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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 27

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 28 giugno 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 27

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 28 giugno 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo VIII di San Matteo, versetti 23-27.

Andiamo avanti con la meditazione del nostro testo di San Pietro Giuliano Eymard, questi Esercizi Spirituali fatti alla luce dell’Eucarestia, e siamo arrivati al terzo giorno, in cui San Pietro Giuliano Eymard parla dell’Inferno.

“Meditazione Prima

Dell’Inferno

Parliamo dell’inferno. Gli stessi più grandi santi si sono aiutati con questa considerazione e vi trovavano motivi per maggiormente amare Nostro Signore. L’amore fa la santità; ma talvolta ha bisogno di aiutarsi col timore: vi sono momenti in cui questo è necessario”.

Alle volte serve il timore.

“I. – Confesso che questo argomento mi spaventa e che la verità più penosa a credersi è l’inferno. Eppure tutti vi credono, i pagani, i turchi, gli eretici come i cattolici. I miscredenti e quanti sonnecchiano nella fede sono spaventati da questa verità, e, se loro viene provata, bestemmiano contro Dio. Vi sono paesi in cui non si può parlare dell’inferno senza scandalizzare ed allontanare la gente.

L’inferno fa un’impressione salutare soltanto su coloro che amano Dio;…”

Ecco, questa è già una cartina tornasole importante.

“… gli altri non se ne servono che per insultarlo maggiormente, bestemmiandone la giustizia”.

Questo è già un criterio molto importante: se questo tema dell’Inferno, su di me, fa una impressione salutare, cioè mi impressiona ma in modo positivo, mi conduce a salvezza, mi fa bene, questo è segno che amo Dio; se, invece, mi genera un’impressione negativa, infastidita, una sorta di repulsione, allora vuol dire che questo amore per Dio non è così vero, così solido.

Chi non Lo ama, lui scrive, se ne serve per insultarlo maggiormente, per bestemmiare la Sua Giustizia.

“Ora come mai Dio che è tanto buono può condannare una sua creatura, da lui fatta nell’amore, un figlio che ha tanto amato, all’inferno eterno? Frattanto è una verità che dopo la morte Dio non usa più misericordia!”

Ci fa bene, a me fa bene leggere questa cosa e queste cose, perché almeno abbiamo la conferma da più parti, da più Santi, che quello che vi continuo a ripetere non sono le mie idee, non sono le mie prospettive teologiche, ma sono le parole dei Santi, l’esperienza dei Santi, la sapienza dei Santi.

Già ve ne parlai quando citai Santa Faustina Kowalska, quando Gesù chiede di recitare la Coroncina della Divina Misericordia accanto ad un agonizzante, affinché Lui si metta tra l’anima e la Giustizia, perché, una volta morti, è finito il tempo della Misericordia; una volta morti, inizia il tempo della Giustizia.

Il tempo della Misericordia è su questa terra e consta di due troni, come dice Gesù a Santa Faustina: il tabernacolo e il confessionale.

Anche San Pietro Giuliano Eymard scrive: “È una verità che dopo la morte Dio non usa più misericordia!”, perché il tempo della Misericordia è qui su questa terra, dove abbiamo i troni della Misericordia: il tabernacolo e il confessionale. Qui è il tempo della Misericordia di Dio, dove tutto viene perdonato, basta che siamo pentiti.

Non dimenticate questa espressione di San Pietro Giuliano Eymard: “È una verità che dopo la morte Dio non usa più misericordia!”, quindi correggiamo le idee sbagliate che possiamo avere in testa.

“Gesù ha detto che pochi sono gli eletti; che molti entrano nella via della perdizione, pochi trovano la via che conduce alla vita (Matt., 7, 13-14): secondo queste parole la maggior parte degli uomini andrebbe dannata. Quando così non parlasse il Vangelo, quel che vediamo parlerebbe abbastanza forte per farlo temere”.

Vedete? I Santi sono logici, fanno ragionamenti logici, non vanno a cambiare niente.

“Ma il mistero diventa per ciò stesso più oscuro. Come mai Dio che è tanto buono può condannare tante anime all’inferno per tutta l’eternità?”

