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”Forse non vi amo? Lo sa Dio!” (2Cor 11,11)

San Paolo predica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «”Forse non vi amo? Lo sa Dio!” (2Cor 11,11)»
Giovedì 22 giugno 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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PRIMA LETTURA (2 Cor 11, 1-11)

Fratelli, se soltanto poteste sopportare un po’ di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo.
Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi “super apostoli”! E se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi.
O forse commisi una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunciato gratuitamente il vangelo di Dio? Ho impoverito altre Chiese accettando il necessario per vivere, allo scopo di servire voi. E, trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato di peso ad alcuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acàia! Perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio!

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 22 giugno 2023. Oggi celebriamo la memoria di San Giovanni Fisher, vescovo, e di San Tommaso Moro, martire.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla seconda lettera ai Corinzi capitolo undicesimo, versetti 1-11.

Cosa sentiamo, cosa percepiamo in questa parte di lettera di San Paolo? Una grande sofferenza, una grande sofferenza apostolica. Un rapporto che non è corrisposto. San Paolo vive una realtà che i Corinzi proprio non sanno neanche cosa voglia dire. Ecco perché lui dice:

se soltanto poteste sopportare un po’ di follia da parte mia!

Perché secondo quella mentalità banale, borghese, superficiale, mondana, il modo di ragionare di San Paolo è follia! Infatti, lui dice:

Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta

Cioè: vi ho promessi a Cristo come vergine casta e Cristo è il vostro unico sposo. Ma voi non vivete così! Voi invece non vi state preparando!

Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo.

 Anzi, vi state esponendo ad essere traviati come Eva, traviati nei pensieri dalla semplicità e dalla purezza nei riguardi di Cristo.

E cosa intende? Intende un problema attuale allora e attualissimo oggi! Stessa cosa! San Paolo dice: “Ma come, io sono qua che mi sto svenando per voi, che sto facendo tutto per voi, che, che, che…” e poi arriva il primo “teologo da cucina” e:

vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito…

e voi subito dietro ad accettarlo, subito dietro a leggerlo, subito ad ascoltare, subito dietro a diffondere.

Noi abbiamo questo vizio, questa stupidità interiore, che forse si lega anche con la curiosità, per cui non stiamo stabili, fermi, puntati lì dove abbiamo ricevuto e dove riceviamo il nostro nutrimento (in questo caso San Paolo). 

Verrebbe da dire: “C’è San Paolo, ma cosa ti serve ancora?” — “Eh no, poi arriva quello là, arriva questa qui, arriva quell’altro qui; poi io devo sentire, devo conoscere. Poi mi piace sentire un po’ questo, un po’ quello, un po’ quell’altro”. 

E così si cresce? La domanda è: “In questo modo cresci o in questo modo aumenti la confusione?” Che poi la cosa interessante qual è? Qui San Paolo non ne parla, ma secondo me succedeva anche ai suoi tempi. Allora: c’è Tizio che ascolta San Paolo e San Paolo predica in un certo modo, dice certe cose, benissimo. Poi arriva un altro, che santo non è, e predica una cosa diversa, predica un Gesù diverso. Ma vi rendete conto? Ditemi se non è attuale. 

Ditemi se non è attuale questa espressione di San Paolo: «predica un Gesù diverso»; ma Gesù non è uno? Certo! Gesù è uno. Ma chi lo predica non è detto che: ut unum sint, non è detto siano una cosa sola, non è detto che sia in questa unità (con Gesù), che viva dentro questa unità, magari predica un altro Gesù, un Gesù falso. Quel Gesù diverso è un Gesù falso, è un Gesù che non c’è, è un Gesù ideologico. Non è Gesù! Sembra essere Gesù, ma non è Gesù. Quel vangelo lì che il nuovo arrivato predica, non è il Vangelo di Gesù, sembra essere il Vangelo di Gesù, ma è un vangelo falso: un Gesù falso, un vangelo falso. 

