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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 2

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Lunedì 16 gennaio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 2, 18-22)

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”.
Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 16 gennaio 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal secondo capitolo del Vangelo di San Marco, versetti 18-22.

Continuiamo la nostra lettura e commento del libro di Bonhoeffer. Non sto a spiegare all’inizio di ogni meditazione chi sia questo teologo: rimando alla prima meditazione dove trovate una breve sintesi e poi voi, se volete, potrete approfondire la sua vita e la sua figura.

È differente la misura nella quale Dio fa il dono della comunione visibile. Al cristiano che si trova isolato basta una breve visita del fratello cristiano, una preghiera comune e la benedizione fraterna per consolarlo; anzi, gli basta una lettera scritta dalla mano di un cristiano per ricevere forza. Infatti, nelle epistole di Paolo i saluti scritti di uno pugno erano uno dei segni di questa comunione. Altri ricevono in dono la comunione domenicale del culto. Altri ancora possono vivere una vita cristiana nella comunità familiare.

Oggi i cristiani tornano a riconoscere nella vita comune quella grazia che essa realmente è, una condizione straordinaria, le «rose e i gigli» della vita cristiana. (Lutero)

Di questo abbiamo letto all’inizio in quella espressione di Lutero, ricordate? 

La comunione visibile, la vita fraterna in Gesù — che, ovviamente, è diverso dal fare parte di un’associazione o di un gruppo di “amanti delle farfalle blu di non-so-dove” — è data da Dio in modo diverso, per cui a uno che si trova isolato basta proprio poco, basta una lettera, basta un’email mi verrebbe da dire, basta una chiamata per ricevere forza perché non tutti, come abbiamo già detto, hanno la grazia di condividere la loro fede, la loro vita con qualcuno che vive gli stessi sentimenti di amore e di fede per Gesù. 

La comunione cristiana è tale per mezzo di Gesù Cristo e in Gesù Cristo. Ogni comunione cristiana non è né più né meno di questo. Solo questo è la comunione cristiana, si tratti di un unico, breve incontro, o di una realtà quotidiana perdurante negli anni. Apparteniamo gli uni agli altri solo per e in Gesù Cristo.

Ecco, io non so (dicevamo che questo teologo non è cattolico, ma luterano) quanti di noi veramente hanno chiara questa verità, perché noi dovremmo viverla come coscienza, come consapevolezza ogni giorno: noi apparteniamo gli uni gli altri solo in e per Gesù. Non c’è un’altra ragione e questo è fondamentale per il discorso che faremo dopo. Non voglio anticipare nulla, ma è fondamentale: tenetelo bene a mente perché questo è l’asse portante di tutto l’edificio. 

Che si tratti di una realtà costante e quotidiana — pensiamo a un convento, a un monastero — oppure che si tratti di un breve incontro tra persone che, magari, si trovano insieme per poco tempo a un corso di esercizi spirituali, non dobbiamo dimenticare che tutto questo, che la comunione cristiana, la fraternità cristiana hanno ragione d’essere, si fondano, vivono, si alimentano, si educano, si correggono, si purificano in Gesù per Gesù e non dobbiamo dimenticare che noi siamo fratelli e sorelle in Cristo e non perché condividiamo un ideale e, soprattutto, non perché siamo simpatici, non perché ci siamo scelti (su questo non vado oltre perché approfondiremo poi).

Il fondamento del nostro essere fratelli e sorelle e della nostra comunione è in Gesù, non è nella simpatia o nell’antipatia; non è nel trovarci bene insieme; non è nel condividere un ideale; non è nell’avere le stesse idee; non è nel pensare le stesse cose perché, altrimenti, questa è una setta o, nel migliore dei casi, è un gruppo: il “Gruppo degli amanti dell’uncinetto” che hanno in comune l’amore per l’uncinetto, ciò che li unisce è l’uncinetto! Ma qui, ciò che ci unisce è Gesù, non è una cosa “da fare”, ma è ciò che noi dobbiamo essere: noi apparteniamo gli uni agli altri solo per e in Gesù! 

Non mi stancherò di spiegarvi questa cosa perché non e così chiara: noi pensiamo che lo sia, ma non è così chiara.

