Scroll Top

Due parole… Sul segno della Croce e sul Matrimonio cristiano

Trinita

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia del 22 maggio 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Profilo biografico di S. Rita da Cascia

Rita ha il titolo di “santa dei casi impossibili”, cioè di quei casi clinici o di vita, per cui non ci sono più speranze e che con la sua intercessione, tante volte miracolosamente si sono risolti.
Nacque intorno al 1381 a Roccaporena, un villaggio montano a 710 metri s. m. nel Comune di Cascia, in provincia di Perugia; i suoi genitori Antonio Lottius e Amata Ferri erano già in età matura quando si sposarono e solo dopo dodici anni di vane attese, nacque Rita, accolta come un dono della Provvidenza.
Rita crebbe nell’ubbidienza ai genitori, i quali a loro volta inculcarono nella figlia tanto attesa, i più vivi sentimenti religiosi; visse un’infanzia e un’adolescenza nel tranquillo borgo di Roccaporena, dove la sua famiglia aveva una posizione comunque benestante e con un certo prestigio legale, perché a quanto sembra ai membri della casata Lottius, veniva attribuita la carica di ‘pacieri’ nelle controversie civili e penali del borgo.
Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la sua vocazione ad una vita religiosa, infatti ogni volta che le era possibile, si ritirava nel piccolo oratorio, fatto costruire in casa con il consenso dei genitori, oppure correva al monastero di Santa Maria Maddalena nella vicina Cascia, dove forse era suora una sua parente.
Aveva tredici anni quando i genitori, forse obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso, perfino secondo alcuni studiosi, brutale e violento. Rita non ne fu entusiasta, perché altre erano le sue aspirazioni, ma in quell’epoca il matrimonio non era tanto stabilito dalla scelta dei fidanzati, quando dagli interessi delle famiglie, pertanto ella dovette cedere alle insistenze dei genitori e andò sposa a quel giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, del quale “fu vittima e moglie”, come fu poi detto.
Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie.
I figli Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, crebbero educati da Rita Lottius secondo i principi che le erano stati inculcati dai suoi genitori, ma essi purtroppo assimilarono anche gli ideali e regole della comunità casciana, che fra l’altro riteneva legittima la vendetta.
Dopo qualche anno, il marito fu ucciso in un’imboscata una sera mentre tornava a casa da Cascia; fu opera senz’altro di qualcuno che non gli aveva perdonato le precedenti violenze subite. Ai figli ormai quindicenni, cercò di nascondere la morte violenta del padre, ma da quel drammatico giorno, visse con il timore della perdita anche dei figli, perché aveva saputo che gli uccisori del marito erano decisi ad eliminare gli appartenenti al cognome Mancini; nello stesso tempo i suoi cognati erano decisi a vendicare l’uccisione di Fernando Mancini e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette che ne sarebbe seguita.
Rita, per sottrarli a questa sorte, pregò Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di toglierli dal mondo, “Io te li dono. Fa’ di loro secondo la tua volontà”. Un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono, fra il dolore cocente della madre.
Ormai libera da vincoli familiari, si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche. I motivi non sono chiari, ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo.
Secondo la tradizione, l’ingresso avvenne per un fatto miracoloso: si narra che una notte, Rita, come al solito, si era recata a pregare sullo “Scoglio” (specie di sperone di montagna che s’innalza per un centinaio di metri al di sopra del villaggio di Roccaporena) e che qui ebbe la visione dei suoi tre santi protettori (s. Agostino, s. Giovanni Battista e Nicola da Tolentino), i quali la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero; era l’anno 1407. Quando le suore la videro in orazione nel loro coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo sorriso, l’accolsero fra loro.
La nuova suora s’inserì nella comunità conducendo una vita di esemplare santità, praticando carità e pietà e tante penitenze, che in breve suscitò l’ammirazione delle consorelle. Devotissima alla Passione di Cristo, desiderò di condividerne i dolori e questo costituì il tema principale delle sue meditazioni e preghiere.
Gesù l’esaudì e un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al Crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte, producendole una profonda piaga, che poi divenne purulenta e putrescente, costringendola ad una continua segregazione.
Si era talmente immedesimata nella Croce, che visse nella sofferenza gli ultimi quindici anni, logorata dalle fatiche, dalle sofferenze, ma anche dai digiuni e dall’uso dei flagelli, che erano tanti e di varie specie; negli ultimi quattro anni si cibava così poco, che forse la Comunione eucaristica era il suo unico sostentamento e fu costretta a restare coricata sul suo giaciglio.
Il 22 maggio 1447 (o 1457, come viene spesso ritenuto) Rita si spense, mentre le campane da sole suonavano a festa, annunciando la sua ‘nascita’ al cielo.

La corona del S. Rosario degli sposi

La fede nuziale di S. Rita da Cascia

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Due parole… Sul segno della Croce e sul Matrimonio cristiano

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

In questa Solennità della Santissima Trinità si dovrebbero dire tante cose ma io ne voglio dire una sola, perché così, quando tornate a casa stasera, sono sicuro al cento per cento che ve la ricorderete tutti; ne desidero dire una sulla Trinità, e poi un’altra a sorpresa.

La prima, sulla Trinità, è una cosa facilissima, che possono ricordare anche i bambini, però dovete guardarmi perché se no non la capite.

Tutte le volte che noi preghiamo, che entriamo in chiesa, che riceviamo un Sacramento, tutto inizia con il segno della croce, tutto.

Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Forse, spesso, facciamo questo segno con troppa superficialità e velocità; da oggi, vorrei tanto che ciascuno di noi non lo facesse più così, ricordatevi solo quello che vi sto dicendo.

Nel Nome del Padre…”

Da oggi, quando facciamo il segno della croce, dobbiamo ricordare che tutti i nostri pensieri, tutto ciò che abita nella nostra mente, i pensieri, i desideri, le sofferenze, tutto quello che sta dentro qua, che tante volte passa e ci disturba, tutto deve essere nel Nome di Dio Padre, tutto deve essere consacrato a Lui, tutto deve essere per la Sua gloria.

Nel Nome del Padre io devo pensare, nel Nome del Padre io devo desiderare, nel Nome del Padre io mi devo affidare e devo rinunciare a tutti i pensieri di impurità, di vendetta, di rancore, di vittimismo, di narcisismo, di egoismo, di ripiegamento, di astio, di impenitenza, di non arresa a Dio.

Da qui parte tutto, dal pensiero, dal νοῦς.

Nel nome del Padre…”, la mia testa deve essere totalmente nel Padre.

…e del Figlio…

Tutto ciò che riguarda il cuore, la sede dell’amore, dell’affetto, degli affetti, il nostro modo di amare, deve essere nel Nome di Gesù.

Impariamo ad amare nel Nome di Gesù!

Impariamo a poter dire alla nostra sposa, al nostro fidanzato, chiediamo la grazia alla Madonna di potergli dire, perché lo stiamo vivendo: «Io ti amo, nel Nome di Gesù, io ti voglio amare come ama Gesù, io ti voglio rispettare come ti rispetta Gesù, io voglio che Gesù ti ami attraverso il mio cuore», e non: «Io ti amo attraverso il Cuore di Gesù»! No, di più!

«Io chiedo a Gesù la grazia che Lui ti ami passando attraverso il mio cuore, povero, affaticato, disgregato, peccatore, pasticcione (tutto quello che volete), io lo chiedo a Gesù, nel Nome del Padre e del Figlio», e mi tocco bene il petto.

Non facciamo mai male il segno di croce, quegli sgorbi tutti appena accennati che sembrano un segno orrendo, ma facciamo un bel segno di croce!

Come quelli che fanno male la genuflessione. Li avete mai visti?

Ma come si fa ad andare davanti al tabernacolo e fare così…?

Ma questo è il Plié che faccio quando ballo e quando danzo, ma non davanti al tabernacolo!

Uno che entra in chiesa e ti guarda dice: «Poverino, quello lì è fuori di mente!»

O lo fai bene o non lo fai!

Bisogna fare un bel segno di croce col ginocchio per terra!

Siamo davanti a Gesù Cristo, perché devo fare quegli sgorbi?

Non lo posso fare?

Non lo faccio, ma se lo faccio, lo faccio bene. Tutte le cose che riguardano Dio, le devo fare bene, quindi devo pensare bene, devo imparare a pensare bene degli altri, e devo amare bene le persone.

Perché dobbiamo portare la croce, e la croce bisogna portarla nel Nome dello Spirito Santo. È lo Spirito Confortatore, dice Gesù, è lo Spirito Suggeritore, perché è Lui che ci dà il conforto.

Sapete che il conforto è anche un liquore che si prende andando in montagna, quando si ha molto freddo si dice: «Dammi un po’ di conforto», che non è il bacino. Il conforto è un liquore, un bel grappone degli alpini, che quando lo bevi, ti senti le vene che diventano come dei tamburi, quello è il conforto!

Lo Spirito Santo ti trasforma in un tamburo e ti può battere chiunque ma tu resisti, sei forte.

Di fronte alla croce non possiamo dire: «Ho paura, soffro…mamma che roba terribile, la mia vita è un disastro!»

Ma tirati insieme e impara a soffrire come hanno sofferto i primi cristiani!

Impara a dire: «Sto soffrendo e voglio soffrire da cristiano! In Nome dello Spirito Santo, io porto la mia croce! Nel Nome dello Spirito Santo porto il mio tumore, porto la mia separazione che ho in casa, porto le contraddizioni, porto il brutto tempo che stiamo vivendo. Nel Nome dello Spirito Santo, io mi prendo la mia croce e la porto dietro a Gesù».

Siamo cristiani, vuol dire che siamo di Cristo e dobbiamo seguire Cristo crocifisso, Cristo che sale al Calvario!

Voi dite: «E noi non ci riusciamo…»

Certo, per questo diciamo: «…e dello Spirito Santo».

Quando alla fine della Messa vi darò la benedizione, vivetela così!

È per questo che quando un Sacerdote ci dà la benedizione ci si inchina un po’, non sono smancerie, non sono “devozionismi”, ma è la vera devozione, perché vengo benedetto nel Nome della Trinità. Quindi come posso stare in piedi come un gallo?

Abbassa la testa e chiedi al Signore la grazia che la Trinità ti investa, che la tua mente sia guidata dal Padre, che il tuo cuore sia guidato dal Figlio e che le tue spalle sappiano portare, nel Nome dello Spirito Santo, la tua croce. Fine.

Adesso vi rubo ancora due minuti per parlarvi di una donna, che è vissuta nel nome della Trinità.

Tutte le donne che sono qui, invece di seguire i profeti di sventura che dicono: «Femminismo, femminismo…il ruolo della donna di qui e di là», e adesso bisogna avere il ruolo della donna anche quando fai la pasta, c’è anche la pasta con la quota rosa, anche quando vai dal meccanico deve esserci la quota rosa.

Ma lasciamo stare, imparate ad essere donne secondo la vostra dignità di donne, non facendo i maschi!

Chi è una donna che è vissuta come donna e che ci ha lasciato un esempio incredibile di donna?

Santa Rita. Domani è Santa Rita da Cascia.

Entrando in questa chiesa, sulla vostra sinistra, c’è una bellissima reliquia di Santa Rita, la Santa degli impossibili. Preghiamola!

Ma sapete che tormento di vita ha avuto questa donna?

Un marito fuori di testa come poche ne hanno, un assassino che la picchiava, la menava, gliene faceva di tutti i colori, due figli, che meglio perderli che trovarli, peggio del padre. Lei non ha iniziato a dire come va di moda oggi: «Devo rifarmi la mia vita, devo andare altrove…, ho trovato un altro amore, qualcuno che mi voglia bene, che mi coccoli, che mi stia vicino…», queste sono cose da poverine!

Le donne cristiane, quelle che vengono da Cristo, sono donne virtuose, forti, donne tutte d’un pezzo, vere donne, come Santa Rita.

Lei voleva entrare in monastero da subito, ma quell’uomo che era un malvivente, è andato là in paese a Cascia e ha detto: «O mi date quella donna come sposa o io metto a ferro e fuoco tutta Cascia», e lei è scesa e ha detto: «Va bene».

Ha rinunciato alla sua vocazione per sposare quell’uomo, quindi lo ha sposato.

Lui era sempre ubriaco, ha ammazzato delle persone, insomma, di tutto di più, poi ha avuto due figli.

Lei è quella che ha fatto quella bellissima fede nuziale, non so se avete presente l’anello di Santa Rita. Ha disegnato un anello nuziale, lo ha disegnato proprio lei, e questa martire del matrimonio, pensate un po’, lo ha disegnato con due mani che si tengono. È bellissima la fede di Santa Rita! A Cascia c’è il suo anello nuziale, fatto proprio da lei, con due mani che si tengono.

Per il cinquantesimo, per il venticinquesimo, invece di fare chissà che cosa, prendete questa bella fede di Santa Rita, questo è il matrimonio!

Nessuna delle due può lasciare andare, se no va in frantumi tutto, tutto va in frantumi.

Suor Lucia disse che la battaglia del diavolo, negli ultimi tempi, si sarebbe giocata tutta sulla famiglia…“dictum, factum”.

Quindi, lei rimane fedele, va avanti, chiede al Signore la grazia della loro conversione, e infatti il Signore le concede la grazia e li porta tutti a morire santamente, cioè muoiono lui e i due figli, tutti e tre.

A quel punto, Santa Rita cerca di entrare nel monastero delle Agostiniane di Cascia, ma le monache non la vogliono. Lei per tre volte chiede questa cosa.

Voi vi chiederete: «Ma come fa Padre Giorgio a sapere tutte queste cose?»

Sapete dove le ho imparate?

Non sui libri di teologia, le ho imparate in confessionale; in confessionale non solo i penitenti imparano, ma anche i Sacerdoti imparano, perché ci sono tanti penitenti che sono delle anime sante, delle bellissime persone. Io queste cose le ho imparate da un penitente, che me le ha spiegate, siamo stati lì a parlare e ho detto: «Guarda, stasera le racconto a tutti».

Quindi, da questa Rocca Porena, da questo scoglio, messo lì un po’ sopra a Cascia, lei, un giorno, pregando perché voleva entrare i monastero, vide arrivare Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, che la presero e in volo la portarono dentro in monastero. Di fronte a questo, la Madre Badessa capì che era la Volontà di Dio che Rita diventasse monaca, quindi l’hanno accolta e lei ha fatto una vita bellissima, esemplare, e a Cascia c’è ancora viva la vite famosa di Santa Rita.

La Madre Superiora, per mettere alla prova la sua obbedienza, le fece annaffiare tutti i giorni un arbusto secco, morto, e lei per obbedienza andava là e lo bagnava.

È germinato ed è venuta fuori una vite bellissima, ancora viva oggi, dalla quale le monache tirano via le foglie e fanno una polverina sottile, che danno a tutti coloro che lo desiderano, perché è una polverina miracolosa, per chi ha fede.

È la polvere della vite di Santa Rita, e se la si chiede, da Cascia la spediscono.

Tutto questo per dire che cosa?