E allora cosa succede? Noi ascoltiamo questo nuovo che arriva e cosa accade? Andiamo in confusione. Perché ci sta annunciando un Gesù diverso, un Gesù falso, un Gesù che non è Gesù. E quindi tutto quello che abbiamo imparato, che ci dava pace, che faceva quadrare tutti i conti, che… basta! Viene scompigliato! Allora noi cosa facciamo? Mettiamo in dubbio tutto. Il colmo della stupidità è che, invece di mettere in dubbio quest’ultimo pifferaio magico che è arrivato, noi mettiamo in dubbio San Paolo! E poi la cosa ancora più interessante qual è? È che andiamo da San Paolo e gli diciamo: “Senti, perché Tizio, Caio e Sempronio dicono così e tu no? Perché tu dici diversamente?” E forse San Paolo ci guarda e ci dice: “Eh, perché non glielo vai a chiedere a loro?!”

La cosa interessante è che noi stupidamente andiamo ad ascoltare chi non dovremmo ascoltare — perché non ci fa crescere in niente — per la nostra mania morbosa di questo bisogno di cose nuove e di cose diverse in continuazione; è come se la vita dello spirito fosse una sorta di supermarket, dove io vado a scegliermi le cose di cui ho voglia, cose ogni volta diverse, o come se fosse una televisione dove schiaccio i canali e mi ascolto il predicatore che mi piace in quel momento. Poi andiamo in tilt e andiamo da San Paolo a chiedergli: “Mi puoi spiegare perché ha fatto questo, questo e quest’altro?” — “Vai a chiederlo a lui! Hai voluto ascoltare? Hai voluto cambiare strada? Hai voluto arricchirti, — come dici tu — hai voluto avere spunti nuovi, sollecitazioni, “stimoli” — ecco perché oggi va di moda — hai avuto bisogno di avere stimoli nuovi? Bene, allora vai dove li hai presi e chiedi”. Poi magari ci vanno, chiedono, ricevono risposte false, ovviamente, che li mandano ancora più in confusione e vanno ancora più in tilt. Sì, ma l’errore è all’inizio. 

È qui che San Paolo colloca la sua “arringa”, diciamo così. Lui dice: “Ma perché correte dietro al primo ciarlatano che incontrate e lasciate la strada vecchia che era quella che vi ha portato a questa bellissima conversione? Ma perché?” E infatti lui dice: “Io circa la dottrina non sono inferiore a questi teologi da cucina”. Perché sapete, oggi tutti si svegliano teologi, tutti! Poi magari non hanno mai letto neanche il catechismo della chiesa cattolica. Poi magari non ti sanno neanche spiegare l’A,B,C della fede, però sono tutti teologi. E San Paolo dice: “No, io no. Io non vivo in questa falsità circa la dottrina”, lui parla chiaro: «Io non sono un profano in questa cosa. So quello che dico e perché lo dico. Come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi». Sentite come è forte! È amareggiato e seccato. Seccato perché non se lo riesce a spiegare… Non ha una ratio questo modo di fare!

Succede oggi come allora, la situazione non è cambiata. Oggi ancora di più, perché apro internet, YouTube e mi vado a cliccare tutto quello che voglio. Ma in relazione a che cosa? Quando col mio ditino vado a cliccare A piuttosto che B, cosa sto cercando? Perché lo sto facendo? Lo sto facendo perché voglio crescere nella verità, nell’amore per Cristo o perché, come il caffè, oggi ho voglia di prenderlo amaro piuttosto che dolce, col latte oppure senza? E quindi vado un po’d’istinto, vado in base un po’ai miei visceri e dico: “No, ma oggi mi ascolto un’altra roba”. Quanto è difficile questa fedeltà, questa costanza! 

E poi San Paolo va avanti, poi diventa ancora più forte, si sente ancora di più non solo il disappunto, ma anche la distanza. Perché quando si cominciano a fare i conti sulle bilance… siamo messi male! Quando in una relazione appare la bilancia… è un bruttissimo segno; un bruttissimo segno! Lì c’è proprio un cratere, non un solco, un cratere di separazione! Beh, ma certo! Questi qui non si comportano da “vergine casta”, ma esattamente nel suo contrario.

