Scroll Top

D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 70

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 70
Lunedì 16 ottobre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 11, 29-32)

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 16 ottobre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 29-32.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione sul libro di Bonhoeffer, Sequela.

La vita dei discepoli abbisogna pertanto di una rigida disciplina esterna. Non che solo in tal modo possa infrangersi la volontà della carne, come se il morire quotidiano del vecchio uomo possa realizzarsi in modo diverso che attraverso la fede in Gesù. Ma proprio colui che crede, che è nella sequela, che ha una volontà non più intatta, che, in quanto uomo vecchio, è morto in Gesù Cristo, proprio costui conosce la ribellione e l’orgoglio quotidiano della carne. Conosce la sua inerzia e indisciplina e sa che questa è la fonte della superbia, che deve essere sconfitta. Ciò avviene per mezzo dell’ascesi quotidiana e straordinaria della disciplina.

Abbiamo visto ieri quanto è importante questa rigida disciplina. Bonhoeffer chiarisce subito e dice che non solo attraverso una legge di disciplina si può infrangere la volontà della carne, perché il morire quotidiano dell’uomo vecchio avviene attraverso la fede in Gesù. Senza la fede in Gesù, qualunque disciplina, qualunque ascesi, qualunque penitenza, qualunque digiuno dovessimo fare non servirebbe a nulla. Come vedete, non è una posizione, una prospettiva “volontaristica”, fine a sé stessa, che esula dalla figura di Gesù o che si sostituisce alla figura di Gesù. Però lui dice che colui che crede sa di non avere una volontà intatta (purtroppo, sappiamo tutti che la nostra volontà non è intatta) e quindi conosce la ribellione, conosce l’orgoglio che quotidianamente sperimenta e si fa sentire nella sua carne — questo credo che sia esperienza di tutti noi — conosce l’inerzia, conosce l’indisciplina che è presente proprio nella carne e sa che tutto questo è fonte della superbia. 

La superbia deve essere assolutamente, continuamente sconfitta. Ecco, e questo come avviene? Torniamo a quanto si diceva all’inizio: avviene attraverso l’ascesi quotidiana e straordinaria della disciplina.

Vivere una delle forme possibili dell’ascesi, o viverne anche più di una, non vuol dire che questa sostituisce la fede in Gesù o che non la considera, anzi proprio perché la considera, considera anche la presenza ingombrante dell’uomo vecchio in noi. Avere fede in Gesù non vuol dire: “Ah, va bene, allora l’ascesi non mi serve più”, no, è sbagliato. L’ascesi non è tutto, l’abbiamo già detto ma lo ripetiamo e lo ripeteremo: l’ascesi non è tutto, l’ascesi non è il fine, l’ascesi non è lo scopo, l’ascesi è un mezzo, e va benissimo. 

Fondamentale è la fede in Gesù, certamente; la fede in Gesù, l’amore per il Signore, verissimo; allo stesso tempo tutto questo non mi fa dimenticare, non considerare chi sono io. Io non sono solamente buoni desideri che si realizzano puntualmente; io non sono solamente ottimi propositi che fioriscono costantemente nel giardino della mia vita. Purtroppo, non è così. Piacerebbe a tutti, ma non è così. Perché? Perché tutti facciamo esperienza di questa ribellione, di questa indisciplina, di questo orgoglio, di questa inerzia, di questa superbia e allora per combattere tutto questo è fondamentale l’ascesi. 

Prosegue:

Per il discepolo resta valido che lo spirito è pronto ma la carne è debole. Perciò «vegliate e pregate».

E forse troppo spesso non lo ricordiamo.

Lo spirito sa quale sia la via per la sequela ed è disposto ad intraprenderla, ma la carne è troppo pavida, la via le è troppo gravosa, troppo insicura, troppo faticosa. Quindi lo spirito è costretto al silenzio. Lo spirito dà il proprio assenso al comandamento di Gesù all’amore incondizionato al nemico, ma la carne e il sangue son troppo forti, cosicché tutto questo non diventa azione. Per questo la carne deve apprendere, nell’ascesi e nella disciplina quotidiana e straordinaria, l’inesistenza di un diritto suo proprio. 

Mi sembra tutto molto chiaro: lo spirito vorrebbe fare tante cose bellissime però la carne si oppone. Ed è vero che non di rado il nostro spirito è costretto al silenzio dalla carne. È molto brutta questa cosa, è una violenza, è una violenza che noi facciamo a noi stessi, che la carne fa allo spirito. E guardate, questa non è una dicotomia, non è una visione manichea, assolutamente! È la constatazione — del resto è quello che dice Gesù: lo spirito è pronto ma la carne è debole — è la constatazione che in noi c’è questa parte spirituale che tende, che vorrebbe seguire incondizionatamente il Signore, obbedire incondizionatamente, che vorrebbe fare le cose più belle del mondo, però la carne è forte. E quindi, la carne mette a silenzio, a tacere lo spirito e quindi la carne non consente allo spirito di mettere in azione tutte le idee, i propositi, i desideri belli che ha e quindi rimangono lì: dei bei desideri, delle belle idee, dei bei sogni che però non si concretizzano.

Allora la carne va educata e deve imparare che non esiste un diritto suo proprio. Perché vedete, l’inganno sta proprio in questo. Cioè, qual è la furbizia, diciamo così, della carne? È che riesce a convincerci che lei ha un diritto, che esiste un diritto, un suo diritto proprio, e questo diritto deve essere riconosciuto. La carne su questo è molto capricciosa, molto insistente, molto invadente, dice: “No, questo è il mio diritto e quindi tu lo devi riconoscere. Lascia perdere lo spirito, questo è un mio diritto e io voglio che venga riconosciuto”; e noi purtroppo supinamente, spessissimo ci prostriamo ai finti, ai presunti diritti della carne che in realtà diritti non sono, sono quello che lei vuole, ma quello che lei vuole non è un diritto, è quello che lei vuole. Ma non deve diventare un diritto e noi ci dobbiamo opporre a questa visione, a questa prospettiva della carne. Guardate che di presunti diritti noi ne riconosciamo tanti alla carne, e poi rimaniamo con il vuoto in mano. Il diritto di vendicarmi, il diritto di rendere male per male — sono tutti diritti presunti, ma non sono veri — il diritto di farmi giustizia da solo — questi sono contro la carità — il diritto di essere servito, il diritto anche di essere ascoltato: “Ho diritto di essere ascoltato”. Ma Gesù non ha avuto questo diritto, non l’ha riconosciuto, infatti non l’hanno ascoltato, per esempio. 

Sono tanti i diritti… il diritto di provare piacere, il diritto che noi presumiamo di avere sul corpo dell’altro! Qui si aprirebbe un mondo, qui si apre un mondo. Il diritto che io voglio sia riconosciuto, che è quello di avere un potere sul corpo dell’altra persona. E qui ci sono diverse forme attraverso le quali questo diritto poi, di fatto, va a manifestarsi. 

Il diritto di fare quello che voglio. Questo diritto, che la carne assolutamente ci impone, è vero? È reale? È giusto? È secondo Dio? No, lo sappiamo. 

Il diritto di ubriacarmi quando voglio ubriacarmi, per cui il venerdì sera o il sabato sera…. Io ho diritto di divertirmi, quindi, di stare in piedi a ballare fino alle cinque del mattino e poi di ubriacarmi fino a morire e poi di… Poi fa niente se vado in autostrada, faccio un incidente mortale e ammazzo una famiglia innocente che in quel momento stava passando, fa niente, ma questo era il mio diritto. 

Perché tutti questi diritti presunti, ed estremamente violenti proprio nella loro forza, se voi notate, quelli della carne, vanno sempre tutti a ricadere, come responsabilità, sugli altri: c’è sempre qualche innocente che paga. Quindi vedete, c’è un diritto della carne che è più riservato alla mia sfera privata e c’è un diritto della carne che invece va a ricadere sulla sfera pubblica, quindi, nel rapporto tra gli uomini. Ma in ogni caso bisogna sempre stare in guardia e attraverso l’ascesi insegnare, educare la carne facendole quindi capire che lei non ha diritti propri. Ciò che noi diamo alla carne è perché decidiamo di darlo, ma non perché è suo diritto averlo, ma perché — per esempio — è giusto averlo. Quindi è giusto darle da bere quanto è necessario, da mangiare quanto è necessario, da dormire quanto è necessario e via di seguito.

Pensate a quante volte il diritto della carne si va a scontrare con il diritto di Dio, con lo ius divinum, quante volte… Scrive:

A tal fine è utile l’ascesi quotidiana e ben regolata della preghiera…

Vedete che ritorna sempre il tema della fede, il tema della preghiera, certo, perché l’ascesi deve essere regolata dalla preghiera, deve essere illuminata dalla preghiera; deve essere sempre essere resa dolce, armoniosa dalla preghiera, l’ascesi non può mai diventare acidità. L’ascesi deve essere rigida, ma non deve produrre rigidità, non deve farmi diventare rigido, è lei che rigida, ma non io. Lui scrive:

come pure la contemplazione quotidiana della parola di Dio, come pure ogni specie di pratica ascetica della disciplina corporale e della continenza.

Beh, noi aggiungiamo: come l’Adorazione eucaristica, che è proprio il sommo grado della forma di preghiera che noi conosciamo e che perfettamente regola questo tema dell’ascesi.

All’inizio la resistenza della carne a questa mortificazione quotidiana si presenta frontalmente…

Cioè, ti trovi davanti un carro armato. All’inizio è ferocissima; la carne si ribella e ti dichiara guerra frontale: tutti contro tutti. Quindi all’inizio c’è una fatica incredibile a dire anche il più piccolo no, perché ormai, capite, la carne — magari è tanti anni che viviamo in un certo modo — ha tutti i diritti e nessun dovere. 

Scrive:

…poi si nasconde dietro le parole dello spirito…

Quindi: prima un attacco frontale, poi quando comincia a vedere che noi siamo ben armati — quindi la preghiera, l’Adorazione eucaristica, noi aggiungiamo la recita del Santo Rosario, la meditazione della parola di Dio e quant’altro — quando vede che noi siamo bene armati, allora dice: “No, un attacco frontale mi farebbe uscire perdente”, allora si nasconde, si maschera e usa un altro linguaggio, non più il linguaggio “è mio diritto”, ma usa un altro linguaggio:

cioè in nome della libertà evangelica.

E qui ci fermiamo, domani vedremo la pericolosità enorme di questo nascondimento della carne dietro alla libertà evangelica e quanto dovremo stare attenti. Paradossalmente è meglio l’attacco frontale della carne piuttosto che questo suo nascondimento dietro la libertà evangelica. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati