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La lettera a Filemone

SPaoloScrive

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 4 settembre 2016 (S. Messa prefestiva).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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La lettera a Filemone

Sia lodato Gesù Cristo. 

Abbiamo questa sera, in questa ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario, delle letture splendide, che meriterebbero tutte un’omelia, un’ampia omelia, bella. Però il tempo non lo consente e neanche la liturgia. Allora, tra le tre, questa sera ho pensato di soffermarmi sulla seconda lettura: la lettera di S. Paolo Apostolo a Filemone. Innanzitutto, se non l’avete mai letta, vi consiglio caldamente di andare a leggerla. Si trova nel Nuovo Testamento. È una delle lettere di S. Paolo Apostolo, breve, molto bella. 

Cerchiamo di capire qual è il messaggio che S. Paolo ci dà questa sera attraverso questa lettera. 

S. Paolo è vecchio, è in catene. A breve sarà martirizzato, sarà ucciso. È in prigione per Gesù, ormai al termine della Sua vita. 

Ha generato tanti figli nella fede, tante persone. Quando è al termine della vita un buon padre vuole cercare di mettere a posto tutto e tutti, vuole fare in modo che a tutti siano data gioia, pace, libertà, serenità, carità. Noi facciamo i testamenti e questo è un po’ il testamento di S. Paolo. S. Paolo scrive a Filemone e non gli parla tanto di sé, ma gli parla di Onesimo, uno dei suoi figli nella fede che è “generato nelle catene”. Vuole dire che questa generazione nella fede è avvenuta mentre S. Paolo era in prigione. Quindi possiamo dire che sia uno degli ultimi “parti nella fede” di S. Paolo. 

S. Paolo scrive che, nonostante sia uno dei momenti nei quali ha più bisogno di lui, decide di separarsi da Onesimo. Perché? Per garantirgli un futuro. 

Onesimo era schiavo di Filemone e S. Paolo gli dice: adesso tu non devi più averlo come schiavo, ma come figlio, come amico. E in un altro punto della lettera gli dice: e se Onesimo ha qualche debito con te, tu ricordati che tu stesso, con me, di debiti ne hai tantissimi, e io ti ho sciolto da tutti, ergo, fai così anche tu con lui. Come io ti ho liberato dai debiti che hai con me, così tu libera lui dai suoi. Cerca di essere caritatevole. 

S. Paolo chiama Filemone a condividere questa paternità. Ovviamente, Filemone, probabilmente, non era proprio su questa linea ed è per questo che S. Paolo, alla fine della sua vita, si preoccupa di Onesimo e vuole garantirgli questo futuro. Bello. 

“Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore”. 

Paolo parla di Onesimo a Filemone, gli dice che lo ama tanto.

“Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo”

Tu non ci sei, ma decido di no. Perché no?

“Non ho voluto fare nulla contro il tuo parere perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario”. 

Guardate, queste parole le dovremmo incidere nei muri di casa, le dovremmo incidere nella nostra carne. Il Signore non vuole nulla da parte nostra che sia fatto in modo forzato. Nulla! Non gli interessa, a nessuno piacciono le cose forzate. 

 Dio non costringe nessuno, quindi piantiamola una buona volta di avere le ossessioni di questi figli che non vengono più in chiesa. Li vogliamo in chiesa, li trasciniamo in chiesa, li ricattiamo: “Se vieni in chiesa a messa la Domenica io ti dò, io ti faccio…” Ma smettiamola! Che immagine di Dio diamo, così? Questo è un ricatto, queste sono costrizioni che Dio non fa. Dio non segue questa strada, diamo un’immagine di un Dio malvagio, di un Dio assetato di chissà quale formalismo. Ma il Signore guarda il cuore. Cosa importa che tu sia qui a scaldare una panca se il tuo cuore è fuori a dieci milioni di km da questa Chiesa? Vai fuori anche tu.

Siamo qui ad assolvere un precetto? E non andiamoci, allora, in chiesa, non serve! Dio non è li con la lista dele spunte a dire: “Ah, sei venuto! Ah sei entrato 5 centimetri. Allora hai assolto il precetto. Se sei fuori dai 5 cm non hai assolto il precetto”. Dai! Dio non è la megera del Cotton Club che ci accoglie quando andiamo lì il giovedì sera, è Dio!

Dio guarda il tuo cuore, guarda come tu fai le cose, come tu sei qui stasera. Se tu sei qui stasera e non vorresti essere qui. Se stasera sei qui, ma con il cuore sei lontano, non ci sei. 

Se fai un atto di carità perché sei sforzato a farlo, non farlo. 

Se io prego perché devo pregare, non pregare, non pregare!

Il Signore ci chiama, come dice S. Paolo, affinché il nostro bene non sia forzato, ma volontario. Dio vuole un atto libero della volontà, Dio vuole che con la mia volontà io dica “Io Ti Amo, io Ti Credo, Io Ti Voglio, io Ti Scelgo. Sennò, niente. A Dio non interessa avere degli zombie che camminano, o dei robot.

San Paolo dice (parafraso): “Siccome era il tuo schiavo — e non era così sicuro che Filemone avesse gli stessi suoi sentimenti — io te lo mando indietro, tienilo là”. Non era detto che Filemone fosse così contento di lasciare Onesimo. Perché, sapete, noi tutti siamo tanto carini, tutti noi siamo tanto dei bambolotti buoni, dolci e di belle parole, con il collo un po’ storto, quando preghiamo. Tutto con quest’aura un po’ così, da Minipony, tutti carini, tutti belli, però… fino a quando non toccano i nostri interessi, fino a quando non ci vengono a rompere le uova nel paniere. Fino a quando non dobbiamo spendere del nostro. Non parlo di soldi, non mi avete mai sentito parlare di soldi, sono qua da due anni, mai ho parlato di soldi e non parlerò mai di soldi! Prego che il Signore mi tenga una mano sulla testa. Non penso ai soldi, io penso alla vita, a quando noi dobbiamo dare la nostra vita “PER”, che vuole dire tempo e spazio… eh… allora è lì che i giochi si fanno duri. Lì cominciano i problemi perché noi, che siamo tutti col collo storto, carini come i Minipony, quando cominciano a toccarci nello spazio e nel tempo, iniziamo con le grandi frasi del secolo: “Ho tante cose da fare”, “C’ho lo stress”, “C’ho il lavoro” e “C’ho i figli”, “Non c’ho tempo”, “Sono stanco”, “Mi devo riposare”, “Eh ma cosa dice la gente”, “Se mi chiedono un dito poi mi prendono tutto…”. E così, non facciamo un tubo. 

Allora S. Paolo dice: guarda, tienilo lì con te. Non te lo rimando neutro, te lo rimando con un bel pedigree, però tienilo, perché a me, che tu me lo dia obtorto collo, non interessa, non lo voglio, non voglio la tua carità pelosa, non voglio che tu mi faccia la carità perché la devi fare. O la fai in un certo modo o non la fare.

E su questo avremmo tutti da riflettere, tanto, tutti! Io, voi. Amministriamo il nostro tempo, il nostro talento, le nostre energie! Il bene che fai, non sia forzato ma volontario, lo devi volere, lo devi bramare, lo devi desiderare. Devi proprio amarlo il bene che fai. 

Quando tu ti trovi in casa un padre, una madre o un figlio che è sempre lì che sbuffa e non ha voglia, che tutto è un peso, che già sbuffa la mattina… c’è un problema! C’è un problema, vuol dire che non c’è la volontà di fare il bene, non c’è lo sforzo di fare il bene. 

Mi ha sempre colpito dov’ero prima al Santuario dedicato alla Divina Maternità di Maria. Venivano a chiedere alla Madonna la grazia della Maternità. Pianti, lacrime, strepiti, novene e preghiere per avere un figlio. Va bene. La Madonna concedeva la grazia di questo figlio. Arrivava il figlio. Partorivano. Poi avevano la depressione post-partum. E io mi dicevo: “C’è qualcosa che non va”. Prima vieni dalla Madonna a chiedere la grazia del figlio e poi, quando arriva il figlio, diventa un problema. Poi c’è lo stress, poi c’é che non dorme, poi sei esaurita, “la mia vita è cambiata”. Eh, cosa pensavi ti regalasse la Madonna, il Cicciobello? È chiaro che un bambino è un essere vivente. Ma hai coscienza delle cose che chiedi a Dio? È chiaro che poi devi dare spazio e tempo, ma come vi ho detto prima, spazio e tempo sono un problema. E allora cominciano: “Oh che peso, oh, come faccio, oh ma non dormo, oh ma non ce la faccio, oh ma sono stanco, ma come sono stanco, oh ma qui, oh ma là”. Perché ti sei sposato? Perché hai messo al mondo quel figlio? Perché fai il prete se sbuffi in continuazione? 

Il Signore ama chi dona con gioia. Se non doni con gioia, non donare! 

S. Paolo dice: “Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre”, MA… ecco che S. Paolo, da buon padre, mette subito una diga: “… non più però come schiavo…”. 

Eh, è finita quella storia perché tu, da solo, con la tua anima cristiana, non ci sei arrivato a capire che dovevi smettere. 

… perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma … come fratello carissimo”. 

E così l’ha fregato! 

in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore”, che vuol dire: “Stai attento, Filemone! Stai attento perché il Signore guarda con che cuore tratti le persone”.

E qui apro una parentesi che spero di chiudere in fretta. Stiamo attenti a quella melassa buonista che c’è in giro oggi! Che vivere di carità e amore vuol dire andare in giro con il sorriso stampato da beoti sulla faccia. Ma perché ridi? “Devo essere felice perché Gesù è risorto”. Ma sei fulminato? Cosa stai dicendo! Sai che c’è la gente che muore? Sai quanto peccato c’è nel mondo? Ma cosa ridi? Chi ha detto che le persone bisogna incontrarle con il sorriso? Ma tu sei fuori di testa. Ma sei mai andato a leggere? Avete mai letto da qualche parte, persino quelli che hanno scritto dopo di lui, nessuno ha mai scritto che Gesù si metteva a ridere. Gesù aveva un atteggiamento molto pacifico, molto mite, molto sereno, ma nello stesso tempo molto autorevole. A qualcuno è capitato di vedere Padre Pio o S. Giovanni Maria Vianney andare in giro come dei beoti a ridere? 

Oppure con questa mania del “Poverino, lo perdoniamo, andiamogli incontro, dobbiamo perdonare, dobbiamo passare oltre”. Ma la giustizia dov’è? Non può esserci misericordia senza giustizia. Lo scrive S. Tommaso! Noi abbiamo completamente dimenticato questa cosa, ma sapete perché? Adesso vi spiego il rebus. Uno si chiede: ma perché siamo finiti così? Semplice, semplicissimo, perché questa via d’inganno è comoda. Sapete perché è comoda? Perché ci fa illudere di essere sempre con la coscienza a posto. “Ah, io con Dio sono a posto. Io cerco in tutti i modi di essere questo budino caramelloso, che ingoio tutto, va bene tutto.”

E quindi? Eh, no, tesoro, non funziona così. 

La vita cristiana non funziona così. 

Se Santa Giovanna D’Arco avesse fatto così sarebbe stato un bel problema. 

Se il beato Marco d’Aviano avesse fatto così con i musulmani alle porte dell’Austria a Vienna, eh, cari… voi tutti, me compreso, porteremmo i veli e non avremmo le chiese. Perché l’imperatore austriaco, quando ha visto che le proprie truppe erano 20-30 mila e quegli altri 300 mila, ha detto: “Ah, io, per non saper ne’ leggere ne’ scrivere, faccio baracca e burattini e me ne vo’”. Il Beato Marco d’Aviano dice: “Ma scusi, e qui, chi ci rimane?” Sapete chi è rimasta? È rimasta la cugina, la nipote dell’Imperatore, una donna che era stata guarita miracolosamente dal cancro al seno dal Beato Marco d’Aviano. E poi sono rimasti il Beato Marco d’Aviano e l’Imperatore Russo. Gli Italiani, come al solito, quattro gatti, i Francesi, ti saluto Paperino. E siamo rimasti lì come quattro poveri scemi, 30.000 contro 300.000. Il Beato Marco d’Aviano, insieme all’Imperatore Russo, ha portato su quel monte Khalenberg (Monte Calvo) tutto l’esercito con i cannoni e ha salvato Vienna e l’occidente. 

Noi, oggi? No, figurati, ci mancherebbe, ma non solamente per questo ambiente, dico in generale, è tutta una logica della melassa, dove vive l’indistinto. Noi, oggi, al Beato Marco d’Aviano dovremmo togliere il titolo di Beato. Se avesse vissuto oggi avremmo detto che era un pazzo fuori di testa. E come lui tanti altri su altre questioni.

Perché quello che conta è il senso della giustizia, che è quello che manca. 

E allora, quando leggiamo Padre Pio? Sapete che dicevano che Padre Pio era un orco, cattivissimo. Padre Pio! La persona più dolce del mondo. Sapete perché dicevano che era cattivissimo? Perché quelle persone avevano nell’animo il diavolo e siccome Padre Pio era un Santo Sacerdote lo “scovava”. Padre Pio vedeva nel cuore delle persone ma non c’è bisogno che il Sacerdote veda nel cuore delle persone. Sono le persone che rivelano se stesse a contatto di quel Sacerdote. Non c’è bisogno di Padre Pio che vede nel cuore della persona. Quando io nel mio cuore ho il diavolo, quando io nel mio cuore non ho Dio, quando albergo nel mio cuore sentimenti malvagi, se vedo una persona santa, che sia Sacerdote o non Sacerdote, se vedo una persona santa come S. Gemma Galgani, solo a vederla mi fa l’effetto di un esorcismo. Solo a vederla sento che mi strappa fuori qualcosa perché la Sua Santità è un rimprovero per me. E questo vale per tutti noi, poveri diavoli.

E allora visto che oggi è il primo sabato del mese e siamo chiamati a fare questa S. Messa per riparare alle offese al Cuore Immacolato di Maria, chiediamo alla Madonna la grazia di saper avere questa volontà, che VUOLE. Volli, eternamente volli, sempre volli amare Dio, seguire Dio, seguire la Sua Legge, rinunciare a tutto pur di non perdere il Signore, convertirmi. Avere sempre questa volontà profonda dentro di noi. 

Misericordia e giustizia, insieme, per non perdere né l’una né l’altra. Edith Stein lo diceva chiaro “Non può esserci una misericordia senza giustizia. Non può esserci una giustizia senza misericordia”. 

Che il Cuore Immacolato di Maria ci dia una scintilla del Suo Cuore e ci insegni a vivere così. 

Sia lodato Gesù Cristo.

Letture del giorno

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Prima lettura

Sap 9,13-18
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza».

Salmo responsoriale

Sal 89

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Seconda lettura

Fm 1,9-10.12-17
Accoglilo non più come schiavo, ma come fratello carissimo.

Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Canto al Vangelo

(Sal 118,135)

Alleluia, alleluia.
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia.

Vangelo

Lc 14,25-33
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

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