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La cura – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 18

Don Gnocchi Pedagogia del dolore innocente

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La cura – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 18
Venerdì 28 giugno 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 8, 1-4)

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 28 giugno 2024. Quest’oggi festeggiamo Sant’Ireneo, vescovo e martire.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’ottavo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 1-4.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Pedagogia del dolore innocente del beato don Carlo Gnocchi.

Non è questo che implicitamente e forse inconsciamente voleva dire una Suora infermiera il giorno in cui io le mossi dolce rimprovero di non far ricorso al massaggiatore elettrico per il trattamento di un bimbo poliomielitico, in una giornata particolarmente torrida per il caldo e per la stanchezza? «Che vuole — mi rispose candidamente — col massaggio manuale io ho l’impressione di far passare un po’ della mia vita in quelle gambine inaridite. Le macchine sono comode… ma sono un’altra cosa…».

Il combattimento contro il dolore non è però soltanto un complemento della generazione umana, ma è altresì un completamento della redenzione cristiana.

Come la rovina originale di Adamo non si è arrestata all’ordine spirituale con la perdita della grazia soprannaturale, ma si è propagata anche all’ordine materiale, con la fatica, la malattia, il dolore e la morte, così la redenzione di Cristo non può limitarsi alla restaurazione della Grazia divina, ma deve estendere i suoi benefici — fin dove è possibile ed utile ai fini della purificazione e della santificazione personale — anche alle predette conseguenze materiali della colpa originale e perciò deve mirare anche a sanare o almeno attenuare il dolore fisico e combatterne tutte le cause..

Sicuramente colpisce questo atteggiamento, questa risposta della suora di non usare il massaggiatore elettrico per il trattamento del bambino poliomielitico. Nonostante il caldo, nonostante la stanchezza, lei preferisce massaggiarlo con le mani; è tutta un’altra cosa! Perché un conto è sentirti addosso una macchina, un conto è sentirti addosso una mano, cambia tutto. Lei, infatti, lo dice: «Le macchine sono comode… ma sono un’altra cosa». Non dobbiamo mai pensare che quello che conta è l’effetto, perché l’effetto è importante, ma è importante anche il mezzo. 

Quindi, se devo operare una persona, ci vuole che tutto sia fatto bene e che tutte le cose siano al loro posto, che ci siano i chirurghi migliori, che gli infermieri siano preparati, che la sala operatoria sia pulita e che vengano usate tutte le più grandi tecnologie e innovazioni, benissimo, ma non dimentichiamo che quella che sta per essere operata è una persona, è un essere umano, non è semplicemente un malato. È un essere umano e, come tutti gli esseri umani, ha paura. Il chirurgo sa quello che deve fare – peraltro non lo deve fare su sé stesso, ma su un altro – lui invece non sa cosa lo aspetta. Sappiamo bene che tutti abbiamo paura dell’anestesia, perché ci toglie la nostra consapevolezza, quindi ti fa un po’ paura, e poi la paura dell’intervento.

Quindi è importante che ci sia questa attenzione, questa consolazione, questa vicinanza; non bisogna fare chissà che, bastano delle parole, per calmare un paziente: “Come si sente?”, “Come sta?”, “Non si preoccupi, vedrà che andrà tutto bene” … Poi, sapete, in quei momenti vengono tutte le domande del mondo: “Cosa mi faranno?”, “Quanto tempo starò lì?”, “È la prima volta che vedo questo intervento, quanto tempo durerà?”. Cosa costa dare qualche informazione in più, trattare quel paziente come un essere umano, cosa costa? Non costa niente, basta volerlo, basta dire: mi rendo conto che è una persona e la devo trattare come tale. E così vale per tutto il resto. 

La suora della quale parla Don Gnocchi, prima di fare l’infermiera, fa la suora, e tratta questo bambino da cristiana, quindi in modo estremamente umano.

Mi ricordo quando sentivo dire: “Eh, quando in ospedale c’erano le suore, era tutta un’altra cosa!”. È vero! Io l’ho visto in carcere, non ho fatto in tempo a vederlo negli ospedali perché, quando sono nato, gli ospedali ormai erano statali e non mi ricordo di aver mai visto le suore, ma in carcere le ho viste. Voi entravate in carcere (adesso non lo so, sono passati un po’ di anni da quando io sono andato) ed era brutto, un ambiente proprio brutto sotto tanti punti di vista; poi tu entravi nel reparto femminile (sto parlando del carcere di San Vittore dove andavo), c’erano le suore ed era tutta un’altra cosa. Entravi nel reparto del centro clinico, (dove facevo il mio servizio e dove c’erano le suore): tutta un’altra cosa, veramente, totalmente diverso dal resto del carcere. C’erano sempre le sbarre e sempre le celle, ma l’ordine, la pulizia, la calma che c’erano al femminile e che c’erano al clinico, erano tutta un’altra cosa. È così, è un dato di fatto. E la stessa cosa succede anche per altre strutture: quando sono gestite dalle suore – e sono gestite bene, con impegno – beh, insomma, si sente e si vede che è un altro mondo. 

Questo è importantissimo: gestire la sofferenza, gestire il dolore combattendolo, non solo dandogli un senso e uno scopo. Quindi faccio di tutto perché tu non abbia a soffrire di più. Lo dice molto bene don Gnocchi:

Il combattimento contro il dolore … è altresì un completamento della redenzione cristiana.

Attenzione, “completamento della redenzione cristiana”: è nostro dovere combattere il dolore, assolutamente, in ogni forma e in ogni modo possibile; sia il nostro dolore, che il dolore degli altri, nessuno deve soffrire. “La redenzione di Cristo mira a sanare o attenuare il dolore fisico e a combatterne le cause”: importantissimo. Quindi, entriamo in questa logica: “sanare” e “combattere”. 

Scrive:

Sanare il dolore non è allora soltanto un’opera di filantropia ma è un’opera che appartiene strettamente alla redenzione di Cristo, in quanto di essa attua i benefici ed estende la liberazione anche alla zona della materia… 

Sanando il dolore, combattendo il dolore, attuo ed estendo i benefici della redenzione. È un’opera redentiva il fatto che io vado a sanare, vado ad attenuare, il dolore di un altro, fisico o spirituale che sia. 

Non c’è bisogno di fare chissà cosa, non devo guarire una persona dal cancro. Basta una carezza, basta uno sguardo, basta un sorriso, basta una mano sulla spalla, basta far sentire l’altra persona accolta, guardata, ascoltata.

Vi chiedo veramente una grande preghiera per me, non mi permetto di chiederla per gli altri padri, perché sicuramente loro non hanno il problema che ho io e sono cento volte più santi di me e potrebbero dirmi: questo problema è tuo, non nostro. Qual è la preghiera che vi chiedo? Una grande preghiera per gli esercizi di luglio; perché si sono iscritte più di centocinquanta persone, ci sarà caldo, tantissima gente, tantissime cose da fare, e ogni persona avrà delle necessità: ci saranno le confessioni, gli ascolti, la predicazione, l’imposizione dello scapolare e tutto nel giro di tre giorni. Ecco, io veramente chiedo al Signore la grazia di saper essere un suo strumento di attenzione umana, di pazienza, di ascolto, di completamento della redenzione, di attuazione e di estensione di questa redenzione di Cristo in mezzo alle persone che ci saranno. Quindi, una grande pazienza, una grande disponibilità, non lasciare indietro nessuno; mi verrebbe da dire “moltiplicare il tempo”, nel senso: se qualcuno chiede e nel frattempo tu stai facendo mille cose, sapersi fermare e ascoltare un attimo la persona; piuttosto l’ascolti un attimo, poi dici: “Guardi, facciamo che ci diamo un appuntamento tra un quarto d’ora”, per esempio. Però fare in modo che nessuno si senta trascurato.

Io mi rendo conto che questa grazia è veramente ardua, difficilissima, almeno per me. Perché, se uno avesse una sola cosa da fare sarebbe già un po’ più facile, ma se ne hai tante, riuscire a tenerle insieme tutte è difficile, anche perché la stanchezza, purtroppo, gioca brutti scherzi; magari al mattino ancora ancora, al pomeriggio si può cominciare a segnare il passo. E allora è per questo che vi chiedo la preghiera; vi chiedo di pregare insieme a me per ottenere questa grazia dal Signore perché, se riuscirò – non lo so se riuscirò, magari sarà un fallimento totale e non riuscirò neanche una volta – comunque, se riuscirò, so con certezza che sarà per opera di Dio, perché umanamente credo che sia quasi impossibile riuscire in questo. Ma il nostro compito è proprio questo: dare questa possibilità di attuare ed estendere questa liberazione operata dalla redenzione.

La liberazione operata dalla redenzione tenta anche:

…di restaurare l’armonia, l’ordine e il benessere anche fisico di cui l’uomo godeva prima della caduta originale ed al quale ora tende con tutte le forze del suo essere.

Infatti, le persone che saranno lì cercheranno l’armonia, l’ordine, il benessere, anche fisico; quindi aiutarle in questo. 

Scrive Don Gnocchi:

La cura pertanto degli ammalati, le arti della medicina, la carità verso i sofferenti, la lotta contro tutte le cause dell’umana sofferenza sono una vera e continua redenzione «materiale» che fa parte della redenzione «totale» di Cristo e di essa ha tutto l’impegno e la dignità.

Ecco, è proprio questo che si chiede: qua scrive “la cura degli ammalati”, io dico “la cura delle persone”, avere cura delle persone, riuscire ad avere cura, che ciascuno si senta curato, che ciascuno che tornerà a casa, possa dire: “Mi sono sentito come se fossi l’unico iscritto”. Deve essere così, dovrebbe essere così: “Mi sono sentito l’unico iscritto, era come se ci fossi solo io”. Non ha avuto (parlo riferendomi a me) occhi, testa, presenza che per me”. Voi direte: “Ma padre è impossibile”, sì, umanamente è impossibile, ma Dio può farlo. Non perché io possa dire: “ce l’ho fatta”; infatti non vi dirò come è andata – nel bene e nel male non dirò niente, perché andrà nel migliore dei modi, spero – però, se riuscirò, sarà sicuramente perché il Signore avrà fatto questa grazia.

Mancano pochi giorni, ci sono ancora posti, io non metto nessun limite ai posti, però manca poco alla chiusura delle iscrizioni, quindi affrettatevi, vincete l’indecisione… “Ma posso venire anche solo per mezza giornata?”, ma puoi venire anche per tre ore, vieni quanto puoi. Certo, se riesci a fare tutto meglio, ma se per “x” ragioni non ce la fai, pazienza; vieni per quello che puoi venire.

Bene, credo che abbiamo detto tante cose; iniziamo questa preparazione remota agli esercizi e iniziamo questo cominciare ad entrare, attraverso le parole di don Gnocchi. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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