Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Gesù attraverso il cristiano pt.1 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.29
Mercoledì 4 settembre 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.
VANGELO (Lc 4, 38-44)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagòghe della Giudea.
Testo della meditazione
Scarica il testo della meditazione in formato PDF
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a mercoledì 4 settembre 2024. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quarto capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 38-44.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di don Divo Barsotti. Il nuovo capitolo s’intitola:
CONTINUA ATTRAVERSO IL CRISTIANO L’AZIONE REDENTRICE DEL CRISTO
La riparazione ci chiama a questo: a vivere pienamente la nostra natura e la nostra dignità di cristiani continuando il mistero della Redenzione del Cristo nella nostra medesima sofferenza, nella nostra medesima morte. Dobbiamo sentire che siamo vittime poste sopra l’altare; non abbiamo bisogno di far voti di vittime per esserlo; nella misura in cui siamo nel Cristo, siamo con lui vittima e sacerdote; nella misura in cui viviamo il mistero del Cristo siamo come lui sopra l’altare vittime immolate; non abbiamo bisogno di far voti particolari; ma dobbiamo vivere piuttosto la nostra dignità di cristiani, la nostra vita cristiana come impegno a saper accettare tutto per amore, a vivere tutto con lo spirito col quale Gesù medesimo ha vissuto la sua Passione e si è dato alla morte. Ogni cristiano di fatto continua la Passione stessa di Gesù, per gli stessi motivi, e se non aggiunge nulla a quella Passione, quasi che essa non fosse stata bastante a redimere il mondo, la fa tuttavia presente in qualche modo, per applicare oggi i meriti di una redenzione che fu già sufficiente per tutti. Che il Signore ci aiuti a comprendere e ci faccia vivere sempre più pienamente questo mistero! Dobbiamo renderci conto che la nostra comprensione sarà sempre debole e incerta, andrà sempre ben poco lontano. Siamo più grandi di quanto possiamo immaginare di essere, operiamo con una efficacia più grande di quanto possiamo credere, perché siamo nel Cristo e Cristo vive in noi il suo stesso mistero. Siamo contenti che Dio ci faccia suoi cooperatori nella misura in cui siamo consapevoli, e consapevolmente ci doniamo alla sua grazia, perché egli viva attraverso di noi; ma siamo contenti che l’azione con cui noi siamo associati a lui è ben più potente e profonda di quanto noi comprendiamo. Di fatto, anche se spesso viviamo una vita cristiana un po’ fiacca e non sempre siamo presenti a noi stessi, dobbiamo renderci conto tuttavia che quest’azione redentrice continua: fintanto che in noi vive il Cristo, continua anche a vivere in noi il suo mistero. Il bambino certo non è consapevole del perché del dolore, eppure anche il bambino soffre; ma possiamo pensare per questo che quella del bambino sia una sofferenza inutile, come quella del dannato? Possiamo pensare che la sofferenza dell’innocenza, anche se inconsapevole, sia una sofferenza vana? È possibile che la sofferenza di un bambino battezzato sia vana per il fatto che egli è del tutto inconsapevole della sua dignità?
Il mistero della strage degl’innocenti ci insegna che vi può essere e vi è una sofferenza e una morte degli innocenti, che ha un valore di sostituzione, di rappresentanza per i peccatori. Gl’innocenti soffrono per i peccati; non soltanto la sofferenza dei santi è prezzo di redenzione, ma anche tutta la sofferenza umana, quando sia la sofferenza del Corpo di Cristo. Così il bambino, che fa parte del mistico Corpo di Cristo, non sarà capace di per sé di un atto consapevole e libero, di un suo atto personale di amore: ma cesserà per questo di essere vittima insieme a Gesù, di essere un solo corpo col Cristo che muore? La capacità per noi di espiare, prima che nel nostro atto di amore, ha la sua radice nella nostra unione col Cristo: per questo forse possiamo pensare che la stessa sofferenza degli innocenti non sia vana. A Ivan Karamazov, che protesta di non poter accettare per le lacrime di un bimbo nemmeno la salvezza del mondo, dobbiamo rispondere che tutto il mistero cristiano sta qui. Il dolore e la morte, dopo la Passione e la Morte del Cristo, sono meno condanna e castigo che privilegio di amore, partecipazione a un mistero di redenzione. Rifiutare il dolore sarebbe oggi, per l’uomo, rifiutare di cooperare nel modo più efficace alla salvezza del mondo, sarebbe rifiutare l’unione dell’umanità con Cristo, sarebbe rifiutare l’amore, che realizza nella espiazione l’unità dei santi e degli innocenti coi peccatori.
Don Divo ci dice che noi ci dobbiamo sentire e sapere delle vittime poste sopra all’altare, non c’è bisogno di fare un voto. Non c’è bisogno di fare i voti perché, nella misura in cui siamo in Gesù, noi siamo, con lui, vittime e sacerdoti. Quindi non serve fare voti particolari, ma, dice don Divo: «dobbiamo vivere piuttosto la nostra dignità di cristiani, la nostra vita cristiana come impegno a saper accettare tutto per amore…». Accettare tutto quello che capiterà, tutto quello che ci capita, accettare tutto per amore.
Oggi ti dicono che sei bravissimo e domani ti lanciano le pietre; oggi cantano “Osanna al figlio di Davide” e domani ti sputano in faccia; oggi mettono rami di palma su cui far camminare l’asinello che portava Gesù e domani gli inchiodano i piedi; vedete? E così! Saper accettare tutto per amore.
E poi, lui dice che non serve fare i voti di vittime. “Vivi la tua dignità cristiana; vivi la tua vita cristiana, vivila con lo spirito col quale Gesù ha vissuto la sua Passione e si è dato alla sua morte”; non c’è bisogno di fare voti! Credetemi, basta vivere la vita cristiana e la dignità cristiana, solo quello. E questo immediatamente comporterà sicuramente soffrire, comporterà sicuramente il gioire e, di sicuro, sarà un impegno di accettare tutto per amore. Guardate, è così.
Mi è successa, tempo fa, un’esperienza — come sarà successo anche a voi — veramente molto stupefacente, almeno per me. Ero al mare, e siccome era un giorno che faceva particolarmente caldo e il giorno prima avevo preso molto sole, allora ho detto: beh, stamattina, pur restando al mare, vado sotto a questa sorta di riparo, di “gazebo”, dove c’erano tanti tavolini, delle sedie, e dove chi voleva poteva mettersi lì sotto a respirare l’aria buona del mare, ma senza dover comprare nulla. Semplicemente era un gazebo, molto grande, con sotto questi tavoli e queste sedie. Avevo da studiare, da sistemare un po’ di cose, ed ero insieme ad altre persone; eravamo appunto scesi a prendere un po’ di sole, un po’ di mare, un po’ di aria buona, a fare qualche bella nuotata, in modo tranquillo. Erano già diversi giorni che eravamo lì e andavamo al mare a prendere il sole, a fare il bagno, anche a studiare e pregare, però facevamo una vita assolutamente normale, ordinaria, come fanno tanti altri. Non era la prima volta che andavo sotto questo gazebo. Quel giorno era l’ultimo giorno della nostra permanenza e abbiamo salutato il responsabile che ci aveva accolto così tanto gentilmente, l’abbiamo ringraziato, e intanto andiamo avanti a studiare, io le mie cose, loro le loro, ognuno le sue: leggere, studiare, meditare. Sapete, la vacanza non è il tempo del vizio e dell’ozio, è un tempo di riposo, ma laborioso.
A un certo punto arriva una signora, che né io né le altre persone che erano con me, conoscevamo, ci saluta, poi prende una sedia, si siede davanti a me, a noi — ma soprattutto a me, non so perché, ha scelto di sedersi davanti a me — si presenta e dice: “Buongiorno. Io vi ho visti” — a dire il vero dice “vi abbiamo visti” — “sapete, al mare… eh, insomma, la gente ci vede…”. Ho detto: no, anche qui, non ci posso credere; questa cosa è una cosa che mi perseguita, ovunque vada “ci vedono”, va bene. Dico: “Sì, signora, tranquilla, lo so benissimo” — “No, perché sa, poi la gente parla, la gente… — “Eh sì, sì, lo so che la gente ci vede, la gente parla…”. Però, voglio dire, c’erano tante persone, non è che noi avevamo addosso chissà quale bandiera o quale cosa, che uno dice: “li riconosco”, no, proprio confusi tra tanti. E dice: “Sì, ecco, io volevo parlarvi”. E io la guardo e dico: “Signora, ma perché? Cioè, nel senso, ci sono qui tante persone, perché vuol parlare con noi, perché viene qui a parlare con noi?”. Dice: “No, perché io vi ho guardati: voi siete diversi!”. Io, vi assicuro, mi sono fatto muto, e con me anche gli altri. Dice: “No, perché voi siete diversi. Ho visto che eravate diversi e poi ho chiesto informazioni — (oh cielo, ho detto, anche qui!) — ho chiesto informazioni — (a quel signore che io vi ho detto che abbiamo ringraziato, che era un po’ il responsabile) — e, insomma, ho capito che fate parte di una chiesa un po’ particolare — (io in silenzio) — e allora ho detto: no, guarda, io devo andargli a parlare, a questi ragazzi”. Io tra me e me ho detto: grazie per i “ragazzi”, anche se ormai non ho più l’età dei ragazzi, e gli ho detto: “Ma signora, mi scusi, cosa abbiamo fatto di così particolare per attrarre l’attenzione?” — “No, ma non è che avete fatto qualcosa, è che, insomma, si capisce…!”. Mah, non so dirvi da cosa abbia visto, capito, dedotto, non abbiamo fatto niente, ma proprio niente, di strano, niente di particolare, semplicemente arrivare e salutare, essere gentili, come tutti, va bene, dire le nostre preghiere; poi, voglio dire, questa signora era molto lontana, come postazione, rispetto a noi. E allora ci dice: “Ecco, allora volevo un po’ capire”; poi mi guarda e mi dice: “Ma perché non mi dite niente? Perché non mi parlate? Perché state sempre zitti?”. E ho detto: “Eh, beh, signora, perché bisogna saper ascoltare, a questo mondo; a questo mondo si parla troppo e non c’è più nessuno che ascolta. Quindi è importante ascoltare; prima ascoltare, poi parlare”. Quindi, se prima pensava che fossimo strani, adesso eravamo gli UFO. E dico: “Allora, innanzitutto la rassicuro, non facciamo parte di nessuna chiesa particolare, diversa, strana; tranquilla, siamo cattolici apostolici romani”. Poverina, vabbè, mi ha fatto tenerezza.
A un certo punto arriva una signora, che nessuno di noi conosceva. Ci saluta, prende una sedia e si siede davanti a noi — ma soprattutto davanti a me, non so perché ha scelto di sedersi proprio lì. Si presenta e dice: “Buongiorno. Io vi ho visti” — anzi, a dire il vero dice “vi abbiamo visti” — “sapete, al mare… insomma, la gente ci vede…”.
Io penso: no, anche qui, non ci posso credere; questa cosa mi perseguita, ovunque vada “ci vedono”, va bene. Dico: “Sì, signora, tranquilla, lo so benissimo”. Lei continua: “No, perché sa, poi la gente parla, la gente…”. E io: “Eh sì, sì, lo so che la gente ci vede, la gente parla…”.
Però c’erano tante persone, non è che noi avevamo addosso chissà quale segno distintivo che ci facesse riconoscere. Eravamo proprio confusi tra tanti. E lei insiste: “Sì, ecco, io volevo parlarvi”. La guardo e chiedo: “Signora, ma perché? Ci sono qui tante persone, perché vuol parlare con noi?”.