Che la croce, qualunque essa sia, può essere portata, perché abbiamo davanti a noi una donna, una mamma, prima che una suora, una mamma e una sposa, che è stata fedele al suo matrimonio “usque ad sanguinem”, fino al sangue.

Non credete a quei diavoli incarnati che vi vengono a dire: «Oh…ma tu non devi subire queste cose, devi rifarti una vita. Oh…ma tu di qui, oh…ma tu di là».

Non credere a questi diavoli, credete a Santa Rita, pregate Santa Rita, andate da Santa Rita, supplicate questa mamma e questa moglie eroica, chiedete a lei la grazia della fedeltà alla vocazione!

Se il Signore vi ha messi dove siete, è perché un motivo c’è, è perché il Signore vi sostiene lì, e se proprio in questo tempo il vostro matrimonio è in fatica, è in difficoltà, è in crisi, e magari nel vostro cuore state pensando a cose brutte o magari state coltivando amicizie pericolose, andate a casa, pretendete la cesoia e il fuoco, bruciate tutte queste cose e dite a Dio: «Signore, ho sbagliato, capita a tutti, ho sbagliato. Io da adesso voglio vivere come Santa Rita».

Prendete Santa Rita come patrona della vostra storia!

Concludo dicendovi che ho visto in giro un bellissimo rosario, che vi consiglio di comprare e di regalare al vostro coniuge, per averlo insieme.

È il rosario degli sposi ed è molto bello!

Per l’Ave Maria ci sono i grani, per il Padre Nostro, al posto del grano grosso, ci sono due fedi nuziali intrecciate. È questo il matrimonio, non è una Spa, capite?

Capite quanto è importante che ci ricordiamo i Sacramenti?

È nel giorno del Matrimonio che la Santissima Trinità ha messo il Suo sigillo indissolubile.

Posso darvi un consiglio?

Fatevi vedere dai vostri figli a volervi bene, fatevi vedere a dare un bacio al vostro sposo o alla vostra sposa, fatevi vedere a dare una carezza al vostro sposo o alla vostra sposa, questa è la testimonianza più bella, più vera, più autentica che potete dare sul Matrimonio. Questo vuol dire mettere il seme del Matrimonio dentro nel cuore dei vostri figli; guardando voi, i vostri figli possono dire: «Che bello avere in dono una persona che la Trinità ha pensato per me, una persona con la quale vivere e una persona con la quale morire insieme, nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

SANTISSIMA TRINITA’ (ANNO C)

PRIMA LETTURA (Pr 8,22-31)

Prima che la terra fosse, già la Sapienza era generata.

Così parla la Sapienza di Dio:

«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,

prima di ogni sua opera, all’origine.

Dall’eternità sono stata formata,

fin dal principio, dagli inizi della terra.

Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,

quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;

prima che fossero fissate le basi dei monti,

prima delle colline, io fui generata,

quando ancora non aveva fatto la terra e i campi

né le prime zolle del mondo.

Quando egli fissava i cieli, io ero là;

quando tracciava un cerchio sull’abisso,

quando condensava le nubi in alto,

quando fissava le sorgenti dell’abisso,

quando stabiliva al mare i suoi limiti,

così che le acque non ne oltrepassassero i confini,

quando disponeva le fondamenta della terra,

io ero con lui come artefice

ed ero la sua delizia ogni giorno:

giocavo davanti a lui in ogni istante,

giocavo sul globo terrestre,

ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 8)

Rit: O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissato,

che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore lo hai coronato.

Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Tutte le greggi e gli armenti

e anche le bestie della campagna,

gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

ogni essere che percorre le vie dei mari.

SECONDA LETTURA (Rm 5,1-5)

Andiamo a Dio per mezzo di Cristo, nella carità diffusa in noi dallo Spirito.

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.

E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.

La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Canto al Vangelo (Ap 1,8)

Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,

a Dio, che è, che era e che viene.

Alleluia.

VANGELO (Gv 16,12-15)

Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Post Correlati