Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Venerdì 17 marzo 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mc 12, 28-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a venerdì 17 marzo 2023.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo dodicesimo di San Marco, versetti 28-34.
Leggiamo il brano del diario della beata Edvige Carboni:
Maggio 1941. Una notte, mentre pregavo, mi si presentò un angelo con una corona in mano, di spine; me la mise in testa che sentii un dolore, perché mi trafisse tutta la testa che, per parecchi giorni, un occhio non lo potevo aprire, perché divenne rosso e, dentro, mi sembrava d’esserci una spina.
Impariamo a pensare non di rado alle sofferenze di Gesù. E se anche non ci capita di avere un angelo che ci mette in testa la corona di spine, sicuramente avremo molti pensieri che sono delle spine nella nostra testa. Ecco, impariamo ad offrirli al Signore.
Continuiamo la lettura del libro Vita Comune di Bonhoeffer.
Chi può ascoltare la nostra confessione? Chi vive sotto la Croce. — lo abbiamo già visto ieri — Dove è viva la parola del crocifisso, lì sarà anche possibile la confessione fraterna.
Nella misura in cui mi lascio plasmare dalla Passione di Gesù e — in questo tempo di Quaresima più che mai —nella misura in cui il Crocifisso è la sorgente, è la mia roccia, dalla quale io ricavo l’acqua spirituale per poter imparare ad essere sempre più uomo e più cristiano, lì è possibile la confessione. Infatti, se voi ricordate, quando ci si va a confessare, sopra al sacerdote, o al lato del sacerdote, c’è una Croce, una grande Croce, perché è da lì che trae l’origine tutto il senso di quello che si sta facendo.
La comunità cristiana che pratica la confessione deve guardarsi da due pericoli. Il primo riguarda chi raccoglie la confessione… chi non si sottopone personalmente alla confessione deve evitare di raccogliere la confessione altrui. Solo chi si è sottoposto all’umiliazione, può ascoltare senza danno la confessione del fratello.
So che diversi carissimi confratelli nel sacerdozio ascoltano queste meditazioni e credo che dobbiamo lasciarci proprio educare da queste parole di Bonhoeffer. Ha ragione Bonhoeffer nel dire che sarebbe meglio non confessare se non abbiamo la santa abitudine di sottoporci all’umiliazione — che vuol dire alla verità perché l’umile è il vero, come la Vergine Maria, guardate il Magnificat “Ha guardato l’umiltà della sua serva” — se io non mi sottopongo all’umiliazione, alla verità. La confessione è questa, fare verità nella luce di Dio: riconoscere chi siamo e chi è Dio.
Se io non mi sottopongo personalmente a questo, se io non lo cerco, non lo desidero, non lo bramo, non vado per una confessione frequente, ha ragione Bonhoeffer nel dire che sarebbe meglio non confessare. Perché solo chi si è sottoposto a umiliazione, a questo cammino di verità, può ascoltare senza danno la confessione degli altri. Può evitare di diventare un tiranno, per esempio, un superficiale, uno spietato, oppure un lassista, per il quale va bene tutto, che tanto non cambia niente, che tanto Gesù ha già pagato tutto sulla Croce; quindi, cosa andiamo a confessarci a fare… Quindi non si capisce perché Gesù abbia istituito questo sacramento…
Impara il rispetto. Perché quando una persona si mette in ginocchio — questa è la posizione in cui ci si confessa — quando una persona si mette in ginocchio e riconosce i suoi peccati, ci vuole tanto rispetto, ci vuole un grande rispetto. Perché siamo di fronte a un’opera della grazia. Quindi non ci si può comportare come se fosse in ginocchio davanti a noi. In quel momento lì c’è Gesù. È Gesù che assolve. Io non ho nessuna possibilità, come uomo, di assolvere un peccato contro Dio. Lo posso fare solo in virtù del sacerdozio. Perché è Gesù in quel momento che assolve.
Quindi, visto che il nostro ministero ci chiede di essere disponibili sempre, giorno e notte, al sacramento della confessione, impariamo a confessarci spesso e soprattutto con frequenza, non aspettare di fare qualche peccato particolare, no, no. Impariamo a fare umiltà dentro di noi con costanza e frequenza. Non so se adesso dico una cosa giusta perché non mi ricordo con precisione, ma credo di non sbagliare però, se sbaglio, mi perdonerete perché non sono un computer.
Sant’Alfonso Maria De Liguori, credo di non sbagliarmi, scrisse che se una persona cade in un dirupo e ormai è lì che sta per morire e chiede un sacerdote per la confessione e il sacerdote è rintracciabile facilmente in quel momento, lui dice che il sacerdote deve andare lì da quella persona a costo della sua vita. Deve dire: “Se io vado laggiù, forse muoio anch’io”. Sant’ Alfonso dice: “Tu ci devi andare” — “E se muoio?” — “Muori. Questo è il tuo mandato; perché se tu non ci vai, e quella persona muore con quel peccato, tu ne sarai responsabile”.
Capite che è una cosa seria? Molto seria. Per cui, davanti agli uomini possiamo giustificarci come vogliamo, possiamo accampare mille scuse, mille impegni, mille stanchezze, mille “non ho voglia”, ma guardate, cari confratelli, quando saremo davanti al giudizio di Dio, lì non ci saranno né se e né ma. E da lì… nessuno scappa.
Il secondo pericolo riguarda chi si confessa… deve guardarsi dal fare della propria confessione un’opera di devozione. Infatti sarebbe un esporre il proprio cuore senza riserve, nel modo più disastroso, rovinoso, impudico, sarebbe un chiacchierare per proprio gusto. La confessione come opera di devozione è un’idea del diavolo. L’unico motivo per cui possiamo osare di immergerci nella profondità della confessione è esclusivamente l’offerta della grazia di Dio, dell’aiuto e della remissione; possiamo confessarci solo in vista della promessa di assoluzione. La confessione come opera è morte spirituale, la confessione in vista della promessa è vita. La remissione dei peccati è il solo motivo e scopo della confessione.
Bellissimo! Allora spieghiamo. “Secondo pericolo è fare della confessione un’opera di devozione”, che cosa vuol dire? Vuol dire che mi vado a confessare così, perché lo devo fare, perché sono abituato a farlo, perché lo fa la mia amica, perché lo fa il mio amico, perché c’è il sacerdote simpatico che mi piace, e così vado lì; ma senza una particolare preparazione, e soprattutto senza un particolare pentimento profondo e senza la coscienza interiore, la consapevolezza interiore che mi vado a confessare perché ho bisogno della remissione dei peccati, ho bisogno del perdono di Dio.
Allora lui dice: “Se tu vai tanto perché devi, questa è un’opera del diavolo”. È vero! Perché è assolutamente inutile e anche dannoso. Perché andiamo a fare una cosa che non è la confessione pensata da Gesù ed è vero che diventa un chiacchierare per il proprio gusto — mamma mia, guardate quanto ha ragione. E il bello è che non sta parlando della nostra confessione sacramentale.
Eppure, quante volte, quante volte! Ma non la si capisce, non la si capisce perché non si fa la confessione come dovremmo farla, ma si fa una confessione devozionale; che non è la confessione di devozione di cui vi ho parlato tempo fa, della riforma di Paolo VI, non è quella lì. Le parole sono le stesse, ma non è quello. Qui possiamo dire che sia la confessione devozionista. Ecco, forse per noi è più chiaro.
Quanto è vero che si va per chiacchierare per il proprio gusto. E la si fa lunga, si usano mille parole per dire un peccato, mille giustificazioni, mille spiegazioni, mille se, mille ma, mille però. “E poi mio padre mi ha fatto, e poi mio marito non mi ha capito, e poi mia moglie non riesce a, e poi i miei figli bestemmiano, e poi mio figlio ha la morosa, …”.
Ma tu vai a confessare i tuoi peccati! Devi dire i tuoi peccati, i peccati. Quando ci perdiamo in queste chiacchiere inutili, gustose, vuol dire che non sentiamo il senso del peccato.
Ecco perché è un’opera del diavolo. Se noi sentissimo il senso del peccato, non resisteremmo un minuto di più a dover tirar fuori le carogne putrefatte che ci portiamo dentro. Quando uno entra nella sua casa e, come già vi ho detto, si trova il topo morto che marcisce davanti ai suoi occhi, vi garantisco che in quel momento, mentre vede i vermi brulicare, la puzza di marcio, in quel momento non si mette a dire: “Aspetta che chiamo la mia amica del cotton clubperché devo parlarle un po’!”. A parte lo spavento, lo schifo che gli viene dentro, ha un solo pensiero, rimuovere il topo marcio e pulire, pulire, pulire, grattare, pulire e arieggiare, poi tutto il resto. Non si siede a dire: “Aspetta che adesso mi bevo una bella tisana calda davanti al topo marcio putrefatto”.
Voi mi direte: “Ma padre, perché ci parla del topo marcio?” — Perché mi è capitato. Mi è successo, nella mia vita mi è successo anche questo. Scendendo in una cantina, mi son trovato proprio davanti agli occhi, ce l’ho ancora in mente, tanto è stato lo schifo, l’ho ancora in mente adesso a distanza di più di dieci anni. Scendendo in cantina, ho acceso la luce, mi son trovato questo topo gigante marcio, putrefatto, pieno di vermi. Mi sono gelato, non son riuscito neanche a toccarlo, una puzza, un odore, ma dire che era una puzza è dire niente: era un odore di morte, proprio di schifo. Io non ce l’ho fatta, sono scappato su, ho chiamato un’altra persona, ho detto: “Per favore vada giù lei perché io non ce la faccio, non riesco”. Proprio mi viene da vomitare, mi vien da svenire a fare una roba del genere, non ci riesco.
Noi dovremmo andare così a confessarci. Dicendo: “Io mi porto dentro una roba talmente marcia, talmente puzzolente” — guardate i santi che sentivano l’odore de li peccata, diceva San Filippo Neri — “talmente puzzolente che non ce la faccio, non ce la faccio, non ce la faccio più”. Quindi non mi metto qui a parlare delle vacanze o delle cene e “Aspetti che adesso parliamo”… Di’ questi peccati e dilli velocemente: ho fatto questo, questa è la differenza specifica, questa la differenza numerica, punto. Devi dire cosa hai fatto, quante volte l’hai fatto e perché l’hai fatto,fine! È così semplice. Non rendiamo difficile ciò che è semplice. Con l’idea che siamo tutti proiettati alla remissione.
…la confessione serve alla comunità cristiana specialmente a preparare la partecipazione comune alla Santa Cena
Per noi alla Messa. Interessante Un luterano ci dice che serve per la partecipazione alla Messa. Sentite:
I cristiani vogliono ricevere il corpo e sangue di Gesù Cristo riconciliati con Dio e con gli uomini.
Ma vi rendete conto? Lo sta dicendo un luterano! Non lo diciamo noi, lo dice un luterano: voglio ricevere il Corpo Sangue di Gesù, riconciliato con Dio e con gli uomini, voglio avere l’anima in pace.
È comandamento di Gesù, che nessuno si presenti all’altare se il suo cuore non è riconciliato con il fratello.
Capito? Altro che: “No, io con quello non parlo, io no con quello non voglio più niente a che fare” e poi “Vado a fare la comunione perché sono io che ho ragione, perché l’altro è un ipocrita, perché quello là è un falso, perché quello là è un bugiardo…”
E stiamo attenti a dire qualcosa, perché sai cosa ti rispondono? “La mia coscienza mi dice che devo fare così”. Bene: quando chiamiamo in causa la nostra coscienza, ci mettiamo direttamente — pensiamoci bene — in un rapporto quasi immediato con Dio. Saltiamo tutte le mediazioni possibili. “La mia coscienza mi dice così” vuol dire: “il Signore dentro di me mi sta dicendo così”; stiamo attenti, stiamo molto attenti, perché se per caso non fosse così, poi dovremmo risponderne.
Questo comandamento vale per qualsiasi culto, anzi per qualsiasi preghiera, e quindi a maggior ragione per accostarsi al sacramento
“dell’Eucarestia” dico io. Lui scrive “al sacramento” e io aggiungo “dell’Eucarestia”. Vale per qualsiasi preghiera, anche quando prego dovrei pregare con l’animo in pace.
Il giorno prima della celebrazione comune della Santa Messa — Io cambio adesso un po’ le parole perché così per noi è più chiaro — i fratelli di una comunità cristiana si riuniranno e si chiederanno reciprocamente perdono dei torti commessi.
Questa è una cosa bella, è bello che il giorno prima della Santa Messa impariamo a fare degli atti di umiltà verso le persone con cui viviamo, impariamo a chiederci scusa a vicenda! Sulle cose importanti impariamo a chiederci scusa a vicenda, impariamo a perdonarci. Uno dice: “Si però non è la confessione”, lo so che non è la confessione, però impariamo proprio questo atto di umiltà orizzontale tra di noi. A dire: “Guarda, l’altro giorno sono stato un po’sgarbatello” oppure: “In quella cosa sono stato un po’ pigro, potevo farla io, potevo farla anche bene, ma non l’ho fatta,perché non avevo voglia”.
Nessuno può accedere alla mensa del Signore con la preparazione adeguata, se cerca di evitare quell’incontro con il fratello.
Vedete quello che vi ho appena detto? Quello là no, quella lì no, quell’altro no, perché qui, perché là perché su.“Nessuno può accedere alla mensa del Signore, se…”.
È necessario che i fratelli eliminino ogni sorta di ira, di contesa, di invidia, di maldicenza e di comportamento poco fraterno, se vogliono ricevere insieme la grazia di Dio nel sacramento.
Noi queste cose non le diciamo. Ma se vogliamo la grazia di Dio e non vogliamo commettere un sacrilegio, orimettiamo al centro la carità, oppure stiamo al nostro posto.
Però la richiesta di perdono al fratello non è ancora confessione, e solo questa è il senso del comandamento esplicito di Gesù.
Quindi impariamo a perdonarci a vicenda, però poi dobbiamo andarci a confessare.
La preparazione alla santa Cena può risvegliare in qualcuno anche il desiderio della piena certezza della remissione di determinati peccati, che lo angustiano e lo tormentano, e che sono noti solo a Dio. A questo desiderio viene incontro l’offerta della confessione e assoluzione fraterna.
È vero che quando ci prepariamo alla Santa Messa, alle volte può succedere che sentiamo proprio che il Signore ci ha perdonato, sentiamo proprio il perdono di Dio, magari l’abbiamo celebrato il giorno prima, una settimana prima, lo sentiamo proprio dentro, e diciamo: “Veramente il Signore mi ha perdonato questa cosa”. Ma che bello! Oppure succede che ci vengono in mente dei peccati commessi in passato. Uno dice: “Ma li devo confessare, anche se li hocommessi dieci anni fa, intanto mi sono confessato e non mi sono mai ricordato?” — Certo! Ma non perché lo dico io, lo dice San Giovanni Maria Vianney. Quella è una grazia di Dio, che ti sta aprendo la mente su una cosa che tu avevi completamente bypassato, te lo segni e alla prima confessione la vai a dire: “Ma posso fare la comunione anche se…?”Certo! Vai avanti a far la comunione, a meno che non ti venga in mente di aver ammazzato qualcuno, ma vabbè, speriamo di no! Vai a fare la comunione, te lo segni e alla prima confessione — visto che abbiamo imparato a confessarci spesso — lo dici subito: “Guardi, mi sono proprio dimenticato, non ce l’avevo in mente, ma nella preghiera mi è tornato alla mente che ho commesso tot anni fa questo peccato”.
Bellissimo.
Se è grande l’angoscia e il tormento per il proprio peccato, — speriamo che sia grande l’angoscia, il tormento — se si aspira alla certezza della remissione, allora ci sarà l’invito alla confessione fraterna nel nome di Gesù. Ciò che fu rimproverato a Gesù come bestemmia contro Dio, la remissione dei peccati, è ciò che si verifica ora nella fraternità cristiana, in forza della presenza di Gesù Cristo. — Noi diremmo nel sacramento della confessione — L’uno rimette all’altro tutti i peccati, in nome di Gesù, — vedete quello che avviene nella confessione — del Dio trinitario, — “io ti assolvo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti” — e gli angeli in cielo gioiscono per il peccatore convertito. Quindi il tempo di preparazione alla santa Cena comprenderà l’ammonimento fraterno, il conforto, la preghiera, il timore e la gioia.
Ecco perché quando eravamo ragazzi a noi hanno insegnato a confessarci il venerdì o il sabato. Proprio pochi giorni, poche ore prima della Santa Messa, il giorno prima della Santa Messa. Perché la preparazione alla Messa comprendeva il riconoscimento dei peccati e il perdono di Dio, è un tutt’uno. Uno mi dice: “Non so come prepararmi alla Santa messa”. Comincia dal sabato a confessarti. Quella è la preparazione alla Santa Messa; comincia da lì e da lì vai avanti, mi raccomando, conservando la grazia di Dio appena ricevuta”.
Il giorno della santa Cena — che sarebbe la domenica — è un giorno di gioia per la comunità cristiana. Con il cuore riconciliato nei confronti di Dio e dei fratelli, la comunità riceve il dono del corpo e del sangue di Gesù Cristo, e per mezzo di questa remissione, nuova vita e beatitudine. Riceve il dono di una nuova comunione con Dio e con gli uomini. La comunione della santa Cena è la massima realizzazione della comunione cristiana in assoluto.
Quando noi, insieme, andiamo a ricevere la comunione alla Santa Messa, questa è la realizzazione massima della nostra comunione, della nostra comunione fraterna.
I membri della comunità sono una sola cosa nel corpo e nel sangue alla mensa del Signore, allo stesso modo in cui saranno insieme nell’eternità. Qui la comunione ha raggiunto la sua meta. La gioia di Cristo e della sua comunità è pienamente goduta. La vita in comune dei cristiani alla luce della Parola ha raggiunto nel sacramento la sua perfetta realizzazione.
Abbiamo finito tutto il libro.
È una delle poche rare volte in cui ho letto tutto un libro di seguito nelle meditazioni. Sono contento di avervelo letto e di averlo commentato con voi. Per me è stato di grande insegnamento. Io sono tanto grato al Signore perché attraverso Bonhoeffer ci ha detto delle parole veramente bellissime e ha fatto delle riflessioni che, se le applichiamo, ci cambieranno la vita in questa Quaresima.
Il libro è finito. Ringraziamo lo Spirito Santo per averci condotti in questi giorni, tanti giorni di meditazione. Affidiamo tutto questo alla Vergine Maria e preghiamo gli uni per gli altri. Impariamo a pregare gli uni per gli altri e a ritrovarci tutti insieme alla Santa Messa.
Esattamente a un mese da oggi ci saremo incontrati, a Dio piacendo, a Fontanelle di Rosa Mistica. Ci incontreremo il 16 di aprile per la Santa Messa delle ore 8:00, con ritrovo alle 7:30 e poi mangeremo insieme, staremo insieme, faremo un po’ di catechesi e al pomeriggio, alle 15, reciteremo l’atto di offerta all’Amore Misericordioso.
E così su internet potete anche vedere perché è importante andare in quel santuario di Maria Rosa Mistica quel giorno. Sarà un momento in cui ci potremo anche vedere, vedere i volti. Almeno per me sarà importante perché, quando vedi i volti, ti rendi conto poi quando fai le omelie davanti al Crocifisso, te li rivedi questi volti, li rivedi e li ripensi. Non è un parlare “così” al Signore — che certamente spero sia contento di questo — ma è un parlare al Signore coscienti che siamo parte della Chiesa, che siamo fratelli in Gesù e siamo uniti uno agli altri attraverso i sacramenti.
Bene, io vi ringrazio di questo cammino insieme e andiamo avanti.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.