Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 22
Lunedì 28 agosto 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.
VANGELO (Mt 23, 13-22)
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Testo della meditazione
Scarica il testo della meditazione in formato PDF
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a lunedì 28 agosto 2023. Oggi festeggiamo Sant’Agostino, vescovo e Dottore della Chiesa.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo ventitreesimo del Vangelo di San Matteo, versetti 13-22.
Proseguiamo la nostra lettura del libro Sequela di Bonhoeffer e concludiamo oggi questo capitoletto sull’obbedienza.
«E Gesù disse ai suoi discepoli: In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. E vi dico inoltre: è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco nel regno dei cieli. Udito ciò, i discepoli si turbarono e dissero: Chi potrà dunque salvarsi? E Gesù, guardatili, disse loro: Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (Mt 19,23-26).
Il turbamento dei discepoli per la parola di Gesù e la domanda su chi allora potesse salvarsi fa vedere che essi non avevano inteso l’episodio del giovane ricco come un caso singolo — esattamente quello che abbiamo detto ieri, vi ricordate? — ma semplicemente come il più universale dei casi. Infatti non chiedono: quale ricco? ma «chi» in genere possa salvarsi, appunto perché tutti, anche gli stessi discepoli, rientrano nel numero di questi ricchi, per cui è così difficile entrare nel regno dei cieli. La risposta di Gesù conferma questa interpretazione data dai discepoli alla sua parola. Salvarsi ponendosi nella sequela non rientra nelle possibilità umane, ma a Dio tutto è possibile.
Vedete: quando noi ci mettiamo a seguire il Signore, ad obbedire al Signore, il salvarsi è sempre un fatto che chiama in causa la libertà e la volontà dell’uomo di collaborare con la grazia di Dio. Quindi di rispondere, di dire sì al comando di Gesù, e quindi vivere di fede, e quindi amare il Signore. Stanno sempre insieme, non vanno mai scorporati. Non dipende tutto dalla libera scelta dell’uomo, dalla possibilità umana, perché per l’uomo è impossibile (solo per l’uomo), non dipende tutto dalla grazia di Dio, ma vanno messe insieme.
E oggi iniziamo un nuovo capitoletto che si intitola: La sequela e la croce.
«E cominciò a insegnare loro che il figlio dell’uomo doveva molto patire, essere riprovato dagli anziani, dai grandi sacerdoti, dagli scribi, essere messo a morte e risuscitare dopo tre giorni. E diceva questo apertamente. Allora Pietro, presolo con sé, si mise a fargli delle rimostranze. Ma egli, voltatosi e vedendo i suoi discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: Allontanati da me, Satana! Perché tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini. Poi, chiamata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: Chi vuol porsi alla mia sequela, rinneghi sé stesso, prenda su di sé la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà, e chi perderà la propria vita per me e per il vangelo, la salverà. Difatti, che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se perde l’anima sua? E che cosa mai potrà dare l’uomo quale prezzo per il riscatto della sua anima? Poiché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in questa generazione adultera e peccatrice, anche il figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre con gli angeli santi» (Mc 8,31-38).
La chiamata alla sequela è qui messa in relazione all’annuncio della passione. Gesù Cristo deve soffrire ed essere riprovato. È l’imperativo della promessa di Dio, affinché la Scrittura venga adempiuta. Soffrire ed esser riprovati non sono la stessa cosa. Anche nella passione Gesù sarebbe potuto infatti restare il Cristo acclamato. La passione sarebbe potuta ancora essere oggetto di tutta la compassione e ammirazione del mondo. Nel suo aspetto tragico, la passione avrebbe potuto conservare un proprio specifico valore, un proprio onore, una propria dignità. Ma Gesù è il Cristo riprovato nella passione. L’essere riprovato toglie alla passione ogni dignità e onore. Essa non può che essere una passione disonorevole. Passione e riprovazione compendiano la croce di Gesù. La morte in croce significa patire e morire come chi è riprovato ed espulso. Per necessità divina Gesù deve patire ed essere riprovato. Ogni tentativo di impedire ciò che è necessario è satanico. Perfino e proprio se viene dalla cerchia dei discepoli: infatti un simile tentativo mira ad impedire a Cristo di essere Cristo. Il fatto che sia Pietro, la roccia della chiesa, a rendersi qui colpevole, subito dopo aver confessato la propria fede in Gesù Cristo e averne ricevuto l’investitura, questo dice come la chiesa, fin dall’inizio, prenda scandalo dalla passione di Cristo. Non vuole un Signore come questo, e non vuole lasciarsi imporre dal suo Signore, come chiesa di Cristo, la legge della passione. La protesta di Pietro è la resistenza della sua volontà ad accettare la passione. In tal modo Satana è entrato nella chiesa. Satana vuol strapparla alla croce del suo Signore.
Allora: la chiamata alla sequela è messa in relazione, in Marco 8, 31-38, all’annuncio della passione. Quindi sequela e passione stanno in relazione. Però — dice Bonhoeffer — attenti, perché soffrire ed essere riprovati non è la stessa cosa. Gesù — forse non ci abbiamo mai pensato — avrebbe potuto soffrire restando però acclamato, godendo della compassione e dell’ammirazione del mondo. Quindi avrebbe potuto conservare un proprio onore, una propria dignità. Ma Gesù — dice Bonhoeffer — è il Cristo riprovato nella passione. E l’essere riprovato, cosa fa? Toglie alla passione tutta la possibile dignità e tutto l’onore: diventa una passione disonorevole.
Passione e riprovazione compendiano la croce di Gesù. Guardate, già è difficile soffrire e morire soffrendo, se in più devi anche patire il disonore morendo di una morte disonorevole, beh, insomma, è veramente terribile come cosa…
Gesù è quello che vive passione e disonore; è come colui che muore riprovato ed espulso. Terribile, terribile. Se ci pensiamo, è veramente terribile. «Ogni tentativo però di impedire — e io aggiungo ‘di fuggire’ — ciò che è necessario è satanico», viene dal demonio.
Ci sono dei momenti nella vita dove noi capiamo e sappiamo che dobbiamo restare su quella croce fino alla fine. E alle volte non è solamente una croce fatta di dolore, di sofferenza. Alle volte è una croce fatta di dolore e di disonore; una croce fatta di calunnie, di infamie, di diffamazioni, di accuse gravissime. Ma se noi ci fermiamo capiamo che, per la nostra vita, non sappiamo perché, quel momento terribile di sofferenza, di passione, di riprovazione, è necessaria. Anche se non sappiamo perché, ma è necessario, deve essere così. E allora Bonhoeffer dice: attenti a non impedire questo. Questo non vuol dire che dobbiamo andare a cercarlo, ma vuol dire che quando arriva quel momento che ci fa capire: “Guarda è così, adesso è così; questo è il tuo seguire il Signore”, allora questo va vissuto fino in fondo, come ha fatto Gesù: “non si può impedire a Cristo di essere Cristo”.
E allora adesso Bonhoeffer fa questa riflessione: di fatto, quando noi cerchiamo di impedire questa passione fatta di riprovazione — anche di riprovazione, perché poi c’è stata la morte, non solo la riprovazione — quando noi tentiamo di fuggire dalla croce che la Divina Provvidenza ha pensato per noi, di fatto noi cerchiamo di rifiutare, di fuggire un Signore come Gesù. Non lo vogliamo, non vogliamo che ci venga imposta la legge della passione. Quindi resistiamo nell’accettazione di questa volontà, proprio diciamo: no! Questo è quello che ha fatto San Pietro.
Ma in tal modo — queste parole non possiamo dimenticarle — in tal modo Satana è entrato nella chiesa. Satana entra nella Chiesa quando riesce anche di poco a strapparla dalla croce del suo Signore. Questo vuol dire che Satana entra nella Chiesa: il tentativo di creare una distanza tra la Chiesa e la croce di Gesù. Non possiamo non portare su di noi i segni di Gesù crocifisso.
E il Vangelo di oggi ci offre un chiaro esempio, quando Gesù dice:
… chiudete il regno dei cieli davanti alla gente…
Quando chiudiamo il Regno dei cieli davanti alla gente? Quando diciamo tutto, ma non la croce. Questa è un’opera tipicamente satanica: non entriamo noi e non facciamo entrare quelli che vogliono entrare. Togliamo alla sequela di Cristo tutto il suo aspetto patente; quindi cerchiamo di sottrarre noi e gli altri alla legge durissima della passione.
Bonhoeffer prosegue dicendo:
Perciò Gesù si trova nella necessità di coinvolgere in modo chiaro e univoco anche i suoi discepoli nell’imperativo della passione. Come Cristo è tale solo in quanto Cristo che patisce ed è riprovato, così il discepolo è tale solo in quanto discepolo che patisce ed è riprovato, che è crocefisso insieme a Cristo.
Vedete? Quello che abbiamo appena detto: solo quando tu riconosci Gesù — il brano del Vangelo che abbiamo letto all’inizio di questo capitoletto “La sequela e la croce” — solo quando tu accetti che questo riconoscerlo voglia dire patire ed essere riprovato, allora tu sei un discepolo di Gesù. Infatti, vedete che dice:
Poiché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in questa generazione adultera e peccatrice, anche il figlio dell’uomo si vergognerà di lui …
Come possiamo vergognarci di Gesù, delle parole di Gesù, in mezzo alla generazione in cui noi viviamo, che non ha più vergogna di niente, non prova più vergogna di niente: parolacce, discorsi scurrili, bestemmie, empietà di ogni genere e tipo? Non c’è vergogna, non c’è più il pudore per niente. E noi dovremmo provare pudore a fare un segno della croce, a dire una preghiera, a portare una croce al collo, a dirci cristiani? Capite che… Il discepolo è il discepolo tanto quanto patisce, ed è riprovato ed è crocifisso. Come non pensare a Padre Pio! Esattamente quello che ha vissuto lui. Ha patito, è stato riprovato ampiamente, ed è stato crocifisso.
La sequela come vincolo alla persona di Gesù pone colui che si colloca in essa sotto la legge di Cristo, cioè la croce.
Quindi, se la sequela, come abbiamo detto, è un vincolo con la persona di Gesù, allora è un vincolo con la croce.
Prosegue Bonhoeffer:
La comunicazione ai discepoli di questa verità inalienabile inizia però sorprendentemente con il fatto che Gesù lascia, ancora una volta, i discepoli nella più piena libertà. «Se uno vuol porsi alla mia sequela», dice Gesù. Non si tratta infatti di una cosa ovvia, neppure per i discepoli. Nessuno può esservi costretto, non ci si può nemmeno aspettare che uno lo faccia, anzi, «se uno», nonostante tutte le altre possibilità di scelta che gli sono date, vuol porsi nella sequela… Ancora una volta tutto dipende dalla decisione; anche nella condizione della sequela, in cui i discepoli si trovano, tutto è ancora una volta rimesso in gioco, tutto è lasciato in sospeso, non ci si aspetta niente, niente viene da costrizione. Tanto decisivo è ciò che sta per esser detto. Dunque, ancora una volta, prima di annunciare la legge della sequela, è necessario che i discepoli si lascino porre in una condizione di libertà.
Cioè, sempre, di nuovo, tutto è rimesso in discussione. Tutto, sempre! Non si dà niente per scontato. Quando qualcuno dice: “Ah no, ma per il tipo di rapporto di amicizia, di amore, che c’è tra me e l’altra persona, ormai questo, questo e quest’altro sono cose date, non ci si torna più, è scontato che…”. No! L’amore, proprio perché è amore, ogni volta, ogni santa volta, rimette tutto in discussione. Sapete perché? Semplice, perché ogni volta ripone al centro la libera scelta dell’altro. È solo nella libera scelta dell’altro che si misura il vero amore. Non nel dare per ovvio e per scontato. Mai fare questo! “Ah, è ovvio e scontato che…” No, no, assolutamente. Perché, se fosse ovvio e scontato, l’altro sarebbe costretto. Vuol dire che mi aspetto da te qualcosa. Invece no, non mi aspetto niente. Perché anche se siamo sposati, anche se io sono sacerdote, non è che uno si aspetta qualcosa, non è che sono costretto. No, tutto è rimesso sempre in gioco, perché tutto dipende dalla mia decisione che ogni volta viene messa in discussione e ogni volta mi è chiesto di prenderla. Quindi non diamo per scontata, ad esempio, la fedeltà del nostro coniuge. Non diamo per scontato l’amore dolce e tenero, devoto dei nostri figli. Non è scontato! “Ah, ma io me lo aspetto” — “Tu sbagli” — “Eh, ma siamo sposati da vent’anni!” — “Appunto!”. “Eh, ma questo è mio figlio” — “E allora?” Perché non ci sono casi di tradimenti? Certo! Non ci sono casi di figli che ammazzano i genitori? Certo che ci sono. Anche il contrario: di genitori che ammazzano i figli.
Non diamo per scontato nulla, perché nessuno è costretto a fare nulla, ogni volta, ogni santa volta, ognuno di noi è rimesso totalmente in gioco, tutto è lasciato in sospeso, non ci si aspetta niente, niente viene da costrizione, perché tutto dipende dalla decisione. Quindi, quando tu stasera torni a casa da tua moglie, da tuo marito, dai tuoi figli, quando tu sacerdote torni nella tua camera, nella tua casa, quando hai finito, dopo una giornata di apostolato, di predicazione, di confessione, di sacramenti, di, di… non diamo per scontato la fedeltà di quella persona alla sua vocazione, alla sua sequela di Gesù, all’aver deciso per Gesù. Perché quella persona oggi ha dovuto scegliere nuovamente di essere ciò che è. A nessuno viene per ovvio e per scontato essere coerente, essere onesto, essere fedele, essere serio, sacrificarsi, a nessuno, a nessuno.
Impariamo a dire grazie alle persone, impariamo a dire grazie a coloro che spendono la loro vita per noi. Perché potrebbero non farlo. E non è che siccome l’hanno fatto per vent’anni, allora devono farlo ancora per vent’anni e un giorno! No. Potrebbero svegliarsi e dire: “Basta, finita. Da oggi fine”. E tu cosa fai?
Quanto è vera questa espressione di Gesù:
«Se uno vuol porsi alla mia sequela»
Sì, se tu vuoi. Ma non una volta per sempre. Ogni santo momento di ogni santo giorno. Se vuoi, allora è così. Riflettiamo molto bene su queste cose.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.