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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 53

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 53
Venerdì 29 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 1, 47-51)

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 29 settembre 2023. Festeggiamo quest’oggi i santi Michele, Gabriele e Raffaele, Santi Arcangeli.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo primo del Vangelo di San Giovanni, versetti 47-51.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Bonhoeffer, Sequela.

Se l’occhio e la mano servono al piacere e impediscono all’intero corpo la purezza della sequela, è preferibile sacrificare tutto ciò piuttosto che Gesù Cristo. Ciò che si acquista attraverso il piacere è ben poco di fronte al danno che se ne riceve — tu acquisti il piacere dell’occhio e della mano per un attimo, ma perdi il corpo per l’eternità. Il tuo occhio, che serve all’impura cupidigia, non può vedere Dio.

Il tema ancora non è la purezza in quanto purezza, così, a sé stante, sganciata, ma la purezza della sequela. Ritorna tutto quello che abbiamo detto precedentemente, ritorna quanto abbiamo detto e spiegato nella beatitudine: “Beati i puri di cuore”. È la purezza della sequela e quindi è proprio l’integrità del seguire Gesù, l’integrità dell’essere discepoli di Gesù. Bonhoeffer dice che è meglio sacrificare tutto quello che può impedire questa purezza della sequela, così dice Gesù nel Vangelo, del resto, e Bonhoeffer lo spiega a partire appunto dalle parole di Gesù. Parla non solamente della purezza da un punto di vista della castità, ma di una purezza che comprenda tutti gli aspetti nel nostro essere e del nostro vivere. Per conservare questa purezza della sequela, è meglio sacrificare tutto, piuttosto che perdere Gesù Cristo. Quindi, sacrificare tutto ciò che impedisce, che è di ostacolo a questa purezza della sequela. Non dimentichiamo mai questo binomio: “purezza della sequela”, non solo purezza.

Bonhoeffer dice che ciò che si acquista attraverso il piacere ovviamente è molto inferiore rispetto al danno che se ne riceve: quindi, per il piacere di un attimo, noi perdiamo tutto per l’eternità. Quindi se il tuo occhio serve all’impura cupidigia (abbiamo visto ieri perché è impura) non può vedere Dio. Perché? Perché si è scelto di separarsi da Gesù, si è scelto di seguire l’impurità della cupidigia, che è l’incredulità. E quindi si è scelto di far sottostare la nostra volontà al dominio del piacere sganciato dall’amore. Questo discorso vale in generale poi tutta la nostra persona, qui lui si concentra sull’occhio perché Gesù si concentra in modo particolare sull’occhio. 

Non dovremo a questo punto deciderci sulla questione se Gesù abbia inteso il proprio comandamento in senso letterale oppure traslato? 

Cioè, Gesù intendeva veramente che tu ti dovessi tagliare la mano e cavare un occhio? Questa è la domanda. 

Non dipende forse tutta la nostra vita da una chiara risposta a tale domanda? Davanti alla condotta dei discepoli, la risposta a questo problema non è già data? Di fronte a questa domanda che chiama ad una decisione apparentemente della massima radicalità, la nostra volontà propende per la fuga dalla decisione. Ma è la domanda in sé ad essere sbagliata e malvagia. Essa non può trovare risposta. Se infatti si dicesse che naturalmente il comandamento non va inteso alla lettera, — cioè, che il Signore non intendeva dire: “ti devi tagliar la mano, ti devi strappare l’occhio” — ci saremmo già sottratti alla serietà che gli è propria; se invece si dice che va inteso alla lettera, si dimostrerebbe solo la fondamentale assurdità dell’esistenza cristiana e quindi si toglierebbe vigore al comandamento. Proprio e solo per il fatto che davanti a questa fondamentale domanda non ci viene data risposta, noi ci ritroviamo messi con le spalle al muro dal comandamento di Gesù. Non possiamo sfuggire da nessuna parte. Siamo chiamati in causa e dobbiamo ubbidire. Gesù non costringe i discepoli ad uno spasmo disumano, non vieta loro lo sguardo, ma indirizza il loro sguardo verso di sé, sapendo che in questo modo si mantiene puro, anche se si rivolge alla donna. Egli quindi non impone ai discepoli un giogo intollerabile della legge, ma li aiuta con misericordia per mezzo del vangelo. Gesù non rivolge alcuna esortazione a coloro che sono nella sequela perché si sposino. Egli però santifica il matrimonio secondo la legge, nel dichiararlo indissolubile e nel vietare, quando una parte si separa per adulterio, un secondo matrimonio all’altra. Con tale comandamento Gesù libera il matrimonio dal piacere egoistico e malvagio, e vuole che sia vissuto come servizio dell’amore, quale è possibile solo nella sequela. Gesù non biasima il corpo e il suo desiderio naturale, ma respinge l’incredulità che in esso si nasconde. Per cui egli non scioglie il matrimonio, ma lo rafforza e lo santifica per mezzo della fede. In tal modo chi è nella sequela dovrà mantenere anche nel matrimonio quel vincolo esclusivo che lo unisce a Cristo, nella disciplina e nel rinnegamento [di sé]. Cristo è il Signore anche del matrimonio di coloro che sono alla sua sequela. Il fatto che in tal modo esso sia qualcosa di diverso dal matrimonio civile, ancora una volta non si risolve nel disprezzo del matrimonio, bensì proprio nella sua santificazione.

Allora, vediamo di spiegare un po’. Dunque, lui dice che qui ci dobbiamo porre questa domanda: Gesù intendeva questo comandamento in senso letterario oppure traslato? 

Bonhoeffer dice che noi siamo tentati a fuggire da questa domanda, però dice anche di fare attenzione perché la domanda in sé, posta così, è sbagliata ed è malvagia, perché non ha risposta. 

Infatti, se dicessimo che non va inteso alla lettera, allora toglieremmo serietà alle parole di Gesù, ma se dicessimo che va inteso alla lettera, si dimostrerebbe l’assurdità dell’esistenza cristiana. Perché avremmo i cristiani che vanno in giro zoppi, monchi di una mano, senza un occhio, vi immaginate? Quindi non c’è e non viene data una risposta, però in questo modo noi ci troviamo con le spalle al muro, non possiamo fuggire. Siamo chiamati in causa e dobbiamo obbedire. Obbedire a che cosa? 

Allora: innanzitutto Gesù non costringe ad uno spasmo disumano, non costringe nessuno all’amputazione. Non vieta di guardare, non dobbiamo andare in giro con la testa bassa e gli occhi chiusi, anche perché sennò il primo palo è il nostro. Non dobbiamo andare in giro pensando che tutto ciò che abbiamo intorno sia male. Gesù non vieta lo sguardo, ma cosa fa? “Indirizza questo sguardo dell’uomo verso di sé (Gesù) — guardate che questo è importantissimo — sapendo che in questo modo lo mantiene puro, anche se guarda una donna”. 

È bellissima questa cosa!

Il cuore dell’insegnamento di questo brano evangelico di Matteo 5, 27-32 non è l’amputazione; non è nemmeno dire: “Ah vabbè, ma sì, ma non esageriamo, è estremo”; non è: “Allora non devo più guardare niente e nessuno”. Ma è indirizzare lo sguardo verso Gesù. Ed è in questo modo che questo sguardo si mantiene puro, anche quando guarderà la donna, o l’uomo, perché questo comandamento vale per l’uomo e per la donna. 

Gesù ci insegna a educare questo sguardo, puntandolo su di Lui: «tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede» dice la Lettera agli Ebrei. Quindi, tutto il discorso di questo brano di Matteo, capitolo 5, di questi versetti, è per dirci: fissiamo lo sguardo su Gesù. Se noi fisseremo lo sguardo su Gesù, noi lo manterremo puro; puro inteso nel senso della “purezza della sequela”, in questo senso. 

Ovviamente io non posso ad ogni frase riprendere tutte le centotrenta pagine che abbiamo letto e spiegato; quindi, io dò per dato quello che abbiamo detto e vado avanti. Questo ciclo di meditazioni lo si può comprendere solo se si ascolta dalla prima all’ultima, perché è un discorso tutto legato. Non si può dire: “Ah, io incomincio ad ascoltare dalla trentesima, e poi mi vengono i dubbi, faccio le domande, non capisco…” eh sì, certo, perché ti sei dimenticato di ascoltare le altre prime trenta meditazioni. Siccome è un libro, va ascoltato, letto dall’inizio alla fine, perché sennò non si capisce più niente.

Quindi: “indirizza il loro sguardo su Gesù, sapendo che così si mantiene puro, anche se si rivolge alla donna”. Questo sguardo si manterrà puro nella sequela di Gesù fissandosi su Gesù, e a quel punto potrà guardare qualunque cosa, qualunque realtà. Perché è fissato su Gesù, e quindi non si distrae. 

Gesù non impone un giogo intollerabile della legge, ma aiuta con la misericordia. La misericordia è questa: indicarci la via. L’atto supremo di misericordia è dire a qualcuno la verità per poter realizzare il meglio per sé. Facciamo un esempio nel piccolo: che grazia quando il professore fa un problema di matematica alla lavagna e ti insegna a risolverlo applicando il teorema di Euclide, per esempio. Un alunno non sa che cos’è il teorema di Euclide finché qualcuno non glielo spiega. Allora il professore dice: “Questo è il problema, che è irrisolvibile se voi non applicate il teorema di Euclide. Adesso vi insegno che cos’è il teorema di Euclide e come si applica il teorema di Euclide”. Capite? E uno dice: “Mamma mia, che grazia! Se io non avessi saputo dell’esistenza del teorema di Euclide, questo problema non avrei potuto risolverlo”. Questo, in piccolo, è un atto di misericordia che noi riceviamo. Perché? Perché ci aiuta a risolvere un problema: in questo caso è un problema geometrico, ma nel caso di Gesù è il problema della vita eterna! Capite che è un atto di misericordia! 

Adesso Bonhoeffer fa l’affondo sul matrimonio dicendo che Gesù non esorta nessuno a sposarsi (voi non troverete in tutto il Vangelo una sola frase di Gesù che invita a sposarsi) però Gesù non è contro il matrimonio, lo santifica. Come? Dichiarandolo indissolubile, vietando  l’adulterio. Bonhoeffer dice che non trovate frasi di Gesù che invitano al matrimonio, però trovate frasi di Gesù che santificano il matrimonio, rendendolo indissolubile e vietando l’adulterio. Interessante! In questo modo Gesù che cosa fa?

Gesù libera il matrimonio dal piacere egoistico e malvagio, e vuole che sia vissuto come servizio dell’amore.

Capite cosa fa il Signore? Lo santifica rendendolo indissolubile, vietando l’adulterio: in questo modo lo libera dal piacere egoistico e vuole che sia vissuto nell’amore, nel servizio dell’amore. Quindi il matrimonio non è il sacramento che sacralizza i miei istinti più bassi. Non è che siccome siamo sposati, allora… No, perché il Signore ha liberato — scrive Bonhoeffer — il matrimonio dal piacere egoistico e malvagio. Il Signore vuole che il matrimonio sia vissuto come servizio dell’amore, quale è possibile solo nella sequela. Vero, perché tu queste cose non puoi farle, non puoi dirle e non puoi pretendere che siano comprese, se non da chi si pone nella sequela di Gesù. È molto bella questa riflessione di Bonhoeffer sul matrimonio, e credo che chi vive questo sacramento abbia veramente delle parole dense di bellezza, di speranza, di conforto, di aiuto, di rassicurazione, molto belle. Vedete, anche qui:

Gesù non biasima il corpo e il suo desiderio naturale, ma respinge l’incredulità che in esso si nasconde.

Noi abbiamo già visto che cos’è l’incredulità, lui l’hai già definita, è l’impurità della cupidigia. L’impurità della cupidigia viene respinta da Gesù, perché questa si nasconde nel corpo, e Bonhoeffer scrive:

Per cui egli non scioglie il matrimonio, ma lo rafforza e lo santifica per mezzo della fede.

E continua: 

In tal modo chi è nella sequela dovrà mantenere anche nel matrimonio quel vincolo esclusivo che lo unisce a Cristo.

Marito e moglie, anche loro sono chiamati a mantenere ciascuno per sé (che bello sarebbe se lo facessero tutti e due insieme nella loro famiglia) il vincolo esclusivo che li unisce a Cristo; questo è fondamentale. E l’atto vero di amore quale sarebbe? È che io, sposo, faccio di tutto per aiutarti a mantenere integro e ad accrescere questo vincolo esclusivo che tu, mia sposa, hai con Dio, che ti unisce a Gesù, attraverso la disciplina, scrive Bonhoeffer, e il rinnegamento di sé; è quello che abbiamo già visto, quello che lui sta dicendo da queste centotrenta pagine, ma continua a ripetere. Perché:

Cristo è il Signore anche del matrimonio di coloro che sono alla sua sequela.

C’è una diversità tra il matrimonio religioso e l’unione civile. E lui dice che non è una differenza che si risolve nel disprezzo del matrimonio, bensì nella sua santificazione. Il matrimonio sacramento è questa meraviglia che il Signore dona per la santificazione dei coniugi.

Quindi vedete che oggi, grazie a Bonhoeffer, abbiamo fatto anche una bella e interessante riflessione sul matrimonio. Continua:

Potrebbe sembrare che Gesù, nell’esigere l’indissolubilità del matrimonio, contraddica la legge dell’Antico Testamento. Ma proprio lui (Mt 19,8) fa notare il suo accordo con la legge mosaica. «A causa della durezza di cuore» era stato permesso il libello di ripudio agli israeliti, cioè solo per preservare il loro cuore da una più grave indisciplina. Ma l’intenzione della legge dell’Antico Testamento concorda con Gesù, perché anche in essa si tratta solo della purezza del matrimonio, del matrimonio vissuto nella fede in Dio. E questa purezza, cioè la castità, è preservata nella comunità di Gesù, nella sua sequela. Poiché l’intento di Gesù è solo quello della completa purezza, cioè della castità dei suoi discepoli, è logico che egli apprezzi anche la completa rinuncia al matrimonio per amore del regno di Dio. Gesù non dà valore di programma né al matrimonio né al celibato, ma libera i discepoli dalla πορνεία, dalla lussuria dentro e fuori dal matrimonio, che non è solo un macchiarsi di colpa relativamente al proprio corpo, ma anche al corpo di Cristo stesso (1 Cor 6,13-15). Anche il corpo del discepolo appartiene a Cristo e alla sequela, i nostri corpi sono membra del suo corpo. Poiché Gesù, Figlio di Dio, ha avuto un corpo umano, e poiché noi abbiamo comunione con il suo corpo, per questo la lussuria è un peccato contro lo stesso corpo di Cristo. Il corpo di Gesù è stato crocefisso. L’apostolo dice di coloro che appartengono a Cristo, che essi crocefiggono il loro corpo con i suoi piaceri e le sue cupidigie (Gal 5,24). Così anche l’adempimento di questa legge dell’Antico Testamento si realizza solo nel corpo crocefisso e martoriato di Gesù Cristo. La vista e la comunione di questo corpo, dato per i discepoli, è per loro fonte della forza di mantenersi nella castità che Gesù comanda.

Punto, fine. Quindi, non c’è nessuna contraddizione tra l’esigenza dell’indissolubilità voluta da Gesù per il matrimonio con l’Antico Testamento, perché quel libello di ripudio — lo spiega benissimo — era stato dato per la durezza del cuore, per evitare una più grave indisciplina. 

L’intento di Gesù è quello della completa ed assoluta purezza, e quindi ci sta anche il discorso che fa Gesù della rinuncia degli eunuchi per il Regno dei cieli, della rinuncia al matrimonio per amore del Regno dei cieli. Ciò che interessa a Gesù, dice Bonhoeffer, è il tema della pornèia, cioè della lussuria; che sia dentro o che sia fuori dal matrimonio, sempre lussuria è. Perché, se io sono lussurioso, che sia sposato o meno, non fa differenza: sempre lussuria è. Non è che all’interno del matrimonio la lussuria diventa una virtù, no! Rimane lussuria. Anzi, per certi versi si aggrava, perché è una mancanza anche di rispetto e di amore, di fedeltà all’altra persona. 

Questa macchia va non solo a toccare il proprio corpo, ma il corpo stesso di Cristo (Prima lettera ai Corinzi, capitolo 6, versetti 13-15, andate a leggerli). Perché il nostro corpo appartiene a Cristo, i nostri corpi sono membra del suo corpo, e quindi, Bonhoeffer dice che la lussuria è un peccato contro lo stesso corpo di Cristo. Poiché noi apparteniamo a Cristo, noi dobbiamo imparare a crocifiggere il nostro corpo con i suoi piaceri e le sue cupidigie (Galati, 5, 24). Quindi anche noi dobbiamo portare dentro di noi, nella nostra vita, questa crocifissione e questa marturìa, questa testimonianza di Gesù. Ora, la vista e la comunione di questo corpo — e noi qui non possiamo non pensare all’Eucarestia immediatamente — è proprio la fonte e la forza per mantenerci nella castità e,  io aggiungo, nella purezza della sequela che Gesù comanda. 

Domani vedremo un altro paragrafo molto, molto bello. Sicuramente anche questo vi piacerà tantissimo. Si intitola: “La veracità”. Potete già andare a leggere il brano del Vangelo che Bonhoeffer commenterà (Matteo 5, 33-37). Avete visto che questo paragrafo sulla donna — che poi in realtà non è stato solo sulla donna, ma è stato molto più ampio — è stato bellissimo e utilissimo, domani vedremo quest’altro.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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