Che significa ciò? In primo luogo, significa che un cristiano ha bisogno dell’altro a causa di Gesù Cristo.

Noi abbiamo bisogno l’uno dell’altro! Siccome noi pensiamo di aver bisogno di niente e di nessuno, questa cosa dobbiamo dircela: noi abbiamo bisogno dell’altro, ma non un bisogno orizzontale e umano, noi abbiamo bisogno l’uno dell’altro a motivo di Gesù. È la mia appartenenza a Gesù che mi fa comprendere la necessità che io ho di te: tu, per me, sei fondamentale! Il Signore ti ha messo nella mia vita non come un peso da portare o una cosa in più da gestire, ma perché tu veramente per me sei fondamentale. 

Purtroppo, non è che si veda così tanto che l’altro, a motivo di Gesù, sia per me un bisogno; che io ho bisogno di lui o di lei. Questo accade perché viviamo una vita individualista, dove ci siamo noi, solamente noi e io ho bisogno dell’altro quando mi manca qualcosa, ad esempio se ho una gamba fratturata e ho bisogno che mi porti all’ospedale; mi si è rotto il tubo dell’acqua e ho bisogno che me lo ripari; mi si è rotto il computer e ho bisogno che me lo aggiusti; ho bisogno che mi aiuti a portare le borse. 

Di fatto, poi, il rapporto tra marito e moglie finisce dentro qui! Non è che io ho bisogno di te a causa di Gesù, ma ho bisogno di te perché tu completi quello che mi manca… no! Il marito non è lo sherpa di turno che porta le borse pesanti e la moglie non è la schiava di casa che lava, stira, pulisce e quindi uno ha bisogno dell’altro… no, questo non è un matrimonio! Non è “dove non arrivo io, arrivi tu”… no!

 Se io fossi bloccato in un letto, io avrei bisogno di te a motivo di Gesù, perché Gesù ti ha messo nella mia vita per un motivo ben preciso: tu, come essere vivente, come cristiano, come sorella e fratello in Cristo sei la risposta al mio bisogno che è quello di essere figlio di Dio e quindi tuo fratello. 

Per cui smettiamo di usarci a vicenda sacralizzando con le frasette di rito questo “usarci”: “Chiama, se hai bisogno!”, ma io ho sempre bisogno di te! “Se hai bisogno, fai un fischio!”, allora comincio a fischiare adesso e finisco quando sono morto!

Perché dobbiamo strumentalizzarci a vicenda? È brutto! È brutta questa cosa! Se ho bisogno, faccio la vocina tenerina e carina; se non ho bisogno, sono morbido e dolce come la carta vetrata del 12!

In secondo luogo, che un cristiano si avvicina all’altro solo per mezzo di Gesù Cristo. 

Io imparo a starti accanto; io mi posso avvicinare a te solo attraverso Gesù! È solo Gesù che è capace di mediare questo nostro stare uno accanto all’altro, se no non riusciremmo, non saremmo capaci.

In terzo luogo, significa che fin dall’eternità siamo stati eletti in Gesù Cristo, da lui accolti nel tempo e resi una cosa sola per l’eternità.

Siamo stati “eletti in Gesù”… ma vedete che in cinque righe torna tre volte il nome Gesù? Non è frequente trovare nello scritto di un cristiano il nome di Gesù ripetuto tre volte in così breve spazio. Non è così frequente sentire un cristiano che ripete per tre volte il nome di Gesù in quaranta, cinquanta parole! Ma questa è la verità!

Sul primo punto: è cristiano chi non cerca più salute, salvezza e giustizia in se stesso, ma solo in Gesù Cristo.

Si decentra, cioè capisce che la sua salute, la sua salvezza e la sua giustizia abitano in Gesù, non in sé, quindi sa che sta bene, che è salvo, che è giusto nella misura in cui è “in Gesù”. 

Il cristiano sa che la Parola di Dio in Gesù Cristo lo accusa, anche se non ha alcun sentore di una propria colpa … 

È vero: quando noi ci mettiamo davanti al Tabernacolo a pregare e facciamo, ad esempio, l’Ora Santa, noi ci mettiamo lì dicendo: “No, ma io non ho fatto niente di che … ”, ma io dico sempre: “Quando fai il tuo esame di coscienza, tieniti lì vicino il tuo foglietto con la matita per scrivere…” e, anche se dici: “No, ma sono tranquillo, non ho fatto niente di che… ”, vedrai che, alla fine dell’Ora Santa, può succedere che quel foglietto comincia a riempirsi perché quella Parola di Dio che abbiamo meditata ci dice qualcosa. Ed è importante che noi impariamo a fare riferimento alla Parola di Dio, alla presenza di Gesù nel Tabernacolo. E la Parola di Dio, per necessità, proprio perché è Parola di Dio, mi scopre sempre pieghe che sono anche piaghe. 

Interessante anche questa cosa che dice:

Il cristiano vive interamente della verità della Parola di Dio in Gesù Cristo. Se gli si chiede: dov’è la tua salvezza, la tua beatitudine, la tua giustizia?, non può mai indicare se stesso, ma la Parola di Dio in Gesù Cristo, da cui gli viene salvezza, beatitudine, giustizia. Egli cerca sempre questa Parola, in tutti i modi. 

Mi viene in mente la nostra Regola Carmelitana che dice che un frate carmelitano medita giorno e notte la Parola del Signore. Certo, è la verità che è racchiusa nella Parola di Dio e che noi troviamo pulsante nell’Eucarestia che ci dice la nostra verità, chi siamo, la nostra salvezza.

Da fuori deve venire l’aiuto, ed in effetti è venuto e viene ogni giorno di nuovo nella Parola di Gesù Cristo, che ci dà la redenzione, la giustizia, l’innocenza e la beatitudine. Ma Dio ha messo questa Parola in bocca ad uomini, per consentire che essa venga trasmessa fra gli uomini. Se un uomo ne viene colpito, la ridice all’altro. Dio ha voluto che cerchiamo e troviamo la sua Parola viva nella testimonianza del fratello, in bocca ad uomini. Per questo il cristiano ha bisogno degli altri cristiani che dicano a lui la Parola di Dio, ne ha bisogno ogni volta che si trova incerto e scoraggiato; da solo infatti non può cavarsela, senza ingannare se stesso sulla verità. Ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di salvezza. 

Ma noi non parliamo mai della Parola di Dio! Non ci parliamo mai, non ci raccontiamo mai che cosa ci dice questa Parola; siamo tutti chiusi in noi stessi in una vita di fede veramente e terribilmente individualista: non ci diciamo mai: “La Parola di Dio mi ha detto questo; mi ha fatto capire questo!” 

Oppure, quando qualcuno ci parla dei suoi dolori e della sua fatica, noi non abbiamo la Parola di Dio da suggerirgli dicendo: “Guarda, mi è venuto in mente questo passo di Geremia; del Vangelo… no!” Noi abbiamo i consigli, i nostri consigli, non quelli legati alla Parola di Dio; abbiamo le nostre riflessioni, non quelle legate alla Parola di Dio! E in questo non c’è salvezza; nelle mie idee non c’è salvezza: è nella Parola di Dio che esce dal mio cuore, mediata dalla mia esperienza, dalla mia riflessione, dalla mia meditazione e dalla mia preghiera che il fratello trova salvezza… è così che funziona! Non abbiamo mai pensato a queste cose! Poi, man mano che la vivo, la so dire anche all’altro. E impariamo a ricordarci che da soli non andiamo da nessuna parte. 

Che brutto: prima facciamo novene e preghiere per trovare un confessore e un Padre Spirituale, poi, quando lo abbiamo trovato… meraviglioso, bellissimo, santissimo, meglio di lui non c’è nessuno! Poi, quando il Padre Spirituale o il confessore ci dice: “Ti dico proprio di fare così; ti chiedo proprio di fare così, perché in questa situazione molto importante ti devi comportare così” (può arrivare proprio il momento in cui un sacerdote ci dica: “Guarda, dopo averci pensato e pregato, mi sembra che la volontà di Dio per te sia questa!”) è terribile rispondere: “Io non obbedisco! Io scelgo di non obbedire perché la mia coscienza mi dice di fare altro!” 

Io prego Dio che non mi capiti mai una disgrazia del genere! Ve lo dico con tutto il cuore, credo che questa sia la disgrazia peggiore che ci possa capitare: uscire da questo sistema, da questa realtà di comunione nella quale Dio ci ha messo dandoci quel sacerdote che, tra l’altro, abbiamo scelto noi perché nessuno ci impone il confessore o il Padre Spiritale (per questo Santa Teresa dice che dobbiamo stare molto attenti nella scelta)! 

Quando poi lo trovi, lo segui perché non è che fai tanto quanto interessa e piace a te, eh no! Poi gli vai dietro, poi ti fidi, a meno che ti chieda una cosa contro Dio, contro i Comandamenti di Dio (un confessore che ti dice: “Bestemmia! Uccidi! Ruba”… assurdo! Nella mia vita non ho mai conosciuto nessuno che abbia fatto una cosa del genere!); a meno che ti chieda una cosa che è assurda, che ti obblighi su una cosa per la quale la Chiesa lascia libertà. 

Ma al confessore che ti dice: “Devi perdonare quella persona, devi tornare verso quella persona, devi fare un atto di carità, devi rinnegare i tuoi sentimenti negativi” non puoi rispondere: “No! La mia coscienza mi dice che… ” Ripeto: ricordiamoci bene che, chiamando in causa la propria coscienza contro l’obbedienza, ci assumiamo davanti a Dio una responsabilità enorme della quale poi dovremo rendere conto! Dobbiamo avere una certezza assoluta (non so neanche come si faccia ad averla) che la tal cosa è contro Dio: se è veramente contro Dio, abbiamo scelto male quel sacerdote! Come facciamo a scegliere un sacerdote che ci fa andare contro Dio, contro la Legge di Dio? Assurdo: significa che eravamo proprio ciechi quando lo abbiamo scelto. Eppure, facciamo queste cose: “No, io non obbedisco!”. Perché non obbedisco? Perché non voglio fare quella cosa; perché le mie idee, il mio modo di vedere sono più importanti di quello che mi viene detto essere oggi quello che il Signore mi chiede. E questa è una gran brutta situazione! Eppure… eppure si fa! 

Ecco perché Bonhoeffer dice: “Nessuno può cavarsela da solo!” E dice: non ingannatevi; non “raccontatevela”; non pensate: “No, ma io non solo! Ho sempre Gesù con me!”… sì, sì… non dimentichiamo le “false paci” di Santa Teresa! Stiamo attenti perché poi non potremo dire: “Ah, ma io non lo sapevo!”.

Ha bisogno del fratello solo a causa di Gesù Cristo. 

Sentite che belle queste parole:

Il Cristo nel mio cuore è più debole del Cristo nella parola del fratello; il primo è incerto, il secondo è certo. Quindi è chiaro lo scopo della comunione dei cristiani: essi si incontrano gli uni gli altri come latori del messaggio di salvezza. 

Lui dice: “Gesù nel mio cuore è più debole del Gesù che tu mi porti annunciandomi il Vangelo e la Parola di Dio”, perché il Gesù che è nel mio cuore potrebbe essere un piccolo “Giorgio mascherato” che non è Gesù. Potrebbe essere un piccolo Giorgio mimetizzato, un piccolo Giorgio idolatrato, un piccolo vitellino d’oro … mai visto un vitellino d’oro? I vitellini li avrete visti, ecco un piccolo vitellino d’oro che, siccome fa quel “muuuuh” dolce e carino, con quegli occhioni dolci, me lo tengo lì! Ma quel vitellino d’oro diventerà un vitello d’oro bello grosso se non viene mandato via per tempo!

E giustamente Bonhoeffer dice che il Gesù che è presente nella parola del fratello che non mi racconta le favole, ma mi annuncia la Parola di Dio, è più forte di quello che mi porto dentro di me perché lì mi posso ingannare.

In questo senso Dio fa in modo che si trovino insieme e dona loro la comunione. Questa si fonda solo in Gesù” Cristo.

Bene, mi fermo qui e domani andremo avanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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