioia o lacrime, tutto sia divenuto vita in Cristo.

Gesù vive in noi! È vero che il Suo Corpo diventa parte del nostro corpo, il Suo Sangue circola nel nostro sangue. È vero che rimaniamo in Lui, ed è vero che sia che mangiamo, che dormiamo, attendiamo a qualunque altra cosa, lavoro, gioco, qualunque cosa, tutto deve essere Vita in Cristo. E quindi anche il nostro modo di camminare.

Sapete, il Cardinal Schuster, quando non era ancora vescovo, e stava a San Paolo fuori le Mura a Roma dove era l’abate, i suoi novizi lo andavano a spiare dal pertugio della porta della sua camera, per vedere se, anche quando era da solo in camera, stava seduto eretto senza appoggiarsi alla sedia con la schiena. Quando lui, da cardinale a Milano presiedeva i pontificali, non appoggiava mai la schiena, la colonna vertebrale allo schienale della sedia. Sempre in questa posizione eretta. Era un atto di penitenza, perché è durissimo, ma… insomma, voi lo vedevate seduto… veramente era un uomo di una nobiltà… Ti incuteva timore solo a vederlo seduto! Certamente quando faceva le processioni non era “all’insegna del pigia-pigia”.

La consapevolezza di questo mistero potrebbe in tal modo trovare un’espressione gioiosa, rilucente di bellezza e compenetrata di forza, nel giusto incedere. Potrebbe essere l’attuazione trasfigurata in profonda similitudine del comandamento:

«Cammina dinanzi a me e sii perfetto».

Ma in semplicità e veracità!

Solo dalla verità, non dal vano volere, può fiorire la bellezza.

Quindi è dalla verità, è da ciò che è vero che fiorisce la bellezza, non semplicemente dal fatto che lo voglio, ma dalla realtà che ci sta dietro. Perché era bello vedere il Cardinal Schuster entrare in processione, piuttosto che quando era seduto, durante la Santa Messa? Perché tutto di lui veniva dalla verità profonda che portava in ogni gesto che compiva.

Ecco quindi oggi soffermiamoci un po’ su questo segno dell’incedere. Vedete che Romano Guardini ci sta proprio chiedendo di riflettere su tutti gli ambiti, su tutti gli aspetti della nostra persona, su quegli atteggiamenti veramente più importanti che facciamo con così tanta abitudine che forse abbiamo un po’ perso il loro profondo significato.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati