Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: La compagnia di compassione – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.76
Martedì 4 giugno 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mc 12, 13-17)
In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a martedì 4 giugno 2024
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal dodicesimo capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 13-17.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González. Siamo arrivati al capitolo diciassettesimo, pagina 159.
L’ABBANDONO DELLA COMPAGNIA DI COMPASSIONE
Come Gesù nei nostri Tabernacoli non ha una presenza statuaria, ma reale e viva, così la presenza con cui dobbiamo corrisponderLo non deve limitarsi ad essere solo presenza, come quella di un candeliere, di una statua più o meno artistica, o di un mobile da decorare, ma deve aspirare ad essere la presenza di tutto il nostro essere razionale e vivo, cioè una presenza corporale e spirituale. Ma approfondiamo questa presenza spirituale.
Quindi ci sta dicendo che noi davanti a Gesù Eucaristia non siamo un mobile, un libretto dei canti, un candeliere, un leggio; siamo presenza fatta di corpo e di spirito.
Come sta Gesù nel Tabernacolo
Se Gesù è presente nel Tabernacolo con i suoi occhi che mi guardano, io devo stare davanti al Tabernacolo guardando con i miei occhi di carne la Sacra Ostia, quando mi è permesso di vederla, e con i miei occhi dell’anima l’interiore di questa Ostia; se Gesù è nel Tabernacolo con le sue orecchie per ascoltarmi, io devo stare davanti al Tabernacolo con la mia attenzione per ascoltarlo e con il mio massimo interesse per parlarGli; se Gesù è presente nel Tabernacolo con le sue mani traboccanti di doni per i bisognosi che vengono a chiederglieli, io devo stare davanti al Tabernacolo con la mia indigenza esposta sul piatto della mia fiducia; se Gesù sta nel Tabernacolo con il cuore palpitante di amore senza fine per il Padre e di amore fino in fondo per noi, se quell’amore che sale al Padre è infinitamente latreutico, perché lo loda come Egli merita, e infinitamente eucaristico, perché gli rende grazie per i benefici che ci fa fino a lasciarlo soddisfatto, e infinitamente espiatorio, perché lo placa per i peccati con cui lo offendiamo, e infinitamente impetratorio, perché con una valida implorazione intercede e prega per noi; e se questo amore, che discende dal Suo Cuore verso i figli degli uomini, è l’amore di un Padre, spesse volte ferito; di un Fratello, quasi sempre respinto; di un Amico, il più delle volte abbandonato; di uno Sposo, molto poco corrisposto, e di un Re, molto spesso disobbedito, vilipeso e tradito… se è così, devo stare davanti al Tabernacolo con tutto il mio cuore e con tutto l’amore per Lui, per immergermi in quel Cuore e palpitare con i suoi stessi palpiti ed amare come Lui ama; lodare, ringraziare, espiare, intercedere presso il Padre celeste, disponendosi a darsi per Lui e in tutti i modi al prossimo, fino alla fine e senza aspettarsi nulla… In poche parole, se Gesù è nel Tabernacolo per prolungare, estendere e perpetuare la sua Incarnazione e la sua Redenzione, il minimo che devo fare è presentarGli l’intera mia anima con le sue potenze e l’intero mio corpo con i suoi sensi, affinché si riempiano e si impregnino dei sentimenti, delle idee e degli affetti di Gesù Redentore incarnato e sacramentato… Questa, questa è la compagnia di compassione; quella che pone tra Gesù e me presente comunicazione e scambio di sguardi, di parole, di bisogni, di affetti…; quella che mi fa guardare, parlare, ascoltare, chiedere, ricevere, fidarmi, sentire e amare come Lui e con Lui…
Bellissimo. Mi sembra che siano veramente delle parole molto, molto belle. Pensate sull’Eucarestia quante cose ha già scritto San Manuel, 159 pagine e ne avremo ancora da leggere. Vedete una persona che ama l’Eucarestia cosa è capace di fare?
Ci parla della compagnia di compassione e la spiega bene: «questa è la compagnia di compassione; quella che pone tra Gesù e me presente comunicazione e scambio di sguardi»; in parole povere è la compagnia che esiste tra due persone che si vogliono bene, a maggior ragione se si amano.
