Scroll Top

La solidarietà – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 2

Don Gnocchi Pedagogia del dolore innocente

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La solidarietà – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 2
Mercoledì 12 giugno 2024 – Beata Maria Candida dell’ Eucarestia

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 5, 17-19)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 12 giugno 2024. Oggi ricordiamo la beata Maria Candida dell’Eucaristia; questa monaca carmelitana della quale, negli anni passati, vi ho ampiamente parlato. Quindi sul sito www.veritatemincaritate.com o su YouTube, potete ritrovare le catechesi sulla sua esperienza e anche sul suo messaggio.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 17-19.

Continuiamo la nostra lettura del libro di don Carlo Gnocchi.

Le maggiori difficoltà contro il dolore e contro la sua attribuzione, così apparentemente strana, nascono da una concezione esclusivamente individualistica e punitiva del dolore stesso; in quanto si crede che nell’uomo la sofferenza sia un affare del tutto personale ed una espiazione rigorosamente commisurata alle colpe individuali. Nulla di più falso invece, nella concezione cristiana della realtà.

Nell’economia cristiana, l’umanità forma un’unità vivente, solidamente stretta in un solo ed identico destino, compartecipe del bene e del male di ciascuno dei suoi membri; un corpo mistico che segue le stesse leggi del corpo fisico, dove la salute e la malattia, il benessere ed il malessere, la vita e la morte sono comuni a tutte le membra.

Questa arcana solidarietà agisce in senso verticale ed in senso orizzontale: lega tutte le membra al capo e tutte le membra fra di loro, in altre parole, lega tutti gli uomini con Adamo accomunandoli al suo destino e lega ogni uomo a tutti gli altri uomini mettendo in comune la quota di bene o di male di cui ciascuno è responsabile.

Don Carlo Gnocchi ci dice che dobbiamo stare attenti a che concezione abbiamo del dolore; perché “una concezione individualistica e punitiva del dolore, dove si pensa che la sofferenza sia un affare del tutto personale e una espiazione commisurata alle colpe individuali” non è molto corretta, anzi, è falsa. Nel senso che “l’umanità forma un’unità vivente” e c’è un’”arcana solidarietà” che agisce in senso verticale e in senso orizzontale; cioè, tutte le membra sono legate al capo, e tutte le membra sono legate tra di loro. 

Dobbiamo proprio pensare a un corpo: se ho un taglio a un dito, tutto il mio corpo soffre, tutto il mio corpo deve andare al pronto soccorso a farsi dare i punti. Non è che mi taglio il dito e va in pronto soccorso solo il dito, non è un problema del dito. Se mi faccio male a un piede o a una gamba, tutto il corpo si ferma; pensate a quando bisogna ingessare un piede: se c’è un problema a un piede, a una gamba, a un ginocchio sei fermo, anche se tutto il resto del corpo sta bene. Non ti puoi tagliare la gamba; quindi, tutto il resto del tuo corpo che sta bene deve stare lì, fermo, per essere curato.

Lui parla di una solidarietà verticale e di una solidarietà orizzontale, cioè: tutte le membra legate al capo, e tutte le membra legate tra di loro.

FERMIAMOCI alla solidarietà verticale

Adamo si è rivoltato contro Dio e tutti gli uomini si sono ribellati «in radice» con lui; Adamo è stato punito col peso del lavoro e del dolore e tutti gli uomini devono portare ugualmente la croce della fatica e della sofferenza con lui.

Ecco la prima fonte e la ragione fondamentale della sofferenza di un bambino. Egli soffre in quanto uomo, partecipe quindi dell’umanità, responsabile in radice della colpa originale e perciò coinvolto nella sua secolare espiazione.

Quando un bambino soffre è anzitutto la «comunione» con Adamo che si attua in lui, applicazione negativa della misteriosa legge che lega tutti gli uomini e li rende consorti nello stesso destino. Dura e pur misteriosamente giusta legge che un anonimo ha così definito, scrivendo sulla tomba di un fanciullo sepolto nel cimitero di Staglieno a Genova: «Visse, pianse e morì. Breve compendio della più lunga vita».

Se la prima fonte e giustificazione del dolore di un innocente si trova nella sua irrevocabile solidarietà con Adamo, la seconda nasce dalla sua solidarietà, altrettanto obbligante, con tutti i suoi simili.

Come particella di un grande corpo sociale, dove tutto il bene e tutto il male «entrano in circolo», anche il bambino espia la propria quota parte degli errori e delle colpe personali commesse da tutti gli uomini. (Ragione che dovrebbe servire da remora ogni qualvolta l’uomo è tentato di peccare).

