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Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe, parte 30

Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe” di domenica 30 ottobre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

VANGELO (Lc 19, 1-10)

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Audio della meditazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 30 ottobre 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciannovesimo del Vangelo di san Luca, versetti 1-12.

Quest’oggi siamo al penultimo giorno (ieri mi sono confuso… pensavo che ottobre avesse trenta giorni!) del nostro ciclo di meditazioni sul libro del beato Alano. Giunti ormai alla conclusione del nostro breve corso monografico sulla figura del beato Alano e, in parte, di San Domenico, ecco che rispondo ad alcune obiezioni che ho ricevuto. Voi sapete che io assolutamente non amo la polemica e non sopporto chi Isa questo ‘strumento comunicativo’, il far polemica, perché non produce nulla.

Pochissimi giorni dopo dall’inizio delle mie meditazioni sul beato Alano qualcuno ha pubblicato un commento a seguito della mia meditazione; non cito il nome perché non interessa chi sia l’autore, ma citerò l’obiezione. Ho fatto rispondere dicendo che non ha senso fare una precisazione pochi giorni dopo l’inizio di un corso, come se uno avesse paura che possa essere insegnato qualcosa di ingannevole. Chi ha frequentato l’ambiente universitario, ma basta aver frequentato le medie sa che non è un bel biglietto da visita personale interrompere un docente dopo la quarta lezione anticipando la conclusione del corso; come se, iniziando il mio corso di matematica dal ‘più, meno, per e diviso’, io dicessi:” Sì, ma i logaritmi…”. Ma siamo appena alle operazioni di base, non siamo alla fine…calma! Al primo corso di medicina non faccio un intervento sulle metodiche della cardio chirurgia: magari non lo faccio. Aspetto che il corso termini e poi posso fare le mie osservazioni e se il professore ha dimenticato qualcosa o se è stato impreciso su qualcosa, dopo essermi ben sincerato di questa cosa, intervengo per dire che un aspetto non è stato trattato, oppure a me risulta che dovrebbe essere trattato in un altro modo, oppure ancora che ho le prove che le cose non stanno come ha detto il professore, ma in questo caso devo avere prove certe di quello che affermo perché il rischio è di fare un passo falso che potrebbe poi nuocermi.

Certo: mi si potrebbe obiettare che qui non siamo in un’aula universitaria, che io non sono un professore universitario…verissimo, ma le brutte figure sono sempre brutte figure. Quindi cerchiamo di fare le obiezioni cum grano salis.

Io sono stato zitto, mi è venuto solo da dire di aspettare in quanto il corso sarebbe durato tutto il mese di ottobre, poi, se ancora qualcosa non avrei detto, ne caso fossi stato impreciso, avreste potuto fare tutte le osservazioni del caso, ma alla fine, non il quarto o quinto giorno!

Adesso, arrivati alla fine, riprendo quella obiezione sepolta sotto non so quanti chili di commenti: la riprendo perché le obiezioni vanno sempre considerate perché aiutano la ricerca ad approfondirsi nella verità. Ora vado a riprenderla, per poi rispondere alla obiezione che è di cinque o sei righe con una risposta di sei pagine che, penso, è articolata e completa. L’obiezione è questa:

“Una precisazione doverosa. Il “racconto” dell’apparizione a San Domenico (così come ben tradotta da don Roberto Paola, ed. Centro Studi Rosariani 2013) è la trascrizione di una “visione mistica” che il Beato Alano della Rupe (n. 1428 m. 1475) ha avuto più di 2 SECOLI dopo la morte di San Domenico (morto nel 1221). È giusto dire che prima dei racconti del Beato Alano il Rosario, o salterio, non era affatto così strutturato… e ai tempi di San Domenico nessuno lo conosceva…”

Noi abbiamo visto ieri che le cose non stanno così: quello che diceva San Domenico era praticamente la stessa cosa che poi avverrà con il beato Alano e che noi diciamo adesso quando è passato qualche anno… dal 1440 del beato Alano al 1200 di San Domenico! Abbiamo visto che la contemplazione dei misteri e la strutturazione era praticamente identica. Poi scrive:

…NESSUNO prima del beato Alano ha mai pensato di associare il Rosario a San Domenico”.

