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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 78

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 78
Mercoledì 25 ottobre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 12, 39-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 25 ottobre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal dodicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 39-48.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di Bonhoeffer, Sequela. 

Bonhoeffer affronta adesso un nuovo paragrafo intitolato: “La grande separazione” che commenta il Vangelo di San Matteo capitolo settimo, versetti 13-23. Adesso ve lo leggo:

«Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che camminano in essa. Ma stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano. Guardatevi dai falsi profeti; questi vengono a voi travestiti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si coglie forse l’uva sui pruni, o i fichi sui rovi? Così ogni albero buono dà buoni frutti, ma ogni albero cattivo dà frutti cattivi. L’albero buono non può dare frutti cattivi, né l’albero cattivo dare frutti buoni. Ogni albero che non porti buon frutto vien tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque voi li riconoscerete. Non chiunque dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio, che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore! Non abbiamo noi profetato in tuo nome? non abbiamo cacciato i demoni in nome tuo? E non abbiamo compiuto in tuo nome molte azioni? Ma allora dirò ad essi apertamente: Io non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me, voi che avete commesso l’iniquità» (Mi 7,13-23)

Allora adesso vediamo che cosa dice:

La comunità di Gesù non può separarsi arbitrariamente dalla comunione con coloro che non ascoltano la chiamata di Gesù. Essa è chiamata dal suo Signore alla sequela per mezzo della promessa e del comandamento. Questo deve bastarle. Essa rimette ogni giudizio ed ogni separazione a colui che l’ha eletta secondo il suo decreto, non per il merito delle opere, ma per la sua grazia. Non è la comunità a compiere la separazione, perché questa deve avvenire nella parola della chiamata. Una piccola schiera, i seguaci, vengono pertanto separati dal grande numero degli uomini. I discepoli sono pochi e sempre pochi saranno. Questa parola di Gesù tronca ogni loro falsa speranza di efficacia. Chi è nella sequela di Gesù non può mai riporre la sua fiducia nel numero. «Pochi sono…»: gli altri invece sono molti e saranno sempre di più. Ma vanno alla rovina. Nel contesto di tale esperienza, in che cosa può consistere la consolazione del discepolo, se non nella promessa della vita, dell’eterna comunione con Gesù? 

La prima osservazione che Bonhoeffer fa è che innanzitutto la separazione non è una scelta che avviene per opera del singolo o della comunità — l’abbiamo ascoltato — e poi lui dice che i discepoli di Gesù sono pochi e saranno sempre pochi; quindi, non dobbiamo mai — purtroppo è un errore che facciamo spesso — concentrare la nostra attenzione sui numeri, avere a cuore i numeri, come se i numeri dicessero anche la qualità dell’esperienza cristiana. Certo, se noi pensiamo ai numeri che faceva Padre Pio… eh lì c’era anche la qualità di un’esperienza cristiana intensa, vera e profonda qual era quella di Padre Pio; però Padre Pio non faceva quello che faceva e non viveva come viveva in nome dei numeri, a Padre Pio dei numeri non interessava nulla. Lui era un sacerdote, era un frate, faceva il frate, faceva il sacerdote con grande, estrema serenità, semplicità. Poi, le altre persone, vedendo e stando accanto a Padre Pio, hanno fatto un’esperienza particolare e quindi i numeri sono lievitati, però l’origine non sono i numeri; ecco, questo è quello che è importante. E quindi non dobbiamo mai riporre la fiducia nel numero; perché ragionare sui numeri è un po’ una tentazione mondana: il mondo ragiona sui numeri! Ma chi segue Gesù non ragiona sui numeri. E infatti:

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che camminano in essa. Ma stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano.

Vedete? La parola di Gesù! Quindi lui dice che non sono i numeri a dare consolazione ai discepoli; perché spesse volte noi un po’ ci deprimiamo, quando vediamo dei numeri bassi. 

Questo lo dico ai miei confratelli sacerdoti che so che ascoltano un po’ queste meditazioni: prendi un bravo sacerdote (poi se prendiamo un santo sacerdote ancora meglio), mettilo in una chiesina dove ci sono quattro, cinque persone che vanno alla messa; guardate, state tranquilli che nel giro di sei mesi massimo — ma sei mesi perché voglio esagerare e vincere facile, eh — nel giro di sei mesi, quella chiesa non basta più a contenere le persone. Non basta più, ma ve lo posso assicurare, sarei pronto a firmare una cambiale in bianco, che non posso, lo dico per dirvi la sicurezza che ho, che si fonda su Gesù! 

Quando noi mettiamo un amico di Gesù in mezzo al mondo, guardate, il mondo lo perseguiterà, certo, ma anche lo ammirerà, ne resterà affascinato, e ancor di più il popolo di Dio lo cercherà con grandissimo desiderio, con un bisogno, un bisogno più del pane, più dell’acqua. Perché le persone e noi sacerdoti — che siamo persone anche noi — tutti noi di cosa abbiamo bisogno? Certo di mangiare, di bere, di dormire, di vestirci, certo, ma abbiamo anche bisogno — di più sicuramente — di tutto ciò che alimenta la nostra vita spirituale. Perché noi non possiamo semplicemente essere un corpo che viene nutrito e rivestito. Noi siamo “tutto” una persona: fatta di corpo, fatta di anima, e l’anima, anche lei ha le sue esigenze, e una di queste esigenze è poter fare un incontro con Dio, il più vero, il più reale, il più bello, il più intenso, un incontro — come dirvi — che proprio ci cambia dentro, ci converte. 

Quindi, se voi mettete un sacerdote, anche il più anziano, il più sofferente, sceglietelo voi, ma che ami Gesù — questa è la nota fondamentale, che ami Gesù e la Vergine Maria — voi lo mettete in quella chiesina, magari un po’ abbandonata, sperduta e la prima messa che celebra, non so, saranno due, tre, quattro persone, magari tutti anziani — può darsi —  magari nessuno — può darsi — state tranquilli che se tornate sei mesi dopo non troverete il posto dove parcheggiare la macchina. È sicuro, guardate Padre Pio. È sicuro! 

E quindi Bonhoeffer dice che se la consolazione del discepolo non sta nei numeri, ovviamente, in che cosa può stare se non nella promessa della vita, cioè dell’eterna comunione con Gesù? 

Eh, appunto, qui c’è una domanda grande che si apre: la nostra consolazione riposa qui? Perché capite, è questo il punto. La mia consolazione riposa qui, nell’eterna comunione con Gesù? Invece, spesse volte la nostra consolazione riposa nelle cose pratiche, nelle cose molto concrete, e Bonhoeffer scrive:

La via di chi è nella sequela è stretta. È facile non vederla, è facile perderla, lasciarsela sfuggire, anche se già ci si abbia posto piede. È difficile da trovare. La via è veramente stretta, ai due lati il precipizio è minaccioso. Esser chiamati allo straordinario, farlo senza sapere e senza vedere che lo si fa: questa è una via stretta.

Vedete? Quindi, per chi vuole mettersi nella via della sequela, bisogna proprio seguire il Vangelo e la parola di Gesù; è una via stretta, stretta. Quindi è facile non vederla, è facile perderla, lasciarsela sfuggire, anche se magari ho già iniziato a camminarci. Però, capite, è proprio stretta, è difficile. E poi c’è questo precipizio di cui lui parla: c’è il rischio di precipitare in qualche eccesso, o in qualche difetto, dipende, in qualche fraintendimento. 

E poi c’è il famoso perissòn: essere chiamati allo straordinario e farlo senza sapere e senza vedere che lo si fa. Quindi, io lo faccio, però uno che guarda dall’esterno — perché chi è dentro no, ma uno che guarda dall’esterno si — vedendo quella vita dice: “Mamma mia, ma questa persona vive proprio il perissòn in un modo incredibile, io non ci riuscirei. Come fa questa persona a stare in piedi? Come fa questa persona ad alzarsi ogni mattina? Come fa questa persona ad avere più energie di me, che vive una vita oltre, vive una vita veramente sul crinale dello straordinario?” 

Ecco, Bonhoeffer dice che questa è una via stretta, i discepoli di Gesù vivono tutti una via molto stretta. 

E prosegue:

Testimoniare e confessare la verità di Gesù, pur amando al tempo stesso il nemico di questa verità, nemico di Gesù e nostro, con l’amore incondizionato di Gesù Cristo: questa è una via stretta.

Eh, certo: testimoniare e confessare la verità e poi amare il nemico di questa verità è difficile…

Credere alla promessa di Gesù, che i seguaci possederanno la terra, ma al tempo stesso andare inermi verso il nemico; preferire di patire un torto piuttosto che farlo: questa è una via stretta.

Quando noi vediamo che le nostre forze sono mille volte inferiori, o magari vediamo che non abbiamo mezzi per combattere il nemico, perché il nemico magari è più potente, oppure preferire di patire un torto piuttosto che offendere… Ci sono persone molto spocchiose, molto piene di sé, che hanno il gusto quasi di fare del male, di offendere le persone, di prenderle in giro, ma in modo non bello, proprio di fare un’ironia brutta, di umiliare, e di fare torti, cioè commettere offese verso le persone, offenderle… ci vuole poco, sapete? Ci vuole proprio poco per fare un torto. Ed è una via stretta quella di dire: “No, piuttosto che rispondere male, trattare male e fare io del male, io faccio un passo indietro. Prendo il torto, ma non lo infliggo”. È difficile, mamma mia com’è difficile!

Vedere l’altro uomo e riconoscerne la debolezza, il torto, senza mai giudicarlo, dovergli rivolgere l’annuncio, senza però gettare mai le perle ai porci: questa è una via stretta. 

Com’è facile vedere qualcuno nella sua fragilità e sparare sentenze… Com’è facile vedere qualcuno nella sua fragilità e tagliargli le gambe, condannarlo nella sua debolezza. 

E poi vedete, c’è questa abitudine: quando noi veniamo rimproverati o richiamati da qualcuno, l’abitudine è che in quel momento tiriamo fuori i limiti dell’altro: “Eh sì, però anche tu sei così, però anche tu fai così, anzi, tu fai peggio di me”; oppure tiriamo fuori i limiti dell’altro per tappargli la bocca, per renderlo al nostro livello. 

Bonhoeffer dice:

Una via in effetti insostenibile. — perché è molto pesante, questa via — la caduta incombe ogni momento. — Certo, c’è una possibilità di cadere in questa via stretta, sempre! — Una via effettivamente impossibile, finché vedo in essa un cammino che mi è imposto di percorrere e che percorro avendo paura di me stesso. Ma — ecco qua — se guardo Gesù Cristo che mi precede — ricordate quello che abbiamo detto ieri o l’altro ieri? —  passo dopo passo — cioè, fare le cose insieme a Gesù — se guardo solo a lui e lo seguo, passo dopo passo, allora sarò preservato su questa via. Se guardo alla pericolosità del mio agire, se guardo alla via anziché a colui che mi precede in essa, il mio piede già vacilla. È lui in persona, infatti, la via. — Bella questa cosa! — È la via stretta e la porta stretta. È lui solo che conta trovare.

Quindi: tutto quello che abbiamo detto fin qui ci dice che questa porta, questa via, è difficile, stretta, angusta; ora Bonhoeffer dice, quindi, che, se guardo alla pericolosità del mio agire, se guardo alla via anziché a colui che mi precede — cioè alla difficoltà, alle strettoie — cado, “già vacillo”. Se invece guardo Gesù e metto il passo dopo di lui e guardo solo lui, seguo solo lui, basta! Di fatto io sto già camminando, perché di fatto scoprirò che quella via è Gesù: è lui la porta stretta, è lui la via stretta ed è lui che conta trovare, capite? Bellissima questa riflessione, no? Quindi concentriamoci proprio su questa cosa, sull’importanza di guardare il Signore.

