Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 10
Mercoledì 16 agosto 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mt 18, 15-20)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a mercoledì 16 agosto 2023. Oggi festeggiamo Santo Stefano, Re di Ungheria.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciottesimo del Vangelo di San Matteo, versetti 15-20.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Bonhoeffer, Sequela. Scrive:
Mettersi alla sequela significa fare determinati passi.
Questo, se è vero proprio visivamente — quando tu segui qualcuno devi fare dei passi sennò non lo segui; se qualcuno vuole seguire una persona deve camminare — se questo vale per ciò che riguarda il mondo fisico, vale anche per quanto riguarda la realtà spirituale; quando noi vogliamo seguire il nostro maestro, che è Gesù, spiritualmente, dobbiamo fare dei passi spirituali. E Bonhoeffer scrive:
Già il primo passo, che segue alla chiamata, separa chi si pone nella sequela dalla sua precedente esistenza. Così la chiamata alla sequela crea subito una nuova situazione.
Quindi lui ci sta dicendo che essere alla sequela vuol dire fare dei passi: il primo passo è quello di separarci dalla precedente esistenza; cioè, da un certo momento in poi, da quando inizio a seguire Gesù, creo una distanza, una separazione tra me insieme a Gesù, che è un punto, e ciò che è la mia vita passata, la mia precedente esistenza. “Così — scrive — la chiamata alla sequela crea subito una nuova situazione”. Quindi per il fatto di mettermi alla sequela di Gesù, io già sto partecipando a questa creazione di una nuova realtà, di una nuova esistenza.
La permanenza nella vecchia situazione e la sequela si escludono a vicenda.
Quindi, qui capite che c’è dentro tutto, tutte le questioni anche della realtà morale, della teologia morale. Se io dico di essere cristiano e di voler seguire Gesù, benissimo, non posso condurre la vita che ho fin qui condotta: semplice! Non posso vivere in certe situazioni di peccato. Altrimenti chi sto seguendo? Se io prima di incontrare Gesù vivevo in un modo, oppure se da sempre mi dico cristiano, ma a un certo punto comprendo che il Signore mi chiama a seguirlo in un modo vero, serio, coerente, non nominalista, è chiaro che la mia vita deve subire un cambiamento, se non altro per il fatto che sto camminando. Quindi non è più una realtà statica, ma dinamica. E quindi non posso permanere in quelle situazioni di male, di peccato, di offesa, di lontananza da Dio, altrimenti non sto seguendo il Signore. E allora ecco che si pongono delle separazioni, delle scelte: o mi separo da Gesù, o mi separo dal peccato; o mi separo dalla vecchia esistenza, o mi separo dalla nuova che sta nascendo; ma non posso dilaniarmi, capite? Non mi posso spaccare in due. Perché io sono uno: o vado a destra o a sinistra; non posso andare in tutte e due le direzioni. Ecco che allora, il sacerdote, il confessore, dice alla persona: “Ma tu vuoi seguire il Signore?” — “Si” — “Benissimo, allora questa situazione non sta. Questa scelta che stai facendo, non sta con la sequela” — “Perché?” — “Perché nel Vangelo c’è scritto così, così e così” — “E allora che cosa facciamo?” — “Eh, che cosa facciamo? Vedi tu. O segui Gesù e, come dice anche Bonhoeffer, lasci ciò che è prima di questa chiamata, di questa sequela, e che è male, e che non è Gesù, oppure lasci Gesù. Vedi tu”.
Questo, all’inizio, era una cosa del tutto visibile. Il pubblicano dovette lasciare la dogana, Pietro le sue reti, per andar dietro a Gesù.
Pietro cosa faceva di male? Niente! Faceva il pescatore. Però Gesù lo chiama a una sequela molto stretta, molto radicale e quindi deve scegliere: se vuol seguire Gesù, deve lasciare le reti, la barca, il padre e tutto. Per il pubblicano la stessa cosa.
Secondo il nostro modo di intendere, anche allora le cose sarebbero potute andare del tutto diversamente.
Qual è il nostro modo di intendere? Il Vangelo “secondo noi” poteva essere fatto così: Gesù avrebbe potuto — anche adesso glielo diremmo a Gesù… Ci sono tante persone che a Gesù direbbero questa cosa:
Gesù avrebbe potuto trasmettere al pubblicano una nuova conoscenza di Dio e lasciarlo nella sua situazione precedente.
Cioè, che bisogno c’è di strapparlo alla sua vita? Tu gli trasmetti questa nuova conoscenza, però lo lasci nella sua situazione, così salviamo tutto.
Se Gesù non fosse stato il Figlio di Dio fatto uomo, ciò sarebbe stato senz’altro possibile. Siccome però Gesù è il Cristo, doveva risultare chiaro fin dall’inizio che la sua parola non è una dottrina, ma una nuova creazione dell’esistenza. Si trattava di procedere realmente con Gesù. Nel chiamare qualcuno, Gesù gli diceva che ormai gli restava una sola possibilità di credere in Gesù, cioè quella di abbandonare tutto e di andare con il Figlio di Dio fatto uomo.
Non è una dottrina, non è un insegnamento di norme, di regole che Gesù vuole trasmettere, ma una nuova creazione dell’esistenza, ti da una vita nuova: vino nuovo in otri nuovi. Siamo chiamati a camminare con Gesù, non a ricevere una sorta di conoscenza misterica: camminare con Gesù. E questo non può essere scontato a nessuno: nessuno di noi ha il diritto, nessuno che vive su questo mondo ha il diritto e il potere di dispensare dalla sequela Christi, pena essere un falso profeta, un falso annunciatore, un falso… un Giuda! Ma se non è tutto questo, nessuno può dispensare dalla sequela e dalle esigenze legate alla sequela Christi, che è quella di una nuova creazione dell’esistenza, che è quella del camminare realmente con Gesù. Quindi c’è una sola possibilità di credere in Gesù, proprio perché Lui è il figlio di Dio: abbandonare tutto e andare con Gesù. Sicuramente per qualcuno che è chiamato in modo speciale, come Pietro, sarà proprio abbandonare tutto e tutti — quindi pensiamo a chi accetta la chiamata al sacerdozio, la vita claustrale e quant’altro — ci sarà una forma di abbandono più lieve, che magari è quella di chi si sposa — però c’è sempre un abbandono, perché devono abbandonare la loro famiglia di origine per formare una nuova famiglia — e via di seguito. C’è sempre un lasciare qualcosa per altro e per altri. Perché dobbiamo seguire i figli di Dio, dobbiamo seguire la chiamata, dobbiamo seguire dove Lui ci vuole portare.
Con questo primo passo colui che si pone nella sequela è messo nella situazione di poter credere.
Quindi questo primo passo concede proprio la possibilità di poter credere.
Se non si mette a seguire, se resta indietro, non impara a credere. Colui che è chiamato deve uscire dalla propria situazione, — è un esodo — in cui non gli è possibile credere, per entrare nella sola situazione in cui è possibile credere. Questo passo non ha in sé un valore programmatico, è giustificato solo dalla comunione con Gesù Cristo che così viene raggiunta. Finché Levi resta alla dogana o Pietro attende alle reti, essi possono esercitare onestamente la propria professione, possono avere antiche o nuove conoscenze di Dio, ma se vogliono imparare a credere in Dio, — ecco la differenza — devono seguire il Figlio di Dio fatto uomo, andare con lui.
La sequela, il passaggio in questa nuova situazione è ciò che rende possibile il credere. Il credere è legato a doppio filo alla sequela. Nella misura in cui tu segui Gesù, tu credi in Gesù. E impari a credere in Gesù seguendo Gesù, non restando chiuso nel tuo mondo.
Prima la situazione era diversa. Potevano vivere tranquillamente nell’anonimato del loro lavoro, nel rispetto della legge e nell’attesa del messia. Ma ora egli era presente, ora la sua chiamata era risuonata. Ora credere non significava più restare silenziosi in attesa, ma camminare con lui nella sequela. Ora la sua chiamata alla sequela scioglieva ogni vincolo, per amore dell’unico vincolo con Gesù Cristo. Ora tutti i ponti dovevano essere tagliati, si doveva fare il passo nell’infinita insicurezza, per conoscere ciò che Gesù esige e ciò che dà. Levi al suo banco del dazio avrebbe potuto benissimo avere in Gesù un aiuto per ogni specie di necessità, ma non avrebbe conosciuto in lui l’unico Signore, nelle cui mani affidare la sua intera esistenza, non avrebbe imparato a credere. Deve essere creata la situazione in cui si possa credere in Gesù, Dio fatto uomo, la situazione impossibile, in cui si punta tutto su un’unica cosa, cioè sulla parola di Gesù.
La sequela ci chiede per certi versi di tagliare tutto. Poi, magari, questo tutto che abbiamo lasciato lo ritroveremo, ma in un’altra forma. Tagliare tutto, tutti i ponti — dice Bonhoeffer — per fare questo passo nell’infinita insicurezza così da poter conoscere ciò che Gesù esige, ciò che Gesù ci dà. Gesù diventa l’unica certezza che abbiamo. Di fatto è così comunque, perché chi di noi può dirsi sicuro a questo mondo? Nessuno. Quando tu liberamente dici: “Va bene Gesù, ti seguo: portami dove vuoi”, eh, insomma, ti cambia la vita. Ed è vero che tutto ciò che fin lì è stato un bagaglio inseparabile della tua vita, lo devi deporre. E poi non sai per che cosa, cosa incontrerai. Quando uno entra in convento, quando uno entra in seminario, è chiaro che tutti gli amici di un tempo, tutte le sue conoscenze, tutto il suo stile di vita viene deposto. Perché inizia un percorso completamente nuovo, vive una vita completamente diversa. Poi oggi sei qui, domani sarai in un altro posto ancora, poi ci sarà tutto il tempo degli studi; quindi, non hai più tempo o possibilità di andare, fare, brigare. Cambia tutto e per tanti anni. Quando poi arrivi alla fine del tuo percorso e vieni ordinato sacerdote, è chiaro che non sei più l’uomo che eri sei/sette/otto/dieci anni prima. Tante cose sono cambiate, tante persone neanche più le senti, ma hai deposto un bagaglio e lì te ne verrà dato uno nuovo, quello che il Signore ha pensato per te. Un bagaglio fatto di nuove conoscenze, di nuovi incontri, di nuovi apostolati, di nuove cose da fare, capite?
In questo modo noi affidiamo a Gesù tutta la nostra vita, così impariamo anche a credere in Lui, perché è un esercizio di fede. Chiaro, no? Se io non ho altra sicurezza e altra certezza che Gesù e ho abbandonato tutto per Lui, a parte il grande atto d’amore che si fa, però di fatto mi sto esercitando a credere affidandogli tutta la mia esistenza. “Dentro a quella situazione impossibile, si punta tutto sulla parola di Gesù.”
Pietro deve uscire dalla barca e camminare sulla superficie ondeggiante del mare, per provare la propria impotenza e l’onnipotenza del suo Signore. Se non lo avesse fatto, non avrebbe imparato a credere.
È lì che lui impara a credere, camminando sulle acque! Sulla superficie ondeggiante del mare, che poi era in burrasca. Quindi questo uscire dalla barca è assolutamente fondamentale: proprio uscendo, proprio questo atto dell’uscire dalla barca è esattamente ciò che permette di imparare a credere. Cioè, non è che uno nasce “imparato”, che uno nasce credendo: s’impara a credere! E ogni volta che si fa un passo nella sequela Christi si impara a credere sempre più, sempre meglio; quindi, non ci dobbiamo spaventare se abbiamo i nostri “affondamenti” nel mare come San Pietro. Quella poca fede, piano piano, si spera, diventerà sempre più grande: l’importante è rimanere dietro a Gesù.
Per poter credere, deve costituirsi quella condizione del tutto impossibile, semplicemente irresponsabile sul piano etico, che è lo stare sulla superficie ondeggiante del mare.
Questa è la condizione che si deve venire a creare per poter credere: bisogna stare sulla superficie ondeggiante del mare.
La via verso la fede passa per l’ubbidienza alla chiamata di Cristo. Si richiede questo passo, altrimenti la chiamata di Gesù cade nel vuoto, e, senza questo passo cui Gesù chiama, ogni presunta sequela si trasforma in inautentico fanatismo.
Quindi, questo passo è assolutamente richiesto, altrimenti cadiamo nel fanatismo.
