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”…che è mai una ventina d’anni a confronto di un’eternità beata?” S. Tommaso Moro

S. Tommaso Moro

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “…che è mai una ventina d’anni a confronto di un’eternità beata?” S. Tommaso Moro
Giovedì 6 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 9, 1-8)

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 6 luglio 2023. Oggi è il primo giovedì del mese e quindi ricordiamo la bellissima pratica dei Primi sgiovedì del mese richiesta da Gesù alla beata Alexandrina Maria da Costa. Ricordiamo, quindi, di andare alla Santa Messa, di fare una Santa comunione in profonda intimità col Signore, con grande umiltà e poi ricordiamo oggi, di fare bene l’ora Santa in onore di Gesù, per tenergli compagnia nel Getsemani; ripercorrere, fare memoria, ringraziare del grande dono che ci ha fatto con la Santissima Eucarestia. Cerchiamo proprio di fare bene quest’Ora Santa recitando la corona dei sette dolori della Vergine Maria, meditando sulle Sante piaghe di Gesù. Trovate tutte le informazioni inerenti a questa bella devozione, tanto richiesta da Gesù alla beata Alexandrina nel PDF verde con in copertina i due sacri cuori che ho fatto e che appunto potete trovare sul sito veritatemincaritate.com. Andate sul sito, scendete fino alla scritta “Vuoi scaricare i libri e i PDF di p. Giorgio Maria Faré?”. Cliccate sul tasto “clicca qui” e verrete portati a una pagina con tutti i miei PDF, lì trovate anche questo PDF verde. Non costa niente, ognuno lo può scaricare tranquillamente e lì trovate raccolte tutte le informazioni utili per la pratica dei Primi sei giovedì dei Primi nove venerdì dei Primi cinque sabati.

Quest’oggi festeggiamo due grandi santi. Innanzitutto, oggi ricordiamo Santa Maria Goretti, vergine e martire. Martire poiché ha voluto conservare la sua verginità, ha voluto conservare la sua innocenza, non ha voluto offendere Dio, non ha voluto in nessun modo concedere il proprio corpo a quella furia che le era venuta addosso, da parte di quel ragazzo. Beh, credo che conosciamo tutti bene la storia di Santa Maria Goretti. E oggi vale proprio la pena di pregarla, di supplicare la sua intercessione perché ci aiuti a vivere sempre santamente la nostra coerenza con la vita cristiana. 

E, a proposito di coerenza, oggi ricordiamo la decapitazione di San Tommaso Moro avvenuta il 6 luglio 1535 alle ore nove di mattina:

Con garbo, appoggiò sul tavolo il sigillo di gran cancelliere e disse: «No, io questa cosa non la firmo. In coscienza, non posso». Era il 13 aprile 1535, e Tommaso Moro stava firmando la propria condanna a morte, come si intuì dall’espressione di rammarico disegnata sul volto dei burocrati presenti. E ora quel San Tommaso, a 57 anni, saliva i gradini della Torre londinese, la maledetta Torre della sua città natale. E in carcere ripeteva: «Dammi la grazia, Signore, che quanto è oggetto delle mie preghiere sia anche oggetto delle mie opere».

Una bellissima preghiera, una bellissima giaculatoria; dovremmo dirla anche noi, sempre. Questa è sicuramente una preghiera molto bella che potremmo anche diffondere, ciascuno di noi la può donare a qualcuno.

Era una giaculatoria che gli serviva per affrontare i quattro interrogatori che fra il 30 aprile e il 14 giugno dello stesso anno lo videro dibattere con i giudici del re — del re Enrico VIII s’intende — intorno a una sentenza già scritta, ratificata il primo di luglio «per avere parlato del re in modo malizioso e diabolico» 

Questa era l’accusa, ed è incredibile! Se c’era uno fedele al re e che era amico del re, che voleva un bene incredibile al re e che lo serviva fedelmente, questo era proprio San Tommaso Moro. Proprio lui viene accusato di aver parlato del re in modo malizioso e diabolico! 

Beh, dopo vedremo un attimo in che cosa è consistito il suo reato, perché, sapete, uno quando legge una frase del genere, se non conosce la sua vita dice: “Ma cosa ha fatto questo Gran Cancelliere?”. Capite, dopo il re c’era lui, aveva un potere enorme, una ricchezza incredibile, una posizione politica e sociale assolutamente invidiabile di grandissimo potere. Ripeto, c’era il re e poi c’era lui, era Gran Cancelliere.

Enrico VIII fu così cortese da farlo decapitare.

Sì, perché San Tommaso Moro, essendo condannato per alto tradimento, avrebbe dovuto essere squartato vivo. E San Tommaso Moro nei suoi scritti racconta questo periodo in cui ha pregato tantissimo per avere la forza di non indietreggiare di fronte a una pena capitale così cruenta, così terribile. San Tommaso Moro ha vissuto dei giorni, delle notti intere, con grande grande paura, grande terrore, perché capite… essere squartati vivi! Vuol dire che ti aprono la pancia da vivo, una cosa terribile, terribile! E alla fine il Signore concede questa grazia per cui la sentenza viene commutata nella decapitazione. 

Però, per dire il rancore del re, la rabbia tipica di un certo tipo di situazione, dobbiamo avere bene in mente il re Erode con San Giovanni Battista, perché di questo stiamo parlando! Non di aver parlato in modo malizioso e diabolico. Se uno chiede: “E che cosa ha detto?”. Adesso vedremo. Fa la stessa fine di San Giovanni Battista perché ha fatto la stessa scelta.

La sua testa venne mostrata…

C’è sempre in gioco la testa, se vedete, alla fine questa testa gira: quella di San Giovanni Battista va a finire su un vassoio d’argento, quella di San Tommaso Moro venne mostrata sul ponte di Londra per un mese.

… venne mostrata sul ponte di Londra per poi essere recuperata al prezzo di una lauta mancia da sua figlia Margherita.

Pensate a questa famiglia, la famiglia di San Tommaso Moro, che per un mese ha dovuto sapere (spero non vedere), che la testa del loro papà… Terribile, guardate, una cosa terribile, terribile, terribile. Non si può passare così su queste cose come se: “Ma sì vabbè, ma tanto”. Il loro papà! Pensate al nostro papà, la testa del tuo papà che tu sai essere esposta al pubblico ludibrio sul ponte della città di Londra, capite? Per un mese… Guardate che è una cosa, solo a pensarci c’è da morire dal dolore. E poi per averla devi anche pagare: la testa del tuo papà!

Che cosa accadde? Prima diciamo due parole su San Tommaso Moro:

La sua vita pubblica lo vede lavorare come membro del Parlamento e ricoprire diversi incarichi diplomatici. Scrive nel 1516 la sua opera più nota, “L’Utopia”. E ancora, è giudice, presidente della Camera dei Comuni. Come consigliere e segretario del re, è impegnato contro la Riforma protestante. Contribuisce alla stesura de “La difesa dei sette sacramenti”, opera che valse ad Enrico VIII il titolo di Defensor fidei. Un’ascesa inarrestabile, fino al culmine: è il primo laico ad essere nominato Gran Cancelliere. Siamo nel 1529. Solo pochi anni dopo, nel 1532, la sua vita cambierà decisamente. Tommaso darà le dimissioni — finirà in carcere — e per la sua famiglia si apriranno le porte di una vita di povertà e abbandono.

Quindi non è una condanna a morte solo per lui. Per lui lo fu in modo diretto e cruento, la decapitazione; ma lui sapeva bene, prima di morire l’ha saputo bene, che questa scelta ha condannato la sua famiglia alla povertà più totale, all’abbandono, al pubblico ludibrio. Da quella vetta altissima che avevano raggiunto, a causa del suo “no” distrugge tutto e consegna la sua famiglia alla miseria. Guardate che per un papà questo è peggio che morire. Per un padre, per un vero padre, finché muori tu, sei disposto a morire cento volte, ma sapere che a causa della tua scelta di coscienza le persone che tu più ami, i tuoi figli, tua moglie verranno consegnati alla miseria e in più tu non ci sarai più per aiutarli, per proteggerli, per difenderli,… Credo che oggi sia un giorno in cui dobbiamo un pochino pregare e farci un esame di coscienza, tutti! Io per primo, io per primo, io per primo.

Adesso vediamo in cosa consiste questo crimine: “di aver parlato del re in modo malizioso, diabolico”. Vediamo che cos’è questo crimine incredibile che ha compiuto San Tommaso Moro.

La sua vicenda si intreccia con la stessa vita del re Enrico VIII che, deciso a sposare Anna Bolena, fa dichiarare nullo dall’arcivescovo Thomas Cranmer il suo matrimonio con Caterina d’Aragona, giungendo, in un’escalation di opposizione a Papa Clemente VII, ad assumere la guida della Chiesa d’Inghilterra. Nel 1534 l’Atto di Supremazia e l’Atto di Successione sanciscono la svolta. Tommaso si era già ritirato dal mondo politico: non poteva approvare e, soprattutto, non vuole rinnegare la fedeltà al Papa.

Quello che vi sto leggendo adesso è un breve estratto che ho trovato su Vatican News.

Nel 1534 viene quindi imprigionato nella Torre di Londra ma questo non basta a piegarlo. La sua “linea”, che continua ad essere quella del silenzio, non è però sufficiente a salvargli la vita. Subisce un processo, nel corso del quale…

Attenti bene: “Aver parlato del re in modo malizioso, diabolico”

…pronuncia una famosa apologia sull’indissolubilità del matrimonio,

Ecco il suo reato!! Ha difeso l’indissolubilità del matrimonio! Incredibile…

il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani, la libertà della Chiesa di fronte allo Stato. Viene condannato per alto tradimento e decapitato il 6 luglio, pochi giorni dopo Giovanni Fisher, di cui era grande amico, condannato per le stesse idee e assieme a lui ricordato dalla Chiesa il 22 giugno. Un uomo appassionato della verità, Tommaso Moro, ammirato per “l’integrità — ricorda Benedetto XVI nel discorso a Westminster Hall — con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui pure era ‘buon servitore’, poiché però aveva scelto di servire Dio per primo”

Quindi vi consiglio di andare a leggere la storia, la trovate sul sito santiebeati.it. Mamma mia, che roba, che vita! Sentite:

Un ultimo assalto viene a mettere alla prova la costanza del carcerato. Sua moglie lo va a trovare e gli dice: «Vuoi abbandonarci, me e la mia infelice famiglia? Vuoi rinunciare a quella vita nel nido domestico, che, ancora poco fa, ti piaceva tanto? — Per quanti anni, mia cara Alice, credi che possa ancora godere quaggiù di quei piaceri terreni che mi dipingi con un’eloquenza tanto persuasiva? — Vent’anni, almeno, se Dio vuole. — Ma, carissima moglie, non sei una buona negoziante: che è mai una ventina d’anni a confronto di un’eternità beata?»

Lui risponde in un modo… chapeau! Ma guardate che alle domande che pone la moglie io non so quanti di noi sarebbero stati in grado di reggere; non lo so, non lo so…

Il 6 luglio, viene condotto sul luogo del supplizio. La scala che porta al patibolo è in pessimo stato e Tommaso ha bisogno del sostegno del tenente per salire: «La prego, dice, mi aiuti a salire. Per discendere, me la sbroglierò da solo!» Avendogli il Re chiesto di esser sobrio nella parola all’ultimo momento…

Pensate, lo costringono anche a dire poco. Non solo deve morire, non solo gli tagliano la testa, ma deve anche essere breve. È bene non essere troppo lunghi, quando si deve morire è bene parlare poco. Pazzesco! Incredibile! La storia si ripete sempre…

…dice molto semplicemente: «Muoio da buon suddito del Re, ma prima di tutto di Dio!»

Più breve di così!

Mentre si inginocchia sul patibolo, le sue labbra pregano: «Dio mio, abbi pietà di me!» Abbraccia il boia e gli dice: «Ho il collo molto corto; attento a non colpirmi di traverso. È in gioco il tuo onore!» Si benda gli occhi da sé. Il boia ha già l’ascia in mano: «Un momento, gli dice Tommaso mettendosi a posto la barba; essa non ha tradito!» Il capo cade al primo colpo. Tommaso è in Cielo per sempre.

Sentite quanto ancora scrive Dom Antoine Marie osb sempre sul sito santiebeati.it:

L’atteggiamento di Tommaso Moro è una luce per la nostra epoca. Papa Giovanni Paolo II afferma che leggi come quelle che pretendono di rendere legittimo l’aborto o l’eutanasia, «non solo non creano alcun obbligo per la coscienza, ma portano con sé un obbligo grave e preciso di opporvisi attraverso l’obiezione di coscienza. Fin dalle origini della Chiesa, la predicazione apostolica ha insegnato ai cristiani il dovere di ubbidire ai pubblici poteri costituiti legittimamente (ved. Rom. 13, 1-7; 1 P. 2, 13-14), ma ha dato in pari tempo il fermo avvertimento che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti 5, 29)… L’introduzione di legislazioni ingiuste pone spesso gli uomini moralmente retti di fronte a difficili problemi di coscienza…

Questo è Papa Giovanni Paolo II, è San Giovanni Paolo II! Sto leggendo le parole del Papa, credo che possiamo farlo, credo che si possa ancora fare.

