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Il tesoro inestimabile – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 8

Don Gnocchi Pedagogia del dolore innocente

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il tesoro inestimabile – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 8
Martedì 18 giugno 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 5, 43-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 18 giugno 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 43-48.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Pedagogia del dolore innocente del beato don Carlo Gnocchi. 

Quanto importante ed urgente è dunque, per tutti quelli che hanno cura e responsabilità di anime, il prendere coscienza di questo dovere e mettere in atto tutte le arti della più sottile pedagogia soprannaturale al fine di assicurare a Cristo ed alla Chiesa l’inestimabile tesoro del dolore dei bimbi, per non privare la Passione di Cristo e della Chiesa di questo indispensabile preziosissimo complemento!

Per misurare quanto grande sia il «volume» di questo capitale, basta pensare al contributo di dolore che, in ogni tempo, hanno richiesto ai bimbi le malattie, la fame, le guerre, l’indigenza, l’abbandono, la miseria e la morte. Di ogni calamità si direbbe che la parte più pesante sia misteriosamente riservata agli innocenti.

Ma è soprattutto questa guerra, l’ultima guerra atroce, abbattutasi particolarmente sugli inermi, che ha richiesto ai bambini una somma inaudita di dolore e di sangue, con le deportazioni in massa, la distruzione dei focolari, le persecuzioni razziali, i bombardamenti aerei, le colossali trasmigrazioni di popoli, la dispersione di tante famiglie, l’orfanezza, la fame, le epidemie e le mutilazioni.

Poveri bimbi di guerra! Chi, come me, li ha visti in Albania, in Grecia, in Montenegro, in Croazia, in Polonia, in Ucraina, in Russia, a torme scomposte, macilenti, randagi, stecchiti nella fame e nella morte, non riuscirà mai più a trarsene dagli occhi e dal cuore l’immagine funerea e conturbante.

Ma di tutta questa massa di dolore innocente, così intima, così pura e così vasta, quanta parte è andata a Cristo e all’umanità? E quanta parte al contrario è andata perduta, perché nessuno si è curato adeguatamente di indirizzarla verso la sua mèta naturale, che è Cristo?

A me vien da dire questo: eppure non si impara la lezione; perché è vero, è giusto quello che dice don Carlo, che dobbiamo indirizzare tutta questa sofferenza, questo mare di dolore verso Gesù, certo, anche perché sia per chi lo vive, sia per chi deve assisterlo, c’è da impazzire, da perdere il bene dell’intelletto di fronte ad un dolore così vasto, così profondo, così tremendo. Eppure, non si impara la lezione; nonostante quanto accaduto nella Prima guerra mondiale, nonostante quanto accaduto nella seconda guerra mondiale, non si impara la lezione. Le guerre si sono costantemente succedute, ora qua, ora là, e morti su morti, orfani, mutilati, malati, famiglie distrutte, per che cosa?

La cosa che mi colpisce di più, non so se abbiate anche voi la stessa impressione, è che, forse soprattutto in questi tempi, siamo giunti a una situazione paradossale, del fare le cose senza chiedersi veramente il perché. Credo sia per una sorta di atavica paura per cui si fanno cose e non ci si chiede più perché si fanno, si fanno e basta. Si fanno perché si devono fare, si fanno perché lo fanno tutti, o quasi tutti, si fanno perché ci dicono di farlo o di farle. Ma non ci si pone la domanda: “Perché io? E perché le dovrei fare?”

E poi, forse, c’è una pigrizia innata a mettersi in discussione, una “non voglia”. Quando noi, nella nostra vita, raggiungiamo determinate certezze (magari con grande fatica), non le mettiamo più in discussione: quelle sono e quelle restano. 

Pensare di dover ricominciare daccapo, di dover rivedere tutta una sezione della nostra vita (o magari tutta la nostra vita), dover rimettere tutto in discussione, cercare e vedere se c’è una via migliore e magari scoprire che c’è… metterla in pratica, questa via, cosa comporta? Alle volte comporta un ribaltamento totale o parziale, ma fortemente incisivo sulla nostra vita, e allora si dice: “No, non ho voglia, non ci riesco, troppo pesante”; e così si rientra sempre nelle solite questioni e finiamo per rifare tutti, sempre, gli stessi errori, gli stessi sbagli. 

Si tratta proprio di porsi delle domande: quel è il senso? Qual è l’utilità? 

Oppure ci si pone delle domande, con grande fatica, ma non si cercano risposte. Cosa aspetti? Che cadano dal cielo? Che venga qualcuno a dirtele? No, sei tu che devi cercare le risposte! Dove? Nei luoghi più sicuri, dove sai che ci possono essere delle risposte vere. E devi cercare, vanno cercate le risposte alle domande. Non si può lasciare che il tempo passi, le giornate trascorrano, dicendosi: “Si va bene, io avrei delle domande, ma…” Non si fa. Poi c’è la paura delle risposte, certo…

Quindi, allora come adesso, purtroppo accade così. Il mio consiglio piccolissimo è che niente dovrebbe andare perduto, soprattutto della nostra sofferenza. 

Per quello che riguarda noi dobbiamo fare di tutto per stare lontano dalla sofferenza, per evitare la sofferenza, per uscire dalla sofferenza dove si può. Poi, certo, quando arriva, arriva; quando arriva la si affronterà.

E così la passione redentrice di Cristo e la vita soprannaturale della Chiesa, hanno perduto, per sempre, uno dei tesori più preziosi, destinato ad assicurare alla prima la sua pienezza e al mondo la redenzione e la pace, assai più ed assai meglio che non le faticose arti della politica, gli sforzi colossali della finanza e le abili contrattazioni della diplomazia umana.

Ma gli uomini, pur tanto solleciti nella valorizzazione dei tesori materiali e ciecamente credenti nella forza delle potenze terrene, non si curano di valorizzate i tesori, spirituali nascosti nelle anime degli innocenti e non credono abbastanza al valore determinante, anche se incontrollabile, degli agenti soprannaturali, per la storia degli individui e per la storia del mondo!

Così come molti cristiani assai raramente si affacciano, sia pure con sommo pudore e riverenza, ai misteriosi e sconfinati panorami del mondo invisibile, nel quale pur dicono di credere cantando nella Messa: «Credo in Dio Padre, Creatore delle cose visibili e di quelle invisibili; credo nella comunione di tutti i Santi».

È vero anche questo. Siamo troppo coinvolti dalle cose materiali e crediamo poco al mondo soprannaturale, agli agenti soprannaturali, ai misteriosi, sconfinati panorami del mondo invisibile. Non vuol dire avere le visioni, vuol dire semplicemente avere uno sguardo un po’ acuto, come vi dicevo prima, vuol dire porsi le domande giuste al momento giusto e restare lì, finché non si trova la risposta. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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