Scroll Top

L’intrattenimento e l’orazione – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.65

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: L’intrattenimento e l’orazione – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.65
Giovedì 4 gennaio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

PRIMA LETTURA (1 Gv 3, 7-10)

Figlioli, nessuno v’inganni. Chi pratica la giustizia è giusto com’egli [Gesù] è giusto. Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore. Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo.
Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui, e non può peccare perché è stato generato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Eccoci giunti a giovedì 4 gennaio 2024. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, capitolo terzo, versetti 7-10.

Non dimentichiamo questo versetto:

Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo.

Capite? Abbiamo appena celebrato il Natale… Perché il Verbo si fece carne? Per distruggere le opere del diavolo, è scritto nella prima lettera di San Giovanni apostolo, è parola di Dio: «Per questo si manifestò il figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo», non dimentichiamolo.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo terzo del capitolo ventesimo.

3 — Vediamo ora quello che dobbiamo fare per metterci sul cammino e non sbagliare strada fin da principio. Importa molto cominciar bene, perché dal principio dipende il resto. Non dico già che non si debba neppur cominciare se non si abbia la risoluzione di cui parlo. Il Signore ci verrebbe perfezionando: quando da parte nostra non si facesse che un sol passo, questo avrebbe in sé tanta forza, che, lungi d’andar perduto, verrebbe ricompensato ad usura. Se ne può essere sicuri. Ecco una persona che ha un rosario indulgenziato. Se lo recita una volta, guadagna le indulgenze una volta, e più volte, se lo recita più volte. Ma se invece di recitarlo lo tiene chiuso nello scrigno, è meglio che non l’abbia. Altrettanto è di coloro che non possono più continuare su quella via. Grazie al poco che vi han camminato, hanno lume per ben condursi su altre vie; e più ne hanno, quanto più si sono in essa inoltrati. Stiano dunque sicuri che dal cominciare quella via non ne avranno alcun danno, anche se poi l’abbandonino, perché il bene non è mai causa di male. Perciò, figliuole mie, quando trattate con altre persone, se le vedete disposte e l’amicizia ve lo consente, procurate che si diano senza timore alla ricerca di tanto bene. Vi chiedo, per amor di Dio, che i Vostri intrattenimenti siano sempre ordinati al maggior bene di coloro con cui parlate, perché la vostra orazione non deve aver altro di mira che il profitto delle anime. Questo dovete chiedere a Dio, e sarebbe veramente mal fatto se ciò non procuraste in tutti i modi.

Come in ogni cosa, è fondamentale cominciare bene. E lei dice che quando uno comincia, non ha già tutto, non ha le cose perfette e non ha già preso tutte le risoluzioni migliori e quant’altro, no, comincia. Tu comincia, comincia anche a fare un passo solo, e vedrai, che in questo passo, troverai tutta la forza di cui hai bisogno. Sarà il Signore a darti questa forza, e ne avrai in abbondanza. 

Ottima regola è ricordarci sempre che il bene non è mai causa di male, questo mai, non dimentichiamolo. 

L’altra cosa è: se vedete che c’è qualcuno ben disposto e magari c’è anche l’amicizia che ve lo permette, non è un male invogliare, aiutare l’altro a ricercare Dio, a ricercare la preghiera, a saper pregare.

Sapete, molte persone non pregano, o pregano male, perché non sono capaci; nessuno gli ha mai insegnato a pregare. 

Ci sono persone che non sono capaci di dire il Rosario, per esempio, non sanno come si dice. Sembra una cosa incredibile, eppure è così. 

Ci sono persone che non sono capaci di meditare; che non sanno fare una “lectio divina”; ci sono persone che non hanno mai letto un libro di spiritualità, un classico, non so: Le confessioni di Sant’Agostino, l’Imitazione di Cristo, la Pratica di amare Gesù Cristo, Filotea i classici, mai letti. 

Questo perché noi, con le persone, parliamo di tante stupidaggini, veramente tante. Ma i nostri intrattenimenti, sui quali dovremmo tanto riflettere, non sono “ordinati al maggior bene di coloro che ascoltano”.

Quando io parlo con te, o con voi, qual è lo scopo? Alle volte noi parliamo per il gusto di parlare, non c’è uno scopo, ma capite che è senza senso? È come se io dovessi camminare senza una meta, e cosa faccio? Dove vado? Faccio come il criceto che corre nella ruota. È come se io dovessi mangiare senza un motivo: muoio, esplodo. Infatti, si vedono poi le persone che mangiano senza un motivo, senza uno scopo. Io perché mangio? Voi dite: “Ma, padre Giorgio, che domanda stupida!”, no, non è una domanda stupida, perché a guardare alcune persone che mangiano e bevono, la domanda si impone: ma perché sta mangiando? Perché sta bevendo? Non certo per sfamarsi, non certo per dissetarsi, perché ha già superato il limite; ha già superato il limite, ovvio, evidente, comune, dello sfamarsi, del nutrirsi, è già andato oltre e lo vede chiunque. E allora perché sta mangiando? Non ce lo chiediamo. Faccio un esempio: persona diabetica, prende la torta; e allora uno pone la domanda: perché mangia la torta se è diabetico? Persona affetta da forte anemia, vegetariana o vegana: perché non mangia la carne? Il suo corpo dice che sta male, fortemente male — l’anemia è terribile — sta fortemente male, non mangia la carne. Perché mangia quelle cose e non altre? 

Guardate che la domanda sul perché, sul fine, sul motivo, sulla ragione è fondamentale nella nostra vita. 

Perché se il tuo corpo è stanco e hai bisogno di riposare, non spegni tutto e non vai a letto a dormire? E perché rimani lì a guardare i video, a leggere i social, a perdere tempo, a fare chiacchiere al cellulare, perché?

Purtroppo, noi quando facciamo l’esame di coscienza, ci mettiamo a ragionare sulla metafisica; forse dovremmo cominciare a ragionare partendo da queste cose, molto semplici, ma molto importanti. 

Santa Teresa dice:

i Vostri intrattenimenti siano sempre ordinati al maggior bene di coloro con cui parlate…

Quindi: non qualche volta, sempre. 

Chiediamocelo: quando ho finito quella conversazione, quella persona ha guadagnato il maggior bene possibile da me e da questa conversazione? Perché, sapete, uno dice: “Ma c’è un’alternativa?”; certo! Se non ho in mente quale possa essere il modo, parlando, di aiutare l’altro a raggiungere il maggior bene possibile, sapete cosa posso fare? Stare zitto. “Non hai niente da dire?” — “No: non ho niente da dire per il tuo maggior bene possibile. E quindi sto in silenzio”. Stiamo in silenzio. Se noi, ogni volta che dobbiamo aprire bocca, ci mettessimo un secondo in raccoglimento e dicessimo: “Signore, fammi parlare di qualcosa che possa essere per il maggior bene di coloro che ascoltano”…

La vostra orazione non deve avere altro di mira — cioè: tu perché preghi? — che il profitto delle anime. Questo dovete chiedere a Dio, e sarebbe veramente mal fatto se ciò non procuraste in tutti i modi.

Questo tema che a me ricorda subito Fatima. Santa Teresa è del 1500, Fatima del 1917. Ma anche tutte le apparizioni mariane: Lourdes, La Salette…

Ma vi rendete conto di quanto noi siamo diversi da ciò che il cielo ci chiede? Se la Vergine Maria a Fatima — il 13 luglio 1917, apparizione della Vergine Maria a Fatima ai pastorelli, dove vedono l’inferno, tutti ricordate il 13 di luglio — viene a dire: “Molte anime finiscono all’inferno, che voi avete appena visto perché non c’è nessuno che preghi e si sacrifichi per loro”. Se Santa Teresa di Gesù nel 1500 scriveva: “la vostra orazione non deve aver altro di mira che il profitto delle anime”. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che noi, quando preghiamo, non preghiamo per la conversione dei peccatori.

Cos’è che diciamo sempre, alla fine di ogni decina del Rosario? “Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia”, vi ricordate? Quella preghiera è stata insegnata a Fatima. Che poi sarebbe interessante andare a vedere l’originale, perché, se non ricordo male, l’originale è un pochino diverso.

Eh, ma allora per che cosa preghiamo? Quando preghiamo, per che cosa preghiamo?

Mi ha stupito una volta vedere una reazione un po’ incomprensibile in un cristiano discepolo di Gesù, con una vera vita di fede, di qualcuno che diceva: “Io prima prego per i miei cari, io prima prego per quelli della mia famiglia. Io prima prego per me, poi, se e quando avanza tempo e spazio, allora ci metto anche altre intenzioni”. Ma il cielo non ci ha chiesto esattamente questo. E siccome io ho risposto: “Ma, forse dovremmo prima pregare per qualcos’altro” questa cosa non è stata recepita bene. E invece dovrebbe essere recepita bene, perché io innanzitutto prego per il bene delle anime. “Eh, ma appunto, io prego per la mia famiglia, per il bene delle loro anime”. Sì, certo, ma a questo mondo non esiste solamente la mia famiglia, non ci sono solamente mio padre e mia madre, i miei figli e mio marito. Guardiamoci un po’ fuori dal nostro buco, tiriamo fuori la testa del buco, come le talpe; cerchiamo di capire che esiste un mondo, con drammi peggiori dei nostri. E questi drammi? E queste anime? Pensate allo sfruttamento minorile. Pensate al commercio di esseri umani. Pensato a tutto quello che succede con le guerre. Pensate a tutti i cristiani rapiti, spariti, incarcerati, condannati a decenni di lavori forzati, perché si dicono cristiani.

Abbiamo appena fatto il Natale, nelle nostre case, giustamente, al caldo, con i nostri panettoni, con i nostri “dolciotti” buoni, con tutti i nostri primi, i nostri secondi, il nostro questo, il nostro quello, il nostro tutto. E poi? E poi… basta! Senza pensare minimamente che ci sono confratelli nella fede al freddo e al gelo, senza addosso niente, buttati in celle di cemento, all’umido, a marcire in mezzo ai topi, in mezzo alle botte, alle umiliazioni, a mangiare una roba che neanche le capre riuscirebbero a mangiare, una brodaglia schifosa, indigeribile, immangiabile, vomitevole. Senza neanche il conforto dei sacramenti, neanche il giorno di Natale, lontano dall’affetto dei loro cari. Preti, sacerdoti, vescovi, papà, mamme, figli, separati, strappati dall’affetto dei loro cari…

E noi? Noi la vediamo, sui nostri volti, questa preoccupazione ansimante per questi fratelli nella fede, questi confessori della fede? Per i quali secondo Santa Teresa dovremmo pregare sempre, chiedere a Dio sempre? La nostra preghiera dovrebbe avere solo questo, di mira. Invece, la nostra preghiera è la preghiera della sanguisuga. 

Stiamo attenti a non trasformare il Santo Rosario nella preghiera della sanguisuga: “Dammi dammi, fammi fammi, fammi fammi, dammi dammi, dammi dammi, fammi fammi, fammi fammi, dammi dammi”.

Stiamo attenti alla preghiera della sanguisuga, a fare tutte le nostre comunioni eucaristiche: “Dammi dammi, fammi fammi, fammi fammi, dammi dammi, dammi dammi, fammi fammi, fammi fammi, dammi dammi”; tutto così! 

La comunione eucaristica: “Dammi dammi, fammi fammi”. 

Il Santo Rosario: “Dammi dammi, fammi fammi”. 

Le preghiere di non so cosa: “Dammi dammi, fammi fammi”. 

Faccio il digiuno? “Dammi dammi, fammi fammi”. 

E quindi la nostra relazione, la nostra preghiera, diventa la preghiera della sanguisuga, che non c’entra niente con la preghiera di Gesù Cristo, niente!

Bene, ci fermiamo qui. Credo che dobbiamo un po’ pensare, dobbiamo veramente tanto riflettere su questo passo.

Ma poi, anche con le persone a noi care, con i nostri amici: ma di che cosa parliamo? Ma questi di cosa parlano? Parlano, parlano, parlano, parlano, ore e ore, blablabla, blablabla… Un continuo. Ma di cosa parlate? Di che cosa si parla? Quali sono i contenuti di questo parlare infinito? E sempre lì, con il nostro cellulare, a scrivere, a chattare, a mandare…

Poi questa roba veramente assurda…: uno manda il messaggio: “Grazie mille!” — e quello ti risponde: “Prego diecimila!” — “Oh, grazie che mi hai risposto!” — “Oh sì, grazie a te” — “Ah, grazie! Allora buona giornata” — “Grazie per avermi augurato…”. 

Praticamente, da un messaggio vengono fuori dodici messaggi di risposta, tra “grazie”, “prego”, “scusi”, “tornerò”. Perché non abbiamo niente da fare, dalla mattina alla sera; perché, se uno avesse da fare, non si perderebbe in queste stupidaggini, che creano solamente disturbo. Se poi uno fa parte di una chat, si salvi chi può, perché ogni tre secondi: pi, pi, pi, pi, pi. E la faccina, e il pollice all’insù, e il pollice all’ingiù, e lo smile, e l’immagine di Gesù che ti benedice, e la foto, e quello, e “grazie”, e “prego”, e “grazie mille”, e “grazie mille, mille, mille, mille” … Ma questo è parlare? Non lo so, ecco, vi chiedo, non lo so, perché forse io vivo fuori dal tempo, può darsi che sia un disadattato, non lo so, può darsi. A me fa solamente — scusate se lo dico — venire un gran nervoso, e basta. Perché non ha senso.

Proprio per dirvi l’importanza di queste parole di Santa Teresa: valutare la qualità dell’intrattenimento; uno deve scrivere un messaggio a una persona. Guardate, a me succede più di una volta; sono allo scrittoio che sto studiando, che sto scrivendo, che sto preparando le cose che devo preparare, la predicazione. Siccome il mio numero di cellulare è diffuso, — quando io, magari, per cercare il cellulare di un sacerdote, di un confratello, devo impazzire, perché non si sa come raggiungerlo; vabbè, comunque… in mancanza dei cavalli, corrono i somari, e allora va bene, corriamo, corriamo noi che ragliamo — arrivano messaggi di persone che io non conosco, perché moltissime persone che mi scrivono su WhatsApp o per messaggio, io non so neanche chi siano. E neanche si firmano! Alle volte neanche mettono il nome e cognome, niente, così, come uno che va dal macellaio a comprare da mangiare: “Voglio questo, questo e quest’altro. Punto. Dammelo!”. La sanguisuga: “Fammi fammi, dammi dammi”. Neanche si firmano, niente, come se io dovessi avere nel cervello, conoscere per premonizione chi mi scrive e poi dovessi tenere anche a memoria il suo numero di cellulare, e ricordarmi che negli anni questo mi ha scritto col suo nome e cognome; neanche si rifirmano, niente, è tutto per scontato, come se noi uscissimo tutte le sere a cena a mangiare la pizza, tutte le sere, amicissimi da vent’anni: mai visto in vita mia! Vabbè!

E cosa mi succede? Son lì che sto studiando e scrivendo, a un certo punto il cellulare sembra impazzire. Comincia: pi, pi, pi, pi, pi… E arrivano, non esagero, quindici messaggi, uno in fila all’altro. Ogni messaggio fatto da una / due frasi. Secondo voi, è logico? Uno non può scrivere un solo messaggio nel quale esprime il suo pensiero?! O noi siamo diventati dei pensatori singhiozzanti, e vabbè, ma una persona che pensa, pensa un pensiero e scrive quel pensiero: uno. Se è particolarmente lungo, mando un’e-mail. Esistono ancora le e-mail!

Il nostro intrattenimento è ordinato al maggior bene di coloro con cui parliamo? No! Perché a me fa perdere la carità. Io vedo una roba del genere e dico: “Questo non è rispetto!”. Mi indispone immediatamente, qualunque cosa ci sarà scritta, mi indispone. Perché questo non è rispetto della persona. Aver rispetto di una persona, non vuol dire mandare dieci, quindici messaggi, fatti di una riga ciascuno. Per dire poi cosa? 

Oppure, messaggi vocali da dieci, dodici, quindici minuti. Pensate se dieci persone, in una giornata, dovessero mandarmi un vocale di quindici minuti ciascuno. Questo è per il maggior bene di coloro con cui parliamo? No! 

Il fatto che io abbia un accesso facilitato a qualcuno che può aiutarmi, questo non mi autorizzerà mai ad abusare di quella persona, del suo tempo e della sua disponibilità. Il fatto che quella persona risponda subito, il fatto che quella persona sia accessibile, questo non mi autorizza a entrare in casa sua senza suonare il campanello, senza avvisare, senza bussare. No, perché questa è mancanza di carità, oltre che maleducazione. Delle persone ci vuole rispetto. 

Se il mio intrattenimento con l’altra persona fosse ordinato al maggior bene di coloro con cui parlo, non mi comporterei così. E non solo col sacerdote, ma con chiunque. Avrei un altro modo. Invece io cosa faccio? Metto me al centro, me al primo posto. E ordino tutto l’universo in base ai miei gusti, alle mie voglie e ai miei bisogni. Questo vuol dire che la mia preghiera non ha come mira il profitto delle anime, assolutamente!

Ci fa bene, sapete, questo testo di Santa Teresa, perché ci costringe, se lo vogliamo, a fare una rivisitazione serrata su due cose: come noi parliamo; come noi preghiamo. Vi assicuro: da come preghiamo, dipende come parliamo; e come parliamo, va a incidere su come preghiamo; provare per credere.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati