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San Luigi Orione e l’Eucarestia, parte 3

San Luigi Orione e l'Eucarestia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: San Luigi Orione e l’Eucarestia, parte 3
Mercoledì 26 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 13, 1-9)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 26 luglio 2023. Quest’oggi festeggiamo i santi Gioacchino ed Anna, genitori della Beata Vergine Maria. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo tredicesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 1-9.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione della figura di San Luigi Orione con particolare riferimento all’Eucarestia.

Vediamo ora la visita eucaristica di San Luigi Orione per l’unione delle Chiese.

Don Orione incluse già nelle prime costituzioni del 1904, dopo essersi consigliato personalmente con Leone XIII, una esplicita finalità “ecumenica”, espressione del suo particolare carisma tutto teso a concorrere all’unità interna ed esterna della Chiesa, attorno al suo Pastore supremo, il Papa. Tanto era sentita questa passione per l’unione delle Chiese, che Don Orione volle che un segno quotidiano la ricordasse. A tal fine, nel 1903, compose il testo per la per la “visita eucaristica” di metà giornata, preghiera “stabilita da Gesù Cristo medesimo per l’unione delle chiese separate (alludeva a Gv 17) e approvata dalla S. Chiesa per unire i suoi figli attorno al Suo Diletto e farli vivere in santità!”.

Il testo preparato da Don Orione invita a pregare “pel Nostro Santo Padre il Papa e l’unione delle Chiese separate”. La preghiera veniva recitata nelle comunità della Congregazione tutti i giorni, dopo il pranzo, durante la “visita di adorazione al Santissimo”. La tradizione di questa preghiera denota come Don Orione avesse chiaro che l’unità della Chiesa non fosse solo frutto dello sforzo umano, ma soprattutto grazia di Dio, frutto di quell’azione misteriosa “conglutinante” (parola a lui cara) che si irradia dal mistero della croce e della presenza eucaristica.

Mi sembra una riflessione molto bella questa sulla visita eucaristica per l’unione delle Chiese. Vedete come per don Orione veramente tutto si fondava sull’Eucarestia, tutto aveva questo fondamento eucaristico e tutto partiva e tutto ritornava all’Eucarestia. Ed è bella questa espressione “conglutinante”, una parola che usava molto, che vuol dire “unirsi strettamente”, che vuol dire fondersi insieme, anche in senso figurato, quindi frutto di quell’azione di fusione «che si irradia dal mistero della croce e della presenza eucaristica».

Dovremmo imparare anche noi ad avere questo atteggiamento, questa preghiera conglutinante. E dovremmo avere anche una vita conglutinante, che ci va a fondere insieme con Gesù.

Era l’anno 1934. Don Orione fece il viaggio in nave insieme al Segretario di Stato e Legato del Papa al Congresso, il Card. Eugenio Pacelli (poi Pio XII), e ad altri alti Ecclesiastici in rotta verso l’Argentina. Il viaggio si trasformò in un corso di esercizi spirituali; Don Orione ne divenne l’animatore. Poi, quel Congresso Eucaristico di Buenos Aires fu un trionfo e un simbolo. Di fatto, è considerato l’atto di nascita della Chiesa argentina moderna. Attorno alla monumentale croce e all’altare, eretti nello scenario dei “Giardini Palermo”, ben 1.200.000 persone (il 60% degli abitanti del fuoco laicista che era Buenos Aires) ricevette la comunione. Fu una pubblica manifestazione della identità cristiana di questo popolo; fu una sorpresa per il clero e per la gerarchia cattolica, che ripresero coraggio. Nacque, da quel contarsi davanti all’Eucaristia, un piano pastorale globale riassunto in tre direttrici: “Sacramentalizzare, insegnare e vincere la strada”.

In questo clima, gravido di possibili ed invocati sviluppi apostolici, Don Orione si trovò animatore ed attuatore. Numerosi Vescovi argentini riconobbero presto in Don Orione il battistrada di quella terza direttiva pastorale del vincere la strada, che più necessitava di ardimento, intraprendenza e santità. Gli aprirono le porte e sostennero in ogni modo. Nei tre successivi anni di permanenza in Argentina, Don Orione fondò scuole popolari, orfanatrofi, Piccoli Cottolengo, vere cittadelle della carità, “fari di fede e di civiltà”, secondo l’espressione a lui cara. Rinnovò in Argentina la stagione esuberante del “fuori di sacrestia” lanciato da Leone XIII al movimento cattolico italiano di fine ‘800. 

Volevo andare a controllare una cosa… ecco:

“Fuori di sacrestia!” era il motto e l’originalità travolgente di Don Orione: “Dobbiamo andare al popolo e portare il popolo alla Chiesa per Instaurare omnia in Christo!” (Parola VII, 91); “Fuori di sacrestia! Non perdere d’occhio né la Chiesa, né la sacrestia, anzi il cuore è là, là dove c’è l’Ostia…, ma con le debite cautele, bisogna buttarsi ad un lavoro che non sia più solo quello che fate in Chiesa” (Lettere II, 77); “Opere di carità ci vogliono: esse sono la migliore apologia della fede cattolica” (Scritti 4, 278).

Eh sì! Vedete i santi, no? Sempre molto completi. 

Allora, riprendiamo il testo. Ecco, interessante questo piano pastorale:

un piano pastorale (…) riassunto in tre direttrici: “Sacramentalizzare, insegnare e vincere la strada”.

Quindi questo sacramentalizzare, questo portare proprio i sacramenti, che non vuol dire prendere la gente e gettarla sui sacramenti o gettare addosso i sacramenti alle persone ma vuol dire far comprendere la bellezza dei sacramenti cristiani, di tutti i sacramenti. Spesse volte le persone non conoscono la bellezza dei sacramenti, per questo non li chiedono, non li vivono. Se io non conosco la bellezza del sacramento della confessione, la bellezza del sacramento del battesimo, la bellezza dell’Eucarestia e della cresima, del matrimonio, dell’unzione degli infermi, è chiaro che non li chiedo, non li cerco, non li invoco, non li voglio, e invece dovremmo, perché sono importanti. E dovremmo anche insegnare questa bellezza, non solo viverla noi, ma testimoniarla agli altri. E quindi far capire quanto è bello, quanto è importante andare a messa, andare a confessarsi, sposarsi in chiesa, ricevere l’unzione degli infermi.

Poi l’insegnamento: c’è bisogno di insegnanti, di veri insegnanti, che sappiano trasmettere l’amore per il sapere, che quando spiegano ti incantano. Credo che ciascuno di noi abbia avuto nella sua vita qualche docente che innanzitutto è stato un maestro di vita, prima di essere un insegnante di nozioni. Sono importanti anche quelle perché servono ma messe all’interno di un contesto ben preciso, di un contesto di vita, cioè: “Studiare perché?”. Capite? Devo comprendere il senso. Se io devo insegnare greco, non posso semplicemente entrare in classe e cominciare con l’alfabeto. Perché un giovane ti potrebbe dire, giustamente: “A me cosa serve il greco nel 2023? Mica quando vado a comprare il latte e il pane, vado a fare la spesa, vado in palestra, vado in piscina, vado al mare, vado in montagna, vado a giocare con gli amici a pallone, mica uso il greco! A Milano, cosa mi serve sapere il greco antico? Perché devo studiare greco? Perché devo sapere il latino? Perché devo studiare Cicerone? Che senso ha? Per quale motivo mi devo spaccare la testa sui radicali — dentro radice, fuori radice — sulle equazioni, sulle tangenti, le cotangenti, seno e via di seguito, a cosa servono tutte queste cose? A cosa mi serve saper fare i logaritmi quando devo andare a farmi una nuotata in piscina piuttosto che uscire con gli amici a mangiarmi un gelato? A cosa mi serve?”. Tante volte si sentono i ragazzi, gli alunni fare queste domande. Il professore, il vero professore, l’insegnante è colui che sa collocare nella vita queste conoscenze. E quindi sa appassionare. E quindi sa far scoprire la bellezza insita nello studio della matematica pura, nel bellissimo studio della matematica pura. Sa far scoprire la bellezza insita nello studio della filosofia, non di storia della filosofia, ma proprio della filosofia teoretica. Sa far cogliere la bellezza dello studio del greco antico.

È veramente importante insegnare bene, con autorità, come faceva Gesù; facendo capire a chi abbiamo davanti che ciò che stiamo dicendo non è la ripetizione di una pappardella già pronta, ma è vita. Stiamo insegnando la vita attraverso vari strumenti, oggi la matematica, domani sarà il greco, dopodomani sarà la filosofia, poi sarà la teologia, poi sarà il latino, poi sarà…eccetera, eccetera, eccetera.

Non ho bisogno di studiare biologia e sapere come è fatta una cellula per poter andare a lavorare, nel resto della mia vita. Quindi perché la devo studiare adesso? E queste domande non sono domande stupide. Non possiamo liquidarle: “Perché lo devi fare!”, no, questa non è una risposta, non è una risposta degna di persone normo-pensanti. Non va bene. Non si risponde così, non si risponde col doverismo, si risponde col senso. Ed è importante che uno conosca le nozioni, le sappia riportare, sì, ma non solo!

Purtroppo l’insegnamento alle volte risente eccessivamente di un programma da dover concludere, poco del far apprezzare, gustare ciò che noi insegniamo, e quindi uno poi non ti segue.

Questo accade anche con la nostra dottrina, con i fondamenti della nostra fede, per cui c’è un’ignoranza diffusa, gravissima, sui fondamenti della nostra fede, che poi fa fare degli scivoloni incredibili, fa prendere lucciole per lanterne, fa entrare in confusione, fa vivere situazioni di grande sofferenza per niente, perché basterebbe conoscere la nostra fede e tante cose, tanti dubbi sarebbero risolti; noi vivremmo una vita più serena, invece di fondarsi su: “Tizio ha detto, Caio ha risposto…”, piuttosto che sull’ultimo messaggio apocalittico che è stato emanato stamattina.

Ecco perché vi dico sempre: “Andiamo alle fonti, andiamo ai sacri testi”. Ecco perché vi dico sempre: “Rivolgetevi ai padri, rivolgetevi ai santi, rivolgetevi ai dottori della Chiesa”. Non perdiamo il nostro tempo dietro a tutti questi messaggi e messaggini di WhatsApp e Telegram e non so cos’altro, dove arrivano le cose più assurde, della tizia che abita dove non lo so, che Gesù le parla e Gesù le ha detto…. Abbiamo santi come Santa Caterina da Siena, come Santa Teresa di Gesù, come San Giovanni della Croce, come San Domenico… Ma cosa andiamo a prendere l’ultima di non so dove che si è svegliata stamattina e dice che…

Fondiamo la nostra fede su un nutrimento solido, per favore. Capite che solo così diamo consistenza; ecco perché loro parlano di “sacramentalizzare” ossia insegnare; è fondamentale! 

È fondamentale però devo essere anche disponibile, non solo a formarmi e a insegnare, ma anche ad ascoltare, anche ad imparare. Io tante volte ricevo e-mail, messaggi di persone che mi fanno domande di cose che io ho già spiegato ampiamente e che sono ampiamente registrate e che possono essere anche lette. Basterebbe avere la voglia di prendere e andare sul sito www.veritatemincaricate.com e cliccare su ciò che sto cercando. C’è una playlist piena di tutte le mie meditazioni eucaristiche, non so dirvi quante sono… dove ho toccato l’Eucaristia sotto moltissimi aspetti possibili. Invece noi vogliamo tutto subito, adesso, da consumare, perché dobbiamo rispondere alle nostre domande. No! Non si affronta così la questione, non si possono fare domande di vita con WhatsApp! “Devo fare così o cosà?” Ma non si fa, non si può rispondere con un sì o con un no a certe domande, non si possono trattare, non possiamo trattare tutto con WhatsApp, capite? Non si può trattare tutto con un’e-mail, non si può trattare tutto con un messaggio di Telegram. Smettiamola di stare in questa logica. Non si può bypassare lo studio con un WhatsApp stile bigino Bignami, che ti fa il sunto de I Promessi Sposi. No, I Promessi Sposi te li leggi, punto! Come ce li siamo letti tutti. Perché, se studi sul bigino, poi si capisce da come scrivi il tema che non hai letto I Promessi Sposi.

Noi vogliamo fare così con la nostra fede. Voglio sapere se posso o non posso, se devo o non devo, fin dove, fin quando; no no guardate, questo non è il modo giusto di vivere la fede, non è il modo giusto. 

A me piace ascoltare i miei confratelli, li ascolto volentieri, perché poi è un arricchimento grande che anch’io ricevo e son contento che anche altri sacerdoti abbiano notato quello che sto per dirvi. 

Mi ha colpito quando un sacerdote ha detto: “Ho notato che se si parla del diavolo, dell’inferno, della fine del mondo, dei tre giorni di buio — faccio un esempio — dell’anticristo, degli esorcismi, e di queste cose, le visualizzazioni si impennano”. 

L’ho notato anche io. Mi è capitato di fare una meditazione — adesso non ripeto il titolo perché non ho voglia di riprendere in mano quella questione — le avevo dato un titolo molto provocatorio, molto forte e proprio all’inizio avevo detto: “Sono sicuro, senza essere un profeta, che questa meditazione sarà quella che otterrà più visualizzazioni di tutte le altre”. Così è stato. Adesso non ho più guardato a quanto sono arrivate, ma dopo poco tempo ho guardato ed era arrivata a 30.000 visualizzazioni, incredibile! Ho detto: “Ma com’è possibile?”. Mi sono spaventato. Ha ottenuto 30.000 visualizzazioni, ma non ho detto cose teologicamente originali, elevatissime, profondissime, che uno dice: “Mamma mia, padre Giorgio ha avuto un’illuminazione dello Spirito Santo in questa meditazione incredibile”. Non si giustificano così le 30.000 visualizzazioni. No, avevo trattato uno degli argomenti che vi ho citato. E questo sacerdote aveva detto: “Che strano, se io faccio una meditazione su uno di questi argomenti appena citati, le visualizzazioni schizzano ai massimi livelli. Se io faccio una meditazione sulla pericoresi trinitaria, due!”

Se io dovessi fare una meditazione sul Concilio di Calcedonia, vorrei vedere quanti la ascolterebbero. Che invece sarebbe importantissimo e fondamentale — più importante di tutti questi argomenti di profezia, apocalisse e fine del mondo — sulle due nature di Gesù, natura umana e natura divina. Ma quanti la ascolterebbero? Quanto sarebbe diffusa? Faccio la meditazione su Halloween, vi ricordate la famosissima prima meditazione che ha fatto il giro della galassia, la famosissima “omelia della panettiera”, perché è stata un’omelia un po’ rubacchiata, me l’hanno presa, me l’hanno tagliata, me l’hanno amputata, me l’hanno riassemblata, insomma, alla fine quando me l’hanno fatta sentire iniziava con: “Se vai dalla panettiera…”, che, dico, io non ho mai iniziato un’omelia con: “Se vai dalla panettiera…”, non sono proprio così conciato male, non la cominciò così: “Se vai dalla panettiera…”, mai successa una roba del genere.

Però, evidentemente tutta la parte prima — che era la parte invece importante, teorica  me l’han tagliata via. Nella parte precedente c’era anche il Vangelo, l’hanno tagliato via. Il Vangelo non è importante, non fa numero. Ma fa numero se il sacerdote si mette a fare un’omelia un po’così, su Halloween e su tutto quello che riguarda questa realtà. Per l’amor del cielo, avremmo bisogno anche di questo, ma non solo di questo. Il fatto che ci sia una sproporzione così forte tra argomento e argomento, sempre nello stesso campo, è un segno che fa riflettere.

Non tanto tempo fa un confratello mi ha consegnato un libro, mi ha detto: “Padre Giorgio, guarda, questo libro è bellissimo (non era neanche lungo, breve, un libro bellissimo, antico, che aveva trovato) sarebbe bello, visto che tu ogni tanto tiri fuori i libri antichi dalle biblioteche, sarebbe bello se facessi una omelia o un ciclo di conferenze su questo libro”. Io l’ho letto, ho detto: “Sì, in effetti è molto bello”, poi sono andato dal mio confratello e gli ho detto: “Guarda, ti ringrazio, ma non la faccio” — “Perché?” — “Perché non girerebbe, non risponde alla legge domanda-offerta, non avrebbe ascolto e quindi cosa la facciamo a fare, per quattro gatti che sono interessati magari alla questione un po’ specifica?”

Anche il predicatore, ovviamente, in un certo senso è vincolato dal fatto che non va a predicare agli uccellini o alle foglie secche che cadono, quindi è chiaro che deve intercettare l’interesse comune. Io sto molto lontano da certi argomenti, come sapete, perché non mi interessa assolutamente, pagherò un prezzo di audience da questo punto di vista, ma non mi interessa. A me interessa insegnare su ben altre cose molto più importanti, che non siano le ultime visioni apocalittiche di non so chi.

Però è un dato di fatto, è vero quello che diceva questo confratello quando mi diceva: “Si guarda ma, se io mi metto a predicare su questo, gli ascolti crollano, se mi metto a predicare su quest’altro invece…”. Ma, io dico: chi ci perde sono le persone. Ci perdete voi, non certo noi. Ci perdete voi, perché vi autoescludete da tutta una fetta importantissima, da tutto un bagaglio teologico importantissimo, che sarebbe utilissimo per la vita di fede. E io, infatti, poi sono andato a guardare alcune mie meditazioni specifiche, molto specifiche, su alcune questioni, secondo me, importantissime. Se vi ricordate, io feci un’omelia, me la ricordo ancora, sui verbi paratattici, per spiegare la questione dell’Eucarestia, credo due o tre anni fa, a giugno. Andate voi, io non ho guardato, magari dico una fesseria, ma non credo di sbagliare, andate a vedere quante visualizzazioni ha oggi quell’omelia. Paragonatela con quell’altra, quella che vi dicevo prima, e vedete se quell’omelia dei verbi paratattici ha ottenuto 30.000 visualizzazioni, proprio per farvi fare un confronto, poi ripeto, a me i numeri non interessano, perché poi non li guardo neanche, non ho ne voglia né tempo di sta lì a guardare i numeri. Però sono abbastanza sicuro che l’omelia sui verbi paratattici non ha raggiunto le visualizzazioni di quell’altra omelia. Voi direte: “Ma qual è l’altra omelia?” Non ha importanza. Vi dico io che aveva raggiunto, a quei tempi — adesso saranno di più, sicuramente — 30.000 visualizzazioni. Andatevi a vedere i verbi paratattici — e voi mi dite: “Perché, i verbi paratattici sono importanti?” — “Eh, sì. Tra l’omelia sui verbi paratattici e l’omelia delle 30.000 visualizzazioni, la più importante è quella sui verbi paratattici, però sicuramente non ha avuto la stessa diffusione. Perché? Eh, perché, perché… Dovrebbero essere coloro che hanno fatto certe scelte a spiegarcelo.

“E non sapere quelle quattro cose che vi ho spiegato sui verbi paratattici ha un’incidenza nella vita spirituale?” — “Eh si. Una grandissima incidenza. E se ve l’andate ad ascoltare, capirete il perché!”.

E poi “vincere la strada”, appunto, arrivare a conquistare il popolo, il cuore del popolo e quindi “fuori dalla sacrestia”.

Quindi, come abbiamo letto prima di Don Orione, il cuore al tabernacolo e il corpo che va e che va ad annunciare, fuori dalla sacrestia, il mistero bellissimo di Gesù Morto e risorto.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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