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Offrire la sofferenza – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.32

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Offrire la sofferenza – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.32
Sabato 2 dicembre  2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 21, 34-36)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 2 dicembre 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal ventunesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 34-36.

Oggi non possiamo dimenticarci che è il primo sabato del mese, quindi, ricordiamo la bellissima pratica dei Primi Cinque sabati del mese; io questa la raccomando sempre a tutti, chi non l’ha mai iniziata potrebbe iniziarla. Sul sito veritatemincaritate.com potete trovate il PDF con la copertina verde con l’immagine dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che ho composto raccogliendo tutte le indicazioni necessarie per fare: i Primi Sei giovedì, i Primi Nove venerdì e i Primi Cinque sabati del mese.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione.

Ecco, oggi mi permetto di chiedervi una preghiera speciale, perché oggi è il mio compleanno e, siccome sono nato proprio di sabato — nel 1972, il 2 dicembre era sabato, ed era il primo sabato del mese, come quest’anno — vi chiedo un ricordo speciale alla Vergine Maria; non ho chissà che cosa da chiedervi, mi basta un’Ave Maria; ecco, se vi ricordate, durante il vostro Rosario, di dire un’Ave Maria per me, mi fate sicuramente un grande regalo, o anche se potete ricordarmi durante la Santa Messa, ancora di più.

Detto questo, proseguiamo, siamo arrivati al paragrafo secondo, stiamo affrontando questo tema della salute, della cura di sé e della malattia, scrive Santa Teresa:

2 — Dove regna la carità e le religiose sono poche, se una si ammala, le attenzioni non mancano. Ma per certe piccole indisposizioni e malori di donne, guardatevi dal lamentarvene, perché alle volte non si tratta che di una immaginazione suscitata dal demonio. Vengono e vanno; e se non smettete il malvezzo di dire e di lamentarvi di tutto, eccetto che con Dio, non la finirete più.1 Il nostro corpo ha questo di brutto, che più si vede contentato, più si mostra esigente. È cosa da stupirne osservare quanto desideri di essere contentato! E siccome pretesti non gliene mancano, al minimo bisogno che sente, inganna la povera anima e le impedisce di avanzare.

Ecco io mi soffermerei su questo “minimo bisogno che sente”; nella nota lei scrive:

1 Se insisto tanto su questo punto, è perché lo vedo importante e so che nei monasteri è causa di rilassamento. 

Allora: noi abbiamo dei bisogni, tutti noi abbiamo dei bisogni, dei bisogni molto naturali, molto leciti. Ieri abbiamo guardato i vizi, ci sono anche dei vizi, e, come tutti i vizi, quelli che abbiamo citato ieri, sono brutti, e vanno assolutamente combattuti; allo stesso tempo, ci sono dei bisogni, dei bisogni leciti. Santa Teresa ci dice: attenzione che questo corpo ha una cosa brutta: «che più si vede contentato e più si mostra esigente»; cioè, come se fosse un po’capriccioso. E dobbiamo stare attenti perché Santa Teresa ci dice anche che il demonio strumentalizza questa cosa. 

Allora cosa dobbiamo fare? Dobbiamo valutare: la qualità, lo spessore, il peso del bisogno. Se ho un bisogno impellente, quello non è “minimo”, quello è “massimo”, e a quel bisogno devo andare incontro. Non so, se ho una malattia, o un problema fisico, o semplicemente soffro di pressione bassa, o sono a digiuno da tante ore, e avverto un bisogno forte di mangiare qualcosa, di nutrirmi, perché mi sento che sto per svenire, che mi sta venendo il mal di testa, prendo e mangio qualcosa. Questo non è un minimo bisogno, non è un bisogno sciocco, è che fisicamente proprio sto male. Non ce la faccio più a stare in piedi, perché sono stanchissimo, non è un minimo bisogno: devo riposare.

