Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 16 marzo 2021
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Ventottesima e ultima Parte
Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.
Eccoci giunti a martedì 16 marzo 2021, abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal cap. V, vv 1-16 di San Giovanni. Questo è uno dei testi più belli, più affascinanti, più densi, più istruttivi, uno di quelli che credo bisogna tenere sempre sotto agli occhi, vale per tutti, e per certi versi per noi Sacerdoti vale ancora di più. Gesù compie un atto di amore meraviglioso e in questo atto consegna sé stesso, consegna la sua vita. Infatti, a causa di questo atto, la sua situazione politica, sociale, religiosa, si aggrava ulteriormente. Sana un uomo ormai malato da 38 anni – e in qualche modo questa malattia ha un legame col peccato, noi non sappiamo quale, però ce l’ha, ce lo dice Gesù:
«Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio»
A noi da fastidio questa frase di Gesù, noi non crediamo in questa cosa, non sta con il “dio” che ci siamo creati nella testa, quel “dio” a cui va bene tutto, che riusciamo ad aggiustare come vogliamo noi, quel “dio” che in realtà è un uomo portato ad una figura di supereroe. Se ricordate anche a Fatima la Madonna non compì alcuni miracoli, alcune guarigioni, a causa del peccato, lo disse Lei. C’è un legame tra peccato e malattia, ma noi dobbiamo stare sul confine, non dobbiamo oltrepassarlo, ci piacerebbe capire che legame c’è, quando si innesca questa consequenzialità, quando il peccato diventa quindi causa anche di malattia fisica, e che legame c’è tra le malattie fisiche e il peccato.
Come faccio a riconoscere il legame tra il peccato e la malattia fisica? Una malattia fisica è sempre per il peccato? No, perché ci sono anche malattie che sono per la gloria di Dio, come quella del cieco nato.
Non ci è mai spiegato (grazie al Cielo, altrimenti ne faremmo un uso assolutamente improprio) il quando, come e perché del rapporto malattia-peccato e quindi quando la malattia diventa un castigo del peccato. Non lo sappiamo, ed è un bene che non lo sappiamo. Quando c’è una malattia può essere perché è un castigo, perché c’è un legame. Ma attenzione ad intendere “castigo” nel senso bello del termine, nel senso paterno, come il papà che castiga il figlio per correggerlo, non in quel senso brutto di vendetta, di risentimento. Nel senso educativo. Perché in ogni percorso educativo c’è un castigo, tutti siamo cresciuti con i castighi. Il castigo è un limite al delirio di onnipotenza di ogni bambino. Quando non c’è il castigo poi si vede cosa succede.
Dicevamo: può esserci un legame ma non si sa mai con certezza quando ci sia. Ad esempio, nel caso del cieco nato, non è colpa di nessuno, né dei genitori né di altro, ma è così perché si manifestassero le opere di Dio.
C’è un legame, i cui confini ci sfuggono, le modalità ci sfuggono, i movimenti ci sfuggono, ci sfugge tutto, tranne la certezza dell’esserci un legame.
Perché c’è un legame?
Perché quando si realizza questa situazione, questo caso specifico di questa persona malata da 38 anni, ma questo ce lo può dire solo il Signore, succede che questa malattia diventa la manifestazione fisica di una malattia molto più grave che è quella spirituale, che è il peccato. Il peccato genera continuamente questa malattia interiore. Ed è quello che noi stiamo vedendo da parecchi giorni con il libro del prof. Larchet “L’inconscio Spirituale”, quanto sono varie le cause spirituali delle malattie psichiche. Anche lì non è certa l’equivalenza, ma il prof. Larchet dice che c’è comunque un legame. Non sempre finisce così e non sempre la tale malattia psichica viene per forza da una malattia spirituale, ma questa malattia spirituale comunque è un substrato, quasi sempre presente all’interno di alcune patologie psichiche, ed è quello che stiamo vedendo in questo tempo.
Sono cose molto delicate e molto complesse che non possono essere gestite con grossolanità, non vanno neanche assolutizzate, vanno prese con quel giusto senso di equilibrio, come ad esempio il prof. Larchet fa, giustificandole sempre con i Padri, con la storia della Chiesa, facendo vedere come tutta la Tradizione ci consegna le riflessioni di questi Padri che hanno notato che, alla base di certe sofferenze psichiche, ci sono delle malattie spirituali.
Qui nel Vangelo, in questo caso specifico, ne abbiamo la conferma, per tutti gli altri casi non lo sappiamo perché lo può sapere solo Dio, e nessuno può mai ergersi a dire che quella malattia ti è venuta perché hai fatto i peccati. Non lo può dire nessuno, in nessun modo, perché nessuno di noi lo conosce, solo Dio sa questa cosa, ed è bene che sia così, è giusto che sia così per tutti noi.
Ogni malattia va guardata con sommo rispetto, con somma sacralità, perché, che sia un caso o l’altro, è comunque una situazione di grave sofferenza, di grave fatica, di grave prova che richiede tutta la comprensione di chi sta accanto alle persone che soffrono, perché sia in un caso, sia nell’altro hanno bisogno di pazienza, di capacità di sopportazione, di offerta, di conversione, di tante virtù. Noi dobbiamo stare accanto ad un malato, qualunque sia la sua situazione, sempre come la Veronica, come colui che accompagna il sofferente, qualunque sia la ragione.
C’è un legame che a noi sfugge.
“Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio”
Lo dice Gesù. Il peccato è una cosa seria, per questo noi stiamo così tanto insistendo in questi giorni su queste malattie spirituali, perché diventano poi l’origine di altre malattie fisiche se non vengono curate nel modo giusto, come il prof. Larchet, in questo bellissimo libro ci sta facendo vedere.
Ma c’è un altro punto che vorrei sottolineare, l’assoluta, incredibile “ingenuità” di quest’uomo guarito. Gesù lo guarisce dopo 38 anni di dolore e sofferenza. Senza Gesù non sarebbe mai guarito. Lui non sapeva chi fosse Gesù. I Giudei vedono un uomo sanato e gli dicono che non può portare la barella perché è sabato.
«È sabato e non ti è lecito portare la tua barella».
È appena accaduto un miracolo incredibile e loro guardano la barella, invece di guardare l’uomo. Una religiosità del genere è meglio prenderla e buttarla nel cestino. Questa non è fede, questa è un’obbedienza alle regole da muli, da robot.
Come si fa a pensare che il problema sia il prendere in mano la barella? Quest’uomo è stato liberato dopo 38 anni di malattia! E il tuo problema è la barella? Che religiosità hai?
«È sabato e non ti è lecito portare la tua barella»
Non serve niente parlare con persone così, ma lui per discolparsi mette in mezzo Gesù:
Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”».
E loro:
«Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”».
Loro vanno avanti, il problema per loro è la barella, non il miracolo.
“Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.”
Ci sarebbero mille cose da dire sul perché proprio di sabato.
Noi diremmo a Gesù: “Gesù, hai sette giorni, ma falli negli altri giorni i tuoi miracoli, falli di venerdì. Perché proprio di sabato? Ma ti vuoi proprio mettere nei pasticci? Ma fallo il venerdì sera, la domenica mattina, tanto è 38 anni che lui è li così, cosa gli cambia aspettare un giorno! Passa quando tutti stanno dormendo, alle 4.00 della mattina e fagli il miracolo di nascosto e mandalo a casa. E poi non dirgli della barella…”
E invece no. Gesù non fa così. Gesù i miracoli li fa quasi sempre di sabato, perché sono una catechesi, una correzione esistenziale di questa religiosità che sa più di superstizione che non di una fede vera, vissuta, autentica. Ma loro non si lasciano correggere e l’uomo invece di essere grato e furbo, va e lo vende. Quanti casi nella storia di Santi di questo tipo! Mi viene in mente San Pio da Pietrelcina, Don Dolindo Ruotolo, andate a leggere la vita di questo Santo Sacerdote, che persecuzione ha vissuto, che Croce terribile ha patito, andate a leggere San Giovanni Bosco quanto ha sofferto.
Proprio San Giovanni Bosco disse in una visione alla Beata Edvige Carboni, che stiamo leggendo in questi giorni: “Io nella mia vita dovetti soffrire tantissimo, e il maggior motivo di sofferenza fu a causa dei preti, ma tu quando soffri vai davanti a Gesù e offri la tua sofferenza a Gesù senza dire niente a nessuno”.