Quindi, lui ha fatto questo ragionamento, dicendo: «Siccome Gesù, in Matteo 7,13-14, dice che molti entrano nella via della perdizione e pochi trovano la via che conduce alla vita, stando a queste parole, pochi sono quelli che vanno in Paradiso e molti sono quelli che si dannano».

Poi aggiunge: «Sì, se anche così non parlasse il Vangelo, basterebbe guardarci intorno e forse arriveremmo alla stessa conclusione, o almeno allo stesso dubbio».

Ecco, allora si fa ancora più fatica a capire, e ci si chiede: “Come mai Dio che è tanto buono può condannare tante anime all’inferno per tutta l’eternità?”

“Si vedono uomini che non vorrebbero condannare a morte neppure il più colpevole degli scellerati, e Dio condannerà senza pietà, a qual morte! a quali tormenti! La misericordia continua ancora nell’altra vita, poiché Dio perdona alle anime del purgatorio; ma per i dannati è senza misericordia, li condanna e si burla di essi; Subsannabo (Prov 1, 26)”.

La Misericordia di Dio, nell’altra vita, dove si esercita? Si esercita nella realtà del Purgatorio.

Se noi abbiamo usato sulla terra i troni della Misericordia, quando moriremo, beneficeremo ancora di quella Misericordia che abbiamo incontrato sulla terra nel Sacramento della Penitenza; ne faremo ancora un uso, se andremo in Purgatorio, perché noi andremo a scontare le pene legate ai peccati confessati.

Quindi, è chiaro che questa Misericordia, la stessa della terra, quella che abbiamo vissuto mentre eravamo in vita sulla terra, si estende poi nel tempo del Purgatorio, per dire che i peccati sono stati perdonati nella loro colpa, ma la loro pena va scontata in purgatorio.

Ecco perché lui dice che la Misericordia è presente ancora nell’altra vita, per le anime del Purgatorio, ma per i dannati no.

“Eppure vi sono dannati che hanno servito Dio per lungo tempo, che passavano per santi sulla terra: subsannabo!”

Andate a leggere Proverbi 1,26.

Ho qui la Sacra Scrittura, datemi tempo un secondo… voglio proprio andare a prenderlo, un secondo…

Vado a prendere Proverbi 1,26, così ve lo leggo in presa diretta.

Anch’io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando su di voi verrà la paura”. È la Sapienza qui che parla.

“Dio trova in essi un peccato mortale, conta per nulla tutti quei servizi ed essi precipitano nell’abisso di fuoco!”

Voi direte: «Oh… ma che cosa ingiusta! Ma scusami, uno ha fatto tanto bene sulla terra, e dopo, perché ha fatto un peccato mortale, va a finire all’Inferno? Ma dai!… Come può Dio, che è tanto Padre e tanto buono, non tenere in considerazione tutto il bene che hanno fatto e chiudere un occhio su quel peccato mortale?»

Dando per scontato che abbiamo tutti capito che cos’è un peccato mortale, perché si chiama “mortale” e la gravità di questo peccato, adesso vi faccio un parallelo, che così vi fa capire quanto questo ragionamento, che ho appena fatto, è insensato.

Facciamo finta che voi abbiate un figlio, un unico figlio, e un giorno questo figlio viene operato da un chirurgo bravissimo, che, per negligenza sua, sbaglia l’operazione e il ragazzo muore (quindi, non per caso, ma per negligenza).

Facciamo finta che abbiate un figlio unico, che esce, per andare al lavoro o a studiare, e viene investito in macchina da un uomo ubriaco.

Si va a processo e si scopre che questo chirurgo, che ha ammazzato vostro figlio, è un eccellente chirurgo che ha salvato e salva tantissime vite, solo che, quel giorno, purtroppo è entrato in sala operatoria sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o non so che cosa (non avrebbe dovuto farlo, ma lo ha fatto), e quindi ha sbagliato l’operazione.

Si scopre che quell’uomo, che ha ammazzato vostro figlio ubriaco in strada, è un personaggio assolutamente famoso per la sua vita di carità, di dedizione agli altri, una persona che non ha mai fatto male a nessuno, ma quel giorno, in preda alla disperazione, ha bevuto perché ha ricevuto una notizia terribile, poi si è messo in macchina e ha ammazzato vostro figlio.

