Scroll Top

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 42

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 11 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 42

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a lunedì 11 aprile 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XII di San Giovanni, versetti 1-11.

Oggi, nel testo di Padre Avrillon, è il “Giorno di riconoscenza”.

Lunedì Santo – Giorno di riconoscenza

“La vostra occupazione principale di questo giorno sia di pensare seriamente ai benefizi ricevuti da Dio dacché siete al mondo. Numerateli con un’esame particolare. Comprendete in questo numero la creazione, la redenzione, la vocazione al cristianesimo, i sacramenti, le grazie generali e particolari, il perdono che vi ha concesso in un tempo, nel quale se foste morto, non avreste avuto per vostra porzione che un inferno eterno. Pensate incessantemente a tutte queste grazie; sforzatevi d’imprimerle nel vostro cuore; dimandate spesso a Dio perdono delle vostre ingratitudini; concepitene un vero dolore misto di vergogna e di confusione; riparatele meglio che potete, facendo spesso atti di tenera e sincera riconoscenza, come il vostro cuore potrà suggerirveli. Non mancate soprattutto in questo santo tempo di aggiungere ancora per motivo principale la passione e la morte che Gesù ha sofferta per vostro amore”.

Ritorna questo tema della gratitudine. Siamo chiamati nuovamente a riflettere sulla riconoscenza sotto un aspetto diverso. Vedete quanto è importante essere grati, essere riconoscenti?

Ecco, così capite per quale motivo tempo fa vi feci quell’esempio, su cui, poi, i soliti buonisti del “buonismo senza limitismo” hanno detto la loro… Qualcuno ha scritto e io ho letto qualche commento, che diceva: «Eh però bisogna fare la carità senza sperare indietro niente… però…», le solite chiacchiere, le solite ideologie da buonisti.

Questo accadde, quando vi citai il fatto, a cui assistetti, di quella signora che stava per cadere miseramente, proprio rovinosamente, su se stessa, per terra, sul cemento, e che quel mio Confratello ha sostenuto.

In merito a questa signora, poi vi dissi: «Pensate che neanche gli ha detto “Grazie”, è entrata nel negozio e neanche sapeva chi era che l’aveva sorretta, neanche sapeva distinguere lui da me, pensava che fossi stato io, invece no, era lui. Poi, insomma, neanche un caffè…»

Il mio Confratello non l’avrebbe preso, perché è ascetico e tanto santo, però il gesto sì: un caffè, una brioche, un panino, un grissino, una focaccina, una schiacciatina, un cannoncino, una briciola di pane… un gesto, un gesto che dicesse la gratitudine… nessuno, nessuno, niente.

E lo ripeto, non mi interessano i “buonismi senza limitismi”.

A parte che mi danno un fastidio terribile queste cose, questi profeti del nulla, ma al di là di questo, vedete quanto è importante la riconoscenza?

Se noi non sappiamo dire “Grazie”, non con la lingua, ma coi fatti, coi fatti concreti, a chi ci fa una cortesia, non sappiamo avere un gesto di riconoscenza concreto con gli uomini, immaginiamoci con Dio che neanche vediamo!

Il nostro “Grazie” cos’è? La candelina accesa?

Cos’è il nostro “Grazie”? È: «Grazie Gesù».

È questo il nostro “Grazie”? Nooo. I peccati, il male fatto, le scelte sbagliate compiute, come si riparano?

Riparatele meglio che potete, facendo spesso atti di tenera e sincera riconoscenza, come il vostro cuore potrà suggerirveli”.

Spesso, spesso… lungo la giornata, saper avere atti di riconoscenza concreti.

Quindi: «Caro Gesù, per dirti “Grazie” di questo dono, che mi hai appena fatto…». Esempi.

Qual è la cosa che mi costa di più? Qual è la cosa che mi piace di più? Mangiare il gelato. Allora, stasera rinuncio al mio gelato e lo do a mia sorella, o lo preparo io per la mia mamma.

Cos’è che mi costa di più? Cucinare, mi viene la morte solo a pensarci. Bene, allora stasera preparo tutto io.

Pensate che bello… la mamma e il papà tornano dal lavoro e trovano tutto pronto: la tavola, i piatti, la verdura cruda lavata e tagliata messa dentro nei contenitori, nelle ciotole di vetro, di ceramica, tutti i condimenti sul tavolo, tutta la cucina pulita, bellissima, perfetta e risplendente, e tutto al caldo in forno. E voi dite: «Dovete solo sedervi e io vi servirò».

Questa si chiama riconoscenza, non i “bla bla bla”, non le preghierine, no, no. Fatti, opere, diceva Santa Teresa.

Basta chiacchiere! Basta parole! Basta falsi propositi!

Opere, bisogna produrre opere!

I quaquaraquà non vanno da nessuna parte.

“Opere di sincera e tenera riconoscenza”.

Non posso sbatterti lì un chilo di pesce sul tavolo e dirti: «Questo è il mio regalo, cucinatelo!» Questa non è né tenera, né sincera riconoscenza.

Deve essere una cosa fatta bene dalla “a” alla “zeta”, non la carità pelosa, non la riconoscenza pelosa, una cosa fatta bene, che non lascia in giro peli da tutte le parti.

E nei confronti di Dio dobbiamo avere tanta riconoscenza, lui ci ha elencato alcuni degli ambiti per cui essere riconoscenti.

Meditazione sulla riconoscenza, tratta dal Vangelo.

“Maria avendo presa una libra di balsamo prezioso di vero nardo, lo sparse sopra i piedi di Gesù e li asciugò co’ suoi capelli”.

300 Grammi… Io non so se voi avete mai provato a sentire il profumo del nardo… una goccia di nardo puro, ti riempie tutta la casa, una sola goccia, immaginiamoci 300 grammi di nardo! Un profumo, che mi verrebbe da dire quasi insopportabile, potentissimo, una esagerazione!

Certo, perché chi ama, esagera sempre. Chi ama, non conosce misura.

Chi comincia a fare le misure coi bilancini, ha finito di amare, o meglio non ha mai amato.

“Osservate che si avvicinava la festa della Pasqua, com’anche il tempo in cui Gesù dovea morire. Egli amava Lazzaro, Marta e Maddalena; ed il suo buon cuore l’impegnò a venire in Betania per far loro l’ultima visita. Marta , che era stata prevenuta dalle sue grazie, Lazzaro che avea risuscitato, e Maria che avea convertito, lo ricevettero con tutte le possibili dimostrazioni di rispetto, di tenerezza e di riconoscenza. Gli apparecchiarono la cena; Marta ebbe l’onore di servirlo a mensa, Lazzaro tenevagli compagnia, ma Maddalena, secondo il suo costume, andò a gittarsi ai suoi piedi adorabili”.

Sarebbe la seconda volta, che compie questo gesto.

“Ella li profumò con una libra di prezioso balsamo e li asciugò coi suoi capelli. Essa avea già fatto lo stesso in casa del fariseo, dove avea ottenuto pel suo amore e per le sue lagrime il perdono de’suoi peccati. Colà ella dimandava, quivi essa dona; là era una peccatrice che implorava la sua misericordia, qui è un’amante penetrata da una viva riconoscenza, che si sforza di rendere benefizio per benefizio al suo Salvatore, per riconoscere la grazia grande che avea ricevuta”.

Chi ha avuto tanto, chi ha ottenuto tanto, non può non essere riconoscente: opere, gesti concreti… nardo, capelli.

“Fra pochi giorni ella tornerà di nuovo ai piedi di Gesù, quando sarà sulla croce. Egli è vero che non potrà nè baciarli, nè profumarli, nè bagnarli delle sue lagrime, nè asciugarli co’suoi capelli; ma in ricompensa potrà esser aspersa del sangue che n’uscirà, e questo Salvatore che non si lascia mai vincere in riconoscenza, le darà tutto il suo sangue per le lagrime che gli ha date. Maddalena non è simile a quei peccatori ingrati, i quali dopo di aver ottenuto da Dio il perdono dello loro colpe, dimenticano la grazia ricevuta, e fanno spesso consistere tutta la loro riconoscenza in nuovi oltraggi che a lui arrecano, simili a quelle nuvole, che appena sono tratte dalle esalazioni della terra, si condensano per nascondere il sole, a cui son debitrici del loro innalzamento. Maddalena riconosce il suo benefattore; ella lo invita, lo riceve, gli dà con profusione ciò che ha di più prezioso; si gitta ai suoi piedi, da cui non si separerà mai per tutto il corso della sua passione; lo vedrà rendere gli ultimi sospiri; patirà con lui, per lui e in lui; lo cercherà ancora per imbalsamarlo dopo la sua morte, e fintantochè vivrà dopo di lui, essa gli dimostrerà il suo amore e la sua riconoscenza. Felice, dice S. Bernardo, quello che la rassomiglia, e si fa una premura di ricercare, di raccogliere e notare tutti i benefizi ricevuti da Dio, d’imprimerli nella sua memoria, di riflettervi con la sua mente, di sentirli nel suo cuore e di rendergli continui ringraziamenti. Questa riflessione v’impegni ad un serio esame su questo importante articolo. Dimandate a voi stessi se vi siete mai applicati a ricercare le obbligazioni infinite che avete con Dio dopo che siete nel mondo; e ciò che avete fatto per riconoscerle; e se abbiate motivo di temere d’esser trattato come un ingrato nel giudizio finale”.

Vediamo un attimo.

Maria Maddalena, dice giustamente Padre Avrillon, dopo aver ottenuto il perdono da Dio, è stata molto riconoscente.

Non: “Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, scurdammoce o passato…”, come facciamo noi.

A parte che noi andiamo a chiedere perdono al Signore una volta al mese… i più santi, i più santi di oggi, non i più Santi, quelli veri, come il San Giovanni Bosco, come San Carlo Borromeo, come il Cardinal Schuster, quelli di oggi.

I più santi, una volta al mese se va bene, gli altri quando?

A Pasqua, a Natale e qualcuno ai Morti, ma dipende, e pochissimi per l’Assunta.

Quella famosa Tizia delle “sei persone a cui preparare da mangiare”, direbbe: «Anche lei, Padre Giorgio, non posso mica andarmi a confessare, se devo fare la brace con la salamella, il panino, il cotechino…»

Sì, sono in tanti a ragionare cosi, no?

Il giorno dell’Assunta, che cos’è?

È il giorno della salamella.

Se io ho una famiglia un po’ numerosa, ma anche se non è numerosa, siccome voglio fare bella figura, siccome ho gli amici, siccome ho i parenti che vengono, siccome… siccome… quindi, allora…

Ma con tutte le grazie che ti ha fatto la Vergine Maria?

«Eh vabbè, adesso non è che stiamo qui a misurare col bilancino, poi, si sa, la Madonna non sta a guardare queste cose».

Cos’è che guarda la Vergine Maria?

L’ha detto a te cosa guarda? Lo sai tu?

Ti ha fatto un corso privato?

Ti ha raccontato i Suoi segreti?

Maria Maddalena non fa così, Maria Maddalena continuamente vive un atto di riconoscenza, non si dimentica.

Appena esce dal confessionale, per prima cosa, non prende il cellulare e non si mette a mandare messaggini su Whatsapp, a chiamare Tizio, Caio e Sempronio, no…Appena finita la confessione, si fa silenzio e si sta in silenzio, perché devo dire “Grazie” a Dio, perché devo conservare la fiamma delicata della grazia.

San Bernardo ci dice: «Imprimiti bene nella memoria tutte le grazie ricevute, ritornaci sopra, ripensale».

“E tutta la casa è ripiena dell’odore di questo balsamo. La riconoscenza non è dunque perfetta se non tramanda al di fuori un buon odore e se non è sincera. Il cuore della Maddalena è così penetrato dalla riconoscenza per la grazia ricevuta da Gesù in casa del fariseo, ch’ella vuole che tutto il mondo sappia quanto a lui sia obbligata. Ella opera, si prostra a terra in pubblico, dona, si umilia; e l’odore di quest’azione si diffonde per tutto.

Perciò la vera riconoscenza dev’essere operosa”.

Ecco, vedete?

È incredibile veramente, è incredibile…

I Santi, in un modo o nell’altro, dicono sempre tutti la stessa cosa!

Padre Avrillon adesso sta per dire quello che vi ho citato prima di Santa Teresa.

Perciò, la vera riconoscenza deve essere operosa, non verbosa!

Non i quaquaraquà! Opere!

Attenti…

“Ella non consiste nella rimembranza e negli affetti, ma nell’opera”.

«Oh il mio cuore… Oh come amo il Signore! Oh che calore, che sento per il Signore! Oh il Signore come mi è caro, che fuoco, che sentimenti… Oh che rapimenti…»

No!

“Ella (la vera riconoscenza) non consiste nella rimembranza e negli affetti, ma nell’opera”.

“È vero che è cosa buona la memoria, la persuasione e la gratitudine del benefìzio; ma dev’essere unita ai più sinceri ringraziamenti ed alle opere buone. Nel muover voi stessi a praticare questa pubblica e vera riconoscenza, fate di ben conoscerla. Questa è una virtù fondata sulla giustizia e consacrata dalla natura, dalla ragione, e dalla religione, che mette tutto in opera per corrispondere al benefizio ricevuto. La natura lo inspira, la ragione lo persuade e la religione lo comanda. Il contadino dà alla terra il seme e la terra glielo rende; la ragione insegna che ogni uomo che contrae un obbligazione, per cui diviene debitore, bisogna che corrisponda secondo che può”.

La terra ce lo insegna!

Tu metti il seme nella terra e quella ti dà il frumento.

“Questa era la pratica dei patriarchi, e questa dev’essere di tutti i cristiani. Noè dopo il diluvio offerì subito a Dio un sacrifizio in ringraziamento, ed immolò un animale d’ogni specie. Abramo costrusse un altare nel luogo medesimo, ove Dio gli fece la promessa in favore della sua posterità; e Giacobbe fece lo stesso per ringraziare Iddio d’averlo liberato dal suo fratello Esaù. Seguite questi esempi sì ben espressi nelle sante Scritture, e rinnovateli con maggior autenticità nell’unico sacrifizio della nuova legge, che si chiama sacrifizio eucaristico, cioè a dire, di rendimento di grazia. Ringraziate il Signore subito che avrete ricevuto qualche favore, e fate in maniera che la vostra riconoscenza gli sia gradita. Sovvengavi che la riconoscenza è un debito. Questa è una obbligazione impressa entro di voi con caratteri indelebili. Voi avete ricevuto tutto da Dio, e ad ogni momento ricevete nuove grazie riguardanti la conservazione della vostra vita, la quale è una continua creazione. Non riconoscere Iddio è una enorme ingiustizia ed una mostruosa ingratitudine; ciò non solo è un’offesa verso di lui, ma altresì verso noi stessi, perchè è un chiudere il canale delle grazie che potremmo aspettarci dal cielo. I fiumi delle grazie, dice S. Bernardo, debbono ritornare alla loro sorgente, affinché scorrano di nuovo sulle nostre anime con abbondanza: senza questo flusso e riflusso mai ritorneranno su di noi. S. Agostino lodava la pia costumanza de’suoi tempi, di aver sempre in bocca il rendimento di grazie, salutandosi coll’espressione Deo gratias”.

L’abbiamo già visto, si salutavano così: “ Deo gratias”.

“Che possiamo noi pensare, dice questo padre, che possiamo noi pronunziare e che cosa possìam noi scrivere di migliore? Niente più breve e facile a dirsi, niente più aggradevole ad ascoltarsi, niente più grande a meditarsi e niente più profittevole a praticarsi”.

Quindi, la riconoscenza deve far profumo, se no non è sincera, e tutti devono sapere che noi siamo grati a Dio, tutti.

Ecco perché uno non deve aver paura di testimoniare che è cristiano, che non vuol dire ostentare, ma vuol dire testimoniare.

Lo devo fare innanzitutto perché sono grato, io sono grato a chi mi dà la vita, a chi mi dà la salute, a chi mi dà il nutrimento, a chi mi dà la grazia, a chi…

La vera riconoscenza, quindi, deve essere operosa, non consiste nella rimembranza, negli affetti, ma nell’opera.

In questa maniera, più noi la pratichiamo pubblicamente, più noi la conosciamo.

“Non dimentichiamoci”, dice Padre Avrillon, “che la riconoscenza è fondata sulla giustizia e consacrata dalla natura, dalla ragione e dalla religione. La natura la inspira, la ragione la persuade e la religione la comanda”.

Che cosa?

La gratitudine, l’essere grati.

“Ogni uomo, che contrae un’obbligazione, bisogna che corrisponda secondo quel che può”.

Cioè, se uno mi dà qualcosa, se mi fa una cortesia, io devo riconoscerla questa cosa, devo essere grato, e quindi qui cita Noè (che, appena finito il diluvio, subito offre un sacrificio e immola un animale di ogni specie che aveva salvato), Abramo (che subito costruisce l’altare nel luogo, dove Dio gli fa la promessa in favore della sua posterità) e Giacobbe (quando viene liberato dal suo fratello Esaù).

Ed Eucarestia, la parola “Eucarestia”, vuol dire “rendimento di grazia”.

Quindi, quando andiamo a Messa, dobbiamo andare a Messa sempre con un cuore profondamente grato.

La riconoscenza deve essere un debito, che deve essere scritto nel nostro animo con caratteri indelebili.

Se noi non siamo riconoscenti, noi commettiamo una grave ingiustizia, una mostruosa ingratitudine verso Dio, e inoltre verso noi stessi, perché non avremo più grazie, non ci farà più niente il Signore.

È questo che dice San Bernardo!

Se non c’è questo flusso e questo riflusso, noi in cambio non avremo più niente, non avremo più doni!

Perché uno dovrebbe fare doni agli ingrati?

Cosa dice Gesù nel Vangelo?

Non gettate le vostre perle davanti ai porci, altrimenti, calpestandole, si volteranno contro di voi per sbranarvi”.

Questi sono gli ingrati.

Poi c’è questa bella espressione “Deo gratias”.

Noi invece cosa diciamo?

«Che fortuna!»

«Come sei fortunata!»

«Come sono fortunato!»

«Ti è andata bene!»

Il Signore, che è lì, dice: «No, scusa, sono stato Io…»

Come ti è andata bene?! Che fortuna?!

Perché, la fortuna esiste?

Quindi non esiste Dio, ma esiste la fortuna.

Robe da matti! Cose incredibili!

“Deo gratias”, non la fortuna.

“Per fortuna che..”, no!

“Per grazia di Dio, ho trovato che.. ho visto che… ho scoperto che…”

Preghiera finale:

“Sorgente feconda ed inesausta di grazia e di misericordie, principio adorabile e pienezza infinita di tutti i beni, io tutto vi devo e niente sono se non per voi. Il mio corpo, la mia anima, i miei talenti e tutto ciò che possiedo di bene corporale e spirituale, tutto deriva dalla vostra liberalità. Ma ohimè! Non posso pensarvi senza che la mia ingratitudine non si presenti innanzi a’ miei occhi, e non mi copra di vergogna e di confusione. Voi m’avete creato colla vostra onnipotenza, conservato colla vostra provvidenza, redento colla vostra bontà e col prezzo di tutto il vostro sangue. Mi avete perdonato per vostra misericordia, invece di castigarmi; mi avete nutrito della vostra propria sostanza, e m’avete meritata e promessa una gloria eterna, somministrandomene i mezzi per conseguirla. Ohimè dov’è la mia riconoscenza? Tanti benefizi dovrebbero esser profondamente impressi nella mia memoria; il mio spirito vi dovrebbe pensare continuamente, la mia bocca pubblicarli, ed il mio cuore esserne commosso”.

Ma quando mai sentiamo parlare qualche Cristiano del suo essere grato a Dio?

Difficile.

Quando mai ne parliamo tra di noi del nostro essere grati a Dio?

“Dovrei sacrificarmi per dimostrarvi la mia riconoscenza e la mia gratitudine. Infrattanto io non l’ho fatto e la mia ingratitudine meriterebbe supplizi eterni. Perdono adunque io vi cerco, o divino benefattore, io desidero ardentemente, e voglio ripararla, protestandovi che non voglio più pensare ad altra cosa, non amare altro che voi, non faticare, non vivere e morire che per voi”.

Vedete quanto è importante la riconoscenza!

Domani vedremo il “Giorno di patimento”.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

VANGELO (Gv 12, 1-11)

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Post Correlati