Credo che non ci siamo mai soffermati un po’ a riflettere su queste cose. 

Don Gnocchi dice che la prima fonte, la ragione fondamentale della sofferenza di un bambino, sta proprio qui: nella condivisione, nella sua partecipazione all’umanità. 

Il bambino, come ogni uomo, è responsabile in radice della colpa originale, perciò, è coinvolto in questa secolare espiazione — dice don Carlo — proprio perché in Adamo tutti gli uomini si sono ribellati contro Dio. Quindi il bambino, come qualunque persona (perché ci sono anche persone adulte, che sono innocenti) soffre anzitutto questa comunione con Adamo che si attua in lui. E non dimentichiamo mai che esiste questa misteriosa legge — così scrive don Carlo — che lega tutti gli uomini e li rende consorti dello stesso destino. 

Quindi: c’è questa irrevocabile solidarietà con Adamo, e poi questa solidarietà con tutti i suoi simili.

A questo punto don Gnocchi dice: in questa solidarietà con tutti i suoi simili, lui che è innocente, va ad espiare le colpe commesse da tutti gli uomini. 

E su questo io credo che non abbiamo mai riflettuto abbastanza, non ci siamo mai soffermati a sufficienza. Infatti, lui dice che questo «dovrebbe servire da remora ogni qualvolta l’uomo è tentato di peccare». Vuol dire che, prima di peccare, dovremmo pensare che questo peccato non riguarda solamente me, ma avrà un effetto anche sugli altri, e quindi anche sugli innocenti; anche l’innocente che sta dall’altra parte del mondo, che non mi conosce, verrà toccato da questo mio peccato, da questa mia azione malvagia. 

Quindi, capite, cambia un po’ la prospettiva. Invece di dire: “Perché Dio permette che un innocente soffra?”, dovremmo chiederci: “Perché io, quando pecco, non mi faccio nessun problema che un innocente soffra a causa mia?”. Questa è la domanda corretta! 

Non si capisce perché diamo sempre la colpa a Dio, qualunque cosa accada, è sempre colpa di Dio. Invece no! Siamo noi, con la nostra libertà, che scegliamo il male; ma quando io scelgo il male, per questa comunione che ho con Adamo, per questa comunione che ho con gli altri uomini, questo male ha una ricaduta anche sugli altri.

Sarebbe bello che quest’oggi ci soffermassimo proprio a riflettere su questa cosa. 

Pensate anche semplicemente a questo: dei Capi di Stato decidono di farsi guerra — oggi ci sono i Capi di Stato, un tempo erano i re, gli imperatori, i principi — ma quel ragazzo di sedici / diciotto anni, che si sta dedicando a coltivare la terra, piuttosto che a studiare all’università, piuttosto che… che interesse ha? Nessuno. Lui forse vuole fare la guerra? Assolutamente no! 

Quel papà di famiglia che ha tre bimbi piccoli / quattro bimbi — secondo voi, ha in testa di fare la guerra? No. 

Però, primo: dovranno partire per la guerra, che non hanno deciso loro, che non hanno scelto loro; secondo: le bombe, la polvere da sparo, o andando ancora più indietro, la clava e quello che volete cadranno / cadono / sono cadute e cadranno sulla testa di coloro che non c’entrano niente, e che non hanno scelto minimamente questa cosa. 

Gli ammalati, gli anziani, i bambini e i ricoverati, che cosa hanno scelto? Hanno scelto di fare la guerra? No! Eppure, vengono coinvolti nel medesimo destino, vedete? Quel peccato (qui abbiamo proprio una un’immagine veramente plastica) di scegliere di fare la guerra (magari poi per fini assolutamente biasimevoli), porterà morte in coloro che, interrogati, avrebbero detto: “No, io non voglio”.

Ma se tu non partecipi diventi un disertore, capite? E uno dice: “Sì, ho capito, ma io non voglio. Io non ho scelto, io non so neanche chi sono queste persone, perché devo andare ad ammazzare delle persone che non conosco neanche, che male mi hanno fatto? Perché devo andare ad ammazzare il figlio di un’altra famiglia, o un padre di famiglia come me; o il figlio di quella famiglia che, come me, è figlio? Perché lo devo uccidere? Solamente perché io sono vestito di giallo e quell’altro è vestito di arancione? Il criterio per il quale io sparo è che tu sei vestito di arancione, e io di giallo. Ma vi sembra? Non so chi è, non so che storia ha, non conosco il suo volto, magari, se ci fossimo conosciuti, saremmo diventati anche amici. Perché?”

