Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Partecipazione alla morte di Cristo pt.1 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.45
Venerdì 20 settembre 2024 – Sant’Andrea Kim Taegon e Compagni, Martiri
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 8, 1-3)
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a venerdì 20 settembre 2024. Oggi festeggiamo S. Andrea Kim Taegon e compagni, martiri.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’ottavo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 1-3.
Mi sembra bello sottolineare un aspetto di questo Vangelo: la presenza sempre, accanto a Gesù, mentre predica, mentre annuncia la buona notizia del Regno di Dio, dei suoi dodici discepoli e poi di alcune donne; di alcune donne guarite, di alcune donne sanate, che avevano sperimentato cosa vuol dire essere guariti, essere liberati dagli spiriti cattivi e dalle infermità, dalle malattie. E qui vengono citate Maria Maddalena, che era stata liberata da sette demòni, Giovanna e Susanna, e molte altre, dice il Vangelo. E queste donne cosa facevano? Molto bella questa espressione del Vangelo: «li servivano con i loro beni»; non servivano solo Gesù, questa è la cosa interessante, servivano tutti e tredici; servivano Gesù e i suoi discepoli, i suoi più intimi discepoli, che diventeranno poi gli apostoli. E come li servono? Li servono con quello che hanno; innanzitutto stanno insieme: sono insieme a Gesù e ai suoi dodici. Ma è uno stare insieme sicuramente legato alla riconoscenza verso Gesù per il miracolo avuto, ed è uno stare insieme fatto di servizio, non è uno stare insieme per protagonismo, per avere un posto al sole, no. È uno stare insieme per servire, con i beni che hanno. Ognuna di loro aveva dei beni e, attraverso questi beni, servivano Gesù e i suoi dodici.
E Gesù non rifiuta questo, non è che le manda via, dicendo: “No, no, no, no, no, assolutamente no. Perché io sono povero, noi dobbiamo essere poveri e quindi non vogliamo niente; e, quindi, viviamo dell’erba del campo e basta”. No, Gesù permette, consente a queste donne di usare i loro beni per servire questa compagnia, questa bella compagnia, questa compagnia dei bellissimi, dei kalòs, e loro lo fanno.
Noi abbiamo un po’ perso questa dimensione del servizio attraverso i nostri beni. Quindi i nostri beni sono i nostri beni, ma non li usiamo per servire. Io tante volte vi ho detto: mettiamo a servizio degli altri ciò che Dio ci ha dato; facciamoci presenti, perché no? È stato bello incontrarsi, per esempio, da Maria Rosa Mistica a Brescia, quando abbiamo fatto la Santa Messa. Però, non so perché, io mi immagino e dico: magari qualcuno ha una casa grande, grande, magari qualcuno vive in un posto dove ha una grande disponibilità di un bel parco, di una bella zona di verde, una bella casa spaziosa, dove si potrebbe fare un ritrovo, un momento per stare insieme, come abbiamo fatto a Rosa Mistica che, sapete, lì siamo un po’legati; non c’è disponibilità di sedersi comodamente. Abbiamo avuto un’ospitalità bellissima da parte di tutti, da parte del personale, ci mancherebbe, però, ovviamente, è un ambiente molto grande, arriva molta gente.
Così come abbiamo fatto un Lunedì dell’Angelo di qualche anno fa, mi ricordo in una casa, in una zona sempre qui del nord, che era una sorta di grande cascina, mi viene da dire; è stato molto bello. Mi ricordo che ci siamo trovati ed è stata una cosa molto semplice, come tutte le volte che ci troviamo, sempre un vivere una giornata molto semplice insieme. E dico: perché, se uno ce l’ha, non lo dice? Perché non dirlo? Dire: “Guardi padre, io ho questa disponibilità…” oppure, non so…
Quando leggo queste parti del Vangelo: «li servivano con i loro beni», mi domando: ma noi, con i nostri beni, chi è che serviamo? Chi serviamo noi? Io non lo so — adesso, magari mi sbaglio — però immagino che un domani il Signore ci chiederà: “Tu, Giorgio, cosa ne hai fatto dei tuoi beni? Quali beni avevi? Cosa ne hai fatto? Come li hai usati? Chi hai servito? In che modo hai collaborato per predicare e annunciare la buona notizia del Regno di Dio?”; perché Gesù predicava e annunciava, i discepoli intanto imparavano, poi andranno anche loro; e queste donne li servono. Perché questi uomini dovevano pur mangiare, dovevano pur bere. Chi lavava le loro cose? Capite, non è che c’erano gli angeli, che volavano e appendevano le magliette, i mantelli. Chi è che lavava? Chi è che preparava? Se Gesù predicava, se Gesù guariva e non aveva neanche il tempo di dormire, non è che poteva mettersi a cuocere le focacce, a preparare il latte acido, a cuocere il vitello, il capretto. C’era bisogno di qualcuno che facesse questo, perché richiede tempo, non è una cosa così semplice! E loro facevano questo. Chi è che andava a fare la spesa? Chi andava a comprare i prodotti? Chi è che glieli metteva davanti?
Noi abbiamo perso questa cosa, veramente, è una cosa molto, molto triste. Per cui noi abbiamo sempre questa logica del prendere, ma mai del dare. E ci si limita, al massimo, a un grazie. Eh, ho capito, ma le persone non vivono con i grazie, Gesù non viveva col grazie, i suoi discepoli non vivevano con i grazie. “Grazie, Gesù, che mi hai liberato dai sette demòni: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”; no! Maria Maddalena, evidentemente, sente dentro di sé un debito di riconoscenza e dice: no, io adesso qui devo fare qualcosa. Cioè, Gesù mi ha liberato da sette demòni! Se non mi avesse liberato, la mia vita cosa sarebbe stata? Lui mi ha guarito da una malattia incurabile; se non mi avesse guarito, cosa sarebbe stato di me? Quindi sento interiormente il bisogno di usare quello che ho per aiutare.
Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, beh, non era povera, sicuramente, e quindi li avrà aiutati. Ognuno con quello che può! Fosse anche solo andare a raccogliere il grano oppure, non lo so, l’acqua. E chi è che andava a prendere l’acqua al pozzo? Non è che c’erano i rubinetti con le tubature e il frigorifero con l’acqua ghiacciata, la soda… non c’erano quelle cose lì. Ogni giorno bisognava fare la spesa, ogni giorno bisognava prendere i prodotti, le cose, cucinare, preparare, sistemare, lavare. Poi per dodici uomini! Saranno stati anche apostoli però, voglio dire, erano pescatori, ecco, non è che erano proprio i baronetti di Versailles. Insomma, state voi dietro a dodici uomini; adesso: Gesù era Gesù, ma gli altri no, quindi, voglio dire…E noi, invece, no, noi invece prendiamo e andiamo.
Ecco, impariamo questo senso del servire con i nostri beni, con quello che abbiamo. Oggi dovremmo guardarci intorno perché, quando uno sente: «li servivano con i loro beni», uno pensa sempre ai soldi; ma guardate che non ci sono solo i soldi a questo mondo! Uno pensa sempre e solamente ai soldi. Quando si parla di beni, quando si parla di servire, uno dice: “Ah sì, vabbè, questo qua sta chiedendo i soldi”; ma guardate che non ci sono solo i soldi. Non è questo il ragionamento; il ragionamento è: farsi carico dell’opera di evangelizzazione di Gesù, dei suoi discepoli; farmi carico e aiutarla per quello che posso, come posso, per quello che sono capace, per quello che ho la disponibilità di fare. Ho un orto dove raccolgo ogni anno venti quintali di piselli; allora dico: ecco i miei piselli; ecco le mie zucchine …
Guardate, Dio è grande, Dio è fantasioso, Dio dona con larghezza a ciascuno di noi, quindi i doni sono veramente tantissimi, insuperabili, incalcolabili. Quindi ciascuno ha veramente tante cose belle che potrebbe condividere, mettere a servizio; ma non a servizio “così”, ma a servizio per predicare e annunciare la buona notizia del Regno di Dio. Perché Gesù se ne andava per villaggi e città, e non c’era mica il tempo di andare a fare la spesa! E quindi queste donne, che hanno avuto la lungimiranza tipica di chi è grato, di chi è sanato, di chi è guarito, ecco che dicono: noi vi serviamo con i nostri beni. E non specificano con quali beni, è giusto che non lo specifichino, perché ognuno ha i suoi.
Andiamo avanti con la nostra lettura di don Divo:
PARTECIPAZIONE ALLA MORTE DI CRISTO
La partecipazione attiva alla Messa è, sì, rispondere al Sacerdote, alzarsi quando si legge il Vangelo, ma questa è una partecipazione attiva al rito — bravo don Divo! — , non ancora al mistero. Invece noi possiamo partecipare al mistero anche quando non siamo presenti alla Messa. La partecipazione al mistero si realizza in una morte che ci associa alla Morte del Cristo, in una morte che fa presente in noi la sua Morte come atto di amore, di offerta, di redenzione.
Capite? Questo è! E oggi mi fermo qui, perché son cose troppo importanti, quelle che abbiamo detto. Quindi la partecipazione attiva, “l’actuosa participatio”, è sì rispondere al sacerdote, alzarsi, sedersi, metterci in ginocchio, come abbiamo visto, ma questa è la partecipazione attiva al rito, non ancora al mistero. «La partecipazione al mistero si realizza in una morte che ci associa alla Morte del Cristo, in una morte che fa presente in noi la sua Morte come atto di amore, di offerta, di redenzione», e questo avviene su un letto di ospedale, per esempio. Invece di vedere lì queste persone disperate, se ci fossero forse più testimoni, più cristiani che, con delicatezza, con rispetto, con pudore, con l’esempio, insegnassero a queste persone il valore inestimabile della sofferenza, dell’offerta, dell’accettazione, della riparazione…
Guardate, io sono convinto al mille per cento che sono riuscito bene nei miei studi teologici, soprattutto nei primi cinque anni, grazie alla preghiera dei carcerati. Perché, tutte le settimane, quando andavo da loro, che poi ci salutavamo, io raccomandavo a loro di pregare per me, che in quella settimana andavo all’università a far lezione. Quando poi c’erano gli esami, le date, le sapevano meglio loro di me. Perché volevano sapere le date, volevano sapere l’ora, stavano lì, con la bocca aperta, a farsi raccontare come si facevano gli esami all’università. Poi mi dicevano: “Come fai a fare più esami in un giorno? Ma se devi essere in quell’aula, come fai, allo stesso momento, a essere in un’altra aula?” E io dicevo: “Eh sì, alle volte me lo chiedo anch’io!”. E, quindi, partecipavano. Quando poi tornavo, mi aspettavano come la manna nel deserto, perché erano curiosi di sapere; “Allora come sono andati? Allora, le nostre preghiere hanno funzionato? Guarda che quel giorno ci siamo messi in preghiera a quell’ora che tu ci hai detto, in cui avevi quegli esami. Adesso ci devi raccontare tutto, tutte le cose”.
Io vi posso dire che quei cinquantadue esami che ho dato in cinque anni, sono stati per me un miracolo a me stesso. Veramente, è andata così! Se io dicessi che sono andati bene perché io ho studiato tanto e sono super intelligente, direi una menzogna; perché non è andata così. Qualcuno potrebbe dire: “Ma padre Giorgio, beh, su cinquantadue esami, mica tutti saranno andati così!”; sì, tutti sono andati così. Io in tutti questi esami ho visto l’opera incredibile di Dio. Io uscivo e dicevo: qui veramente è stato il Signore; incredibile! Ma questo era possibile perché loro offrivano. Io, infatti, andavo nel centro clinico dove c’erano gli ammalati, i detenuti ammalati, e loro offrivano la loro sofferenza.
Uno dice: “Ecco, vabbè, che stupidaggine! Cosa vuol dire questa cosa del far pregare per gli esami? Se uno studia, studia, se uno non studia, non studia”. No, non è vera questa cosa, perché tutta la vita dell’uomo è importante. Fosse anche che io fossi andato a giocare a una partita a pallone, una partita importante a pallone, perché questo non deve rientrare nelle cose di Dio? Per un padre, ciò che fa un figlio non è tutto importante? Per un padre è importante solamente quando il figlio si laurea, quando il figlio si sposa, quando il figlio ha un figlio? Ma neanche per sogno! Per un padre, ogni respiro di suo figlio è importante, ogni più piccola cosa che fa suo figlio è importante. Il giorno in cui prende in mano per la prima volta la paletta della sabbia col secchiello, è importante.
Quindi, la nostra sofferenza è fondamentale, è importantissima; questo ci fa entrare nel mistero. È questo che dobbiamo dire alle persone, è questo che dobbiamo vivere innanzitutto noi, testimoniare noi con la nostra vita; imparare il valore incredibile della sofferenza accolta, accettata, amata, offerta.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.