Sapete, quando si va in montagna, se si va con qualcuno di esperto che ci precede, lui ci dice: “Metti i piedi dove li metto io, cammina dietro di me e metti i piedi dove li metto io”; perché lui sa. Uno quando sta salendo, vede dei sassi e dice: “Oh mamma, adesso dov’è che vado?” Ci sono dei momenti, quando si sale in montagna, dove uno si guarda in giro e dice: “Eh, ma non si può più andare avanti!” Certo! Per te che sei inesperto! Ma se sei insieme a una brava guida, a uno che conosce le montagne, lui ti dice: “Eh no, no, no vieni con me, metti i piedi dove li metto io, vedrai che sali”. Perché l’esperto sa vedere, in mezzo a tutte le asperità della montagna, il punto giusto dove mettere il piede.

Questo è quello che fa Gesù con noi! Gesù è come se ci dicesse: “Tu non guardare la strettezza della via, la pericolosità; non guardare quelle cose, guarda me! Tu metti i piedi dove li metto io”. 

E uno dice: “Ma come faccio a fare così?” E ci viene in aiuto, se non ricordo male — vado a memoria — Sant’Alfonso Maria de Liguori, il quale diceva (lui faceva tante penitenze) che la via sicura, la via certa per andare in paradiso, per poter stare per sempre col Signore, è una sola; non sono tanto le penitenze, ma è un’altra cosa, è una sola: fare sempre, in ogni momento, la volontà di Dio. Questo! 

E questa è una via stretta, fare la volontà di Dio è la via più stretta in assoluto; è la parte più difficile del cammino. Attenzione, aggiungo: fare la volontà di Dio, però nella consapevole certezza di non aver fatto nulla per manovrare in un modo o nell’altro. Non so se sono chiaro. Cioè, quando io ho la certezza di fare la volontà di Dio? Quando ciò che mi accade nella vita, io non ho fatto niente per procurarlo, in un senso o nell’altro, cioè proprio mi accade, succede. 

Non so, adesso mi viene in mente in questo momento un esempio familiare: una mamma e un papà che hanno un figlio che, per esempio, non lo so, è malato, non sta bene, oppure persone che incontrano il grande momento della morte di una persona cara nella famiglia — può essere un figlio, può essere il coniuge, può essere il papà e la mamma — oppure pensiamo a una malattia grave: mi diagnosticano un tumore, qualcosa di molto brutto, di molto pesante, una cosa che uno magari neanche sapeva che ci fosse, ecco. 

Ad esempio mi viene in mente la vita di Santa Faustina Kowalska, quando lei narra dei suoi spostamenti, i cambi di convento, dove Gesù addirittura alle volte glieli preannuncia, le dice: “Guarda che tu adesso verrai trasferita” e lei poverina, che magari in quel convento dov’era si trovava molto bene, stava bene, e veniva presa e mandata in tutt’altro posto, dove invece non si sarebbe trovata bene, dove avrebbe avuto mille difficoltà…

Penso a santa Gemma Galgani, lei avrebbe voluto scegliere un confessore, invece Gesù gliene indica un altro. 

Allora, quando io so che in tutti i casi che vi ho detto, io non ho fatto nulla per avere una cosa al posto dell’altra, ma proprio nulla, sono stato fermo e questa cosa mi è arrivata… Quindi uno si sveglia, va dal dottore e questo gli dice: “Guardi che lei così, così, così…” Uno dice: “Io non ho fatto niente di male”. No, no, è successo, punto. Allora quando io ho la certezza di non aver fatto nulla per un senso o per un altro e quella cosa mi accade, mi succede, e quindi mi chiama in causa nella mia vita a doverne prendere atto e viverla, è chiaro che da lì in avanti, spesse volte, ci sono momenti difficilissimi da vivere; ecco, quello è il momento di fare la volontà di Dio, e quando la difficoltà dentro, interiore, mi dice che non ce la faccio, il pensiero “sto facendo la volontà di Dio” questa è la nostra forza. Sto facendo la volontà di Dio, non la mia, basta; il Signore mi aiuterà, sicuramente il Signore mi aiuterà. E ve lo garantisco, ve lo assicuro: il Signore aiuta sempre, sostiene sempre, difende sempre chi fa la sua volontà.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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