Comprendo che non è facile, non è facile per niente, distinguere quando è un minimo bisogno e quando è un grande bisogno; quando è un bisogno legittimo e quando non è legittimo, è difficile. Perché magari uno dice: “Ma sì, sono un po’ stanco, però mi faccio forza e vado oltre, non devo fare il pigro”; “Mi sento stanco, magari dormirei un pochino di più, però non devo cedere alla pigrizia e quindi vado oltre”; poi, dopo un po’ di giorni, ti viene la febbre; ecco, questo vuol dire che hai sbagliato; sapete, la febbre può venire anche per la stanchezza. Una persona quando è molto stanca, quando è esausta, se il corpo non ottiene attenzione, con le sue avvisaglie, e non ottiene quello di cui hai bisogno, cioè il riposo, allora a un certo punto dice: “Va bene, tu non me lo dai, adesso me lo prendo: ti faccio venire una bella febbre a trentotto, ti stendo in un letto, e tu per almeno due/tre giorni non ti muovi più, perché devi riposare; cioè, io ho bisogno di riposare”. Perché anche una macchina, anche un motore di una macchina non può andare h 24, perché fonde; anche la macchina deve riposare, anche un computer va spento, anche l’orologio va spento, anche il cellulare va spento, bisogna farlo riposare. Così il corpo: se arriviamo addirittura, per esempio, a scatenare una febbre — capite, cioè, bisogna proprio impegnarsi — vuol dire che siamo “andati oltre” di tanto, vuol dire che in tante occasioni ripetute, e molto probabilmente, consecutive abbiamo detto: “No vabbè ma dai, ce la faccio; no vabbè, ma dai, è un capriccio; no vabbè, ma dai, domani; no vabbè, ma dai…” Ecco, ripetutamente non ho dato retta a un bisogno, che non era minimo, era importante. E allora Santa Teresa dice a questa persona: ecco, hai sbagliato, perché tu non sei stato equilibrato, non hai vissuto nell’equilibrio. Tu dovevi dar retta a quel bisogno, non l’hai fatto, hai sbagliato la considerazione di questo bisogno, hai considerato “minimo” una cosa che invece era di una certa entità, e adesso ti ritrovi a letto. Capite: che cosa me ne faccio dell’essermi ridotto ad avere la febbre a trentotto che non posso fare niente? Se ti viene la febbre a trentotto cosa fai? Devi prendere e andare a letto, ma per forza! La testa ti fa male, ti scoppia il dolore da tutte le parti, non riesci a stare in piedi, ti gira la testa, gli occhi non riesci a tenerli aperti; cioè, non hai le energie, non hai più le forze, tremi tutto. E quindi devi stare a letto.

Allora uno dice — il discorso di ieri — “Ma, scusami, non sarebbe stato più intelligente se, invece di tirare la corda fino a quel punto, da costringere il tuo corpo a…, tu avessi precedentemente detto: calma, non ti dimenticare che hai un corpo e questo corpo ha delle leggi. Quando avevi vent’anni, quando ne avevi dieci, quando ne avevi otto, potevi fare tante cose, adesso che ne hai settanta, ottanta, non puoi più fare quello che facevi a venti; quindi, adesso devi darti dei tempi diversi; se non lo fai, il corpo si ribella”.

Ecco, discernere, valutare il minimo bisogno da un grande bisogno, da un bisogno forte, non è semplice, soprattutto perché poi, se non stiamo attenti, subito entra in gioco questa cosa — come dire — un po’ moralistica, per cui diciamo: “No, vabbè, ma io posso farcela, vado avanti, ecco, è una tentazione”. Eh, no, non è una tentazione, quella febbre a trentotto ti dice: sì, il diavolo ti ha tentato, ma al contrario; perché c’è la tentazione del diavolo che ti dice: “No, poverino, poverino, su, su, devi riposare, stai male, sei malato”, quando non è vero. Ma c’è anche la tentazione al contrario, del diavolo che ti dice: “Ma no, ma figurati, eh, ma tu ce la puoi fare, non cedere al riposo, è una tentazione, reagisci, sacrificati, offri”. E invece no, non dovevi farlo, non dovevi farlo perché tu non lo potevi fare, il tuo sacrificio in quel momento era: riposati. 

È difficile, non dico che sia facile, non dico che sia scontato, né ovvio; è difficile, è vero, è difficile, però bisogna allenarsi, si sbaglierà un po’ di volte e poi dopo si comincerà a capire che c’è un limite e questo limite va rispettato, e bisogna discernere il minimo dal grande.

