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Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente…

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 25 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente…

Eccoci giunti a lunedì 25 aprile 2022.

Oggi festeggiamo San Marco Evangelista, quindi auguri a tutti coloro che portano il nome di “Marco”.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla Prima Lettera di San Pietro Apostolo, capitolo V, versetti 5-14.

Che cosa ci dice oggi San Pietro?

Dobbiamo imparare a vestirci.

È bella questa immagine del vestirsi, vuol dire che scelgo, scelgo l’indumento dell’umiltà, scelgo quel vestito, non un altro, quello lì, con quel colore, con quella forma… lo scelgo.

E lo scelgo in funzione degli altri, cioè mi rivesto di umiltà per chi mi sta accanto, perché avere accanto una persona umile è bello, è edificante, è importante, è rassicurante, ti scalda, ti mette a tuo agio. Con una persona umile si può parlare, si può giocare, si può cantare, si può lavorare, si può pregare, si può studiare, ci si può amare, quando abbiamo accanto una persona umile. Perché?

Perché una persona umile è una persona vera.

Questa è l’umiltà: è verità.

La persona umile è una persona vera, vera innanzitutto con se stessa, che è capace di guardarsi così com’è e di dirsi così com’è, di riconoscere il suo bene e di riconoscere il suo male, in un’analisi equilibrata, perché nessuno è tutto bene e nessuno è tutto male.

L’umile si sa guardare con equilibrio, sa dire cosa in lui va bene e cosa in lui va male, cosa in lui è di Dio e cosa in lui non è di Dio.

Quindi, noi ci rivestiamo di questa umiltà, perché vogliamo, dobbiamo avere con chi ci sta accanto un’apparenza, che in questo caso è anche sostanza, bella, appetibile. E allora, se noi faremo questo, Dio ci darà la Sua grazia, perché a Dio piace chi si riveste di umiltà, a Dio piace quel vestito, non quello di superbia.

A Dio piace il vestito di coloro che sono veri, che dicono: «Io penso questo… Io ho fatto questo… Io ho detto questo… Io credo in questo… Io voglio amare Dio, ma in questo ambito, in questo aspetto, non ci riesco, ancora non ci riesco e ha un nome, e io lo chiamo in tutta la sua interezza».

Questo è l’umile.

L’umile è colui che riversa su Dio ogni preoccupazione, perché sa che Dio ha cura di lui. Di preoccupazioni ne abbiamo tante, sapete, ognuno ha le sue, ma l’umile sa che Dio ha cura di lui fin nelle sue più piccole cose, fin nei suoi capelli. Dio ha cura dei miei capelli, nessun mio capello cade a terra, se Dio non lo vuole.

L’umile, poiché è vero e poiché riconosce che la sua vita ogni giorno è un miracolo di Dio, allora cosa fa? La prende, questa vita, e la affida, la riaffida, la riconsegna ogni giorno a Dio, ogni istante a Dio, e qualunque preoccupazione possa avere, qualunque, lui la consegna al Signore, perché sa che il Signore ha cura di lui. Lo sa, non perché lo ha studiato o l’ha letto, no; lo sa, perché lo vede nella sua persona, è un’esperienza ordinaria.

«Siate sobri», dice San Pietro, «vegliate». Sì, vedete, perché, per vegliare, devo essere sobrio.

E sobrio cosa vuol dire? “Sobrio”, in questo caso, non vuol dire semplicemente uno che non è ubriaco di vino; San Pietro non ha a cuore il Circolo degli Alcolisti Anonimi, che è una cosa importante, però non scrive questa lettera in funzione di questo.

“Sobri” vuol dire “tam quam”, questo è il motto dei sobri, che tradotto è “tanto quanto”.

Quindi, “sobri” vuol dire equilibrati in tutto, tutto: dal riposo, al lavoro, allo studio, al dormire, al mangiare, al bere, al fare sport, al passeggiare, al divertirsi, in tutto. Tutti gli ambiti della nostra vita hanno bisogno della sobrietas, quindi del non eccedere.

Se io devo chiamare una persona, perché devo dirle qualcosa, non faccio prima il numero e poi penso. No, prima penso, e poi chiamo.

Prima non mando venticinque messaggi e poi li rileggo, questo non è un sobrio.  Prima penso, quindi scrivo, poi rileggo affinché l’altra persona capisca e non ci siano errori, poi invio. Questo è il sobrio.

Se poi quella cosa, quella idea, io la posso dire con trenta parole, non ne scrivo cinquemila, e se la posso dire in cinque minuti, non ne impiego cinquanta, perché se no non sono sobrio.

È tanto importante questo, e noi non lo confessiamo mai.

Io non ho mai sentito, ma proprio mai, in vent’anni e rotti di sacerdozio, qualcuno dire in confessionale: «Ho peccato contro la sobrietas, cioè non sono stato sobrio». Non mi è mai capitato, perché il tema della sobrietas non è un tema che noi sentiamo particolarmente.

Qualcuno, devo essere sincero, mi ha scritto in questi tempi dicendo: «Padre, sarebbe bello che lei facesse delle meditazioni sul peccato di gola».

È vero, ci sto pensando, sto cercando di tirare insieme un po’ di materiale, sto cercando di verificare alcune cose e probabilmente farò qualche meditazione sul peccato di gola, perché il peccato di gola non è semplicemente un problema legato alle calorie, all’obesità, ai trigliceridi e al colesterolo, non è questo solo, non è un problema cardiovascolare.

Il peccato di gola, come vedrete se riuscirò a fare queste meditazioni, ha un risvolto su tutta la persona, sia da un punto di vista naturale che da un punto di vista soprannaturale.

La sobrietà, però, va oltre il tema della gola; lo investe, ma lo oltrepassa, non si ferma lì, perché noi dobbiamo essere sobri in tutto, anche nel guardare, per esempio.

Perché devo guardare sempre tutto e tutti? Perché non devo dire di no ai miei occhi? Anzi, mi fa bene dire di no.

La sobrietà la dobbiamo imparare a vivere ad ogni livello.

Ripeto, è l’equilibrio, è il “tam quam”.

Quindi, se a mezzogiorno io non ho mangiato perché ero in giro, ero non so dove, allora ci sta che mi prendo un bel gelatone da 5 Euro, ma, se mi sono mangiato la pasta alla amatriciana con le costine di maiale alla brace e di contorno i cavolfiori alla besciamella, poi il tiramisù, e poi magari anche un caffè con l’ammazzacaffè e non so quant’altro, più i biscottini della nonna, ecco, magari, non vado poi a breve a prendere un gelato da 5 Euro, perché la sobrietas…

Questo lo potete prendere ed estendere su tutto.

Questa sobrietas che cosa consente?

Uno dice: «Perchè io devo essere sobrio? Io perché devo vivere la sobrietas

Io devo essere sobrio, perché devo vegliare: non può vegliare uno che si è mangiato non so cosa, non può vegliare uno che sta morendo dal sonno, non può vegliare uno che è sfiancato dall’aver parlato per cinque ore consecutivamente… può vegliare solo una persona che ha equilibrio.

La sentinella, colui che sta a vegliare, che deve fare la ronda, non lo fa con in mano un panino da due chili, o guardando la tele, o ascoltando la radio. No, sei tu, il tuo fucile e avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro, al freddo, al caldo, sotto la pioggia, la neve, quello è il tuo compito. Dopo, quando hai finito di vegliare, fai tutto quello che vuoi, ma non puoi vegliare col cuscino.

La sobrietà serve per questo.

Ecco perché noi alle volte, o forse spesso, facciamo dei peccati e diciamo: «Mamma mia, ma io non lo volevo, ma non mi sono accorto, com’è potuta succedere questa cosa?»

Eh… perché non eri sobrio.

Se io sono ubriaco e vado in macchina, vado addosso ad una mamma col bambino nel passeggino e li ammazzo tutti e due… poi, quando mi riprendo dalla mia ubriacatura, non posso dire: «Ma come è potuto succedere? Io non lo volevo!»

Nessuno mette in discussione che tu non volessi fare questa cosa, ci mancherebbe! Certo, ci crediamo tutti che nella tua testa non c’era il desiderio di uccidere la mamma e il bambino nel passeggino, ma alla domanda: «Come è potuto succedere?», la risposta non è: «È stato un incidente».

La risposta, invece, è: «Poiché tu non eri sobrio, hai fatto questo». Quindi, vedete, la mancanza della sobrietas dove ci conduce, dove ci può condurre: a fare qualcosa che è assolutamente contrario a tutto quello che abbiamo dentro noi… eppure lo facciamo noi, ma la ragione è la sobrietas, che non c’è.

Se mio marito mi regala un solitario con un diamante preziosissimo, bellissimo, stupendissimo, meraviglioso, con una purezza del 95-98%, io lo indosso, poi vado all’autogrill, vado in bagno e (mentre mi sto ascoltando la musica, mentre parlo al telefono con qualcuno) mi tolgo l’anello per lavarmi le mani e lo piazzo lì sul lavandino, poi mi asciugo (e intanto vado avanti a parlare con la persona con cui sono al telefono in modo abbastanza concitato), poi prendo e me ne vado… è molto probabile che, arrivata alla macchina, e resami conto di non avere l’anello di mio marito al dito perché l’ho lasciato sul lavandino dell’autogrill, io ritorno dentro e non lo trovò più.

Poi dico: «Ma io non volevo perderlo…»

Ma tu non sei stata sobria, quindi non hai vegliato; poiché tu non eri sobria, perché eri ebbra di parole, di distrazioni, di… non hai potuto vegliare e hai perso il solitario prezioso.

Capite quanto è importante vegliare, e quindi essere sobri?

Uno dice: «Ma io devo vegliare da che cosa?»

Vedete, la Parola di Dio è tutta concatenata, è bellissima, è come vedere un collier, è come vedere un girocollo di perle preziose, è tutta concatenata, è stupenda.

Uno dice: «Io devo essere sobrio, devo vegliare, ma vegliare perché? Vegliare su cosa, contro chi?»

“Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare”.

Ecco perché devo essere sobrio e vegliare, perché io ho un nemico, uno, non ne ho mille, uno: il mio nemico è il diavolo.

Questo nemico, San Pietro lo paragona a una bestia e ne sceglie una ben precisa, sceglie il leone, sceglie il re della foresta, sceglie il predatore più temibile, il predatore che non è predato da nessuno, il re della foresta, il re della savana. Non a caso è il re leone.

Nessuno caccia un leone; tutti vengono cacciati dal leone, ma nessuno caccia un leone, nessuno si nutre della carne di un leone, mentre il leone si nutre della carne di tutti. Il leone è un animale possente, fortissimo, impossibile resistergli.

Un mio compagno, qui al collegio, originario del Congo, mi ricordo che a tavola un giorno ci disse: «Se tu vedi un leone, tu sei già morto. Se tu con il tuo corpo, nella savana, vedi un leone, tu sai che quella è l’ultima cosa che vedrai. Per il solo fatto che tu lo stai vedendo, tu morirai».

“Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente”.

 Non è un leone addormentato, un leone satollo, un leone vecchio, un leone sdentato, un leone spelato… no, questo è un leone ruggente, è un leone che ruggisce.

Avete mai sentito il ruggito del leone?

Vi prego, andate ad ascoltarlo; guardate che ha una potenza, una forza che si sente a chilometri di distanza.

“Va in giro”.

 Questo leone non si ferma mai, non riposa mai, questo leone è divorato lui stesso da una fame insaziabile: è la fame delle anime.

“Va in giro, cercando chi divorare”.

Chi divorerà?

Coloro che non sono sobri, poiché non stanno vegliando.

Vuoi essere divorato?

No?! Allora, sii sobrio e veglia!

Se tu sarai sobrio in tutto, se tu custodirai il silenzio, se tu custodirai l’ordine, se tu custodirai l’intimità con Gesù, allora lui non potrà farti niente; altrimenti, questo leone ruggente ti divorerà.

Sapete che questo verbo è un verbo potente, cioè ti mangia tutto, non lascia lì niente, neanche le ossa.

Allora, cosa dobbiamo fare?

Come si fa a difendersi?

Essere sobri, vegliare.

E qual è l’arma?

Essere saldi nella fede.

È la fede che ci fa opporre resistenza a questo leone; questo leone non può nulla contro la fede.

Se tu hai la fede, se tu credi in Dio, se tu obbedisci a Dio, se tu ti fidi di Dio, se tu non hai dubbi su Dio, se tu credi che Lui ha cura di te, e quindi se tu sei umile, lui non può niente!

“Siate forti nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli, sparsi per il mondo”.

Noi resistiamo nella fede a questo leone ruggente divorante, con la fede e anche con una consapevolezza, cioè che noi non siamo soli.

Capite perché ogni tanto, durante l’anno, vi propongo questi incontri come quello che abbiamo da poco fatto, per incontrarci, vuoi qui al Gianicolo a Roma, vuoi al nord?

Perché ve li propongo?

Per questa ragione, per crescere nella consapevolezza, che le medesime sofferenze che vivi tu e che ti sembra di essere solo a viverle, in realtà tantissime altre persone le vivono, le stesse: le stesse sofferenze, le stesse fatiche, le stesse persecuzioni, le stesse cose, perché il leone è sempre quello. Non ci sono leoni, ghepardi, pantere, no, no. C’è il leone ed è uno solo, poi assumerà forme diverse, nel senso che per uno sarà il leone della gola, per un altro sarà il leone dell’orgoglio, per un altro sarà il leone dell’accidia, per un altro… poi lui ha tutti i suoi ministri, tutti i vari demoni, gli angeli ribelli, va bene, ma fanno parte di quell’unico, che è lui, il principe di questo mondo.

Allora, vederci, fa la forza: sapere che un’altra persona sta vivendo la mia fatica e magari conoscerla, magari scambiarsi i numeri di telefono, e magari vedersi, aiuta.

Io, tante volte, da quando sono stato Prete, ho sempre cercato di fare in modo che le persone che conoscevo si conoscessero, sempre. Non mi è mai piaciuta quella cosa per la quale cento conoscono me, io conosco cento, ma nessuno di quei cento conosce gli altri. Questa cosa non mi piace.

È vero, qualcuno potrebbe dire: «Questo vuol dire fare i gruppi…»

Sì certo, del resto noi nasciamo in un gruppo umano, che si chiama famiglia, no? Noi viviamo in un gruppo umano, che si chiama comunità cristiana, noi viviamo in un gruppo umano, che si chiama Chiesa Cattolica, certo.

Sì, perché non siamo dei granelli di polvere che vengono buttati via dal vento di qua e di là, sparsi ovunque, abbiamo delle relazioni, grazie a Dio! Anche le mie cellule fanno parte di un gruppo, che si chiama “Giorgio”. Grazie al Cielo, sono qui e stanno qui dove sono, non devono migrare! Non mi sveglio al mattino ad andare a prendere, non so: un dito in cucina, un piede in salotto, la testa non so dove (vabbè quella ogni tanto la perdo).

Di norma è tutto insieme, sta tutto lì: mi sveglio al mattino ed è tutto composto, non è che devo farmi mandare, come Jeeg Robot d’acciaio, i componenti. No, sono io e sono sempre io.

Quindi è ovvio che questo vuol dire fare “gruppo”.

A me non piace la parola “gruppo”, non mi è mai piaciuta neanche quando ero piccolo; mi piace di più la parola “rete”, questa mi piace molto, perché mi ricorda per esempio la bellissima struttura del cervello, le sinapsi, i neuroni, è una grande rete la nostra mente! Tutto il nostro corpo è una grande rete, pensate all’occhio… è una rete di tante cose… bellissimo!

Quindi, mi piace di più la parola “rete”.

Sì, dobbiamo fare rete, certo: rete!

Noi viviamo in rete, i nostri computer sono sempre in rete, no?

Quindi… perché no?

Qual è il problema?

Non possiamo fare rete noi, che crediamo in Dio?

Certo che possiamo, dobbiamo fare rete!

Uno dice: «Questo “fare gruppo” vuol dire che escludi…»

No, non escludo nessuno, vuol dire che noi siamo insieme.

Altri mille vogliono venire?

Che vengano, per l’amor del Cielo!

Il posto è aperto.

Delle 1200 persone, famiglie con bambini, che erano presenti alla Consacrazione delle famiglie, tot anni fa, quando l’abbiamo fatta a Monza, io non conoscevo quasi nessuno, ma neanche loro si conoscevano, si sono conosciuti, hanno fatto rete… bellissimo, no?

E così vediamo che, sparsi nel mondo, viviamo le medesime lotte, e quindi il Dio di ogni grazia, a questo punto, cosa farà?

“Dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta.”

Guardate, è così eh… dopo che abbiamo vissuto questo travaglio col nemico, per la sobrietà, l’umiltà e tutte queste cose, il Signore Dio ci ristabilirà, ci confermerà, ci rafforzerà e ci darà solide fondamenta.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

 

PRIMA LETTURA (1 Pt 5, 5-14)

Carissimi, rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili.
Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo.
E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen!
Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che vive in Babilonia, e anche Marco, figlio mio. Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!

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