Stiamo attenti a non andarci a prostituire spiritualmente. Attenzione: non vuol dire che io devo chiudermi dentro una sorta di “scafandro intellettuale”. No no, assolutamente! Ma vuol dire: “Stai bene attento, stiamo bene attenti a dove andiamo a bere”. E se in quella fontana io trovo l’acqua buona, freschissima, per quale motivo devo andare a cercarne un’altra? È questa la questione! Quando ero bambino e andavo in montagna, mi ricordo che c’era una fontana — sapete quelle fontane da montagna? — Bella, proprio bella, dove poi lavano anche i panni con quell’acqua ghiacciata, freddissima! Era enorme questa fontana e  aveva un bel “rubinetto” da cui usciva l’acqua. E noi ragazzi andavamo tutti a bere a questa fontana; un’acqua buonissima, freschissima, ghiacciata, che ti dissetava, che ti faceva voglia di venire a berne anche quando non avevi più sete, perché era talmente buona… Ma a nessuno di noi è mai venuto in mente di andare altrove a bere. Uno dice: “No, ma io, siccome è una settimana che sto bevendo qui, oggi ho deciso che vado a bere al bar”. Ma mai a nessuno è venuto questo pensiero! Era la “nostra” fontana ed era buonissima, oltre che essere bellissima la fontana in sé.

Ecco, questo è il ragionamento di San Paolo. E adesso inizia:

O forse commisi una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunciato gratuitamente il vangelo di Dio?

Vedete! Qua comincia a fare i conti.

Ho impoverito altre Chiese accettando il necessario per vivere, allo scopo di servire voi.

Cioè: tra virgolette — passatemi il termine — “gliela sta rinfacciando”. Ma non perché San Paolo voglia far pesare chissà che cosa! No! È per rimettere i puntini sulle “i” e per dire: “Scusate un secondo, allora diciamocela tutta. Questi super apostoli, questi teologi da cucina, che arrivano e che non hanno nessun legame con voi, ma semplicemente amano buttare confusione a destra e a manca, benissimo: a che cosa hanno rinunciato per voi? Che sacrifici hanno fatto per voi? Che fatica hanno sopportato per voi?”. E San Paolo lo dice: “Guardate che io a voi il Vangelo ve lo ho annunciato gratuitamente!”.

No, perché capite, queste cose vanno dette! E poi vanno pensate, vanno riflettute. Adesso finisco, poi vi dico questo pensiero che ho in mente che secondo me è importante.

Quindi San Paolo dice: “Ho accettato il necessario dagli altri per servire voi; incredibile, dovevate essere voi a darmi il necessario per vivere, non dico di guadagnare per farmi lo yacht, la casa a Malibù, però almeno il pane da mangiare, visto che sono qui a servire voi, ad annunciare il Vangelo a voi, almeno per il pane da mangiare dovevate pensarci voi a me. No! Invece ci hanno pensato gli altri — strana questa cosa, no? Vabbè…”. 

E, trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno 

Di qualcosa deve vivere questo povero apostolo! 

non sono stato di peso ad alcuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia

È una cosa scandalosa. I Corinzi neanche hanno avuto un briciolo di cuore e di giustizia e di dire: “Un secondo, è qui per annunciarci il Vangelo di Gesù, vabbè diamogli almeno da mangiare!”. Ripeto, non è che deve arricchirsi, però almeno mangiare… no, neanche quello. Lui dice: “Ero nel bisogno, ma voi non avete fatto niente”.

Guardate che succedono anche oggi queste cose!

In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire.

Sentite la distanza? Non ci siamo. Cioè: “Voi non avete dato niente e io non voglio più niente”. Questo non è orgoglio, non è quell’orgoglio stupido, no no, questo è un Santo orgoglio di uno che dice: “Guarda che io non ho bisogno di te. Non è che sono qui ad annunciarti il Vangelo perché devo guadagnare e farci sopra la “cresta” e farmi la casa non so dove. So stare in piedi da solo! So provvedere da solo ai miei bisogni! E poi ci sono altri che hanno il cuore più grande di te che provvedono a queste cose. E così farò anche in avvenire. Mica che ti venga il pensiero, che io sono qui ad annunciarti il Vangelo perché mi porto a casa qualcosa!”. Perché poi capite, questi sono capaci di farti pesare anche la briciola di pane che danno! Eh, allora capisci che a un certo punto l’apostolo, giustamente, dice: “Un momento. Adesso prendiamo le distanze. Adesso mettiamo i puntini sulle “i”. Adesso ti faccio vedere che son capace di fare anche senza di te.” 

E dice:

Cristo mi è testimone

Capite, chiama in causa Gesù!

Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acàia!

È un vanto! È un vanto! Un vanto santo: “Io sono qui, ma da voi non ho preso neanche un bicchiere d’acqua.”

Forse perché non vi amo? 

Non dice: “Ah, allora tutto questo è perché…”, ma dice: «Forse perché non vi amo?». La risposta di San Paolo è bellissima:

Lo sa Dio!

Lui ha anticipato la loro riflessione sbagliata: “Ecco vedi, non mi ama…” dicendo: “Forse perché non vi amo?” ecco: «Lo sa Dio!» punto.

E concludo con questa breve riflessione che volevo farvi prima. Parliamo dei cantanti. I cantanti cosa fanno? Cantano, certo. E ce ne sono alcuni che sono veramente bravi, ma proprio bravi. E magari sono dei cantautori, quindi scrivono loro le canzoni; alle volte sono delle poesie, bellissime poesie, fatte proprio bene. E le parole… uno dice: “Ma dove le ha prese le parole?” E la musica! Questa unione è veramente una cosa geniale, un dono di Dio meraviglioso. Questa cosa per cui la musica insieme alle parole prende forma e vengono fuori queste opere d’arte vere e proprie, uno poi le ascolta e dice: “Mamma mia che bella!”. Sembra che quella canzone ci sia stata da sempre. In realtà non c’è mai stata, è nata in quel momento lì, in quel contesto lì, in quella situazione lì, con questo cantautore. 

Prendetene uno che vi piace tantissimo. Questo cantante scrive le canzoni, le canta, fa un concerto e dice: “Io sarò a San Siro, sarò a Roma al Circo Massimo e faccio un concerto a luglio, agosto o non so quando”. Quindi tutti coloro che amano questo cantautore o questo cantante prendono e vanno. Sì, ma non è gratis! È questo che vorrei sottolineare! Sono lì che urlano, che piangono… 

Se il concerto è alla sera — per esempio d’estate — questi vanno lì al mattino all’alba, se non addirittura il giorno prima! E devono stare lì tutto il giorno, sotto il sole a picco! Immaginatevi un concerto a Roma ad agosto, ma ci saranno 50 gradi, 45 gradi, da morire! Infatti, vanno lì con gli idranti, e bagnano, continuano a bagnare i ragazzi perché sennò questi muoiono, gli vengono i colpi di calore. Stanno lì con tutti i disagi del mondo! Perché non ci sono i bagni, ci sono le toilette chimiche, stanno buttati lì sull’erba. Insomma, è un disagio enorme! Un caldo pazzesco, lì fermo per una giornata intera sotto il sole. Cerchiamo di immaginarci questa cosa. 

E devono pagare, loro pagano per tutto questo: per avere i posti migliori, per attendere poi il cantante che arrivi la sera a cantare, e quindi hanno davanti tutta la sera ancora; voi li vedete e sono felicissimi. Felicissimi! Piangono! Voi vedete sui loro volti tracce di stanchezza? — beh saranno ragazzi, però voglio dire, quando fa caldo fa caldo! Dopo una giornata così… — No! Niente! Freschi come rose.

