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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 47

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 47
Sabato 23 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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PRIMA LETTURA (1 Tm 6, 13-16)

Figlio mio, davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 23 settembre 2023. Quest’oggi festeggiamo il carissimo San Pio da Pietrelcina. Moltissime persone sono devote di Padre Pio: io sono uno di questi. Quindi oggi è una giornata molto importante, molto bella, è una giornata nella quale possiamo magari leggere qualcosa di San Pio e raccomandare tanto la nostra vita a lui.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo, capitolo sesto, versetti 13-16. 

Continuiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Sequela. 

Ma se Gesù sta fra i discepoli e la legge, ciò non avviene per esimerli di nuovo dall’adempimento della legge, ma per rafforzare la sua richiesta di adempiere la legge. Proprio grazie al vincolo con lui i discepoli sono posti nella medesima ubbidienza. Nemmeno l’adempimento della legge fino allo iota abolisce questo iota per i discepoli. Essa è adempiuta, e questo è tutto. Ma proprio per questo ora è per la prima volta effettivamente in vigore, per cui sarà riconosciuto grande nel regno dei cieli chi adempie e insegna la legge. «Fate e insegnate»: si potrebbe pensare anche ad un insegnamento della legge che dispensi dal fare, mettendo la legge esclusivamente al servizio del riconoscimento che adempierla è impossibile. Un insegnamento siffatto non può richiamarsi a Gesù. La legge esige di essere praticata, così come lui l’ha praticata. Chi rimane con lui nella sequela, con lui, che ha compiuto la legge, costui pratica e insegna la legge nella sequela. Solo il facitore della legge può rimanere nella comunione di Gesù.

Abbiamo visto che Gesù si pone tra la legge e i discepoli. Ma non per esimere i discepoli dall’osservanza della legge: tutt’altro! Lo fa per rafforzare l’adempimento della legge. Per questo sta in mezzo. Per questo il discepolo è chiamato a fare e insegnare. Perché uno potrebbe insegnare la legge dicendo che è impossibile osservarla: incredibile, ma vero, si può arrivare fin qui. Si può dire: adesso io ti insegno la legge di Dio per mostrarti che non la puoi osservare; te le insegno per farti vedere che è impraticabile. È un po’ la logica del serpente di Genesi 3, ma Bonhoeffer dice: si può fare anche questo. Mentre la legge esige di essere praticata, e praticata così come Gesù l’ha praticata. Questo è fondamentale da capire: così come lui l’ha praticata.

Chi rimane con lui nella sequela, con lui, che ha compiuto la legge, costui pratica e insegna la legge nella sequela.

Non c’è alternativa: se vuoi rimanere nella comunione con Gesù, devi essere uno che pratica la legge. Prosegue:

Non è la legge a distinguere il discepolo dall’ebreo, ma la «migliore giustizia».

È importante anche questo.

La giustizia dei discepoli «sopravanza» quella degli scribi. La supera, è qualcosa di straordinario, di eccezionale…

È necessario chiedersi: in che consisteva la giustizia dei farisei? In che consiste la giustizia dei discepoli? Certamente il fariseo non aveva mai frainteso la Scrittura nel senso di intendere che la legge dovesse essere soltanto insegnata e non praticata. Il fariseo voleva essere facitore della legge. La sua giustizia consisteva nell’adempiere senza mediazioni e letteralmente quanto era comandato nella legge. La sua giustizia coincideva con il suo fare. Il suo scopo era la piena conformità del suo fare con ciò che era comandato nella legge. Però inevitabilmente sopravviveva un resto, che doveva essere coperto dalla remissione. La sua giustizia resta imperfetta. Anche la giustizia dei discepoli poteva consistere solo nella pratica della legge. Nessuno, che non praticasse la legge, poteva dirsi giusto. Ma il fare dei discepoli supera quello dei farisei, per il fatto di essere effettivamente perfetta giustizia a fronte di quella imperfetta dei farisei. Per quale motivo? La priorità della giustizia del discepolo consiste nel fatto che tra lui e la legge sta colui che ha adempiuto la legge perfettamente e nella cui comunione egli si trovava. Il discepolo si vedeva davanti non ad una legge inadempiuta ma ad una già adempiuta. Prima che egli inizi ad ubbidire alla legge, questa e già adempiuta, la sua esigenza ha già trovato soddisfazione. La giustizia richiesta dalla legge è già data; è la giustizia di Gesù, che va sulla croce per amore della legge. Ma poiché questa giustizia non è solo un bene da realizzare, ma è la vera e piena comunione personale con Dio stesso, per questo Gesù non ha solo la giustizia, bensì è lui stesso la giustizia. Egli è la giustizia dei discepoli. Con la sua chiamata Gesù ha fatto partecipi i discepoli a sé stesso, ha fatto loro dono della sua comunione, e in tal modo li ha resi partecipi della sua giustizia, ne ha fatto loro dono. La giustizia dei discepoli è la giustizia di Cristo. E appunto per dire questo che Gesù inizia il discorso sulla «giustizia migliore» richiamandosi al proprio adempimento della legge. Ma la giustizia di Cristo è realmente anche la giustizia dei discepoli. Certo, essa resta nel senso più rigoroso una giustizia donata, donata attraverso la chiamata alla sequela. E la giustizia che consiste appunto nella sequela e che riceve già nelle beatitudini la promessa del regno dei cieli. La giustizia dei discepoli è giustizia sotto la croce. E la giustizia dei poveri, dei contestati, degli affamati, dei miti, dei pacifici, dei perseguitati — per amore della chiamata di Gesù; è la giustizia visibile di coloro che appunto per questo motivo sono la luce del mondo e la città sul monte — per amore della chiamata di Gesù. Per questo la giustizia dei discepoli è «migliore» di quella dei farisei, perché essa si fonda solo sulla chiamata alla comunione con colui che è l’unico ad adempiere la legge; per questo la giustizia dei discepoli è reale giustizia, perché ora essi fanno a loro volta la volontà di Dio, adempiendo la legge. Anche la giustizia di Cristo non deve esser soltanto insegnata, ma praticata. Altrimenti non è migliore della legge solo insegnata, ma non praticata. Tutto ciò che segue parla solo di questo praticare la giustizia di Cristo da parte dei discepoli. In una parola si tratta di porsi nella sequela. È il reale, semplice agire nella fede nella giustizia di Cristo. La giustizia di Cristo è la nuova legge, la legge di Cristo.

Allora, vediamo un pochino. Introduce adesso questo concetto della “migliore giustizia”. Ciò che distingue il discepolo dall’ebreo — dice Bonhoeffer — è la migliore giustizia, non è la legge. E questa giustizia dei discepoli sopravanza quella degli scribi: è qualcosa di straordinario, di eccezionale. Ora lui fa vedere in che cosa consiste la giustizia dei farisei e quella dei discepoli. Il fariseo intende la legge come qualcosa che va insegnato e praticato, e:

La sua giustizia consisteva nell’adempiere senza mediazioni e letteralmente quanto era comandato nella legge.

Quindi, la sua giustizia coincideva con il suo fare. Tu sei giusto tanto quanto fai giusto, fai bene, quanto tu la osservi questa legge.

Il suo scopo era la piena conformità del suo fare con ciò che era comandato nella legge.

Mentre quella dei discepoli, che supera quella dei farisei, in cosa consiste? Consiste nel fatto che la priorità della giustizia del discepolo sta nel fatto che tra lui e la legge ci sta Gesù. Gesù ha adempiuto perfettamente la legge e il discepolo è in comunione con Gesù, quindi: 

Il discepolo si vedeva davanti non ad una legge inadempiuta —come il fariseo — ma ad una già adempiuta

Quindi, questa giustizia non è solamente qualcosa da realizzare, ma come abbiamo visto è una vera e piena comunione personale con Dio, perché Gesù è la giustizia: non ha solo la giustizia, ma Lui è la giustizia.

Grazie al dono della comunione

lui li ha resi partecipi della sua giustizia, ne ha fatto loro dono.

Quindi la giustizia dei discepoli è la giustizia di Cristo. Pensate cosa accade nella Comunione, quando noi facciamo la Comunione: partecipiamo direttamente anche di questa giustizia. Quindi è una giustizia donata, attraverso la sequela. E per questo Bonhoeffer dice che la giustizia dei discepoli è migliore di quella dei farisei, perché si fonda solo sulla chiamata alla comunione con Gesù, che ha adempiuto la legge. E come abbiamo già detto, questa giustizia deve essere insegnata e praticata.

Bene, domani vedremo un altro “paragrafetto”. Credo che ci sarà di grande, grande aiuto, perché si intitola “Il fratello”, e dico già quale sarà il passo del Vangelo che Bonhoeffer commenterà, ed è Matteo 5, 21-26. Quindi, se volete già andarlo a leggere… famosissimo, super conosciuto, però forse avremo una prospettiva nuova per poterlo comprendere bene. Una prospettiva che forse fino adesso non c’è ancora stata detta e, come abbiamo visto fino adesso, Bonhoeffer ci fornisce delle “luci” veramente molto, molto importanti. Ecco, quindi se volete potete già andarlo a leggere, così domani, quando lo commenteremo, sapete già di cosa parla: io poi lo leggerò, il passo di Matteo 5, 21-26. Però se qualcuno vuole andare a vederlo prima, liberissimo di farlo, così è già pronto. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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