Due persone che si vogliono bene, due amici o due innamorati, che cosa fanno? Comunicano, si guardano. C’è uno scambio di parole, di bisogni, di affetti. Ascoltano, chiedono, ricevono, si fidano.
Cosa fanno le persone che si vogliono bene? Le persone che si vogliono veramente bene innanzitutto vogliono stare insieme; questo è, non è altro che questo. Per due persone che si vogliono bene, non ha importanza dove sono, o dove vanno, o cosa fanno; l’importante è essere, stare, andare, fare, insieme: questo! Né più e né meno di questo. Poi, che debbano andare a raccogliere i pomodori, piuttosto che andare a raccogliere l’oro, piuttosto che andare alle Seychelles o andare all’idroscalo, non cambia niente. Non è quello che fanno, ciò che conta, ma il farlo insieme.
Due persone che si vogliono bene, che si amano, non accetterebbero mai di essere separate. Se a uno dei due proponi la cosa più bella del mondo, se gli dici: “Guarda, io ti do il biglietto per le Hawaii. Tu vai là, però da solo”. Quello ti risponde: “No, io da solo non ci vado” — “Ma è un viaggio bellissimo, pago tutto io, hotel a dieci stelle, sarà una cosa stupenda. Poi puoi andare anche in Polinesia” — “Si, va bene, però io… non da solo. E la persona che amo e che mi ama? — “No, questa resta a casa” — “Come, resta a casa? Allora non vado!”.
È meglio mangiare pane, olio, sale e cipolla — cruda o cotta, scegliete voi — insieme alla persona che si ama, piuttosto che trovarsi a mangiare ostriche, caviale e non so quante altre prelibatezze, da soli o con altri che non sono però la persona che ami. La presenza della persona che ami è impareggiabile, è ineguagliabile.
Mi sembra proprio che la nostra esperienza dovrebbe insegnarci come stare, come fare, cosa fare con Gesù.
Mi ha sempre colpito don Benzi — tutti conoscete don Benzi — lui faceva questo servizio incredibile verso queste donne che erano cadute, per varie ragioni, nel giro terribile della prostituzione. Lui ha scritto diverse cose, ma c’è stata sempre una frase che mi ha colpito; don Benzi andava anche nelle discoteche e la frase che diceva era: “Dove può entrare la mia talare (don Benzi la portava sempre), posso entrare anch’io”. Cioè: dove io posso andare e stare col mio Gesù, allora ci vado. Se c’è un luogo dove il mio Gesù, entrando, mi dice: “No, Giorgio, io qui non posso entrare”, non c’entro neanch’io. Se il mio Gesù mi dice: “No, Giorgio, guarda, lì no, lì è impossibile”. Va bene: vai via tu, vengo via anch’io. Perché devo stare in un luogo, perché devo stare con delle persone, senza di te? Perché devo stare in un luogo o in mezzo a delle persone che so che ti offendono? Non ci vado.
E poi magari Gesù dice: “Si, però, questo vuol dire che rimani solo”. Ogni tanto si sente questa frase da parte delle persone, qualcuno dice: “Ma padre, se lei fa così, poi rimane solo”. Oppure: “Se non fa questo, rischia di rimanere solo”.
Ma noi non siamo mai soli: se Gesù è con noi, non siamo mai soli. Perché rimaniamo soli? Chi vi ha detto che rimaniamo soli? Soli rispetto a certe compagnie, soli rispetto a certe scelte, soli rispetto a certe conversazioni, soli rispetto a certa gente. Tanto meglio! Perché “la tua grazia — dice il salmo — vale più della vita”; “Le mie labbra diranno la tua lode”. Riscopriremo qualcosa di bellissimo nello stare soli con Gesù. Siccome lì Gesù non ci può andare, non ci vado neanch’io; non ci può stare, non ci sto neanch’io. Uno dice: “No, ma Gesù è stato in mezzo ai pubblicani, alle prostitute”. Sì, certo, è vero, verissimo, ma non ha mai voluto stare in mezzo agli ipocriti. Mai!
E anche con Giuda, il traditore per eccellenza, è molto interessante il comportamento di Gesù. Quando ormai le ha provate tutte, ma proprio tutte — e siamo arrivati alla fine, alla lavanda dei piedi, Giuda rimane totalmente insensibile, poi, al momento dell’ultima cena, Giuda… zero — Gesù a un certo punto dice: “Quello che devi fare, fallo presto”. Vai. Esci. Basta. Non ha più senso stare qui così. Questo non è più il tuo luogo. E lui esce, lascia la compagnia di Gesù, perché qualcun altro è entrato in lui — dice il Vangelo — dopo quel boccone. Dobbiamo scegliere di quale compagnia riempire la nostra vita.
Vi racconto un fatto perché spero che possa essere di conforto, di consolazione o, meglio, di incoraggiamento per qualcuno, magari di molto giovane, che ascolta queste meditazioni.
Quando ero molto giovane, tra la seconda e la terza media ho iniziato a fare volontariato con i ragazzi diversamente abili. Andavo da loro un giorno alla settimana. Avevo sempre frequentato l’oratorio, ho sempre fatto il catechista, però quell’anno ho detto: quest’anno voglio iniziare una cosa nuova. E quindi ho iniziato con loro. E dedicavo un pomeriggio intero, tutto il pomeriggio, a questo servizio.
Un pomeriggio, fui accompagnato da una persona che mi portò fino alle soglie della struttura dove prestavo servizio, si trovava vicino alla scuola media che frequentavo. E mi disse: “Ma tu non ti rendi conto che, facendo quello che stai facendo, butti via gli anni più belli della tua vita? Tu non ti rendi conto che, facendo quello che stai facendo, tu resti solo? Perché i tuoi amici non vengono con te a fare questa cosa!”. Ed era vero. Era vero, perché i miei amici non venivano con me, ero da solo, a fare questa cosa. Non ha importanza quello che ho risposto, questo non conta. Quello che conta è che non mi sono mai pentito di quella scelta: oggi, a 51 anni, io ricordo con una gratitudine immensa verso Gesù quella scelta che ho fatto.
Questo fatto mi ha colpito così tanto che ricordo ancora, impressa nella mente, l’immagine della mia scuola, davanti alla quale è accaduto. Da quella volta, non ho più voluto essere accompagnato da nessuno; mi ricordo che ho detto: no, vado da solo. E, mentre andavo, recitavo il Rosario, all’andata e al ritorno; bellissimo!
Guardate, ho dei ricordi stupendi, veramente stupendi, di quegli anni, stupendi. Dei ricordi di una vicinanza di Gesù e di Maria, di una presenza di Gesù e di Maria nella vita, bellissimi. Veramente, dei ricordi, mi verrebbe da dirvi, quasi tangibili.
Quando si sta con Gesù, quando si sta con la Vergine Maria, non si è mai soli e non ci si pentirà mai di aver donato quegli anni. L’unico rimorso che è di non aver cominciato prima! È vero, facevo il catechista, però, forse, avrei potuto cominciare in prima media, ancora prima a fare questo servizio di carità. Perché da lì, poi, è iniziato tutto quello che è stata la mia vita, dedicata proprio al servizio agli altri: queste persone diversamente abili, poi sono venuti a seguire tutti gli altri campi nei quali il Signore mi ha condotto, fino ad arrivare al carcere.
Però, vi dico: la compagnia… ma non la mia compagnia a Gesù, ma quella di Gesù a me; non si è mai soli, non si è mai soli. Quando c’è Gesù, non si è mai soli, c’è una presenza. Lui si fa sentire nei modi più fantasiosi, più delicati, più belli, più possibili. Non dobbiamo mai avere timore di dare il nostro tempo, i nostri affetti, le nostre parole, il nostro meglio, a Gesù, mai! Perché quelli saranno i momenti, i giorni, gli anni più belli, che ricorderemo per tutta la vita, che ci saranno di grandissimo conforto.
Gesù va trattato non come un amico, ma come un’amante: Gesù deve essere l’amore della nostra vita.
E, quando ci rivolgiamo al Padre, pensiamolo veramente “Padre”. Un padre buono, anzi, un padre che è la bontà, e che per noi non può volere altro che il meglio.
Quando vengono quei momenti un po’ difficili nella vita, io penso sempre a Dio Padre, e dico: da mio Padre, se arriva questo, è perché è il meglio per me, e lui sicuramente sta già aprendo mille porte che io neanche vedo.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.