Ci sono nella vita di ciascuno queste condizioni un po’ impossibili, in cui uno dice: “No, ma qui non ce la farò mai” — oppure — “No, ma questo è troppo difficile”, “No, ma questo è impossibile”, “No, ma qui ci vuole un miracolo”. Quante volte lo diciamo! Ecco, in queste condizioni impossibili… Camminare sulle acque è impossibile: nessuno su una barca in mezzo al mare si sogna di mettere giù il piede e tentare di fare tre passi, perché quello che verrebbe fuori sarebbe sinonimo di un tuffo. Perché, se io sono su una barca in mezzo al mare, poi, ancora peggio, in tempesta di notte, immaginatevi, no? Ma comunque, se sono su una barca in mezzo al mare e dico: “Allora, io adesso faccio tre passi sul mare” uno dice: “Sì, ok, non ne fai neanche due, perché nel momento in cui tu ti sporgi dalla barca e metti il tuo piede nell’acqua, vai giù”. È evidente! Nessuno può fare un passo sulla superficie dell’acqua, nessuno. Quindi è chiaro che, quando San Pietro ha fatto questi passi, si è reso conto che era una roba impossibile da poter fare, eppure stava accadendo a lui. Chissà quante volte San Pietro è ritornato con la sua memoria a quel giorno e al dire: “Io ho camminato sul mare, sul luogo del mio lavoro. Io che ho sempre temuto il mare, che dal mare ho ricevuto il pane — cioè il pesce, ho detto “pane” nel senso di nutrimento — e il Signore Gesù mi ha fatto camminare. Avrò fatto pochi passi, va bene, ma nessun uomo ha potuto fare neanche quelli che ho fatto io. Ho fatto pochi passi, poi ho cominciato ad affondare, perché appunto il mio percorso del credere doveva ancora crescere: era ancora molto immaturo; però qualcosa ho potuto fare, ho potuto vedere la potenza della parola di Dio, l’onnipotenza di Dio. Poi ho visto anche la mia assoluta, incredibile impotenza. Ho sperimentato quanto io fossi ancora fragile da un punto di vista della fede, quindi ho sperimentato la mia impotenza. Però intanto ho avuto un assaggio della fede”. E, pensate, anche da anziano San Pietro avrà ripensato a quel momento. Avrà detto: “Mamma mia, che esperienza incredibile! Io ho camminato sul mare! Ho camminato sul mare” Poi magari, chissà — sto inventando, sto immaginando — magari qualche volta avrà riprovato a riva a dire: “Adesso non mi vede nessuno, chissà se posso ancora fare due passi”, e non ci sarà riuscito sicuramente. Perché poi ti verrà il desiderio di dire: “Ma ti ricordi la sensazione? Aspetta che vedo un po’ se risuccede qualcosa!”. E poi va bene, ok, non succede, perché non c’era Gesù che lo invitava, che lo chiamava, ma, quell’evento, appunto, doveva rimanere un evento unico nella sua vita, a testimonianza di questa fede che lui stava ormai sempre più maturando.
Distinguere una situazione in cui è possibile credere, da una in cui questa possibilità non si dà, porta con sé un grosso rischio. A tal proposito deve essere totalmente chiaro prima di tutto che non dipende dalla situazione come tale né di quale natura essa sia, né la riconoscibilità di tale natura. Solo la chiamata di Gesù Cristo la qualifica quale situazione in cui si può credere.
Certo! Non posso dire: “Domani salgo su un ponte a 300 metri di altezza, mi butto giù perché tanto c’è Gesù che mi salva, oppure cammino nell’aria”, No! Oppure, come vi dicevo prima, adesso vado in mezzo al mare in tempesta e dico: “Ok, adesso cammino sulle acque”, faccio un passo, vado giù e annego. Perché non è questo! Non è l’impossibilità in quanto tale, non è la situazione contingente grave che… No, è Gesù che chiama, che rende possibile questa cosa.
In secondo luogo la situazione in cui è possibile credere non può mai costituirsi a partire dall’uomo.
Capite? Non sono io che decido.
La sequela non è una proposta che viene dall’uomo. Solo la chiamata crea la situazione. In terzo luogo questa situazione non ha mai in se stessa un proprio valore. Solo grazie alla chiamata è giustificata.
Non c’è un valore in sé nel camminare sulle acque. Ma se c’è una chiamata…
Infine, e soprattutto, anche la situazione in cui si può credere è già e sempre resa essa stessa possibile solo nella fede.
Cioè, è possibile solo in quell’ottica.
Ecco, domani proseguiremo. Credo che anche per oggi abbiamo avuto tante indicazioni per la nostra vita di fede e di sequela.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.