Quanto hanno sofferto, chi per opera di laici, per opera di preti, di suore, per opera di chiunque, quanto bene hanno fatto, e questo bene è stato usato contro di loro, da persone assolutamente ingrate.
Sarà un giudizio temerario il mio, ma a me vien da dire che lì dentro c’è stata anche della cattiveria, non c’è solo ingratitudine, perché non è possibile davanti ad un Uomo (Gesù) che dopo 38 anni ti libera dalla paralisi e ti dà la grazia di correre, di saltare, di camminare, di andare dove vuoi, di non dipendere più da nessuno, ti ridà la dignità, la libertà, l’indipendenza, tu cosa fai? Lo vai a vendere. Torni da loro a dirgli che si chiama Gesù. Ma perché? Questa non è solamente imprudenza, ingenuità, questa è anche cattiveria. Che motivo avevi di andare a dirlo?
Non si fa così. Non è giusto. Non si può usare una persona fino a questo punto. Gesù incontra una persecuzione tremenda anche a causa di persone così.
Un Sacerdote anziano una volta mi disse: “Sai Giorgio che cosa noi uomini dobbiamo imparare? Noi dobbiamo imparare a stare zitti, a tenere la bocca chiusa. Si fanno più danni per le parole inutili e dannose che si dicono che non per chissà quali peccati. Si rovinano le vite, si distruggono le esistenze perché diciamo le cose che accadono, che vediamo, alle persone sbagliate, nei momenti sbagliati, quando è assolutamente inutile dirle. E questo perché non sappiamo stare in silenzio.”
Questo brano del Vangelo è un brano importantissimo, tenetelo sotto agli occhi ogni giorno, qui dentro c’è da imparare tantissimo. Tutti abbiamo da imparare tantissimo, perché un giorno possiamo essere al posto di Gesù, un giorno al posto dell’uomo malato, la nostra vita si alterna tra queste due figure. Don Dolindo fu sospeso a Divinis per anni e anni proprio per queste cose.
Andiamo un po’ avanti sul libro del prof. Larchet, perché come vedete è assolutamente in tema, stiamo trattando lo pseudo-amore, leggiamo almeno qualche frase:
“In realtà, lo pseudo-amore è una forma d’una malattia spirituale di cui abbiamo già parlato a lungo, cioè l’amore egoistico di sé (la philautia).”
È il caso del oggi di Vangelo, dell’uomo di 38 anni, dell’amore egoistico di sé.
“In effetti, chi ama con questa forma d’amore non ama l’altro per sé stesso, rispettando pienamente la sua differenza e la sua libertà, ma lo ama per sé, cioè alla luce della propria volontà e dei propri desideri, senza far nessun conto dell’altro.”
Quest’uomo è l’immagine dello pseudo amore.
“Ma comportandosi in questa maniera, egli soffoca l’altro, gli impedisce di essere sé stesso e d’agire di sua iniziativa, in qualche modo, trasforma l’altro in un oggetto.”
Gesù è diventato un oggetto miracoloso, un oggetto da cui succhiare quello che gli serviva, e poi lo ha consegnato nelle mani di coloro che l’odiavano.
“Così la malattia diventa ora un rifugio e ora una forma selvaggia di espressione di sé per vie devianti. La terapeutica spirituale deve allora essere duplice. Per un verso e nella misura del possibile, deve rivolgersi all’ambiente della persona, un ambiente che dovrà imparare a distinguere fra vero e falso amore e imparare quindi ad amare veramente (si tratta, in concreto, d’apprendimento della carità, che è amore disinteressato dell’altro per sé stesso). Per altro verso, deve rivolgersi al malato aiutandolo a riscoprire quell’amore che gli manca.”
Quest’uomo era veramente malato, ma non semplicemente dell’essere storpio, la sua malattia era dentro. Gesù guarisce il corpo, ma come vedete poi l’anima rimane ancora malata e lo dice il comportamento che lui ha. Noi possiamo ricevere miracoli fisici incredibili dal Signore, ma questo non vuol dire che comportino anche una guarigione interiore.
“Le considerazioni svolte nella sezione precedente potrebbero valere anche in questo caso.”
Ecco che così finiamo questo lungo percorso fatto sul libro “L’inconscio Spirituale”.
Sono veramente contento di avere letto questo testo con voi, è stato un percorso lungo, ma per me utilissimo e credo lo possa essere anche almeno per uno o due di voi, e se fosse così sarei felice. Se gli altri sapevano già queste cose, se non hanno questi problemi io sono molto contento per loro, e ringrazio Dio di sapere che ci sono persone che sono libere da tutte queste 14 forme di malattia spirituale. Io ne ho avuto un vantaggio molto grande e ritorno veramente spesso su questo testo perché lo trovo bellissimo. Io me le trovo un po’ tutte 14 dentro nell’anima queste malattie, ora l’una, ora l’altra, ora più una, ora più l’altra, una viene, poi sparisce, l’altra ritorna, però queste 14 malattie le sento proprio così vive, così presenti, così richiedenti una lotta, una cura costante per liberarsi progressivamente da queste sofferenze che sono tanto legate da una mancanza di radicale, costante, vero, profondo, sincero, onesto, coerente amore per Gesù, e tanto è meno questo, quanto più sono presenti loro.
Dopo aver fatto questo percorso, che è stato anche un po’ faticoso, per il fatto di dover ogni giorno ritornare sullo stesso testo, approfondirlo, portarlo avanti, legarlo al Vangelo, e poi ai Santi, adesso andremo avanti con altri testi, con altri Santi, con altre riflessioni. Dobbiamo finire il discorso del rispetto umano, volevo leggervi ancora un po’ della Beata Edvige e poi andremo avanti con altri testi.
Se posso chiedervi un regalino, ricordatemi nella preghiera assieme a tutti i Sacerdoti di questo mondo, perché abbiamo tutti tanto bisogno, chi più, chi meno, di preghiere costanti. Don Tomaselli chiedeva le Messe. C’è questa pratica molto bella delle Messe Gregoriane, io posso dirvi che recano un vantaggio incredibile, so di una persona che per un Sacerdote ha fatto dire un ciclo di Messe Gregoriane — le Messe Gregoriane sono quelle Messe per cui si fanno dire trenta Messe consecutive per un mese, per una intenzione — e questo Sacerdote ha ricevuto delle grazie incredibili nel mese in cui sono state celebrate le Messe Gregoriane per lui.
Fatele dire, se conoscete qualche Sacerdote a voi caro, fatele dire per i Sacerdoti, pregate per i Sacerdoti, sacrificatevi per i Sacerdoti, offrite penitenze, ricordateli nel Rosario. Don Tomaselli diceva: “Mi raccomando oggi fate una novena di Messa per me, un triduo di Messe per me”.
Che vuol dire, che quando andate a Messa, alla Comunione ricordate in modo speciale quel Sacerdote.
Dove c’è un Sacerdote Santo avrete un paese, una città santa, perché è luce, fuoco, sole e calore. Dobbiamo proprio pregare tanto per i Sacerdoti, ogni giorno raccomandatemi e raccomandateci al Signore, alla Madonna, offrite per loro, per noi. Io vi chiedo almeno un’Ave Maria, mi sembra tanto perché tante Ave Maria vogliono dire tante richieste al Signore di intercessione per tutti i Sacerdoti del mondo, perché il Signore ci aiuti ad essere secondo il Suo gusto, secondo il Suo stile, ad essere veri Suoi Ministri, vittime con Lui, ad offrirci al Padre nella Santa Messa con Lui, a riparare con Gesù e per Gesù. È una vocazione altissima, arduissima, difficilissima, e quindi c’è bisogno veramente di tanta preghiera, per rimanere fedeli fino al sangue e fino alla morte. E quando moriamo ricordateci ancora nella preghiera, perché abbiamo bisogno. E non facciamo mai come quest’uomo di 38 anni: quando riceviamo teniamo tutto nascosto nel nostro cuore, sia che riceviamo da Dio, sia che riceviamo da un uomo. Non diciamo niente a nessuno, custodiamo nel silenzio assoluto i beni ricevuti, perché gli altri non è detto che li capiscano e se non li capiscono poi fanno disastri. Teniamo tutto nel segreto, nel riserbo, impariamo veramente il Sacro Silenzio.
E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Martedì della IV settimana di Quaresima
VANGELO (Gv 5,1-16)
All’istante quell’uomo guarì.
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.