3 — Ricordatevi di tanti poveri infermi che non hanno persona con cui lamentarsi: e voi volete essere povere e insieme ben trattate? Non è giusto!

Ricordatevi ancora di molte donne maritate. So di alcune, ed anche di agiata condizione, che quantunque piene di travagli e di gravi malattie, pure per non contristare i mariti, non osano fiatare. E noi — misera me! — saremmo venute in monastero per essere trattate meglio di loro? Ah! Sorelle, giacché siete libere dai travagli del mondo, soffrite almeno qualche cosa per amore di Dio senza che tutti lo sappiano!

Ecco una donna che, sposandosi, si è incontrata assai male. Perché suo marito non abbia nulla a subodorare, tace, non si lamenta, sopporta tutto, non cerca conforto da alcuno.

E noi ci faremo rincrescere di sopportare, sole con Dio, queste brevi afflizioni che ci siamo meritate con i nostri peccati, tanto più che la consolazione del parlarne si riduce sempre a ben poco?

Ecco, e qui viene fuori un altro tema, che forse non è molto trattato, ma che ha il suo senso, il suo perché: è il tema del “non parlarne”, del trattare solo con Dio. Lei dice: perché non proviamo ad imparare ad offrire le nostre sofferenze, sacrifici, travagli, dolori, malattie e quant’altro, offrire per amore di Dio, senza che tutti lo sappiano? 

Cosa vuol dire? Vuol dire che quando uno sta male, mette fuori i cartelli: “Ah, come sto male!”, “Ah, quanti dolori”, “Ah, se tu sapessi”, “Ah, non riesco a stare seduto”, “Ah, non riesco a stare sdraiato”, “Ah, non riesco a fare”, “Ah, non riesco a stare lì, non riesco…” e cominciamo a fare un po’ i frignoni, a metterci sdraiati, a metterci sul divano e basta, tutto il mondo si ferma; e quindi tutti devono venire un po’ lì a coccolarci, a farci la limonata calda, a portarci i biscotti buoni e la coperta calda; e insomma, ci piace essere un po’ coccolati e guardati, compatiti: “Oh, poverino, ma come stai?” — “Oh, se tu sapessi, che dolore” — “Oh, ma dai, raccontami” — “Oh, aspetta…” — allora comincia tutta la storia di questo dolore, che poi magari è un po’ di mal di gola, però vabbè, noi siamo un po’ attori e quindi questo mal di gola diventa una sorta di traforo del Monte Bianco.

Santa Teresa dice: perché non impariamo ad offrirlo al Signore senza che tutti lo sappiano? Perché non impariamo a sopportare? Come questa donna che tace, non si lamenta, sopporta tutto, non cerca conforto neppure dal marito; del resto — lei dice — tanto più che la consolazione del parlarne si riduce a ben poco. Cioè, quand’anche tu ne parli con cento persone, del tuo dolore… e poi? Cioè, questa persona va via, non è che sta lì tutto il giorno con te, a un certo punto va a casa sua, la telefonata finisce, cosa rimane? Il tuo dolore non te l’ha portato via, non te lo toglie: “Ah, ma io mi sono sfogato”; eh, beh, poca roba, poca roba, non si guadagna molto.

Anche questo è molto difficile: questo saper soffrire senza lamentarsi. Santa Teresa dice che ci sono:

poveri infermi che non hanno persona con cui lamentarsi:

e aggiunge:

e voi volete essere povere e insieme ben trattate? Non è giusto!

È vero, è vero, è vero… è difficile, però ci dobbiamo impegnare. Non riusciremo dall’oggi al domani, va bene, però cominciamo; magari da oggi possiamo cominciare a dire che, appena ho un problema, non vado subito a parlarne, me lo tengo un po’ per me, fosse anche che me lo tengo per me un quarto d’ora, beh, piuttosto che ieri che non riuscivo a tenerlo un minuto, adesso l’ho tenuto un quarto d’ora; va bene, domani lo terrò venti minuti e mi alleno, mi alleno.