Vedete? Eppure, quella scelta… 

Peraltro, poi, chi sceglie non parte mai. Chi sceglie: “armiamoci e partite”, se ne sta seduto al suo tavolino al caldo, ben al sicuro, e partono quelli che, di fatto, non l’hanno scelto, e che magari non sono neanche capaci. Nella storia abbiamo visto quante guerre assolutamente inutili, insulse, che non sono servite a niente, che hanno portato solamente centinaia e migliaia e migliaia e migliaia di morti. Per che cosa?

Questo ci fa vedere come una scelta di male, di fatto ricade sulle persone innocenti; non solo nel senso che ti cade in testa la bomba e tu muori mentre sei lì, che stai cucinando il risotto; tu mamma, bambino, che non c’entri niente, muori perché altri hanno deciso per te; ma anche perché poi, se tu sei un uomo, devi prendere e partire, fare una guerra che magari neanche t’appartiene, della quale tu faresti volentieri a meno.

Quindi vedete come il male, veramente cade a cascata; quindi, pagano gli innocenti, è così! Proprio per questa comunione che c’è con Adamo, ma che c’è anche tra di noi. Quindi, pensiamoci bene quando dobbiamo fare il male. Quando facciamo il male, tranquilli, ci sarà sempre un innocente che paga; il nostro male ricadrà sempre sulle spalle di qualcuno; sempre! 

Pensate alla sofferenza di una famiglia che si divide: come la chiamiamo la sofferenza di questi bambini? Perché qui nessuno può mettere in dubbio che, per un bambino, questo rappresenta la fine del mondo. La separazione del papà e della mamma, per lui, è il crollo del suo mondo; non ne conosce un altro: conosce la sua casa, la sua famiglia, il suo papà e la sua mamma. E questo, dall’oggi al domani: basta! Non vedrà più uno dei due genitori e dovrà condurre una vita solo con uno dei due, e l’altro a spizzichi e bocconi, a intermittenza. Con la valigina sempre pronta alla porta, e deve stare lì a fare i conti: “Oggi è il weekend dispari o il weekend pari?”. Cose che non avrebbe mai immaginato di dover contare, prendere il calendario e dire: questo è il weekend pari: devo andare col papà; questo è il weekend dispari: devo andare con la mamma. 

Poi, se magari, entra in scena una terza persona, che magari a sua volta, anche lei ha dei figli, questo improvvisamente, dall’oggi al domani, si trova in casa dei fratelli acquisiti, delle sorelle acquisite, che, poverini, anche loro, come lui, si sono trovati nella medesima situazione. “E questi qui chi sono?” — “I tuoi fratellini”. Calma! Capite, non è proprio così. Siccome lo scelgo io, siccome l’ho deciso io che da adesso deve essere così, anche tu devi accettare questa cosa. Ma questa è una violenza, questi sono degli innocenti che pagano le scelte degli altri. Nel momento in cui la mia scelta va a ricadere sugli innocenti, o comunque sulle altre persone, io non dovrei farlo senza il loro permesso. “Eh, ma io mica posso rinunciare alla mia vita!” Invece sì! Nella misura in cui, una scelta diversa, va a rovinare, o anche solo ipoteticamente a rovinare, la vita di un altro.

Vedete la Pedagogia del dolore innocente che stiamo trattando che vasi di Pandora apre? Perché qui, veramente, siamo al cuore di tutto. 

Non bisogna avere timore di farsi delle domande, di porre delle questioni. Poi, magari, non avremo la soluzione per tutto, però le questioni vanno aperte, poi ciascuno ragionerà… Sono questioni che, oggigiorno soprattutto, sono all’ordine del giorno. Sembra che qualcuno abbia più diritti degli altri ma non è vero. Non è che io, adulto, ho più diritti di un bambino; non è che io, adulto sano, ho più diritti di un adulto malato; non è che io, giovane, ho più diritto o più diritti di una persona anziana, che si avvia alla fine della sua vita! Il diritto alla vita, il diritto alla dignità, il diritto al rispetto, il diritto a una vita serena e felice, ce l’hanno tutti. E se tu ti sei accorto che, a un certo punto della tua vita, per “x” ragioni, le cose non funzionano più, se ci sono questi innocenti presenti… non possiamo fare le cose con tanta faciloneria, perché “tanto si abituano”! No, non è vero, perché poi, se andiamo a vedere gli studi, vediamo che le cose non stanno proprio così.

Credo che oggi ci faccia proprio bene ragionare un po’ sulle nostre scelte, sulle nostre responsabilità.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati