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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 19

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Giovedì 2 febbraio 2023, Presentazione del Signore nel tempio (Candelora)

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

SECONDA LETTURA (Eb 2, 14-18)

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 2 febbraio 2023. 

Oggi festeggiamo la Presentazione del Signore al tempio, la “Candelora”. Oggi è il Primo Giovedì del mese di febbraio, quindi, come ogni mese, ricordo a tutti la bellissima pratica dei Primi sei Giovedì del mese richiesta da Gesù alla beata Alexandrina Maria da Costa.

Sul sito www.veritatemincaritate.com, sulla homepage, scendete fino alla scritta “Vuoi scaricare i libri e i PDF di p. Giorgio Maria Faré?”. Cliccate sul tasto “clicca qui” e verrete portati a una pagina con tutti i miei PDF, lì trovate un PDF verde con i Sacri Cuori dove avete tutte le informazioni necessarie per sapere che cosa fare per la pratica dei Primi sei Giovedì del mese. Vi consiglio anche di diffondere tale pratica perché, purtroppo, non è conosciuta: è conosciuta poco la beata Alexandrina ed è conosciuta poco la pratica dei Primi sei Giovedì. Questo non va bene: almeno bisogna conoscerla, poi uno può dire: “Non mi interessa, non voglio.”, però almeno che uno sappia! Bisogna diffondere questa pratica che è bellissima e tutta Eucaristica!

Abbiamo ascoltato la Seconda Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla Lettera agli Ebrei, capitolo secondo, versetti 14-18.

Continuiamo la nostra lettura e il nostro commento del libro di Bonhoeffer, Vita Comune.

Certamente non c’è cristiano cui Dio non abbia donato almeno una volta nella vita l’esperienza felice di un’autentica comunione cristiana. 

Verissimo! Credo che ognuno di noi abbia sperimentato la bellezza della comunione cristiana, di questa unione profonda che ci unisce in virtù della nostra fede.

Ma tale esperienza in questo mondo non è altro che un di più della grazia, che integra il pane quotidiano della vita comunionale cristiana. Non possiamo assolutamente pretendere tali esperienze, non viviamo insieme ad altri cristiani a questo scopo. Non è l’esperienza della fraternità cristiana, ma la fede solida e sicura nella fraternità a tenerci insieme. 

Se noi vivessimo questo che vi ho appena letto, i divorzi, per esempio, sarebbero finiti! 

Purtroppo noi non viviamo così: da una parte tutti abbiamo fatto esperienza almeno una volta nella vita (e sicuramente più di una volta) di una autentica comunione cristiana e allo stesso tempo – ce lo dice e ce lo ripete dall’inizio di questa meditazione Bonhoeffer – questa esperienza è davvero un dono di Dio che integra la vita “comunionale” cristiana ordinaria. L’esperienza bellissima e profonda di comunione non è l’ordinario, perché l’ordinario è un po’ diverso e, prosegue, non dobbiamo neanche pretendere questa esperienza perché noi non siamo cristiani, non siamo comunità cristiana in funzione di questa esperienza felice. Invece sembra che la nostra ragion d’essere sia l’esperienza felice, non l’essere fratelli. Non è una sottigliezza banale perché poi, da questo errore di prospettiva nascono la frustrazione, l’amarezza, lo scandalo: “Ecco io credevo di far parte di una comunità, invece sono tutti malvagi, tutti ipocriti”. No: è sbagliata la prospettiva! Noi non viviamo come fratelli in funzione di fare un’esperienza felice di autentica comunione cristiana. 

Bonhoeffer scrive:

Non è l’esperienza della fraternità cristiana, ma la fede solida e sicura nella fraternità a tenerci insieme. 

Non è il fatto che “mi sento fratello; mi sento sorella; mi sento felice di essere qui”, ma la fede nella fraternità a tenerci insieme. È il credere che siamo fratelli, al di là del fatto che sia  un’esperienza felice oppure no. Quindi, in un matrimonio può benissimo succedere che ci siano periodi in cui non c’è esperienza felice di questo essere fratello e sorella nella fede, ma non è questo che ci tiene insieme. A tenerci insieme è piuttosto il fatto di essere fratello e sorella, il credere che siamo fratello e sorella in virtù di Gesù che ci tiene insieme, anche quando questo stare insieme non è un’esperienza felice.

Altrimenti, se il criterio è l’esperienza felice, il criterio non è più Gesù! È sempre stata un’esperienza felice quella di Gesù che stava con i suoi discepoli? No, è Gesù stesso che lo dice: “Fino a quando dovrò sopportarvi?” non è proprio l’espressione di uno che è felicissimo! Ma Gesù è rimasto fino alla fine, mentre c’è sempre qualcuno che è alla ricerca di altro; che non è mai lì dove vive, che è sempre altrove, è sempre a sognare altro, a sognare quella che io chiamo “l’isola che non c’è”. Appunto: non c’è! E non è reale pensare di vivere ogni giorno  un’esperienza felice di fraternità, non è reale perché non è possibile: non siamo in Paradiso! E non è neanche reale forzare perché questo succeda: se succede e quando succede, siamo tutti grati a Dio, ma non è lo scopo del nostro stare insieme!

Dio ha agito in noi tutti e continua a farlo; nella fede, comprendiamo che questo è il dono principale che Dio ci mette a disposizione, che ci allieta e ci rende felici, ma che ci rende anche capaci di rinunciare a tutte le esperienze, nei momenti in cui Dio non ha intenzione di concederle. Il vincolo che ci unisce è fondato sulla fede, non sull’esperienza.

Che cosa dice il Siracide? “Principio della saggezza, della sapienza è il timor di Dio”, non l’esperienza! 

Chi è che porta avanti la “logica dell’esperienza” e non quella della fede? Provate a pensare chi nella Scrittura propone l’esperienza piuttosto che la fede? Il Serpente Antico! Lui propone l’esperienza al posto della fede; quando noi crediamo e viviamo pensando che il nostro vincolo fraterno si fondi sulla esperienza e non sulla fede, noi stiamo vivendo nella logica del Serpente Antico, il quale dice ad Eva: “Non morirete affatto! Dio non dice la verità, non morirete affatto! Prova, sperimenta e così vedrai che sto dicendo il vero! Non credere a Dio: sperimenta!”. Che poi è quello che oggi va per la maggiore, no? 

Come faccio io sapere che il mio essere “fidanzato” con te può funzionare? (oggi fidanzato è un termine che non si usa più, abbiamo superato anche questo; peccato che non sappiamo nemmeno che esista il Rito del Fidanzamento da celebrare tra due ragazzi che poi vogliono sposarsi). Oggi qual è la logica? Noi vorremmo sposarci, ma non sappiamo se andrà bene, quindi che cosa facciamo? Facciamo così: viviamo da marito e moglie  a tutti gli effetti, in tutti i sensi per due anni, tre anni. Poi, se va bene, ci sposiamo, ma se capiamo che non funziona, ognuno per la sua strada!

 Vedete? Non è la fede! Non è come Tobia che prende Sara per fede e per obbedienza, custodendola nella fede in Dio! No! È: io ti sperimento, tu mi sperimenti e, se funzioniamo, ci sposiamo! Certo, fanno dieci anni di fidanzamento vivendo da marito e moglie in tutti i modi possibili e immaginabili, si sposano e dopo due anni divorziano! Uno si chiede: “Che cosa è successo? Sono stati fidanzati per dieci/quindici anni, si sono sposati ed è caduto tutto, perché?”. Perché il vincolo che ci unisce non si fonda sull’esperienza, ma si fonda sulla fede. Spero che sia chiaro.

«Oh quant’è bello e quanto è soave che i fratelli abitino insieme nella concordia!» (Sal 133,1): così la sacra Scrittura esalta la vita comune secondo la Parola. Ma se si interpreta correttamente il termine «nella concordia», possiamo dire: «che i fratelli abitino insieme in Cristo», poiché solo Gesù Cristo è ciò che ci rende concordi. «Egli è la nostra pace». Solo per suo mezzo possiamo accostarci gli uni agli altri, procurarci reciproca gioia, avere comunione gli uni con gli altri.

Ogni tanto, se vi avessi qui davanti, vi direi: “Ma ditemi, che cosa c’è in queste parole che non sia secondo Dio e secondo la nostra fede?”. Io le trovo bellissime e ve lo continuerò a dire: san Tommaso d’Aquino, grande amico nostro, aveva assolutamente ragione! Quando vi viene qualche dubbio, andate ad ascoltare di nuovo quanto vi dissi il 29 di gennaio, quando vi ho citato la Summa Theologiae; andate a rileggere o a riascoltare quella meditazione che vi mostra quanto san Tommaso avesse ragione. 

«Oh quant’è bello e quanto è soave che i fratelli abitino insieme nella concordia!»

Nella concordia” che cosa significa? Significa “in Gesù”, cioè solo in Gesù troviamo ciò che ci rende concordi, non in altro; solo Gesù è la nostra pace; solo attraverso Gesù possiamo accostarci gli uni gli altri; solo attraverso Gesù possiamo procurarci la gioia reciproca, avere comunione gli uni con gli altri; solo in Gesù! In nessun’altra maniera. 

In un matrimonio noi troviamo la concordia non quando la pensiamo allo stesso modo; non quando siamo perfetti; non quando non facciamo errori. La nostra concordia non sta lì, non abita sui valori; la nostra concordia si fonda su Gesù, per cui, se è Gesù la nostra concordia, se è Gesù la nostra pace, allora abbiamo risolto il problema, capite? Anche quando faccio qualche pasticcio; anche quando faccio fatica; anche quando cado; anche quando mi perdo un pochino, se Gesù è il vincolo della concordia matrimoniale, per esempio, o di una amicizia, per esempio, ci ritroviamo! Ci ritroviamo subito: non ci si può perdere se è Gesù il vincolo, perché tu lo vivrai in un modo, io lo vivrò in un altro, ma stiamo vivendo la stessa Cosa! Con la “C” maiuscola: stiamo vivendo la medesima persona che è Gesù; pur con tutte le nostre fatiche e le nostre ribellioni, ma è Gesù il vincolo! 

Ecco perché vi dicevo che è importante, dove è possibile, pregare insieme: che belle quelle esperienze che sono fondate sulla preghiera, sullo stare insieme davanti al Signore!

E oggi vorrei iniziare un nuovo capitolo. Ritengo bellissimo il capitolo che abbiamo letto, ma quello che vi leggo adesso lo ritengo meraviglioso e lo capirete sin dalle prime battute. Si intitola “La giornata vissuta in comune”. 

«La parola di Cristo con tutti i suoi tesori abiti in voi» (Col 3,16). Secondo l’ Antico Testamento, il giorno inizia dalla sera e finisce con il tramonto successivo. E il tempo dell’attesa. Il giorno della comunità neotestamentaria inizia al sorger del sole e finisce quando spunta la luce di un nuovo mattino. 

Bello, no? Pensiamo che il giorno inizi quando spunta la luce, con il sorgere del sole, certo, e pensiamo che termini alla sera. Invece no: inizia con il sorgere e finisce quando spunta il nuovo sorgere, è lì che si conclude un giorno! Quindi, se io dico: “Inizio a pregare al sorgere del sole di oggi e poi mi sveglio la notte per fare delle preghiere”, io sto ancora pregando nello stesso giorno, sempre nel medesimo giorno perché non è il giorno successivo. Noi diciamo che il nuovo giorno inizia a mezzanotte: no! Nella visione neo-testamentaria non è così: è un calcolo diverso della giornata. L’una di notte appartiene ancora al giorno precedente; fa parte di quel giorno che si sta concludendo e, quando sorgerà il sole, inizierà il nuovo giorno. È il sole che determina l’inizio e determina la fine.

E il tempo del compimento, della risurrezione del Signore. Cristo è nato di notte, luce nelle tenebre; il giorno divenne notte, quando Cristo soffrì e morì in croce, e fu di prima mattina che Cristo a Pasqua risorse glorioso dalla tomba… e «quelli che lo amano sian come il levarsi del sole nel suo pieno vigore» (Gdc 5,31). Il primo mattino appartiene alla comunità del Cristo risorto. All’apparire della luce essa rammemora il mattino della sconfitta definitiva della morte, del demonio e del peccato, e del dono fatto all’uomo di nuova vita e salvezza.

Adesso sono sicuro che a molti di voi verranno mille idee stupende, mille fantasie belle per dire: “Ah, allora devo impostare la mia preghiera bene, perché io amo il Signore e sono come il levarsi del sole nel suo pieno vigore” come dice la scrittura, quindi anche io mi devo levare presto, presto perché amo il Signore come il sole perché Lui è il nostro Sole che sorge dalla morte.

Che ne sappiamo oggi, noi che non conosciamo più timore e rispetto della notte, della grande gioia che provavano ancora i nostri padri e la cristianità antica, quando l’alba riportava la luce? Se vogliamo tornare a imparare qualcosa del canto di lode che spetta al Dio trinitario di prima mattina (sentite che bello!), a Dio come Padre e Creatore, che ha protetto la nostra vita nella notte oscura e ci ha fatto destare per un nuovo giorno (io mi sveglio al mattino, anzi al sorgere del sole con un canto di lode al Dio Trinitario, a Dio Padre e Creatore che ha protetto la mia vita nella notte oscura e mi fa destare a nuovo giorno !), a Dio come Figlio e Salvatore del mondo, che per noi ha vinto il sepolcro e l’inferno, ed è presente in mezzo a noi come vincitore (nel nostro caso, come cattolici, è presente nel suo Corpo dato e nel suo Sangue sparso, nell’Eucarestia dove è realmente, veramente e sostanzialmente e questo è un motivo in più, grande come l’Universo) , a Dio come Spirito santo, che di primo mattino ci dà la Parola di Dio (e, aggiungiamo noi, l’Eucarestia perché l’Eucarestia avviene per opera dello Spirito Santo, che ricordiamo in particolare in questo mese), chiara illuminazione del cuore (e io aggiungo: nutrimento del corpo e dell’anima, perché l’Eucarestia è questo), che scaccia le tenebre e il peccato e c’insegna a pregare nel modo giusto – se vogliamo questo, potremo anche avere un’idea della gioia che si può provare nel ritrovarsi, dopo la notte, al mattino presto insieme con i fratelli, che vivono insieme concordi, per la lode comune al loro Dio (ecco dove sta la concordia), per il comune ascolto della Parola e per la comune preghiera. 

e per la comune celebrazione della Santa Messa, aggiungo io. Capite? Qui sta parlando del mattino e io non so: noi che ci definiamo “cristiani cattolici doc”, “ferventi cristiani cattolici” viviamo così? Chiedo: noi viviamo così? Voi conoscete molti cristiani cattolici che vivono in questa prospettiva e pregano così? Che si svegliano al sorgere del sole con questo canto al Dio Trinitario con questa modalità? E non voglio che sfugga la prima frase:

noi che non conosciamo più timore e rispetto della notte 

Timore e rispetto della notte: capite che la notte è una grandissima incognita! Di notte, in un certo senso, noi sperimentiamo la morte, perdiamo coscienza di noi stessi, non sentiamo più: una persona ci può camminare accanto, si può sedere vicino a noi, può fare rumore e noi non sentire niente; di notte il cuore batte; gli organi funzionano; il sangue scorre; il cuore batte e batte al di là di noi (grazie al Cielo, se no, moriremmo subito); il cuore batte e fa scorrere il sangue; il cervello e gli organi vengono nutriti, ma la nostra consapevolezza è sospesa. Di notte noi non siamo consapevoli di noi stessi, infatti di notte facciamo cose di cui neanche ci rendiamo conto: “Stanotte hai russato; ti sei rigirato tanto; ti sei agitato tanto; hai parlato nel sonno!” Io? Si può parlare e non essere coscienti di averlo fatto incredibile!

Timore e rispetto della notte: ecco perché ci sono le preghiere prima di andare a dormire e poi la gioia di quando l’alba riporta la luce e quindi il canto di lode immediato che spetta al Dio Trinitario al sorgere della luce, al nostro risveglio. Ecco perché la notte non è il momento del “faccio quello che voglio!”: guardo la televisione, ascolto la musica, perdo tempo e vado a letto tardi. No! La notte non è questo tempo: è invece proprio il momento in cui raccogliere tutte le potenze e predisporci a questa sospensione, a questa anticipazione, in un certo senso, della morte, a dire: “Un giorno sarà così, fine, per sempre: io non mi sveglierò più, non mi alzerò più da questo letto, stop!”.

Certo, per noi che crediamo non è l’ultima parola: ecco perché al mattino, quando sorge il sole, noi sorgiamo con lui e ringraziamo il Dio Trinitario (nella modalità che vi ho detto), innanzi tutto come Padre, come Creatore, come colui che mi dà un nuovo giorno; come Figlio che vince la morte, che vince l’inferno, che è presente in mezzo a noi; come Dio Spirito Santo che ci dà la Parola, i Sacramenti, che illumina i cuori, che scaccia le tenebre del peccato – pensate alla confessione – che ci insegna a pregare in modo giusto. 

Quindi Bonhoeffer dice: “Pensate alla gioia che si può provare dopo la notte, al sorgere del sole nel ritrovarsi insieme con i fratelli che vivono insieme concordi, per la lode comune a Dio, per il comune ascolto della Parola e per la comune preghiera” e per l’Eucarestia! Siamo solo al sorgere del sole pensate a come il nostro cuore è già pieno, è già traboccante. Termino con questa frase che è bellissima:

Il mattino non appartiene agli individui (non appartiene a te!) ognuno per proprio conto, 

Noi siamo così: al mattino mi suona la sveglia, mi alzo, faccio le mie cose, le mie “preghierine”, metto insieme le mie “cosine”, poi prendo, esco, vado al lavoro, alla mia Messa, tutto dal solo, come se il mattino fosse mio! 

Il mattino non appartiene agli individui, ognuno per proprio conto, ma alla comunità del Dio trinitario, alla comunione dei cristiani che vivono insieme, alla fraternità. 

Bellissimo! Il mattino non appartiene all’individuo, ma alla comunità del Dio trinitario! Pensate se noi vivessimo la nostra famiglia come comunità del Dio trinitario! 

 alla comunione dei cristiani che vivono insieme, alla fraternità.

Il mattino appartiene a tutto questo, non a me! Quindi quanto sono belle quelle famiglie che al mattino si svegliano insieme, pregano insieme, stanno insieme davanti al Signore anche solo cinque minuti, anche solo tre minuti, ma insieme lì ritrovano la loro concordia!

Mi fermo. Domani andremo avanti perché io ritengo che queste riflessioni siano bellissime e ci facciano tanto bene!

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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