Le scelte che si impongono sono talvolta dolorose e possono richiedere il sacrificio di situazioni professionali confermate o la rinuncia a prospettive legittime di avanzamento nella carriera… I cristiani, come tutti gli uomini di buona volontà, sono chiamati, in virtù di un grave dovere di coscienza, a non dare la loro collaborazione formale alle pratiche che, benché ammesse dalla legislazione civile, si oppongono alla Legge di Dio… Per gli atti che ciascuno compie personalmente…

Attenzione, ripeto: “per gli atti che ciascuno compie personalmente”, cioè per quello che faccio io! Non posso dire: “Ah mi ha obbligato lo stato, ah mi obbligato la legge, io non ho mai voluto farlo ma sono stato costretto”

Per gli atti che ciascuno compie personalmente esiste, infatti, una responsabilità morale cui nessuno si può mai sottrarre e su cui ciascuno sarà giudicato da Dio stesso»

Questo non è scritto in un bigliettino, non è un discorso sull’aereo, questo è scritto in un’enciclica:

Enciclica Evangelium vitæ, 25 marzo 1995, nn. 73-74

Non otto ere fa, non siamo nel Mesolitico! Per favore andiamo a rileggerlo, andate a prendere questo testo, questa enciclica bellissima! Sapete che l’enciclica ha un valore magisteriale altissimo! 

Quindi, ricordiamoci bene: per ogni scelta che noi facciamo, non potremo mai dire: “Ah, ma io sono costretto da…” — “Ah ma io non ho mai voluto farla ma l’ho dovuta fare perché sennò mi accadeva che…”. No, perché c’è quello che scrive il papa e c’è l’esperienza — in questo caso — di San Giovanni e di San Tommaso Moro, che ci dicono esattamente questo: quando tu fai una scelta, ti assumi la responsabilità di quella scelta. E sono problemi di coscienza grave se scegli di seguire delle scelte contro Dio, anche se sono ammesse dallo stato, (dice il Papa) per non sacrificare situazioni professionali confermate, per non rinunciare a prospettive legittime di avanzamento della carriera, che talvolta possono essere dolorose e richiedere il sacrificio. Chiaro?

E dice ancora che non va data collaborazione formale alle pratiche che, benché ammesse dalla legislazione civile, si oppongono alla Legge di Dio. E noi, guardate, lo sappiamo benissimo quali sono; qui lo dice proprio chiaramente. Qua faceva riferimento in particolar modo all’aborto e all’eutanasia, ma è aperto su tutto, su tutto, su tutto ciò che ha a che fare con quanto vi ho appena detto. Quello che è successo a San Tommaso Moro non aveva a che fare né con l’aborto, né con l’eutanasia, aveva a che fare con l’adulterio.

Vediamo se c’è qualcos’altro di importante. Vedete, San Tommaso Moro dice:

«Solo io porto la responsabilità della mia anima»

Cioè: io sono responsabile della mia anima! San Tommaso Moro non dice: “Siccome il re mi ha costretto, siccome poi la poi la mia famiglia verrà gettata nella miseria, siccome io verrò ucciso, decapitato, squartato, siccome io non avrei mai voluto, sono contrario, ma devo”. No, lui dice: “Sì, tutto questo è vero, ma alla fine chi deve decidere sono io. Certo, ho davanti una conseguenza terrificante, ma ciò non toglie che sono io che devo decidere se firmare, se dire che va bene oppure no”. 

Sentite qui, San Tommaso Moro dice:

«Certi credono che, se parlano in un modo e pensano in un altro… 

Interessante, eh? Qui io non entro nel dettaglio perché ognuno ha i suoi dettagli, ma sentite quanto sono attuali queste parole

«Certi credono che, se parlano in un modo e pensano in un altro, Dio presterà maggior attenzione al loro cuore che alle loro labbra, scrive alla figlia Margherita. Quanto a me, non posso agire come loro in una materia tanto importante: non rifiuterei di giurare, se la mia coscienza mi dettasse di farlo, anche se gli altri rifiutassero; e, del pari, non presterei giuramento contro la mia coscienza, anche se tutti vi sottoscrivessero».

Vi dico la verità; non avevo in mente di leggere tutte queste cose, avevo preparato solamente la prima parte perché volevo commentare il Vangelo di oggi. Mentre vi parlavo ho pensato di andare a cercare qualche informazione in più su San Tommaso Moro. Ogni tanto quando vi parlo sentite che faccio delle pause e magari ripeto il concetto due o tre volte perché sto cercando su Internet una cosa che mi è venuta in mente; quindi, vado in tempo reale a cercarla. Oggi ho battuto il nome San Tommaso Moro e, grazie al cielo, è venuto fuori subito santiebeati.it che di solito ha degli articoli molto belli. L’ho cliccato e ho cominciato dal fondo perché volevo leggervi questa parte finale che avevo già letto in quello che vi avevo preparato. Poi, leggendo dal fondo, ho cominciato a salire e quindi stanno venendo fuori queste cose. Ma adesso vi dico la verità: mi stampo questa pagina perché penso che potrebbe venirci molto utile, quantomeno a me potrebbe venire molto utile e forse molto prima di quello che si possa pensare.

Quindi, San Tommaso dice alla figlia Margherita: «Quanto a me, non posso agire come loro in una materia tanto importante», vale a dire che non può giurare se la sua coscienza gli dice di non farlo. C’è un diritto della coscienza. Noi non possiamo andare contro la coscienza. E badate che la coscienza che deve essere formata! 

Io vi consiglio di leggere l’altra enciclica che sembra ormai ultra superata, in realtà non è così, l’enciclica Veritatis Splendor del 6 agosto 1993 di San Giovanni Paolo II, un’enciclica un po’ complessa ma bellissima. Andiamo a riprenderla perché la propria coscienza si forma attraverso lo studio, il consiglio di persone sagge e questa coscienza deve essere uniformata alla verità oggettiva.

S. Tommaso arriva a conclusione del suo percorso, quindi arriva alle decisioni di coscienza dopo averci pregato, studiato e meditato bene, non è una cosa così buttata lì in qualche modo. Ecco, questo lo dobbiamo leggerlo:

Enrico VIII sposa segretamente Anna Bolena, che viene incoronata il 1° giugno. Per sancire con maggiore solennità il proprio divorzio, Enrico desidera che la principessa Maria Tudor sia diseredata di tutti i suoi diritti; in compenso, Elisabetta, che Anna ha appena partorito, sarà proclamata unica e legittima erede della corona d’Inghilterra. Il Parlamento si sottomette al Re e vota, il 30 marzo 1534, un «Atto di Successione» in tal senso. Tutti i sudditi del Regno devono impegnarsi sotto giuramento ad osservare la nuova legge nella sua totalità. Il giuramento è preceduto da un preliminare in cui l’autorità del Sovrano Pontefice è formalmente respinta. Vescovi, canonici, parroci, monaci, professori di istituti, personale ospedaliero e quello delle fondazioni caritative si sottomettono e riconoscono il Re quale unico capo spirituale, consacrando in tal modo la separazione da Roma. John Fisher, vescovo di Rochester e Tommaso Moro, come pure alcuni sacerdoti e monaci, rifiutano il giuramento: pagheranno il loro rifiuto con la vita.

Tommaso narrerà la sua comparizione per la prestazione del giuramento in una lettera alla figlia: «Quando arrivai a Lambeth, dove era riunita la commissione reale… chiesi che mi venisse comunicato il testo del giuramento che si esigeva… Dopo averlo letto attentamente e studiato a lungo… dichiarai, in perfetta sincerità di coscienza, che, senza tuttavia rifiutare il giuramento relativamente alla successione, non potevo accettare di prestare il giuramento nei termini in cui era formulato, a meno che volessi esporre la mia anima alla dannazione eterna. Quando ebbi finito di parlare, il gran Cancelliere del regno prese la parola e mi dichiarò che tutti i presenti erano vivamente afflitti di sentirmi esprimermi così; che ero il primo fra tutti i sudditi di Sua Maestà a rifiutare di prestare il giuramento che questi esigeva… Mi si presentò un voluminoso elenco di persone consenzienti… ma dichiarai nuovamente che la mia risoluzione, lungi dall’esser cambiata, era irremovibile»

Enrico VIII divorzia da sua moglie, la caccia e sposa segretamente Anna Bolena e chiede che tutto questo venga riconosciuto.

Il Re Enrico VIII si comporta da marito fedele durante i primi dieci anni di regno. Ma poi, stanco della moglie, Caterina d’Aragona, che gli ha dato una sola figlia ancora in vita, Maria Tudor, cerca un’altra donna.

Perché lui voleva il figlio maschio, ovviamente! Come erede al trono.

Nel 1522, arriva alla corte d’Inghilterra una giovane di 15 anni, di nome Anna Bolena. Benchè senza fascino, suscita nel Re una violenta passione. Abilmente, essa si applica ad attizzare la bramosia di Enrico, pur rifiutando di cedere ai suoi desideri finchè non l’avrà sposata. Alle sue spalle, si trova un partito costituito dalla sua famiglia e da nobili animati da interessi diversi. Enrico VIII aveva sposato Caterina d’Aragona, vedova del suo fratello maggiore, grazie ad una dispensa legittimamente accordata da Papa Giulio II. Cercando il modo di ripudiarla, Enrico VIII s’interroga sulla validità del proprio matrimonio e crede di poter fondare il suo dubbio su un testo della Bibbia (Lev. 18, 16). Interrogato su questo punto dal Re, Tommaso si scusa, allegando la propria incapacità di statuire in una materia che interessa il diritto canonico. Il Re gli ordina allora di esaminare la questione con parecchi teologi; dopo averlo fatto, Tommaso risponde: «Sire, nessuno dei teologi che ho consultato può darvi un consiglio indipendente. Ma conosco consiglieri che parleranno senza timore a Sua Maestà: sono san Girolamo, sant’Agostino e altri Padri della Chiesa. Ecco la conclusione che ho tratto dai loro scritti: «Non è permesso ad un cristiano sposare un’altra donna, mentre la prima è ancora in vita»». Il che significava affermare che il matrimonio con Caterina era valido. La questione è proposta a Roma. Il Papa aspetterà il 1534 per dichiarare valido il matrimonio di Enrico e Caterina.

Quindi non c’è nessuna dispensa: il matrimonio è valido!

Ma Moro non è più al governo: fin dal 16 maggio 1532, ha dato le dimissioni dalle funzioni di Cancelliere, per non essere costretto ad agire contrariamente alle leggi di Dio e della Chiesa, che i vescovi del Regno (tranne John Fisher) hanno sacrificato al potere regale.

Quindi capite qual è il problema: “Aver parlato del re in modo malizioso e diabolico”… ma lui non ha detto proprio niente contro il re di malizioso e diabolico. Il re lo ha interrogato, gli ha chiesto di verificare questa validità del suo matrimonio, di verificare questa sua intenzione e lui gli ha risposto: “Guarda, non è possibile. Non è possibile, perché se questa donna è ancora in vita — e la moglie era ancora in vita, Caterina era ancora in vita — tu non puoi sposare Anna Bolena. Perché questo è adulterio! Non è permesso ad un cristiano sposare un’altra donna, mentre la prima moglie è ancora in vita”. Ma questo è quello che dice Gesù nel Vangelo! San Tommaso Moro non sta inventando qualcosa di nuovo, sta ripetendo quello che c’è scritto nel Vangelo. E quindi succede quello che succede. Per cui, per questa fedeltà al Vangelo, San Tommaso Moro e San Giovanni Fisher moriranno martiri.

Va bene, io volevo commentarvi il Vangelo e oggi è andata diversamente. Ci sarà un motivo. Andate a prendere questi due bellissimi articoli che trovate su santiebaeti.it su San Tommaso Moro. La memoria facoltativa è il 22 giugno, ma la decapitazione — io ho voluto proprio fare oggi l’omelia su di lui — è proprio oggi.

Ecco, io credo che abbiamo bisogno di rileggere queste pagine da soli, davanti al tabernacolo, davanti a Gesù, davanti al crocifisso e chiederci dove ci collochiamo rispetto a queste grandi a questi giganti della fede. E forse varrebbe la pena di iniziare a pregare il Signore di formare in noi una coscienza così, capace di resistere. Esattamente le parole che vi ho letto prima; non voglio ripeterle con le mie perché le rovinerei, le parole di San Tommaso Moro che sono talmente vere, talmente belle, che non hanno bisogno di ulteriori commenti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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