Ora, domando: «Voi direste, quindi, a queste due persone: “Eh vabbè, pazienza, cosa vuoi che sia? Con tutto il bene che hai fatto e che potrai ancora fare, se anche mi hai ammazzato mio figlio, pazienza! Vabbè, non succede niente, succede, capita, non stiamo qui a cavillare… e poi, vuoi non tenere in considerazione tutto il bene che questa persona ha fatto fin qui? Facciamo così: gli diamo una sgridatina e poi va a casa, ed è come prima. Mio figlio è morto, pazienza… un incidente di percorso”».

Nessuno, nessuno di noi, nessuno di noi farebbe una cosa del genere!

Nessuno di noi direbbe una cosa del genere, e nessun tribunale direbbe a questi Tizi: «Eh vabbè, siete tanto bravi…, avete fatto tanto bene…, che per una volta una persona può anche sbagliare».

Sì, ma intanto questi due hanno ammazzato un uomo.

È vero che hanno fatto tanto bene, ma questo non ha nessun valore davanti ad un atto così grave, come questo omicidio. Non è colpa loro, perché uno era ubriaco, l’altro era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, non l’hanno voluto fare veramente, però l’hanno fatto, e quindi?

Quindi verranno condannati.

E tutto il bene che hanno fatto?

Tutto il bene che hanno fatto, l’hanno fatto, va bene, ma questo atto è troppo grave. Questo è il peccato mortale!

“L’eternità! l’eternità del castigo, della privazione di Dio! Al pensarvi, vengono brividi di spavento!”

Noi cosa facciamo? Noi, per risolvere i brividi di spavento, diciamo che l’Inferno non esiste, così siamo a posto, oppure che, se esiste, è vuoto.

“L’eternità della disperazione soprattutto, della vergogna, dei supplizii, fa tremare al solo nominarla. E si spiega che vi furono dottori i quali insegnavano che l’inferno non era eterno, perché ripugnava troppo alla bontà di Dio…”

Ecco, guardate, l’ho appena detto io, lo abbiamo detto insieme.

“… ma che dopo mille anni sarebbe chiuso: è un errore condannato dalla Chiesa, ma si comprende facilmente che un simile errore abbia avuto molti partigiani: risponde a quella paura dell’inferno e dell’eternità delle pene, e riposa lo spirito spaventato”.

Cioè, per evitare di spaventarci, diciamo che non esiste; se esiste, è vuoto e, se è vuoto, comunque, dopo un tot viene chiuso. Un po’ come il supermarket, che ad un certo punto chiude i battenti, e arrivederci.

“Ma no: sempre disperarsi, strapparsi i capelli, battere i denti, e rodersi di rabbia, è la legge dell’inferno per sempre”.

Questo lo dicono tutti i Santi e tutti i Mistici, oltre a Gesù nel Vangelo, che, voglio dire, non è un dettaglio; però, per qualcuno potrebbe esserlo, perché dopo incominciano a dire: «No, Gesù ha detto ma in realtà intendeva… No, Gesù ha detto, però Lui voleva dire un’altra cosa… No, questa espressione va capita in un altro modo…»

E va bene…

“La disperazione è anche su questa terra la pena più crudele; non vi si regge senza uno speciale soccorso della grazia: coloro che non hanno la fede preferiscono la morte alla disperazione, e per liberarsene si uccidono;…”

È terribile la disperazione eh… vuol dire una vita senza speranza, vuol dire perdere la speranza nella mia vita, non avere più una speranza.

La disperazione ti fa impazzire, tanto che ti può condurre al suicidio.

“… ma nell’inferno il dannato non può togliersi l’esistenza, e si vive in un’agonia, nelle angosce di una disperazione che non finirà mai, non riceverà mai un raggio di consolazione, una stilla di refrigerio”.

Questo è l’inferno!

“Ecco una scena che è rimasta profondamente impressa nella mia memoria, e che vi darà un’idea di questa pena della disperazione.

Mi fu condotto nel 1852 un ossesso…”

Questa è una testimonianza diretta di San Pietro Giuliano Eymard.

Attenzione eh… è un Santo che sta parlando di una cosa vissuta da lui; quindi, non possiamo pensare che stia mentendo.

“… brava persona, e nei momenti di libertà, eccellente cristiano. Il demonio parlava con la sua bocca; egli bestemmiava contro la durata interminabile del suo castigo. Un sacerdote che era presente gli disse: «Quali condizioni ti adatteresti a subire per ottenere fra un milione d’anni un barlume di speranza?”

Dunque, San Pietro Giuliano Eymard riceve questo ossesso, il demonio parla attraverso la bocca dell’ossesso (come succede quando il demonio possiede) e bestemmia a motivo del suo castigo infinito, interminabile.

Quel Sacerdote, che è lì presente (un altro), dice: «Tu cosa saresti disponibile a subire, pur di ottenere almeno tra un milione di anni (non tra un anno o un giorno, tra un milione di anni…), non la salvezza, non il Purgatorio, ma un barlume di speranza, una lucina, piccola piccola, di speranza?»

Quindi, un milione di anni di tormenti ancora, per poi avere un barlume piccolino di speranza.

“Allora ecco quel demonio, che diceva di essere stato un serafino e chiamarsi Astaroth…”

Era un Serafino… questo qui era un Serafino, un Angelo decaduto.

Astaroth era un Serafino, e poi si è ribellato a Dio, insieme a Lucifero, pensate voi…

“… illuminare la faccia del posseduto d’un bagliore sinistro, e dirci con una voce sibilante di rabbia: «Se vi fosse, dall’inferno al Cielo, una colonna tutta irta di falci, di pugnali e d’altri strumenti da taglio, e che la si dovesse salire ogni giorno durante questo milione di anni, noi tutti lo faremmo pur di poter sperare per un minuto; ma è inutile!»”

Capito cosa ha detto Astaroth? Non dimentichiamoci questa confessione di Astaroth! Certamente Astaroth non è nostro amico e non è certo un Angelo da invocare, ovviamente, perché è un demonio, e sicuramente sarà anche uno dei più potenti, visto dove era collocato —  perché voi sapete che gli Angeli dei Cori angelici, quando decadono, mantengono comunque il rango che avevano in Cielo anche all’Inferno — voi sapete che il Coro angelico dei Serafini è proprio quello tra i più vicini a Dio, loro sono quelli che ardono d’amore per il Signore, quindi, una volta precipitati, vanno al contrario e saranno quelli che maggiormente odiano. Pertanto, questo Coro dei Serafini, decaduto, corrotto, sarà sicuramente quello che maggiormente odia Dio.

Quindi, alla proposta del Sacerdote, lui risponde con queste parole. Sono parole forti e non abbiamo motivo di credere che siano inventate da San Pietro Giuliano Eymard.

Se vi fosse, dall’inferno al Cielo, una colonna tutta irta di falci, di pugnali e d’altri strumenti da taglio, e che la si dovesse salire ogni giorno durante questo milione di anni…”

Quindi, anche se si dovesse, per milioni di anni, salire, ogni giorno, questa scala, fatta in questo modo…

“… noi tutti (parla a nome di tutti i demoni) lo faremmo pur di poter sperare per un minuto”.

Per un minuto! Dopo milioni di anni di questa tortura, sperare per un minuto!

“… ma è inutile!”

“E, bestemmiando per la rabbia e la collera, lanciò imprecazioni contro Dio…”

E adesso sentiamo cosa dice (Astaroth ci lascia una testimonianza importante):

“«Oh! ci disse, quanto Dio è ingiusto! Voi altri uomini avete peccato mille volte più di noi; noi abbiamo peccato una volta sola; e voi rinnovate i vostri delitti ogni giorno, ed Egli vi perdona: tutto l’amore è per voi; per noi la vendetta della giustizia!». E si strappava i capelli per la disperazione: si sarebbe ucciso se non lo si fosse trattenuto”.

Avete capito cosa ha detto Astaroth? Definisce Dio “ingiusto”, perché dice: «Noi demoni, a partire da Lucifero fino ad arrivare all’ultimo degli Angeli decaduti, abbiamo fatto un peccato».

Noi, invece, diciamo: «Eh vabbè, ma per una volta…»

Quindi, lui dice: «Noi Angeli decaduti, in tutto il tempo, da quando siamo stati creati fino alla ribellione, ci siamo ribellati quella volta sola».

Cioè (già ve l’ho spiegato), di fronte al progetto dell’Incarnazione di Dio, dell’Incarnazione del Verbo, della seconda ipostasi della Trinità, loro hanno detto: «Noi non abbiamo nessun problema ad adorare Dio…». L’hanno sempre fatto; da quando sono stati creati, hanno sempre adorato Dio. Lucifero ha sempre adorato Dio, Lucifero amava Dio, Lo amava profondamente, sicuramente, perché se no non poteva essere l’Angelo più bello, non poteva essere il più vicino a Dio.

Bene. Dopo, cosa è successo?

Quando Dio mostra, svela il progetto, e quindi l’Incarnazione del Verbo, Lucifero dice: «No, un momento… io amo Dio, io adoro Dio, io mi prostro davanti a Dio… ma davanti a Dio, alla natura divina, non alla natura umana, che è inferiore alla mia, che è angelica».

Ragionava così: «Cosa vuoi che sia un uomo, rispetto a me, che sono Lucifero, il più bello degli Angeli, il più vicino a Dio? Che cos’è un uomo rispetto alla mia potenza, alla mia grandezza? È niente! Ora, Tu, Dio, vuoi assumere quella natura, che è molto, ma molto, ma molto, ma molto, ma molto inferiore alla mia, angelica, e così, assumendo Tu la natura umana, io sarò chiamato a mettermi in ginocchio davanti a Te. Non mi fa problemi inginocchiarmi davanti a Te, in quanto Dio, ma mi fa problemi inginocchiarmi davanti a Te, in quanto uomo. Se Tu, oltre ad avere la Tua natura divina, assumi anche la natura umana, io, se mi metto in ginocchio davanti a Te, che tieni insieme le due nature, mi inginocchio anche davanti alla natura umana, e io non lo voglio fare!»

Questo fu il peccato!

Questi Angeli ribelli non hanno ucciso qualcuno, non hanno rubato, non sono caduti nell’impurità, niente di tutto questo!

Il peccato di Lucifero e di tutti gli Angeli decaduti, compreso Astaroth, fu questo, un solo peccato di pensiero, il dire: «No, io non me la sento, io non voglio. Non posso accettare questo progetto».

E, all’istante, finirono all’Inferno.

Astaroth qui dice: «Ma vi rendete conto? Voi ne fate di tutti i colori, avete fatto peccati molto più gravi del nostro, perché noi non abbiamo ucciso nessuno. Voi ammazzate, voi rubate, voi tradite, voi bestemmiate (loro, fino a quel momento lì, non avevano mai bestemmiato, non avevano mai tradito, non avevano mai ucciso, non avevano mai fatto niente), voi fate tutto questo, cose che noi non abbiamo mai fatto, voi rinnovate i vostri delitti ogni giorno, ed Egli vi perdona, tutto l’amore è per voi… (Vi rendete conto che confessione è questa?) per noi, la vendetta della Giustizia».

Certo, perché è la conferma di quanto è stato detto fino ad adesso: in Cielo c’è la Giustizia!

A parte il Purgatorio, che è questa lunga mano, diciamo così, della Misericordia ricevuta in terra, il resto è Giustizia!

Ed è vero: noi abbiamo fatto e noi facciamo peccati mille volte più gravi di quello che ha fatto Lucifero, di quello che hanno fatto gli Angeli decaduti.

Loro hanno detto: «No». A che cosa? A un progetto; hanno fatto un peccato di pensiero, un peccato di volontà, di libertà, hanno detto: «No, io non ci riesco, non me la sento di inginocchiarmi, di prostrarmi, di accettare che Dio si faccia carne umana».

Noi, invece, cosa facciamo?

Ben peggio… eppure noi abbiamo la Misericordia.

Quindi, persino il demonio è costretto a confessare che, fino a che siamo qui su questa terra, abbiamo la possibilità di essere perdonati da Dio. Il Sacramento della Penitenza è un tesoro inesauribile, che non dovremmo mai abbandonare!

Astaroth dice: “Egli vi perdona: tutto l’amore è per voi”. Persino il demonio ce lo dice! Se non ci bastasse il Crocefisso, ci sarebbe anche Astaroth che ci viene a dire questa cosa!

E si strappava i capelli per la disperazione”.