4 — Escludo sempre, ripeto, il caso di qualche grave malattia, come di una gran febbre, benché desideri che anche allora si usi moderazione, sopportando tutto con pazienza. Parlo di certi piccoli malori che si possono sopportare in piedi…

Perché anche questo è vero, ci sono dei malori che si possono sopportare in piedi, non c’è bisogno di essere sdraiati nel letto per ogni cosa. E Santa Teresa dice che anche quando si è davanti a una grave malattia, anche quando abbiamo davanti una grande febbre, bisogna avere moderazione, sapendo sopportare con pazienza. Quindi, stai male, effettivamente hai quaranta di febbre — va bene — ecco, però, impariamo a sopportare, in quei momenti lì basta proprio dire: Gesù, ti offro tutto! Basta! Non c’è bisogno di star lì a fare chissà quali proclami al Signore, basta ricordarsi di offrire. Devo fare un intervento chirurgico…: Signore, te lo offro, fai tu, pensaci tu.

Che sarebbe mai di questo libro se venisse letto fuori di qui! Che direbbero di me tutte le monache! Ma come volentieri sopporterei le loro chiacchere se una sola si emendasse!

Basta una sola che si lamenti senza motivo, perché non si creda più a nessuna, nonostante i gravi dolori che possa avere.

Quindi stiamo attenti, stiamo molto attenti.

Ricordiamoci invece dei nostri Padri, di quei santi eremiti di altri tempi, di cui pretendiamo di imitare la vita! Quanti e quali dolori soffrirono essi nella loro solitudine! 

Ecco, questo è verissimo, perché erano da soli, quando si è da soli, capite… 

Freddo, fame, sole e arsura: tutto sopportarono senza avere alcuno, fuori di Dio, con cui sollevarsi. Credete forse che fossero di ferro, o non piuttosto sensibili anch’essi come noi? Persuadetevi, figliuole, che quando il nostro corpo comincerà ad esser vinto, ci lascerà in pace, né più ci tormenterà. Avendo chi si interessa dei vostri bisogni, lasciatene ogni cura, a meno che non si tratti di una necessità evidente. Se non ci risolviamo a non più curarci della morte e della perdita della salute, non faremo mai nulla.

Morte, perdita della salute: abbiamo visto qualche anno fa che cosa produce, che cosa ha prodotto, questo terrore della salute, proprio nei termini della vita sociale. Non ce n’è più per nessuno, ognuno pensa per sé e basta; persone abbandonate, persone anziane abbandonate in casa, situazioni molto brutte, molto brutte, perché abbiamo il terrore della morte, perché abbiamo il terrore di perdere la salute.

5 — Quanto alla morte, cercate di non temerla, abbandonatevi intieramente nel Signore, e avvenga quel che vuole! Che c’importa di morire? Quante volte questo corpo si è burlato di noi! Non è forse giusto che qualche volta ci burliamo di lui? Questa risoluzione è più importante di quanto si creda, perché quando con l’aiuto di Dio ci si applica, un po’ alla volta, a vincere il nostro corpo, si riesce spesso a soggiogarlo. E tenere a bada un tal nemico è un ottimo mezzo per sostenere tutti gli altri combattimenti. — Si degni di aiutarci Colui che lo può!

Credo che non comprenda l’importanza di questo consiglio se non colui che già gode la vittoria. Si tratta di vantaggi così preziosi che, una volta conosciuti, non vi è persona, a mio avviso, che pur di possedere tanta pace e sovranità, non sia pronta ad affrontare anche i più grandi travagli.

Ecco, quindi, vedete, non dobbiamo aver paura della morte, non dobbiamo aver paura della salute che se ne va. Abbandonate tutto a Dio, lei dice: «che ci importa di morire!» Certo, impariamo a burlarci di questo corpo, come lui si è burlato di noi, impariamo a dire: vabbè, succeda quel che succeda, io sono nelle mani di Dio.

Ecco, in questo modo riusciremo ad avere il dominio, ricordando anche questi eremiti, questi santi — pensate a San Francesco, pensate a Santa Chiara, San Benedetto, a Santa Teresa, San Giovanni della Croce, che hanno sofferto fame, freddo, sole, arsura, e non erano di ferro, erano esseri umani come noi, però sono stati capaci di dire: io vado oltre!

Bene, quindi ancora a tutti buon primo sabato del mese di dicembre.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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