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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 20

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Pubblichiamo il testo e l’audio di una meditazione di martedì 21 giugno sul testo di S. Pietro Giuliano Eymard: “La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia”. Predica p. Giorgio Maria Faré.

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

Testo della meditazione: La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 20

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 21 giugno 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo VII di San Matteo, versetti 6 e 12-14.

 Credo che non ci sia Vangelo più adatto per il tema che stiamo trattando in questo mese, che è quello dell’Eucarestia, e per tutte le cose che ci sta insegnando San Pietro Giuliano Eymard.

Dovremmo tenere sempre presente questo versetto sei del capitolo VII di San Matteo: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”.

Ricordo, tra l’altro, che anni fa, non so quanti, feci proprio un’omelia su questo versetto, mi ricordo molto bene. Ho fatto un’omelia e credo che, se vi mettete un po’ a cercarla, la ritrovate, così capirete perché dico che è così adatto al tema che stiamo trattando, soprattutto in merito al termine “perle”. Ecco, è lì che si gioca tutta la questione.

Vediamo oggi gli appuntamenti importanti che noi abbiamo.

Oggi abbiamo l’Atto di Consacrazione a San Luigi Gonzaga, perché oggi festeggiamo San Luigi Gonzaga. Penso che lo metteranno sul sito www.veritatemincaritate.com; ad ogni buon conto, se così non dovesse essere, lo trovate comunque in Internet. Io dico sempre così perché, sapete, magari può succedere un qui pro quo, allora non spaventiamoci, lo si cerca su Internet; poi, se viene messo, meglio ancora per tutti.

Poi, oggi inizia la Novena al Cuore Eucaristico di Gesù; questa sicuramente la troverete, verrà messa. Quella che troverete è la preghiera completa, citata nel Decreto, approvata e indulgenziata da Papa Pio VI, con Rescritto del 7 novembre 1796 e quindi da Papa Pio VII con Rescritto del 9 febbraio 1818. È una preghiera non lunga, ma assolutamente molto bella, che io consiglio di recitare, per questi nove giorni, come Novena in preparazione alla Festa del Cuore Eucaristico di Gesù.

Va bene. Possiamo continuare la nostra lettura del testo di San Pietro Giuliano Eymard; qui sta affrontando il tema del peccato.

“Oh, la santità di Dio avrà la sua rivincita; essa armerà il braccio della giustizia. Chè Iddio non può tollerare che noi lo profaniamo in tal modo. Spaventevole cosa a dirsi: noi facciamo servire Dio alle nostre iniquità (Is., 43, 24). Noi non possiamo fare un movimento senzachè Iddio vi cooperi, ce lo faccia fare con volontà attuale: così voltiamo la vita e la forza che ci dà contro il suo disegno, e quello che venendo da Lui era buono rendiamo cattivo: è una violenza che gli facciamo. Ma egli se ne vendicherà eternamente, poiché verrà il suo giorno!”

Qui non è da intendere la vendetta come la intendiamo noi, cioè quando uno è risentito, e quindi si vendica, è offeso, e quindi si vendica. Non è questo, perché in Dio non può esserci questo. Qui, il termine vendetta, che a noi suona in un certo modo, in realtà, in questo contesto è legato al temine giustizia; avete sentito all’inizio, no? “Armerà il braccio della sua giustizia”, cioè la giustizia di Dio chiamerà tutti coloro che si saranno comportati in questo modo, facendo queste profanazioni, a rendere ragione della loro scelta, della loro responsabilità, li chiamerà a saldare il debito contratto, per quello che hanno fatto o che hanno detto.

Un esempio lo abbiamo anche nella legge civile o nella legge penale. Se tu spacchi un vetro di un negozio, e ti prendono, è chiaro che la giustizia chiede che tu vada a riparare quel vetro. Potremmo dire che il negoziante si è vendicato, perché adesso ti costringono a riparare il vetro? No, non si è vendicato, ma ha fatto giustizia, cioè la giustizia chiede di sanare quel debito, di assumerti le tue responsabilità.

Se tu ammazzi una persona, vai in galera, ma non è una vendetta della società o della famiglia che ha subito questa gravissima perdita; non è una vendetta, è un atto di giustizia. Tu hai compiuto quell’atto gravissimo, ora devi assumerti le tue responsabilità, e cercare di sanare quel debito. Chiaramente, il debito contratto a causa della perdita di una vita è un debito insanabile, perché quella persona non può più tornare in vita; il vetro lo posso riparare, ma la vita non gliela posso più ridare; quindi, capite che è una cosa molto grave.

Comunque, qui, vendetta è in questo senso, non nel senso che Dio è risentito, offeso, e quindi me la fa pagare. Questo non c’entra niente.

Continuiamo a leggere il testo di San Pietro Giuliano Eymard:

“Finalmente il peccato è un’ingiuria alla bontà di Dio, un’abbominevole ingratitudine. Com’è mai possibile che, vivendo della sua bontà e misericordia, noi l’offendiamo ancora?”

Ecco l’ingratitudine!

“Dio è sì buono che se potesse ancor morire per noi lo farebbe: e perché è buono noi l’offendiamo! Non vuole condannarci subito: ebbene, noi peccheremo ancora una volta!”

È così…

“Oh! chi pensa a siffatte cose deve dire a se stesso: Io sono l’abbominazione degli esseri. Eh, sì, non v’ha dubbio! E misurandosi il peccato dalle grazie ricevute dalla bontà divina, giudicate quel che sono i peccati nostri”.

La gravità del peccato la si misura, anche, dalle grazie ricevute. Quindi, se io ho ricevuto tante grazie, o comunque grazie importanti, è chiaro che il mio peccato, i miei peccati, hanno molto più peso che non quelli di una persona che ne ha ricevute meno, perché io sono chiamato ad essere più grato, più corrispondente, più riconoscente a colui che mi ha fatto di più. Capite?

“Siamo più offesi dalla freddezza di un amico che dagli oltraggi di un nemico”.

Questo è ovvio.

“Come dunque siamo poco delicati verso il migliore degli amici!

Almeno per offenderlo nascondiamoci! Ma no, noi pecchiamo sotto lo sguardo di Lui in Sacramento: l’offendiamo ai suoi piedi, adorandolo! Che fare dunque? Avere orrore di se stesso, tenersi in conto di un aborto, di un miserabile”.

Vedete che parole forti usano i Santi!

A me vien da ridere quando leggo qualche commento, o quando qualcuno mi dice: «Oh Padre Giorgio, lei com’è severo, com’è severo! Oh, Padre Giorgio, com’è severo! Ad ascoltarla, alle volte, sento tutta questa severità…»

Io severo?! Ah ah… io, quando leggo queste cose, scoppio a ridere!

Se io sono severo, non so cosa sono i Santi!

Come giudicate queste cinque righe che vi ho letto, scritte da San Pietro Giuliano Eymard? Non so… “Avere orrore di se stesso, tenersi in conto di un aborto, di un miserabile”, vedete un po’ voi…

Ma perché usano parole così forti?

Invece di fare i medio-bamba, che parlano prima con le viscere che con il cervello, cerchiamo di ragionare, evitiamo di fare brutte figure, ragioniamo!

Perché San Pietro Giuliano Eymard dedica un capitolo intero e usa parole così forti sul tema del peccato? Perché?

Perché San Giovanni Maria Vianney, perché San Padre Pio, perché Santa Teresa d’Avila, e via di seguito…, usano parole così forti sul tema del peccato? Perché?

Semplice: perché loro sono coscienti di chi è Dio, sono coscienti del valore dell’Eucarestia, sono coscienti, quindi, del peso e della gravità del peccato, ecco perché usano parole così forti!

Noi abbiamo la pelle del cinghiale, del rinoceronte, sulla coscienza, e ci vuole un Bazooka per farci reagire; loro, invece, hanno una coscienza così delicata, così raffinata al fuoco dell’amore di Dio, che immediatamente reagiscono a qualunque cosa che può andare ad offendere il Signore. Ed è chiaro che, quindi, il giudizio su di sé è un giudizio duro, nel senso che è un giudizio che usa parole proporzionate alla coscienza che loro hanno dell’amore di Dio.

Perché dico che è duro? È duro perché, rispetto alla coscienza che abbiamo noi dell’amore di Dio, la loro, è diecimila volte di più, allora per noi è duro; per loro non è duro, per loro, sapete cos’è? È poco, per loro è ancora poco. Se avessero a disposizione parole ancora più forti, le userebbero.

“Ma Dio mi tratta pur sempre come un amico”.

Perché lui dice che noi pecchiamo sotto lo sguardo di Lui in Sacramento? Perché, se io vado a Lui con una coscienza macchiata da peccati gravi, o volutamente commessi, anche se non gravi, cioè peccati che oramai fanno parte del vizio, è chiaro che questa è una offesa alla Sua presenza. È ovvio, no?

Diverso è, invece, il caso dei peccati legati di più alla nostra imperfezione, alla nostra miseria, che non sono voluti e cercati, sono accaduti, e non vengono da una volontà cattiva, ma vengono da una natura segnata dal peccato originale… è diverso, no?

“Ciò prova che è infinitamente buono; ma se io vi dicessi che tutti i peccati fioriscono nella vostr’anima; se io potessi rivelarli e mostrarvi al cospetto di tutti quale voi siete al cospetto di Dio, che direste? Voi diverreste tutto rosso di vergogna, vorreste nascondervi sotterra. Or bene, arrossite, chè Dio vi vede. Ah! evitiamo il peccato; ad ogni costo non pecchiamo più! Si perdona ad un figlio che non aiuta i suoi genitori, e che non sa far nulla, ma non gli si perdona che li insulti”.

Capito? L’insulto, l’offesa, è una cosa bruttissima, eh… bruttissima. Impariamo ad arrossire per i nostri peccati!

“Partite almeno da questo principio di buon senso, che non si deve fare a Dio quel che non fareste ad un uomo come voi”.

Lui dice: «Almeno questo, parti almeno da qui: non fare a Dio, quello che non faresti mai a tua mamma e a tuo papà».

“Abbiamo almeno il punto d’onore come il soldato che vuol fare il suo servizio senza incorrere in punizione, unicamente per poter dire: Non sono mai stato punito. Non avremmo neppure questo volgare sentimento di onore? E non potremo star un giorno senza peccare? Oh! è troppo!”

Eh… sì…

“Di grazia non offendiamo più il buon Dio. Siamo più o meno umili, pazienti, mortificati; fate le più belle azioni o non fatene punto; sia pure che non abbiate virtù; ma almeno, ve ne supplico, non peccati, non peccati!”

Quel giorno, non potremo dire: «Ah… ma io non lo sapevo». Ecco… questo non lo potremo dire.

Bene. Finisce qui questo capitolo di San Pietro Giuliano Eymard sul peccato, domani andremo avanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Novena al Cuore Eucaristico

Consacrazione a San Luigi Gonzaga

La Misericordia va meritata – La cura per la Santissima Eucarestia

Omelia del 25 giugno 2019

Omelia nella quale Padre Giorgio Maria Faré spiega il termine “perle” citato nel Vangelo di oggi.

VANGELO (Mt 7, 6. 12-14)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

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