Lei risponde: “Perché io vi ho guardati: voi siete diversi!”. Vi assicuro, sono rimasto senza parole, e con me anche gli altri. Lei continua: “Ho visto che eravate diversi e poi ho chiesto informazioni — (oh cielo, ho pensato, anche qui!) — ho chiesto informazioni — (a quel signore che io vi ho detto che abbiamo ringraziato, che era un po’ il responsabile) — e, insomma, ho capito che fate parte di una chiesa un po’ particolare — (io in silenzio) — e allora ho detto: no, guarda, devo andargli a parlare, a questi ragazzi”.
Tra me e me ho pensato: grazie per i “ragazzi”, anche se ormai non ho più l’età. Le dico: “Ma signora, mi scusi, cosa abbiamo fatto di così particolare per attirare l’attenzione?”. Lei risponde: “No, ma non è che avete fatto qualcosa, è che, insomma, si capisce…!”.
Mah, non so dirvi da cosa abbia capito, dedotto… Non abbiamo fatto niente di strano, niente di particolare, semplicemente siamo arrivati, abbiamo salutato, siamo stati gentili, come tutti, e abbiamo detto le nostre preghiere. Tra l’altro, questa signora era anche abbastanza lontana da noi.
Poi ci dice: “Ecco, volevo un po’ capire”; poi si ferma un attimo, mi guarda e chiede: “Ma perché non mi dite niente? Perché non mi parlate? Perché state sempre zitti?”. E io rispondo: “Eh, beh, signora, perché bisogna saper ascoltare, a questo mondo; si parla troppo e non c’è più nessuno che ascolta. Quindi è importante ascoltare; prima ascoltare, poi parlare”.
A quel punto, se prima pensava che fossimo strani, adesso eravamo decisamente degli UFO. Così ho detto: “Allora, innanzitutto la rassicuro, non facciamo parte di nessuna chiesa particolare, diversa, strana; tranquilla, siamo cattolici apostolici romani”. Poverina, alla fine mi ha fatto tenerezza.
Cosa poi ci ha detto, ve lo dirò più avanti, non oggi. Voi tra un mesetto e mezzo, ricordatemelo, se me lo fossi dimenticato, me lo ricordate: “Cosa le ha detto, padre, quella signora quel giorno in riva al mare?”. Ve lo dirò perché non è un segreto di confessione, mi ha parlato davanti anche ad altre persone con molta semplicità. E capirete perché ve ne parlerò poi.
Tra parentesi, guardate, è caduto a fagiolo: sembravo — perdonatemi il paragone, non lo sono, ma per farvi capire — Sant’Agostino! Mi è tornata in mente la storia di Sant’Agostino, che voleva capire la Santissima Trinità. A un certo punto, si trova davanti un bambino che cerca di mettere il mare dentro una buca nella sabbia con un secchiello. Sant’Agostino gli chiede: “Ma cosa fai?” e il bambino risponde: “Voglio mettere il mare dentro la buca”. Sant’Agostino allora gli dice: “Certo, tu vuoi mettere il mare in una buca di sabbia”, e il bambino replica: “E tu vuoi capire la Trinità con la tua testa da uomo”. Touché!
Ecco, è successa una cosa simile, perché io stavo studiando una questione, e questa signora ha trattato e confermato esattamente quello che stavo studiando. Incredibile, proprio piovuto dal nulla! È arrivata lì e mi ha detto cose che avrei potuto prendere il mio iPad e dirle: “Signora, guardi, le rispondo leggendo, perché sto proprio studiando queste questioni di cui lei ora mi sta parlando”. Era un lavoro che stavo facendo e stavo affrontando esattamente quel tema.
Quello che mi ha detto ve lo dirò poi, perché oggi non è importante. Quello che è importante invece che cos’è? Perché ve l’ho raccontato? Perché quello che dice don Divo è assolutamente vero: vivi la tua vita cristiana, la tua dignità cristiana in modo ordinario, e gli altri, anzi “la gente”, come ha detto la signora, — “ci vedono”, “parlano”.
È la stessa cosa che vi raccontai qualche tempo fa, quando vi dissi — sempre in un’esperienza marittima — che una sera eravamo andati a prendere il gelato con altri ragazzi che erano lì. Credetemi, abbiamo semplicemente preso il gelato. Ve lo dico davanti al Signore: siamo entrati, abbiamo preso il gelato e, lo ammetto — perdonatemi se lo considerate un peccato di gola — anche delle code di aragosta ripiene di crema. Insomma, un bel gelatone con le code di aragosta ripiene di crema; un po’ esagerato, ma ogni tanto, una volta all’anno, si può fare.
Eravamo già andati due o tre volte nella gelateria pasticceria di queste tre ragazze. Non abbiamo fatto nient’altro, non abbiamo parlato di nient’altro, nulla: “Desidero questo, questo e questo. E poi prendo quella coda di aragosta”, punto. Anche lì, stessa cosa, ci dicono: “Ma forse, adesso, vi vorremmo chiedere… abbiamo pensato… secondo noi siete degli ingegneri astrofisici”. Io piegato in due dal ridere, potete immaginare. Un’altra salta su e dice: “No, secondo me queste persone sono dei filosofi” — “No, no, sono dei matematici”. Insomma, hanno tirato fuori delle cose incredibili!
Alla fine, gli ho detto: “No, guardate, semplicemente siamo altro”, e ho spiegato chi fossimo davvero. Anche lì è nata un’amicizia bellissima; poi ci hanno fatto una torta in regalo, insomma, tutte queste cose. Non abbiamo fatto niente di particolare, vi assicuro, niente, nulla, come quel giorno con quella signora. Niente se non andare al mare, prendere il sole, sentire il sale, la sabbia — le famose “tre esse” — e basta, le nostre preghierine… facevamo il bagno, come fanno tutti al mare. Non è che camminassimo sulle mani o facessimo acrobazie, né mi sono messo a fare il predicatore in mezzo alla spiaggia. No, niente di tutto questo.
E questa esperienza mi ha proprio fatto capire che uno pensa di dover fare chissà cosa per testimoniare la propria fede, per predicare — perché quando vi dirò i contenuti capirete: mi sono trovato a fare il catechista, a dover predicare. Ma se uno vive veramente la vita cristiana, non deve nemmeno andare a cercare le persone; sono loro che vengono attratte. Ecco, la signora disse che era molto curiosa e si era sentita attratta da noi, dal nostro modo di fare. Vedete? Secondo me — o meglio, leggendo il testo di don Divo — capisco che c’è un’attrazione naturale. E questa persona non conduceva una vita da cristiana praticante, assolutamente. Eppure, interiormente, ha sentito un’attrazione e ha capito giusto, perché poi le ho detto che ero un sacerdote, quindi non si era sbagliata. Noi ci immaginiamo che, alle volte, per testimoniare Gesù dobbiamo fare delle grandi scenate; invece, il Signore ti stupisce, all’ultimo giorno di quel periodo di riposo, mandandoti chi vuole mandarti. Basta. Vedete? Ed è vero che a quel punto uno deve saper accettare tutto: sì, perché in quel momento, devo dirvi la verità, ho detto: “No, ma santa pace, ma devo finire il mio lavoro; sono qui che sono in ritardo, ho bisogno di finire il mio lavoro”. E poi, guardando questa signora, ho detto: “No; ecco, questo è il momento in cui devi sapere accettare con amore i piani della Provvidenza. Tu non hai cercato niente, ti è arrivata dal cielo, basta”. Ho spento il mio iPad e mi sono dedicato questa persona.
Infatti, vedete che don Divo dice:
vivere tutto con lo spirito col quale Gesù medesimo ha vissuto la sua Passione e si è dato alla morte. — lasciarci portare via tutto quello che reputiamo magari anche importante.
fintanto che in noi vive il Cristo, continua anche a vivere in noi il suo mistero. — anche se noi siamo un po’ distratti.
Domani vedremo l’altra parte che abbiamo letto. Quindi, oggi raccomando alla vostra preghiera questa signora, perché il suo cammino di ricerca e di fede possa trovare uno sbocco felice.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.