Allora questa è la mia risposta: 

Questo commento si riferisce al racconto dell’apparizione della Vergine Maria a S. Domenico che abbiamo tratto dal libro “Mariale” di Don Roberto Paola, curatore di tutta la traduzione dal latino e massimo conoscitore italiano dell’opera omnia del Beato Alano, risalente a metà del 1400. Durante lo studio del prezioso materiale che don Roberto mette a disposizione sul sito beatoalano.it, abbiamo potuto approfondire le moltissime fonti storiche che dimostrano la storicità dell’apparizione della Vergine Maria a San Domenico a Tolosa nel 1212, e del dono del Salterio e delle promesse annesse come elemento sicuro e provato. La documentazione, inoltre, comprova come nei due secoli che intercorrono fra la predicazione di San Domenico e quella del Beato Alano, in buona sostanza gli anni fra 1220 e 1450, il Santo Rosario fu protagonista della vita dell’Ordine dei Predicatori fondato da San Domenico, ed egli fu presentato come il suo primo propagatore. 

Da pag 27 a pag 48 del pdf consultabile sul sito beatoalano.it, edizione 2022, “LIBRO UNICO per LETTURA – B. ALANO”, ovvero l’edizione scientifica più recente pubblicata da don Roberto Paola, sono presenti più di 30 fonti storiche, documentarie e artistiche, molte delle quali smentiscono puntualmente e direttamente quanto detto nel commento che ho ricevuto e che vi ho citato.

Potrei fermarmi a questo punto è dire: “Saluti e arrivederci”, ma andiamo avanti.

Prima di riportare un esempio di fonti storiche indiscutibili che mettono in luce gli errori che fondano le già menzionate affermazioni, voglio precisare alcune cose.

Prima di tutto dico che don Roberto Paola ha investito oltre 20 anni – non quattro righe di commento – della sua vita nello studio delle opere del Beato Alano e della storia che lega la Vergine Maria e le sue apparizioni alla fondazione dell’ordine Domenicano. Visitando il sito che già ho citato si può verificare il metodo assolutamente rigoroso e scientifico con cui don Roberto Paola ha affrontato la sua opera di studio, traduzione e approfondimento dei temi trattati, per esempio avvalendosi anche della consulenza di due dottoresse specializzate in lingue antiche. Basti pensare che don Roberto ha compiuto diversi viaggi di studio e ricerca proprio nei luoghi dove vissero e operarono San Domenico e il Beato Alano, scoprendo anche particolari inediti.

Ci deve essere chiaro che don Roberto non è l’ultimo arrivato e il lavoro che ha fatto lui non lo ha fatto nessun altro, neanche chi si diletta di scrivere commentini: prima bisogna studiare, faticare, cercare, verificare, portare fonti e prove, poi si parla, se no si fa i “quaquaraquà” e questo non va bene perché non aiuta la scienza, né la teologia, né il sapere. Neppure il ‘Manuale delle Giovani Marmotte’ può essere fondato sul “quaquaraquà”.

Per rispondere alle critiche presenti nel commento che vi ho letto – voi potete sentirle anche altrove espresse in modo elevato e forbito, ma poi ‘gratta-gratta’, è sempre lo stesso contenuto – ho quindi contattato telefonicamente don Roberto per confrontarmi con lui e chiedergli conferma della risposta che avevo pensato di dare, confidando nella sua esperienza e sicura conoscenza dei temi. 

Mi sono detto: “Non sia mai che io abbia preso un abbaglio, che sia impazzito leggendo le cose al contrario — sapete, io dubito sempre di me stesso, perché mi aiuta a verificare ulteriormente i miei studi — e allora chiamo l’autore che è sempre molto paziente e gentile, soprattutto con me che lo disturbo spesso, e nella sua somma carità sacerdotale saprà ancora avere pazienza per rispondere alle mie domande!”

Sono rimasto contento di verificare che avevo capito, già prima che don Roberto mi confermasse la cosa, come rispondere a critiche simili, che davvero non hanno nulla di serio, nonostante appaiano come lecite e fondate, ma in realtà sono critiche solamente ideologiche e dannose, anche solo per il fatto che non riportano una sola fonte a sostegno delle proprie affermazioni. Impariamo a usare le fonti!

Perché ho voluto fare questa meditazione a partire dalle quattro righe che ho letto? Perché questo ci dà la possibilità di approfondire quello che abbiamo letto e confermare ulteriormente che quello che abbiamo detto corrisponde al vero; abbiamo potuto scavare ancor di più su questa cosa.

Approfondendo la storia del Rosario si capisce che sono tantissime le false critiche e invettive fatte nei secoli, e soprattutto nell’ultimo secolo: ricostruzioni revisioniste che non rispettano la storicità che accomuna ed intreccia la tradizionale pratica di preghiera del popolo di Dio con gli interventi del Cielo, e non sanno leggere fra queste righe provvidenziali gli insegnamenti e le verità che è urgente trarne sia a livello personale che ecclesiale.

Quindi risulta davvero assurda l’ostinazione di certe posizioni, che di fatto mirano a relativizzare l’importanza dell’intervento e del messaggio del Cielo riguardo l’antica pratica di contare le preghiere utilizzando un antesignano dell’oggetto che tutti bene conosciamo, ovvero il Rosario, posizioni che non si fondano su fonti storiche ma su convinzioni ideologiche, quindi da rigettare e per quanto possibile denunciare e confutare.

Riporto per esteso la fonte storica che ho scelto, che fra l’altro abbiamo già citato, come vedremo, come prova principale per mostrare l’infondatezza della seguente tesi:

“… non ci sarebbero collegamenti storici fra San Domenico e il Rosario prima del 1450 circa, ovvero prima della predicazione del Beato Alano”, come dice testualmente la critica che ho ricevuto, tesi che afferma che è stato il Beato in qualche modo a inventare il collegamento fra San Domenico e il Rosario, affermando indirettamente la non storicità delle apparizioni a Tolosa della Vergine Maria a San Domenico e ai suoi cittadini nel 1212, e l’invenzione di questa da parte del Beato Alano.

Questo perché, se noi riconosciamo l’apparizione della Vergine a San Domenico a Tolosa nel 1212, cade subito tutto il discorso; se, viceversa, diciamo che tutto questo se l’è inventato il beato Alano, indirettamente stiamo dicendo che quelle apparizioni sono false e che San Domenico è un bugiardo o che tutto è una grande leggenda.

Se noi andiamo a pag. 30 e seguenti di “IL SANTISSIMO ROSARIO, IL SALTERIO DI GESU’ E DI MARIA”, traduzione italiana con testo a fronte latino, Collana: Studia Rosariana, n. 7, a cura di Don Roberto Paola, Seconda edizione, completamente rifatta e aggiornata, terminata a luglio 2022, che cosa scopriamo? Attenzione alle prime frasi che sono determinanti:

“Maxime Gorce, stimato professore domenicano vissuto nel 1900, curò lo studio di un manoscritto domenicano dei primi del XIV secolo, proveniente dal Monastero di Poissy. (1)

 Fonti principali di tale manoscritto sono le “Vitae Fratum”, di frà Gerardo di Frachet ed il “Bonum comune de apibus” di fra Tommaso di Cantimpré, entrambi domenicani ed appartenenti alla prima generazione di frati, posteriore alla morte di Domenico.”

Quindi le fonti di ciò che stiamo per leggere sono praticamente coeve a San Domenico; possiamo dire che derivano da lui e dalla sua predicazione, da chi lo ha conosciuto direttamente o indirettamente, ma la distanza cronologica è praticamente nulla, poiché i due frati indicati sono parte della prima generazione di Domenicani.

“Di tale manoscritto mancano il prologo e ben trenta capitoli del primo tomo. L’opera originaria si componeva di tre tomi, ognuno dei quali, diviso in 50 capitoli: questa divisione è intenzionale, perché segue il Rosario della Vergine, che si divide in tre corone da 50 Ave Maria. Il manoscritto, così come lo possediamo oggi, inizia con il capitolo XXXI, con l’esortazione alla recita della Salve Regina. Dopo aver elogiato la preghiera e la lode a Maria, quale rimedio ai problemi del mondo, l’autore afferma che nella sua opera di salvezza, la Vergine scelse come aiuto l’Ordine domenicano. 

Segue, quindi, una lunga spiegazione del simbolo della Rosa, il fiore virtuoso, ossia profumato, del quale ciascuno fa bene a coronarsi il capo, perché queste rose combattono il dolore, ovvero il male.

Dopo questa descrizione, l’autore paragona i cinque Gaudi di Maria, ai cinque petali di cui è composta la rosa. I cinque Gaudi di Maria, sono, tuttavia: l’Annunciazione; la Nascita di Gesù; la Resurrezione; l’Ascensione; l’Assunzione ed Incoronazione di Maria Vergine.”

Quindi non è vero che, come afferma la critica ricevuta, “prima dei racconti del Beato Alano il Rosario, o salterio, non era affatto così strutturato… e ai tempi di San Domenico nessuno lo conosceva. 

Questo manoscritto, che riporta argomentazioni risalenti al 1250, ovvero pochi anni dopo la morte di San Domenico, dimostra il contrario! La Vergine scelse l’Ordine Domenicano per la divulgazione del Rosario, già caratterizzato da 150 Ave Maria e dalla meditazione dei Misteri! Continuiamo a leggere perché la parte finale è importante:

“ Non solo i Gaudi sono descritti, ma anche i Dolori di Maria, che sono i cinque Dolori di Gesù Cristo.

Nel manoscritto si narra di un giovane devoto, che la Madonna risuscita (siamo nell’anno 1250 circa), il quale soleva salutare la Beata Vergine con le centocinquanta Ave Maria”.

_________________________

Centocinquanta! Che cosa vi ricorda? Ci arriva anche la bambina di cinque anni!

“Al margine del testo, poi, l’autore annota: Rosarius, e, nel testo, egli precisa che la devozione delle centocinquanta Ave, si chiama Salterio di Nostra Signora.”

E io dico come si fa a essere così… è scritto, ci sono le fonti! Perché uno deve andare a dire cose che non esistono?

Poi, egli continua a parlare della devozione di rose e di gigli alla Vergine Maria, dicendo che il cristiano deve nutrirsi di Maria, “mangies Maria”, ovvero: “mangiare Maria”, come ci si nutre dell’Eucaristia, poiché Maria è il Fiore di Cristo. Nel secondo tomo, egli prosegue sull’importanza dell’Ave Maria, essendo Maria la Stella che guida i suoi devoti, nel faticoso pellegrinaggio sulla terra, custodendoli da ogni male. E chiama il Salterio di Maria: “la Paternostre – Damedieu”, ovvero: “il Paternostro o Corona del Rosario della Signora di Dio”, e raccomanda di recitare il Salterio ogni giorno, perché l’Ave Maria è vita, e chi non la recita è morto.

Ecco ora la parte che dimostra che la prima generazione di domenicani conosceva le rivelazioni ricevute da San Domenico riguardanti il fondamento Mariano dell’Ordine che avrebbe dovuto fondare:

“Infine, San Domenico viene chiamato il grande Apostolo di Maria che, prima di morire, ebbe la visione celestiale dei suoi figli domenicani, raccolti sotto il Manto di Maria.

Dopo questa sublime visione San Domenico convocò i suoi figli domenicani, narrò loro la visione, e li esortò vivamente a onorare la Celeste Signora.

Il Gorce conclude nel suo studio: “Si sa cosa vuol dire, per l’autore domenicano, onorare Maria nostra Signora […] Questo paragrafo ci informa che San Domenico ha avuto la missione di salvare il mondo con la predicazione di questo Rosario della Vergine, diffondendo questa sua devozione Fiorita”.

Quindi è comprovato che la prima generazione di Domenicani conoscesse il Salterio esattamente coma lo ha descritto il beato Alano 200 anni dopo, e lo considerava un dono della Vergine al neonato Ordine Domenicano e al suo fondatore come strumento per salvare il mondo.

Riassumendo le due confutazioni che abbiamo prodotto:

  1. Il Rosario, o Salterio, fu predicato dal beato Alano esattamente come i primi figli di San Domenico lo predicavano;
  2. Il Rosario è ricondotto alla predicazione di San Domenico proprio dai suoi primi figli, nello specifico da fra Gerardo di Frachet e da fra Tommaso di Cantimpré nelle loro rispettive opere ‘Vitae fratrum’ e ‘Bonum universale de Apibus’ risalenti al 1250 circa.

Chi deve dire che quello che è scritto fin qui è falso, deve portare le fonti, non le chiacchiere, altrimenti io blocco il commento e lo elimino perché sono stanco di avere a che fare con gente che non studia e dà aria alla bocca! 

Quello che ho detto è falso? Portate le fonti, altrimenti… zitti! È una questione di rigore: o si hanno le fonti, o si tace perché non conta nulla dire “a me sembra…, io penso…, precisiamo…” La prima precisazione è che si deve vincere l’ignoranza che è il peggiore dei mali.

L’Eglise des Jacobins

Basterebbe quanto detto perché la critica ricevuta negava queste due caratteristiche della storia umana e divina del Salterio, ma vogliamo lasciarci con un’immagine ancora più bella e potente per celebrare la verità dei fatti accaduti a Tolosa, che hanno favorito la divulgazione del santo Rosario e delle promesse della Vergine Maria ad esso legate.

Secondo voi, se la Vergine Maria appare in centro città a Tolosa, producendo prodigi visibili a migliaia di persone (ricordate il racconto delle apparizioni del 1212), volete che poi queste persone convertite e infervorate non lascino testimonianze del miracolo avvenuto? Ecco, don Roberto Paola è stato a Tolosa più volte proprio a testimoniare la verità storica di quei fatti, anche se lontana di otto secoli nel tempo.

Ha visitato per noi la Basilica dedicata alla Madonna del Rosario, eretta 17 anni dopo l’apparizione a San Domenico del 1212, l’Eglise des Jacobins. Ci capiamo? C’è ancora oggi in centro a Tolosa una Basilica, e vedremo ora l’imponenza e le particolarità di questa costruzione, eretta praticamente subito dopo l’apparizione della Vergine Maria e intitolata a Lei quale Madonna del Rosario!

 Come si può quindi sostenere che “NESSUNO prima del beato Alano ha mai pensato di associare il Rosario a San Domenico”?

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L’Eglise des Jacobins a Tolosa

In due casi si può: o in malafede o per ignoranza.

Vi riporto in breve le annotazioni di don Roberto riguardo a questa particolarissima costruzione:

“È altissima e insolitamente divisa a metà per tutta la sua lunghezza da 8 colonne imponenti, è quindi formata da 2 navate identiche divise fra loro da queste 8 colonne, che “fioriscono” sulla volta in 8 ‘rami’ ciascuna che si intrecciano fra loro impreziosendo il soffitto. 

Ritorna il  simbolo dell’albero del Rosario, come lo troviamo in diverse antiche raffigurazioni domenicane e anche nelle rivelazioni ricevute dal beato Alano.

Inoltre, 8 colonne con 8 rami ciascuna: come 8 sono le lettere della parola ROSARIUM e di AVE MARIA.

Le 8 colonne, le vere protagoniste di questa Basilica, sembrano nascondere al visitatore la piccola cappella centrale, che custodisce un altare molto pregiato, il cui Tabernacolo è sormontato dalla statua della Vergine Maria che porta Gesù Bambino, e alle spalle vi è un grande dipinto di San Domenico che riceve il Rosario dalla Vergine Maria. 

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L’albero del Rosario – Eglise des Jacobins, Tolosa

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San Domenico riceve il Rosario dalla Vergine Maria – Eglise des Jacobins, Tolosa

Della serie: San Domenico non sapeva che cosa fosse il Rosario…incredibile!

Anche sugli altari delle due cappelline laterali c’è la stessa identica iconografia.

Al centro di questa Basilica riposano le spoglie di San Tommaso d’Aquino, come autorevolissimo custode di questa memoria storica.

Magari il nostro signor X e altri che la pensano come lui avranno foto di altre basiliche e altre cattedrali per dimostrarci che San Domenico non ha mai saputo che cosa fosse il Rosario… mai saputo, nemmeno visto! E tutti quelli che hanno costruito questa Cattedrale sono dei visionari folli che si sono inventati tutto.

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Anche nella nuova cattedrale costruita nel rispetto dell’antica (quella stessa chiesa che fu direttamente coinvolta nelle apparizioni del 1212), sono riportati dipinti e gruppi scultorei a commemorazione del prodigio della conversione degli albigesi e del miracolo delle braccia alzate della Vergine Maria.”

Più di così…

Concludo: adesso il signor X, e tutti quelli come lui, dovrebbero scrivere un commento a questa meditazione (ma sono certo che non lo faranno) dicendo: “Chiedo scusa, ho sbagliato”. 

O portano fonti, documenti storici, documenti pittorici, scultorei, architettonici che sconfessino quanto ho detto oppure si chiede scusa perché si è affermato l’errore è – non è successo – qualcuno avrebbe potuto essere confuso. 

Adesso dovrebbe riscrivere dicendo di aver ‘preso una cantonata pazzesca’ e chiedere scusa: questo significherebbe essere persone oneste intellettualmente. Se non lo farà, fa lo stesso: avete avuto una volta in più la prova che quanto detto finora non è frutto di fantasie e inganno, di cattiva fede perché, prima di parlarvi, o ho le fonti sto zitto oppure dichiaro: “Questo è il mio pensiero”.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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