Catechesi di lunedì 6 novembre 2017
Ciclo di catechesi “La Fede: dubbio o Abbandono? La Scelta di una vita”
Relatore: p. Giorgio Maria Faré
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Brani commentati durante la catechesi:
Numeri 12, 1-16
1 Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva sposata; infatti aveva sposato una Etiope. 2 Dissero: “Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè ? Non ha parlato anche per mezzo nostro?”. Il Signore udì. 3 Ora Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra. 4 Il Signore disse subito a Mosè , ad Aronne e a Maria: “Uscite tutti e tre e andate alla tenda del convegno”. Uscirono tutti e tre. 5 Il Signore allora scese in una colonna di nube, si fermò all`ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. 6 Il Signore disse: “Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. 7 Non così per il mio servo Mosè : egli è l`uomo di fiducia in tutta la mia casa. 8 Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non con enigmi ed egli guarda l`immagine del Signore. Perchè non avete temuto di parlare contro il mio servo Mosè ?”. 9 L`ira del Signore si accese contro di loro ed Egli se ne andò; 10 la nuvola si ritirò di sopra alla tenda ed ecco Maria era lebbrosa, bianca come neve; Aronne guardò Maria ed ecco era lebbrosa. 11 Aronne disse a Mosè : “Signor mio, non addossarci la pena del peccato che abbiamo stoltamente commesso, 12 essa non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezzo consumata quando esce dal seno della madre”. 13 Mosè gridò al Signore: “Guariscila, Dio!”. 14 Il Signore rispose a Mosè : “Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe essa vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori dell`accampamento sette giorni; poi vi sarà di nuovo ammessa”. 15 Maria dunque rimase isolata, fuori dell`accampamento sette giorni; il popolo non riprese il cammino, finché Maria non fu riammessa nell`accampamento. 16 Poi il popolo partì da Caserot e si accampò nel deserto di Paran.
Esodo 32, 7-35
7 Allora il Signore disse a Mosè : “Và, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d`Egitto, si è pervertito. 8 Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto”. 9 Il Signore disse inoltre a Mosè : “Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. 10 Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione”. 11 Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: “Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d`Egitto con grande forza e con mano potente? 12 Perché dovranno dire gli Egiziani: Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. 13 Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre”. 14 Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo. 15 Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra. 16 Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole. 17 Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè : “C’è rumore di battaglia nell’accampamento”. 18 Ma rispose Mosè : “Non è il grido di chi canta: Vittoria! Non è il grido di chi canta: Disfatta! Il grido di chi canta a due cori io sento”.
19 Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l’ira di Mosè : egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. 20 Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti. 21 Mosè disse ad Aronne: “Che ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?”. 22 Aronne rispose: “Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è inclinato al male. 23 Mi dissero: Facci un dio, che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè , l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d`Egitto, non sappiamo che cosa sia capitato. 24 Allora io dissi: Chi ha dell’oro? Essi se lo sono tolto, me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello”.
Punizione degli idolatri 25 Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari. 26 Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: “Chi sta con il Signore, venga da me!”. Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. 27 Gridò loro: “Dice il Signore, il Dio d`Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente”. 28 I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. 29 Allora Mosè disse: “Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione”.
Testo della catechesi
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Questa sera, per grazia di Dio, ci ritroviamo ancora davanti a Gesù nel Tabernacolo e con la Sacra Scrittura tra le mani, per ascoltare la parola di Dio, per lasciarci guidare dal suo spirito. Questa sera, come vi avevo detto, dobbiamo affrontare il momento importante del capitolo 32 del libro dell’Esodo, momento nel quale Mosè scende dal monte, dopo che il popolo d’Israele, attraverso Aronne, ha compiuto il tradimento solenne del vitello d’oro.
Ma, prima di affrontare questo momento, vorrei leggere con voi un altro testo, breve, ma penso altrettanto importante, che chiama in causa, in modo diretto, il tema della fede; ed è il libro dei Numeri, capitolo 12. È un testo poco conosciuto, credo, ma che nella nostra vita ha delle ripercussioni, dei richiami molto forti. Ve lo voglio leggere perché ci aiuta a capire il comportamento di Mosè. Siccome c’è questo modo di esprimersi e di dire: “Il Dio dell’Antico Testamento è un Dio vendicativo, severo. Perché usa questo sistema, questo linguaggio, cosa vuol dire? Mosè era un violento”, allora, per comprendere la figura di Mosè, è opportuno anche dare un’occhiata, uno sguardo, a quest’uomo. Capire chi era quell’uomo che scende dal monte con le tavole della legge scritte dal dito di Dio davanti e dietro, sui due lati; capire che uomo è quello che è stato quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare e senza bere per colloquiare con Dio. Ecco, questo un po’ ce lo fa capire il libro dei Numeri al capitolo 12:
1Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva sposata; infatti aveva sposato una Etiope. 2Dissero: “Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?”. Il Signore udì. 3Ora Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra.
Maria ed Aronne rimangono scandalizzati dal fatto che Mosè prende per moglie una pagana, una donna etiope. Questa cosa non gli piace, non la capiscono, e si chiedono: “Che senso ha questo comportamento? Perché fa così? Perché non ne prende una delle nostre? Perché proprio lei?”. E allora cominciano una serie di ragionamenti sull’uomo Mosè, e si mettono a esprimere giudizi, a dire: “Ma non è proprio vero che lui è l’unico punto di riferimento che Dio ci ha dato; non c’è solo lui, ci siamo anche noi. Dio ha parlato anche attraverso di noi, anche noi siamo qualcuno; anche noi abbiamo il sostegno di Dio, perché dobbiamo seguire quest’uomo?”. L’uomo Mosè viene a essere sovrapposto all’uomo scelto da Dio, all’amico di Dio; è come se perdessero di vista tutto ciò che Dio ha operato attraverso Mosè, lo dimenticano, lo rimuovono. Vedono solamente quest’uomo che ha sposato una donna etiope, non vedono altro. Tutti i prodigi grandiosi che Dio ha fatto attraverso la mediazione di Mosè, attraverso la parola di Mosè, il bastone di Mosè, attraverso la guida di Mosè, attraverso i colloqui avuti tra Dio e Mosè, questi non ci sono più, c’è solamente un uomo che ha sposato una donna etiope.
Ma Mosè, che sia quel che sia — il più grande amico di Dio, che vede Dio faccia a faccia — comunque è un uomo. È ovvio che Mosè è un uomo, non è un angelo e, come tutti gli uomini, ha le sue debolezze, i suoi difetti, le sue fatiche, ma anche, forse, le sue incoerenze, le sue mancanze, i suoi peccati; Mosè non è Dio! Questo è importante! Ma Mosè non vuole neanche essere Dio, non ha neanche in mente di essere Dio. Mosè, con quello che lui è, ha offerto a Dio la sua disponibilità; si è messo nelle mani di Dio, ha seguito Dio, ha obbedito alla voce di Dio. E lo ha fatto con tutto quello che lui è, con tutto quello che lui si porta dietro. Mosè si porta dietro tutto un bagaglio, che è il bagaglio della sua persona in cammino. È un uomo in cammino, come tutto il popolo. Ma questo, Maria e Aronne non lo considerano. Perché Mosè possa essere quello che, dovrebbe essere quello che non è; non un uomo, ma Dio stesso.
Ora, Dio avrà visto il cuore di Mosè, avrà visto i suoi peccati, la sua fatica, le sue incoerenze, le sue debolezze; Dio le conoscerà. Ora, se Dio, che le conosce meglio di tutti, lo ha chiamato a sé, lo ha tratto a sé, lo ha fatto suo amico intimo, agli altri e a noi cosa importa delle sue debolezze? Cosa ci importa dei suoi peccati? A loro due, cosa interessavano? Cosa interessava il fatto che aveva sposato una donna etiope? Il punto è: è o non è l’amico di Dio, il confidente di Dio? È o non è colui al quale Dio rivela il suo pensiero, il suo cuore, i suoi progetti? Sì. Basta! Dio ha forse cessato di fare questo? No. E allora, cosa ti importa che lui abbia sposato una donna etiope? Perché fai diventare questa l’occasione della ribellione? Semplice: perché loro la ribellione ce l’avevano dentro, e non aspettavano altro che il momento opportuno per farla emergere. Che non è tanto una ribellione contro Mosè, ma, più profondamente, questa è una ribellione contro Dio, che ha sbagliato a scegliere. Questo è il punto: Dio ha sbagliato. Noi, invece, sappiamo cosa è giusto. Infatti, loro dicono: “Ma ha parlato solo attraverso di lui?”; ma questo non è il tema, il tema non è: ha parlato, non ha parlato; cosa vuol dire? Il tema è: Dio lo ha scelto; basta.
Noi troveremo sempre una scusa per screditare i mezzi di Dio, perché sono mezzi umani, sono mezzi naturali. Noi qui non abbiamo un angelo che parla, non abbiamo un angelo che ci conduce per la strada, abbiamo un papà, una mamma, delle persone, abbiamo dei sacerdoti, ma son persone. Quindi capite quanto è assurdo quel ragionamento per cui: tu per potermi richiamare, rimproverare o correggere, devi essere perfetto, perché sennò, altrimenti, non mi puoi dire niente. Ma chi l’ha detto? Quando tu, quando io, o quando chiunque viene rimproverato, non viene rimproverato in funzione della santità, o della perfezione umana di quella persona. Io vengo rimproverato in funzione della verità, e la verità può essere annunciata da chiunque, anche dall’ultimo dei criminali. Chiunque ci può annunciare la verità e chiunque ci può rimproverare, chiunque lo può fare. Basta che lo faccia in nome della verità, che sia vero quello dice.
«Il Signore udì»; perché il Signore ode tutto, sempre. Mosè è un uomo mansueto, proprio buono e, probabilmente, non avrebbe detto niente; ma il Signore è giusto e non permette — a differenza nostra — che i suoi amici vengano calpestati, infangati, sputati (dopo vedremo perché ho usato questo termine); Dio queste cose non le permette, Dio ci tiene, ai suoi amici. E, immediatamente dopo questo fatto, dopo questa mormorazione gravissima che getta discredito su Mosè e su Dio:
4Il Signore disse subito a Mosè, ad Aronne e a Maria: “Uscite tutti e tre e andate alla tenda del convegno”.
Che, tradotto, vuol dire: siamo convocati da Dio, si salvi chi può! Siamo convocati personalmente alla presenza di Dio. E questo avrebbe già dovuto essere un monito impressionante per loro due, da dire: mamma, cosa ho fatto… che cosa ho combinato!
Uscirono tutti e tre. 5Il Signore allora scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. 6Il Signore disse:
“Ascoltate le mie parole!
Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore,
in visione a lui mi rivelerò,
in sogno parlerò con lui.
7Non così per il mio servo Mosè:
egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa.
8Bocca a bocca parlo con lui,
in visione e non con enigmi
ed egli guarda l’immagine del Signore.
Perchè non avete temuto
di parlare contro il mio servo Mosè?”.
9L’ira del Signore si accese contro di loro ed Egli se ne andò; 10la nuvola si ritirò di sopra alla tenda ed ecco Maria era lebbrosa, bianca come neve; Aronne guardò Maria ed ecco era lebbrosa.
Hanno perso Dio, se n’è andato; hanno incontrato l’ira del Signore, e Maria è la seconda volta che diventa lebbrosa, perché mormora. La prima volta, appena attraversato il Mar Rosso, mormora e diventa lebbrosa. La seconda volta, cioè adesso, mormora e diventa lebbrosa; e mormora sempre contro Mosè. Dobbiamo stare molto attenti, quando ci mettiamo a giudicare, a valutare, a sindacare, a mettere il naso nella vita degli altri. L’Imitazione di Cristo dice che è opportuno che noi guardiamo la nostra vita, che ne abbiamo già fin troppo da guardare, senza mettere il naso nella vita altrui, senza sparare giudizi, perché noi non sappiamo poi contro chi andiamo a finire. Certamente, loro non immaginavano di trovarsi davanti a Dio, in questo caso.