E pagano! 

Voi immaginatevi — non so — se il cantante fa un concerto e ci saranno quattromila persone? Cinquemila persone? Pensate ogni biglietto quanto costa — non lo so quanto, ma avrà un costo; mi piacerebbe saperlo, mi dovrò informare — moltiplicatelo per quattromila, vedete voi!

E che cosa fa quest’uomo o questa donna? Canta delle canzoni. Bellissime quanto volete, stupende, meravigliose, ma son canzoni: canta delle canzoni. Ora andiamo a San Paolo. San Paolo non canta delle canzoni. Non è lì a riscaldare il cuore. San Paolo sta annunciando parole di vita eterna, San Paolo è lì ad annunciare ciò che ti salva l’anima e ciò che ti fa vivere una vita piena, bella, umana, realizzata, oltre che a prepararti per la vita eterna. E non solo… lo fa gratis!

Immaginatevi se questi cantanti dicessero: “Ecco, io ho scritto otto canzoni nuove appena fatte, adesso le metto tutte su YouTube così voi le scaricate gratis e siamo a posto”. Ve lo immaginate? Vi sembra possibile? Uno dice: “Eh no, ma deve vivere anche lui!” Si si, infatti, andate a vedere i cantanti come vivono! Non è che dicono: “Mah, non so come fare ad arrivare a fine mese! Devo fare il mutuo per comprarmi il motorino!”. Non siamo in questa situazione! L’apostolo vive invece come un povero: non ha neanche da mangiare, non solo non ha una barca per farsi il giro delle Americhe, non ha neanche da mangiare! Non solo non ha lo yacht. La stessa cosa del cantante e, ancora di più, potremmo dire di un calciatore!

Io vi domando: “A voi, sembra una cosa normale?” Chi non è credente, va bene. Ma per i credenti: dentro, non vi suona strano? Se quel cantante, quel calciatore, ha lo yacht da venti metri, a San Paolo gliene dovremmo fare uno da centocinquanta! Ma non uno, cinque! Ma non la casa a Malibù, un castello gli dovremmo fare!

Non so se capite il paragone che voglio farvi. C’è qualcosa che non torna! Allora vuol dire che non ci crediamo veramente. 

Per ascoltare il cantante, sono disposto a rischiare la vita, a rischiare l’insolazione e a stare a 45° per 15 ore; se devo ascoltare San Paolo: “Eh, no…”. Se è inverno perché fa freddo, se è estate perché fa caldo, se è autunno perché ho i sintomi parainfluenzali e se è primavera ho l’allergia! “Non vorrai mica che io vada in chiesa con questo caldo, eh? Ma come faccio?” — “Ma scusa, ma fammi capire, ma quelli là come fanno?” — “Ma non vorrai mica che io vada in chiesa con questo freddo?” — “Ma quelli la come fanno? Perché loro sono contenti e tu no?” — Ma facciamocele queste domande! Invece di giudicare sempre gli altri, invece di condannare sempre le persone, invece di dire: “Ecco, sono quelli sbagliati! Ecco, che gioventù bruciata! Ecco, guarda come si buttano via!” Invece di giudicare gli altri, giudichiamo noi stessi! Guardiamo le cose al rovescio: invece di guardare loro e dire: “Ecco, loro sono sbagliati”, guardiamo noi, se non siamo sbagliati. Forse scopriremo che siamo noi quelli sbagliati, che c’è qualcosa in noi che non funziona, questo è il punto. E la lettura di oggi di San Paolo ci mette sull’avviso: stai attento! Perché fin dall’inizio dell’andare a formarsi della comunità cristiana, dell’andare a formarsi della Chiesa c’è stato questo problema.

Un cantante riempie uno stadio, un cantante riempie il Circo Massimo di Roma, non so se l’avete mai visto, ma vi assicuro: è grande. Un cantante riempie l’arena di Verona. Non so, ecco… E noi qui? E noi, quanto siamo disposti a subire disagi e a pagare di tasca nostra per avere questa grazia? C’è qualcosa che non va! Perché sembra quasi, ascoltando San Paolo, che sono loro a fargli una cortesia! No, è tutto il contrario! Non sono loro che fanno un piacere a San Paolo, è San Paolo che fa un piacere a loro, è San Paolo che fa un servizio a loro; non sono loro che gli fanno un piacere. E infatti noi che cosa ci rimettiamo del nostro come risposta, come contraccambio a quello che riceviamo? Tradotto un po’ brutalmente — però bisogna capire le cose — noi quanto paghiamo? Noi che cosa paghiamo di noi stessi? Noi cosa ci rimettiamo? Noi che cosa spendiamo per avere questa grazia? Uno dice: “No, ma San Paolo predica gratuitamente”. Si ho capito! Ma il problema non è San Paolo che predica gratuitamente, il problema sono io. Perché poi succede che quando entriamo nella logica del “basso costo”, ecco che allora vuol dire anche “bassa importanza”; noi funzioniamo così, purtroppo! Se una cosa costa poco, noi non le diamo molto valore. Quando invece richiede grande sacrificio o grandi spese ecco allora: “Ah ecco sì!”. Stiamo attenti perché facendo così noi stiamo affermando con la vita l’esatto contrario di quello che affermiamo con le parole. Dovrebbe essere nostra premura il fatto di dire: San Paolo mi sta predicando il Vangelo — benissimo, una grazia di Dio enorme, mi salverà l’anima, ok — io penso alla sua persona. Perché avrà bisogno di un letto per dormire, avrà bisogno di un mantello per coprirsi, avrà bisogno di mangiare. Ma non gli do un tozzo di pane secco, come si da a un cane, gli do ben altro! Con l’aggiunta che ho la certezza che San Paolo, a differenza di altri, non andrà a sperperare quel denaro in eccessi. Perché San Paolo è San Paolo!

Ma tutti questi ragionamenti noi li facciamo dentro di noi? Ecco, non lo so. Mi sembra che alle volte diamo per scontato troppe cose, è come se tutto ci fosse dovuto, ma guardate che non è dovuto niente! Domani, quello che abbiamo avuto fino ad oggi potremmo non averlo più. Per “x” ragioni, per molte ragioni. Potrebbe succedere qualunque cosa, e quello che abbiamo avuto fino ad oggi, da domani non c’è più. Poi voglio vedere… Dopo piangiamo. “Eh, ma dovevamo prepararci prima! Dovevamo fare in modo…” Dopo la domanda è: “Ma io cosa ho fatto per conservare, arricchire questo dono, io che cosa ho fatto per dire al Signore: «Guarda mi rendo il più degno possibile per ricevere questo dono». Io cosa ho fatto per collaborare con questo dono?”. 

Non si può solamente avere nella vita, non è giusto! Non è giusto. Anche se l’altro non ci chiede niente — mi vengono in mente la mamma e il papà, i nonni che spendono loro vita per noi — non si può solamente avere! Bisogna anche saper dare, ma non saper dare quando l’altro mi chiede, ma saper dare comunque, preventivamente. Saper dare considerando il bisogno dell’altro. Altrimenti è semplicemente un atto di egoismo. Sono solamente atti di egoismo. 

Quindi ecco, questa lettera di San Paolo ci aiuti proprio a fare una virata radicale, ma non domani, oggi! Va fatta oggi! Facciamo i nostri conti nella nostra vita, guardiamoci bene intorno, fermiamoci un attimo e diamo a ciascuno il suo. E valutiamo bene le persone per quello che sono. Perché poi, se succede che domani non c’è più… Eh, dopo non cominciamo a piangere e a fare le “frigne”: “Eh ma io, eh ma, però, eh ma qui…”

Timeo Christum Transeuntem” diceva Sant’Agostino, vuol dire “Temo il Cristo che passa”.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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