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Regni la verità – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.66

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Regni la verità – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.66
Venerdì 5 gennaio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 1, 43-51)

In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 5 gennaio 2024. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal primo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 43-51.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo quarto del capitolo ventesimo. 

4 — Volete comportarvi da buone parenti? Sia questa la vostra affezione. Volete essere amiche sincere? Persuadetevi che mai lo sareste se non così. Regni nei vostri cuori la verità, come ve la deve far regnare la meditazione e comprenderete chiaramente in che modo dobbiamo amare il prossimo. Non è più tempo, sorelle, da fermarsi in giochi da fanciulli, ché tali appunto sembrano quelle pur buone amicizie che si coltivano nel mondo. Lungi da voi queste espressioni: “Mi vuoi bene?” o “non mi vuoi bene?”. A meno che non lo diciate per un qualche gran fine o per il bene di qualche anima, non vi escano mai di bocca, né con i parenti, né con altri. Può darsi che per attirarvi l’attenzione di un vostro congiunto, fratello o altri, e indurli ad ascoltare una verità, dobbiate prima disporli con espressioni di questo genere e con simili manifestazioni di affetto che tanto piacciono alla natura. Forse stimeranno di più una buona parola — ché così queste si chiamano — che non molte altre di Dio: si disporranno meglio, e per il tramite di quelle ascolteranno anche queste. No, non le biasimo se le usate con intenzione di giovare alle anime, ma fuori di questo caso, nonché non esservi di vantaggio, vi sono piuttosto di danno senza che ve n’accorgiate. Le persone del mondo sanno che siete religiose e che la vostra vita dev’essere di orazione. Perciò guardatevi dal dire: “Non voglio che mi tengano per virtuosa!”. Il bene e il male che si vede in voi si riflette sopra tutte, ed è veramente un gran male che persone come le monache, tenute a non parlare che di Dio, pensino che in simili occasioni sia meglio dissimulare. Escludo sempre la circostanza — ben rara del resto — in cui vi sia in vista un qualche bene maggiore.

Andiamo ancora un attimo avanti, così finiamo questo capitolo, perché mi sembra che così abbiamo tutto l’insieme. Poi, nel caso, nei prossimi giorni, invece di rileggere, andiamo avanti a spiegare, come abbiamo già fatto.

5 — Voi non dovete parlare che così: questo è il vostro linguaggio. Chi vuol trattare con voi l’impari, ma guardatevi bene dall’imparare voi il suo, ché sarebbe un inferno. Importa poco se per questo siete prese per villane, e meno ancora se per ipocrite. Otterrete che non vi verranno a visitare se non coloro che parlano come voi, non potendosi concepire un individuo che, ignaro della lingua araba, prenda piacere nel trattare a lungo con chi non conosce che quella. Così eviterete di annoiarvi e di correre il non lieve pericolo di cominciare una nuova lingua, sciupando in questo il vostro tempo. Voi non potrete mai conoscere, come lo conosco io che l’ho provato per esperienza, il gran male che ne viene facendo altrimenti. Imparando una lingua, si dimentica l’altra e si cade in una continua inquietudine: cosa da cui dovete guardarvi ad ogni costo, perché la pace e la tranquillità dell’anima sono assolutamente necessarie per entrare nel cammino di cui ho cominciato a parlare.

6 — Se quelli che vi vengono a far visita vogliono imparare la vostra lingua, voi, siccome non è vostro ufficio insegnare, potete dir loro le grandi ricchezze che si guadagnano imparandola, senza mai stancarvi di ripeterlo. Ma fatelo con pietà, con carità e con abbondanza di preghiere, perché ne cavino profitto. Così, dopo averne compresa l’importanza, sapranno pure risolversi, andando in cerca di un maestro che li istruisca. Non piccola grazia vi farebbe certo il Signore col concedervi di indurre qualche anima a mettersi sulla via di tanto bene. Quante cose si presentano alla mente quando si vuol trattare di questa via, anche se la si è percorsa così male come ho fatto io! — Piaccia a Dio, sorelle, che io sia più abile nel parlarvene che non lo sia stata nel percorrerla! Amen.

Allora, in questi tre paragrafi Santa Teresa dice delle cose veramente importanti. Abbiamo visto ieri che tutto il nostro intrattenimento con gli altri deve essere ordinato, così come la nostra orazione, al profitto delle anime. Allora lei dice: volete comportarvi da buoni parenti? Volete avere amiche sincere, essere amiche in modo sincero? Allora:

Regni nei vostri cuori la verità, come ve la deve far regnare la meditazione e comprenderete chiaramente in che modo dobbiamo amare il prossimo.

Quindi è fondamentale la meditazione, perché la meditazione, se fatta bene… Innanzitutto, se fatta; perché non è detto che venga fatta. 

Se mi metto lì e dormo non faccio la meditazione: la meditazione è la meditazione, dormire è dormire, sono due cose diverse. Se io dormo, non faccio la meditazione, anche se sto davanti al tabernacolo, lì, tutto compunto… sì, però, se dormo, non faccio la meditazione; se stiro, non faccio la meditazione. La meditazione richiede un tempo ben preciso, dove io ho in mano il mio libro, il testo della Scrittura, quello che è, e medito davanti al Signore su questo testo.

Se la meditazione viene fatta, e se viene fatta bene, il primo frutto che produce è il frutto della verità. La verità regna in quel cuore, comincia a regnare in quel cuore, dice Santa Teresa. Regnando la verità, noi impariamo anche che cosa voglia dire amare; perché, quando uno è nella verità, è anche nella carità. Quando uno è nella carità, non può che essere nella verità. Se una delle due realtà è falsa, è falsa anche l’altra; una falsa verità, genera sempre una falsa carità, e viceversa. Per cui Santa Teresa ci dice: nei vostri cuori deve regnare la verità. Questo non è un fatto irrilevante, è fondamentale; che nel cuore regni la verità, è fondamentale. Deve regnare la verità, perché, se non regna la verità, regna la falsità; non può regnare il limbo, l’indeterminatezza; o l’una o l’altra.

E allora lei dice: guardate che non è più il tempo di fermarci in giochi da fanciulli, come le amicizie che si coltivano nel mondo, che sembrano veramente giochi da fanciulli, e che vengono fuori con queste espressioni: “Mi vuoi bene? Non mi vuoi bene?” (Sapete: “M’ama non m’ama, m’ama non m’ama” con la margherita). A meno che non ci sia una ragione che abbia il fine del bene dell’anima dell’altro — e quindi c’è uno scopo, non sono fine a sé stesse — tranne che in questo caso, non usate mai queste espressioni: “mi vuoi bene”, “non mi vuoi bene”, “mi ami”, “non mi ami”, “quanto mi ami”… Non usate mai queste espressioni, con nessuno, con nessuno. A meno che, appunto, non serva per indurre l’altro ad ascoltare una verità, come se uno dovesse un po’ addolcire la pillola, come se uno deve ungere un po’ una realtà per permettere che passi quello che deve passare.

Poi lei dice:

Le persone del mondo sanno che siete religiose e che la vostra vita dev’essere di orazione.

Lo sanno! Quindi è assolutamente assurdo, è assolutamente sbagliato dire:

non voglio che mi tengano per virtuosa.

Perché non ci sei solo tu, Il bene e il male che si vede su di te, poi si riflette anche sugli altri. Quindi, noi non dobbiamo procurarci né di fare qualcosa perché si pensi bene, né di fare qualcosa perché si pensi male. Non dobbiamo dire: “No, ma io non voglio che mi tengano per santa, io voglio che mi disprezzino…”. Attenzione! Attenzione! Un conto è dire che io cerco di partecipare alla sofferenza di Gesù, alla Passione di Gesù e quindi all’essere disprezzato come Gesù, va bene; un conto è dire che devo essere umile; un conto è dire che non devo aver paura dell’essere perseguitato e disprezzato, e va bene; ma non dire che a me non interessa, o che io non voglio che mi tengano per virtuoso, perché voglio fare l’umile, mi voglio nascondere; no! 

La partecipazione alle sofferenze di Cristo, l’essere perseguitati, l’essere diffamati, disonorati, malvisti, è una grazia che viene da Dio, non sono io che stamattina mi sveglio e dico: “Ah, ecco, oggi ho deciso che voglio essere disprezzato dal mondo” e adesso vado fuori e mi metto a fare qualcosa di disdicevole dicendo: “Pensate quello che volete, pensate il peggio possibile di me, a me non interessa”. No, questo non va bene, perché quello di essere perseguitato in suo nome, nel caso, è un dono che ti fa Dio. Non sono io che me lo vado a cercare! 

La fama, la stima di una persona, fa parte della dignità di quella persona. Non posso dire che a me non interessa; certo che mi interessa! E, per quanto sta in me, devo fare di tutto perché questa fama, questa dignità, non venga insultata. Anche perché quel male poi si riflette sugli altri: in un monastero, sulle altre monache; nella comunità cristiana, su tutta la comunità, sulla Chiesa. E questo non va bene. 

Non posso dire, io sacerdote: “A me non interessa che mi ritengano un ladro”. Perché non ne va di mezzo solamente della mia vita. Ne va di mezzo anche di tutto il sacerdozio. Se io, sacerdote, infango con un atto immorale la mia persona, non infango solamente il mio nome, infango anche il sacerdozio. E così infango tutta la realtà del sacerdozio: tutti i sacerdoti ne hanno un danno, capite? 

Quindi lei dice: tu sei tenuto a parlare di Dio; noi siamo tenuti a parlare solo di Dio, e siamo persone di preghiera, di azione — nel nostro caso, di preghiera — quindi non perderti in questi ragionamenti inutili, non stare lì a pensare, non voglio che mi tengano per …, non voglio che mi… Dedicati a Dio! Poi il resto lo fa lui. Non facciamo i finti santi! Santa Teresa di Gesù ci insegna a non fare i finti santi, a non fare gli sprovveduti, a non fare gli sciocchi. Perché a questo mondo non ci siamo solamente noi.

San Tommaso Moro non ha fatto niente per meritare quell’esito della sua vita: quella prigionia nella torre, quella spoliazione di tutti i suoi beni, titoli, onori, la separazione dalla sua famiglia, fino ad arrivare alla condanna a morte; non ha fatto niente di male. Lui semplicemente ha detto: “Io, quel documento non lo posso firmare”, punto. Ecco, questa persecuzione, tutta questa diffamazione, tutto questo male che gli è venuto addosso, gli è venuto addosso suo malgrado. Lui non ha fatto nulla, non ha detto: “A me non interessa”. A lui interessava tutto quello che lui era e faceva, la sua famiglia gli interessava, il suo lavoro di Gran Cancelliere gli interessava, tutto gli interessava, e lo faceva benissimo, come ognuno di noi deve fare. Poi, se il Signore decide di elevarti alla grazia del martirio — che è la grazia delle grazie, è la grazia suprema, e San Tommaso Moro diventa di fatto un martire, della verità, della fedeltà a Gesù — allora, a questo punto uno dice: “Signore, io non ho fatto niente per volerlo. Anzi, andava bene com’era; tu, però, hai scelto me per esserti testimone, va bene. Allora sia, fiat, perdo tutto, fino a perdere la testa e la vita”. San Giovanni Battista non voleva andare a perdere la testa, ovviamente, però… 

E poi ci sono questi altri due punti che tratteremo domani; quando lei dice: «questo è il vostro linguaggio». Ecco, su questo pezzettino di frase, vorrei fermarmi un attimo, perché la spiegazione che lei dà è molto importante, il tema del linguaggio è molto importante.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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