Eh, certo…

“Osservate del resto lo sciagurato ricco condannato all’inferno, come leggiamo nel Vangelo (Luc., 18, 19-26). Egli supplica il patriarca Abramo per avere una stilla, una sola stilla d’acqua che gli rinfreschi la lingua, perché egli spasima di dolore in quella fiamma. E Abramo gli risponde essere ciò impossibile, perché un grande abisso li separa. Tu hai goduto sulla terra, ora soffri giustamente! Capite questa parola?”

Attenti adesso… perché questa è un’altra spiegazione che ci dà ancora San Pietro Giuliano Eymard, una sua lettura importante.

“Quell’uomo non aveva commesso alcuno di quei gravi delitti che la giustizia umana punisce, aveva — io aggiungo: semplicemente — goduto smoderatamente e da egoista i beni della terra”.

Non aveva ammazzato nessuno eh…

Sì, va bene, non aveva dato da mangiare a Lazzaro, ok, ma non è che ha rubato, ha ammazzato…, come diciamo noi: «Non ho rubato, non ho ammazzato, non ho bestemmiato, non ho tradito nessuno…»

Semplicemente lui ha detto: «Questo è il pane mio, il frutto dei miei soldi, e io non te lo do». Uno dice: «Va bene, ok, non sei proprio un virgulto di carità, però, del resto, delle cose tue fai quello che vuoi».

Lui scrive:

“È condannato senza speranza, per sempre, sempre!”

Dobbiamo stare attenti, quando ragioniamo su Dio e sulla vita eterna, a non usare i nostri criteri, a non prendere i nostri criteri e buttarli addosso a Dio. Noi dobbiamo ragionare su Dio e sulla vita eterna partendo da Dio, non da noi.

I Santi ci aiutano a correggere questa visione errata, perché è indubitabile che il ricco epulone non avesse commesso nessuno dei gravi delitti che la giustizia umana punisce, cioè, se il ricco epulone fosse andato in tribunale, non sarebbe stato condannato; non era perseguibile né penalmente né civilmente… eppure va dritto dritto all’Inferno, come dicono a Roma, “dritto per dritto”.

“Il più grande patimento dei dannati non è la pena fisica, ma quella morale; il più grande loro supplizio è nell’immaginazione, nella memoria, nell’intelletto.

Ma soprattutto che cosa non soffrono quelli che hanno fatto il bene durante la maggior parte della lor vita, od anche, come il sacerdote Sapricio, secondo che narra la storia della Chiesa, soffrirono i primi tormenti del martirio, ma non perseverarono sino alla fine! Ecco i più disperati, i dannati che più soffrono.

Avevano amato Dio; potevano tanto facilmente continuare ad essergli fedeli, come riconoscono al presente; avevano goduto un saggio della felicità eterna quando servivano Dio, ed ora se ne vedono allontanati per sempre! Per sempre: poiché, come dice il savio, fra le cose insaziabili si ha da annoverare l’inferno… (Prov. 30,16).

La conclusione per noi dev’essere di aver paura di operare la nostra salute con timore e tremore (Fil., 2, 12). Certo, ve ne sono all’inferno che non hanno tanto peccato come ho peccato io”.

Mi fermo qui, se no vado troppo oltre.

Quindi, prende Filippesi 2,12, cioè dice che bisogna operare con timore e tremore.

Vorrei dire una parola su quello che abbiamo appena letto.

Soprattutto, chi sono quelli che soffrono?

Saranno coloro che hanno fatto il bene per la maggior parte della loro vita o che hanno fatto come il Sacerdote Sapricio, che è arrivato al martirio, ma poi è tornato indietro, non è riuscito a morire martire, ha rinnegato.

Questi sono i più disperati.

Perché?

Perché avevano amato Dio, potevano facilmente continuare ad essere fedeli, avevano persino goduto un po’ della felicità eterna, quando seguivano Dio, ma poi, per un motivo o per un altro, Lo hanno lasciato.

Questi, all’Inferno, avranno il tormento maggiore perché diranno: «Ma pensa te… io potevo essere là e, per questa cosa, ho perso tutto. Io so che cos’è il Paradiso, cioè ne ho avuto un po’ di esperienza, perché ho provato la bellezza di amare Dio e ho sentito la consolazione di Dio… e guarda adesso dove sono, e guarda adesso, per quella cosa lì, che cosa è successo…»

Pensate al rimorso che si ha per una cosa del genere!

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Mt 8, 23-27)

In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva.
Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

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