Maria diventa lebbrosa, e questo era proprio il segno della maledizione, ed era il segno per il quale doveva essere espulsa dalla comunità, non poteva più stare insieme a loro. E questa è la fine dei mormoratori; è bene stare lontano dai mormoratori perché portano lebbra. Gesù, a Santa Faustina Kovalska, dice che la mormorazione è la peste dei conventi. Bisogna stare lontani dai mormoratori, da chi parla male, da chi vede il male ovunque, da chi giudica gli altri.
Maria è lebbrosa, e questo è un bel problema. La lebbra porta alla morte. La mormorazione è lebbra; la mormorazione recide dalla possibilità di comunione con gli altri, ti esclude e ti tira addosso l’ira del Signore — questo lo dice anche San Giovanni Maria Vianney.
11Aronne disse a Mosè: “Signor mio, non addossarci la pena del peccato che abbiamo stoltamente commesso, 12essa non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezzo consumata quando esce dal seno della madre”. 13Mosè gridò al Signore: “Guariscila, Dio!”. — Incredibile, no? Mosè che intercede per chi gli ha fatto del male (Mosè fa sempre così); chiede al Signore di guarirla — 14Il Signore rispose a Mosè: “Se suo padre le avesse sputato in viso — ecco perché prima ho detto “sputato” –, non ne porterebbe essa vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori dell’accampamento sette giorni; poi vi sarà di nuovo ammessa”. 15Maria dunque rimase isolata, fuori dell’accampamento sette giorni; il popolo non riprese il cammino, finché Maria non fu riammessa nell’accampamento. 16Poi il popolo partì da Caserot e si accampò nel deserto di Paran.
C’è una pena, una pena medicinale: se ne stia da sola lì. Noi abbiamo questa mania della crocerossina, di dire: “Poverina, poverino”; ma Dio non ragiona secondo questo schema. Maria ha sputato in faccia, di fatto, a Mosè e a Dio, e allora viva un po’ con questo male, senta l’essere non da sola, ma isolata, che è diverso. L’isolamento non è la solitudine; la solitudine è una assenza abitata, l’isolamento è proprio il nulla, è l’oblio. Quindi Maria stia isolata, da sola col suo male, perché rifletta, perché prenda coscienza di quello che ha fatto e del dono che Dio, adesso, le farà, di riammetterla dopo sette giorni. Sette giorni con la lebbra son tanti!
Questo testo ho voluto leggerlo, perché adesso, quando leggeremo che cosa fa Mosè, capiremo che non lo fa per istinto o perché è un uomo concupiscente, che non sa dominare le sue passioni. Quello che fa Mosè, lo fa perché veramente arde di zelo per il Signore. San Giovanni Crisostomo parla proprio di una santa ira; questa santa ira esiste.
Esodo 32, 15-29.
15Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza …
Finalmente, Mosè torna; anche se lo avevano dato per disperso. Perché Mosè, prima o poi, arriva sempre; funziona così, noi non dobbiamo mai dubitare. Mosè arriva sempre, non è oggi, non è domani, arriva. E arriva sempre quando tu non te l’aspetti; arriva, come Dio.
… tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra. 16Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole.
Un dono immenso! Proprio le tavole fatte da Dio, incise dal dito di Dio, dalla scrittura di Dio; immaginatevi, una cosa incredibile! Questi dieci comandamenti dovevano essere proprio una cosa importante se Dio non li ha dettati, ma li ha scritti lui nella pietra, col fuoco. Come a dire: “qui, per sempre; te lo scrivo proprio con la mia grafia”. Sarebbe stato l’unico caso in cui noi avremmo avuto la grafia di Dio. Pensate: Dio, l’eterno, l’immutabile, l’irraggiungibile, che si concretizza in un segno. Su questo ci sarebbe da dire il mondo…
17Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava …
Ma dove sono? Non hanno capito niente! Mosè è sul monte, quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare e senza bere, a colloquiare con Dio, e questi dove sono? Capite la differenza abissale che c’è tra l’altitudine, la profondità, l’esperienza, la realtà, la verità di Mosè, e questo branco di scimmie? Si agitano, che non sanno neanche dov’è, perché, cosa gli è successo; non sanno niente, sono lì, buttati lì, così. È forte, il contrasto, quasi nauseante.
17Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: “C’è rumore di battaglia nell’accampamento”.
Povero Giosuè! Vedete come anche lui era buono di cuore? Questi uomini di Dio neanche riescono ad arrivare con la loro testa a capire certe cose; Giosuè non poteva neanche immaginare che cosa stessero combinando quelli. Mosè lo sapeva, perché gliel’aveva detto Dio, quando gli aveva detto di scendere dal monte. Perché, capite, il popolo dettava il tempo, il popolo aveva la presunzione di dettare il tempo a Dio e al colloquio tra Dio e Mosè, dicendo: “È ora, deve scendere!”. Incredibile, una violenza! Noi facciamo di quelle violenze disgustose su Dio e sugli uomini di Dio, perché devono stare ai nostri schemi, ai nostri tempi, alle nostre modalità, ai nostri sistemi. Non abbiamo idea su cosa mettiamo le mani, facendo così.
Giosuè sente questo rumore e lui, poverino, che non era andato fin dove era andato Mosè, però l’aveva aspettato lì — molto prima, ma era lì, e quindi respirava un’altra aria — sente questo rumore e pensa alla battaglia. Non va a pensare all’abominio perché, per pensarci, devi averlo dentro.
18Ma rispose Mosè:
“Non è il grido di chi canta: Vittoria!
Non è il grido di chi canta: Disfatta!
Il grido di chi canta a due cori
io sento”.
Stanno facendo una liturgia, non stanno facendo la guerra. Stanno facendo una liturgia, stanno facendo un’azione sacra, ma non per il Dio di Israele, per qualcun altro. Questi sono andati oltre il fondo possibile, hanno proprio sfondato tutto.
19Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l’ira di Mosè …
Ecco, in questo versetto e mezzo, vi prego, quando avrete tempo di riflettere un po’ su Mosè. Provate a pensare a quest’uomo che, dopo quaranta giorni di colloquio con Dio, di digiuni (di non bere, di non mangiare) di solitudine… viene incontro al popolo con il dono dei doni, con la cosa più preziosa che gli poteva dare, con il distillato della sua fatica, della sua dedizione, del suo lavoro, della sua intercessione, della sua donazione; gli viene incontro di più che con il cuore in mano, gli viene incontro con in mano Dio, e cosa si trova? E, tutto questo, perché questi non hanno avuto pazienza, non sono stati obbedienti, non hanno saputo rinnegare sé stessi, non hanno saputo attendere, aver fede: fede in Mosè e in Dio.
Allora si accese l’ira di Mosè — l’uomo più mansueto della terra, come abbiamo letto prima –: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna.
“Voi non siete degni di questo dono”; Mosè ha spezzato le tavole scritte da Dio. Dopo questo, che cosa c’è ancora? Nulla. Come si fa a dare le tavole dell’alleanza a chi, ancora prima di riceverle, l’ha tradita? Com’è possibile? Cosa gli vuoi dare? Niente. E, infatti, le spacca.
20Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto …
Ovviamente, che altro poteva fare? La prima cosa che Mosè fa è questa! Avrà avuto dentro il sangue che avrà raggiunto i 500 gradi, gli sarà uscito dagli occhi! Mosè, che ha appena finito di parlare con Dio, si trova davanti un bue! Con questi invasati che fanno la danza delle scimmie davanti. Proviamo a pensare, se ci riusciamo, al dramma interiore di quest’uomo, alla lacerazione, alla frattura, allo spacco interiore che lui ha vissuto, all’incredibilità di quello che stava vedendo, al non poter credere ai propri occhi. Ma poi la domanda è: ma perché l’hanno fatto? Qual è la ragione per fare un gesto del genere?
… lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.
“L’avete voluto? Bene, adesso mangiatevelo tutto”. Gli idoli fanno questa fine. “L’hai voluto, adesso allora lo assimili, fino all’ultimo grammo, è il tuo dio!”.
21Mosè disse ad Aronne: “Che ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?”.
Per questo dobbiamo tanto pregare per i sacerdoti, per coloro che hanno un compito di responsabilità; perché, se uno non è santo — non nel senso di perfetto, ma nel senso di “amico di Dio” — invece di farti gravare sulle spalle l’amicizia di Dio, sulle spalle ti fa gravare il peccato, ti conduce al peccato, non ti ostacola nella tua adesione all’idolo, ma anzi, te lo dà davanti con tutta la sua autorità e capacità.
22Aronne rispose: “Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è inclinato al male.
Vedete? Proprio come Adamo ed Eva. Non è che Aronne dice: “L’ho fatto io”; no, figurati, “Sono stati loro!”. È così; chi ci conduce al male, poi ci lascia soli nel nostro male, ci scarica; questa è la verità. Ci scarica addosso non solo le nostre responsabilità, ma anche le sue. Perché chi conduce al male, non ha il coraggio delle proprie idee, delle proprie azioni, dei propri pensieri, dei propri consigli, delle proprie intuizioni. Prima te le fa fare e poi ti dice: “Ma sei tu che sei così! Sei tu che l’hai voluto! Sei tu che me l’hai chiesto! Sei tu che l’hai seguito!”. Quanti Aronne ci sono! Preghiamo di non diventarlo anche noi.
23Mi dissero: Facci un dio, che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, — quindi avevano ben chiaro chi era Mosè, sapevano benissimo tutto! — non sappiamo che cosa sia capitato. 24Allora io dissi: Chi ha dell’oro?
Ma non è vero che ha detto così! È bugiardo! Lui ha detto di prendere l’oro dai pendenti delle loro mogli, non ha detto: “chi ha dell’oro”. Sapeva benissimo che c’era l’oro e l’ha fatto prendere dai pendenti delle mogli degli israeliti. Eh, “gli Aronne” sono bugiardi, perché non hanno il coraggio di portare il peso delle loro scelte. Adesso, poi, ne tira fuori un’altra ancora più grave!
Essi se lo sono tolto, me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello”.
Pensate che magia! È una cosa incredibile! Prendi un po’ di orecchini, li metti insieme, li butti in un sacchetto nel fuoco e puff, come il coniglio dal cilindro, salta fuori il vitello. Ma è una magia incredibile! Ma in realtà non ha fatto così! Lui l’ha messo in una forma, l’oro, aveva bene in mente quello che stava facendo, ma adesso che è davanti a Mosè, tutto diventa un po’ indistinto, impreciso, un po’ approssimativo, un po’ magico; non racconta le cose come sono andate veramente, le racconta un po’ “così”. Perché, in questa maniera, ha l’illusione di non dover pagare fino in fondo la sua responsabilità (e anche noi facciamo così).
25Mosè vide — questo è importantissimo — che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari.
Gli Aronne non solo ti fanno l’idolo, ma ti tolgono ogni freno, cioè, ogni capacità di opporti al male. Ti tolgono ogni forza di volontà nel bene, ogni ascesi, ogni capacità di penitenza, di rinuncia a sé, di tutte quelle cose che diventano un contenimento, un orientamento alla parte più debole, più fragile, che tu porti dentro e, quindi, va bene tutto. “Ma sì, togliamo i freni, va bene tutto. Facciamo qualunque cosa! L’importante è che stiamo insieme e che ci vogliamo bene. Poi tutto va bene!”. E questi qui stavano insieme, e io già ve lo dissi: come c’è la comunione dei santi, c’è anche la comunione dei dannati. Come c’è la comunione del bene, c’è anche la comunione del male; anche nell’inferno fanno comunione, son lì tutti insieme, certo! Sì, ma che comunione è, quella lì? Da impazzire!
“Aronne gli ha tolto ogni freno”, che è quello che cerchiamo noi, noi cerchiamo questo. Questa è la verità che dobbiamo dirci davanti a Gesù Cristo nell’Eucaristia: “Io non voglio nessun freno. Io non voglio nessun contenimento, io non voglio nessuno, io non voglio nessuna indicazione che vada contro i miei gusti. Io non voglio la mortificazione, io non voglio la penitenza. Io voglio fare quello che voglio, voglio dire quello che voglio, voglio pensare quello che voglio e voglio andare dove voglio”. Questa è la verità! Quindi, ben venga Aronne! E non vedevo ora che tu, Mosè, andassi sul monte, ti disperdessi in mezzo alle nubi, alle fiamme e al fuoco e a quant’altro! Noi stavamo benissimo, mentre tu eri là sopra. Perché, di fatto, la figura di Mosè, è una figura che dà problemi; perché è un rimando costante a Dio, è un rimprovero costante, è un richiamo costante, è un grillo parlante costante. Quei quaranta giorni gli devono essere sembrati una vacanza eterna, una pacchia, “finalmente non c’è più”.
Ma noi siamo così! Noi che diciamo: “Oh, io voglio conoscere la volontà di Dio; io voglio sapere cosa vuole Dio da me”; ma non è vero! Perché, se noi conoscessimo, della volontà di Dio, una piccola parte grande come la punta di questa penna che ho in mano, noi non la faremmo. Cominceremmo a dire: “No, no, ma io non ce la faccio, no, ma è troppo pesante. Mi viene il mal di testa, mi sento svenire”. E questo perché? Perché non faccio quello che voglio, e troviamo mille ragioni per fare quello che vogliamo. Ma poi, queste ragioni, le dobbiamo presentare a Dio! Dovremmo dire a Dio: io ho scelto questo, questo e questo, per queste ragioni. Calcolate che dovremmo dirlo a Dio, non a un uomo, a Dio che conosce tutto, che ci ha creati; che cosa gli racconteremo?
26Mosè si pose alla porta dell’accampamento …
Mosè sta fuori, non entra in quella oscenità, non ci mette proprio piede.
26Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: “Chi sta con il Signore, venga da me!”.
Ora devono scegliere perché, o c’è l’idolo e la follia, oppure Mosè e Dio. Quindi Mosè gli dice: “Chi sta con il Signore, venga da me”.
Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. 27Gridò loro: “Dice il Signore, il Dio d’Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente”.
28I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. 29Allora Mosè disse: “Ricevete oggi l’investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi Egli vi accordasse una benedizione”.
Viene fatta piazza pulita; non ci può essere comunione, non possiamo camminare insieme, questo è il concetto. Non possiamo stare insieme, non è più possibile! Loro hanno scelto il vitello d’oro, ora gli vien data l’ultima chance; “chi sta con il Signore, venga qui” (e non devono essere stati tanti), dopodiché, fine. Perché capite, non c’è comunione tra Dio e il demonio; non è possibile l’unità, nonostante quello che noi pensiamo. E questi qui non guardano in faccia nessuno.
A noi cosa ci insegna, questa cosa? Ci insegna che, per l’amore del Signore, dobbiamo essere disposti a rinunciare a tutto; l’amore del Signore ci dà la grazia di avere la lucidità nella mente per saper discernere anche tra gli affetti, e negli affetti a noi più cari, anche lì; anche lì ci viene data la grazia della luce, se noi siamo dalla parte del Signore. Ma non solo la grazia della luce, ma la grazia del coraggio, poi, di operare la scelta, di dire: “No, se questa è la tua scelta, la mia è completamente diversa, non c’è comunione, non possiamo stare insieme”.
Perché l’appartenenza al Signore piuttosto che l’appartenenza all’idolo, non è un dettaglio; è un fatto di vita, non è una cosa da poco!
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.
Informazioni
Padre Giorgio Maria Faré ha tenuto queste catechesi tutti i lunedì alle ore 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza.