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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 73

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 73
Venerdì 20 ottobre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 12, 1-7)

In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 20 ottobre 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal dodicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 1-7.

Andiamo avanti con la nostra preghiera… andiamo avanti con la nostra meditazione. Anche se ho avuto un lapsus, però è giusto dire che è anche una preghiera, perché del resto, come sapete, ogni meditazione che facciamo deve sempre trasformarsi in una preghiera. È sempre un momento di preghiera perché noi chiediamo allo Spirito Santo la grazia, la luce di poter poi non solo comprendere, ma mettere in pratica le cose che meditiamo.

E quindi continuiamo lettura del testo Sequela di Bonhoeffer. Lo avevamo concluso così:

Sono i beni del mondo che vogliono distogliere da Gesù il cuore del discepolo.

Proseguiamo:

A che cosa è rivolto il cuore del discepolo? Questo è il problema. È rivolto ai beni del mondo, o anche soltanto a Cristo e a quei beni? Oppure è esclusivamente rivolto a Cristo? La luce del corpo è l’occhio, la luce di chi è nella sequela è il cuore. Se l’occhio è tenebroso, come dovrà essere tenebroso il corpo! Se il cuore è tenebroso, quale tenebra vi sarà nel discepolo! E il cuore diventa tenebroso se si attacca ai beni del mondo. In quel caso, per quanto insistente possa essere la chiamata di Gesù, essa rimbalza, non trova accesso all’uomo, poiché il cuore è chiuso, appartiene ad un altro. Nessuna luce entra nel corpo, se l’occhio è malvagio: così la parola di Gesù non arriva più al discepolo, se il suo cuore si chiude. La parola soffoca, come il chicco di grano sotto le spine, «per le apprensioni, per la ricchezza e i piaceri di questa vita» (Lc 8,14).

Il nostro cuore a che cosa è rivolto? È veramente la domanda fondamentale. È rivolto esclusivamente a Gesù o a Gesù e ai beni di questo mondo? Bonhoeffer scrive che la luce di chi è nella sequela è il cuore e questo cuore diventa tenebroso quando e nella misura in cui si attacca ai beni del mondo. Proprio quando noi ci attacchiamo ai beni del mondo, il nostro cuore diventa tenebra, diventa proprio oscuro, non so se avete mai sperimentato la tenebra. La tenebra, cioè quando non si vede altro che il buio, è terribile, perché non si vede niente, non vedi neanche i tuoi piedi, dove cammini. È terribile, sei come cieco, non hai più un punto di riferimento, non c’è la luce della luna, la luce delle stelle, una qualunque luce artificiale, non hai in mano una fonte di luce, non c’è nulla, nulla, solo tenebra. È un’esperienza bruttissima. Ecco, quando noi ci attacchiamo ai beni del mondo, il nostro cuore diventa così. E quando questo accade cosa succede? Per quanto possa essere insistente, la chiamata di Gesù “rimbalza”. Ecco, questo termine è perfetto: rimbalza, non trova l’accesso. Perché non trova l’accesso? Perché il cuore è chiuso, in quanto appartiene a un altro. Eh, purtroppo guardate, è verissimo. Io credo che, spero non tanti di noi, ma qualcuno di noi avrà fatto questa esperienza: la chiamata di Gesù non passa. Uno dice: “Ma perché non passa, perché rimbalza? Perché non trova accesso in quel cuore?” Non trova accesso in quel cuore perché è chiuso. Nel momento in cui io sono attaccato ad altro che non sia Gesù, il mio cuore non è più capace di ospitare Gesù. E in questa maniera la parola di Gesù non arriva più al discepolo, perché il cuore è chiuso, quindi la parola rimane soffocata. 

Tutti ricordiamo, Luca 8,14: «per le apprensioni, per la ricchezza e i piaceri di questa vita». Quindi non c’è solamente la ricchezza e i piaceri, ci sono anche le apprensioni, le paure. E cosa volete… Tutti noi abbiamo svariati motivi per avere paura. Noi conosciamo il sentimento della paura da bambini, di fatto ci accompagna sempre: la paura di essere abbandonati, la paura di non essere capiti, la paura di non essere accolti, la paura di non essere valorizzati, la paura di non riuscire, la paura di avere paura — c’è anche quella — la paura di morire, la paura della malattia, la paura di perdere la memoria, la paura di dover fare un viaggio, di dover cambiare vita, di affrontare l’ignoto. Quanti motivi abbiamo di avere paura! La paura di rimanere soli o la paura di essere soli. Io ne ho citate solo alcune, forse le più diffuse, ma sono tante le motivazioni per avere paura. E queste paure, queste apprensioni, possono soffocare la parola di Dio, cioè, diventano talmente forti, talmente folte, talmente spesse, talmente numerose, che la parola di Dio soffoca. Cioè, la testa, il cuore, rimangono così avviluppate, invischiate dentro a queste paure che non c’è più neanche lo spazio mentale per poter meditare la parola di Dio.

Voi sapete che la paura è un sentimento talmente potente che si può morire. “Sono morto di paura” è un modo di dire, ma è vero, purtroppo succede. E allora dobbiamo fare che cosa? Dobbiamo fare quello che ha detto prima Bonhoeffer, cioè chiederci: “Questo cuore a chi è rivolto?” Se è rivolto a Gesù noi sentiremo il senso dell’incertezza, il senso della malattia, il senso dell’abbandono, il senso di tutto quello che abbiamo detto prima, ma non più la paura, cioè non si trasforma più in una paura. Avverti questo senso di precarietà, ma siccome hai fede in Dio e ti fidi di Dio profondamente, basta. Siccome questo cuore è rivolto a Gesù, basta. Ci nutriamo della sua parola, ci fondiamo sulla sua parola. Prosegue:

La semplicità dell’occhio e del cuore corrisponde a quel nascondimento che non sa altro al di fuori della parola e della chiamata di Cristo, che consiste nella piena comunione con Cristo. In che consiste la semplicità del comportamento di chi è nella sequela nei confronti dei beni della terra?

Fermiamoci un secondo: il nascondimento, questo tema del nascondimento che porta con sé il tema della semplicità. Vive pienamente nascosto non chi fa la falsa vittima, non chi dice: “No, no, ma io sto nascosto…” ecco, non questa persona, ma chi vive in piena comunione con Gesù. Questa piena comunione con Gesù è ciò che ci permette il nascondimento, perché? Perché — ritorniamo alla domanda — il mio cuore non è altro che rivolto a Gesù. E quindi posso stare nascosto agli occhi di questo mondo; non mi interessano. 

Voi direte: è difficile. Eh sì, certo è difficile, perché è difficile essere in comunione con Gesù. Perché essere in comunione con Gesù vuol dire rinunciare al visibile, che è molto affascinante, per seguire l’invisibile — l’abbiamo già trattato questo tema — e questo è difficile. Se io penso, e non possiamo non pensare, a tutti quei confessori della fede che ancora oggi sono incarcerati, condannati ingiustamente, perseguitati, torturati. È una tortura… essere chiusi in un campo di prigionia perché tu hai fede in Gesù — ancora oggi succedono queste cose — ma vi rendete conto? Per motivi di fede! Questa cosa è incredibile: per noi cristiani è veramente incredibile, però non è un mistero, perché? Perché queste persone che ancora oggi a motivo di Gesù, a causa di Gesù, sopportano queste persecuzioni terribili — vedete — vivono un nascondimento assoluto. Ma come fanno a reggere? Reggono perché sono in comunione con Gesù. Pensate ai vescovi, ai sacerdoti che sono incarcerati, che sono messi in queste celle piccole, umide, buie, che sono magari anche ammalati, sono anziani, che devono subire l’indottrinamento, pensate… pensate a cosa voglia dire per loro… non puoi più esercitare il tuo ministero — l’abbiamo già visto nel caso del Cardinal Văn Thuận — non puoi metterti a predicare… Sei chiuso lì, in una cella, in un buco, con niente, avendo perso tutto, dimenticato dal mondo ma non da Dio e tu sei lì a vedere la tua vita che si consuma, a vedere i tuoi giorni che passano. Daresti probabilmente tutta la tua vita per poter passare ancora un giorno insieme alle persone che ti amano e che ami e che amate insieme il Signore. Tu da vescovo, loro da fedeli, tu da sacerdote, loro da popolo di Dio. 

Eppure… mi sembra che noi mangiamo la pastasciutta normalmente no? Queste persone non fanno rumore: muoiono — ingiustamente condannate, falsamente condannate, empiamente condannate — e il mondo lo sa? Certo che lo sa, tutti lo sanno, tutto il mondo lo sa, ma nessuno interviene. Nessuno va a dire: no, qui non c’è un reato; essere sacerdote non è un reato; essere vescovo non è un reato; essere cristiani non è un reato; aver sorpreso quella persona con la Bibbia in mano non è un reato; averla sorpresa mente sta pregando non è un reato; perché è in galera? Perché è in isolamento? Perché la torturate? Per quale motivo? Niente di tutto questo è un reato, quindi la dovete rilasciare.

Questi sono dei crimini, dei crimini contro l’umanità. Centinaia e migliaia di persone hanno sofferto e stanno soffrendo ancora oggi per questo. Eppure…eppure il mondo continua a girare come se niente fosse, e loro restano dimenticate dai potenti della terra, restano lì a consumare il loro sacrificio giorno dopo giorno, nascoste. Io li ho chiamati “i confessori della fede” perché di fatto loro stanno subendo il martirio; non sono ancora morti e non stanno tradendo Gesù. 

Ecco, a questo punto Bonhoeffer pone un’altra domanda: «In che consiste la semplicità del comportamento di chi è nella sequela nei confronti dei beni della terra?» Questa è un’altra domanda importante. E perché è importante? Perché anche questo è un tema molto attuale. Scrive:

Gesù non vieta ai discepoli l’uso dei beni. Gesù è stato uomo, — veramente uomo vi aggiungo io, in tutto uomo, come in tutto Dio — ha mangiato e bevuto come i discepoli.

Ma veramente ha mangiato e ha bevuto, non è che ha mangiato e bevuto in modo apparente. Non era un’opera di magia, Gesù era veramente pienamente uomo, ha mangiato e bevuto come i suoi discepoli, ha dormito, ha sudato, si è lavato come tutti gli uomini.

In tal modo ha purificato l’uso dei beni della terra. Il seguace deve servirsi con gratitudine dei beni che con l’uso si consumano, che servono alle necessità quotidiane e al nutrimento della vita del corpo.

Quindi, non c’è un divieto sull’uso dei beni, perché Gesù li ha purificati tutti. Lui li ha usati tutti e li ha purificati tutti, quindi non c’è nessun male. Anzi noi dobbiamo usarli con gratitudine proprio perché servono alle nostre necessità e servono al nutrimento della vita del corpo. Quindi siamo grati a Dio per questi doni bellissimi che ci fa! Ma di tante cose, di tutte le cose… non dobbiamo disprezzare i beni della terra, assolutamente, vanno usati con gratitudine.

I beni sono dati per l’uso, non per essere ammassati. — Questo è un altro concetto interessante — Come Israele nel deserto riceveva da Dio la manna quotidianamente e non doveva affannarsi per il mangiare e il bere, e la manna conservata da un giorno all’altro inacidiva immediatamente, così il discepolo di Gesù deve ricevere quotidianamente da Dio ciò che gli occorre, mentre se lo accumula e lo trasforma in possesso stabile, manda in rovina il dono e sé stesso. Il cuore è attaccato al tesoro accumulato. Il bene accumulato si frappone tra me e Dio. Dov’è il mio tesoro, là è la mia fiducia, la mia sicurezza, la mia consolazione, il mio Dio. Il tesoro è idolatria.

Eh sì, interessante…Impariamo anche questa libertà dall’ammassare, dall’accumulare. Impariamo a saper vivere quotidianamente nella fiducia in Dio, come per la manna che ricevono gli israeliti. 

Infatti, sapete che San Francesco era assolutamente contrario all’accumulo per i suoi frati, non voleva che si accumulassero ricchezza, che si avessero rendite, assolutamente. Nel modo più assoluto! Anche Santa Teresa di Gesù non le voleva. Non volevano le rendite perché non volevano uscire dalla logica della provvidenza. Il ragionamento era: noi stiamo servendo il Signore, ci penserà lui a noi ogni giorno, deve pensarci lui, l’ha promesso! E infatti Gesù non è mai mancato. 

Tutti i santi lo testimoniano: San Giovanni Bosco, San Giovanni Maria Vianney, Santa Teresa di Gesù; nessuno ha mai detto: “Ecco, vedete, il Signore non ha mantenuto la sua promessa, noi ci siamo messi a servire lui a pensare a lui e siamo morti di fame”; non è mai successo. Quindi stiamo attenti a questo conservare, perché inacidisce! Mentre noi riceviamo da Dio quello che ci occorre. Se io lo accumulo, cosa succede? Bonhoeffer dice che, se io accumulo, lo trasformo in un possesso stabile e mando in rovina il dono e me stesso. Ecco che cosa accade: lo accumulo, lo trasformo in un possesso stabile, e mando in rovina il dono e me stesso, proprio perché l’ho accumulato. 

Allora voi direte: “Vabbè, allora questo vuol dire che devo prendere tutti i soldi che ho in banca e li devo dar via”, No, il ragionamento non è questo, perché ovviamente sono cambiati i tempi da quando è stato scritto il Vangelo, il contesto nel quale è stato scritto il Vangelo. Questo non vuol dire che dobbiamo lasciar perdere il Vangelo e fare quello che vogliamo, ma vuol dire che dobbiamo capirlo: cogliere cosa resta, cosa è verità immutabile, e cosa invece è legato al contesto storico. 

Allora, è chiaro che questo tema dell’avere del denaro, ad esempio in banca, è funzionale alla vita di una famiglia. Cioè, io non posso andare a lavorare e dire: “Sì, dunque, allora il mio stipendio me lo date in pezzi da dieci in una busta di carta” — “Eh, non è possibile!” — ti rispondono — “No, non si può, dobbiamo versarlo su un conto corrente”. Bisogna dare il conto corrente dove viene versato lo stipendio, non te lo dà nessuno in contanti. E poi se hai un mutuo, se devi sistemare la casa, se hai dei figli è chiaro che devi avere un patrimonio dal quale attingere per poter mantenere la tua famiglia, la tua vita e via dicendo.

Quindi non è da intendere con: andiamo tutti a vivere nelle palafitte e ogni giorno costruiamo una palafitta nuova, perché dobbiamo vivere quotidianamente della novità. No, è ovvio che non è così. O che dobbiamo muoverci come pellegrini e vivere tutti sotto l’albero di fico al freddo e al gelo, come facevano alcuni santi, no. Ma vuol dire che innanzitutto non devo eccedere, cioè non devo accumulare quando non è necessario farlo. 

Noi spesse volte accumuliamo e poi la roba ci va veramente a male, oppure ci dimentichiamo, siamo degli accumulatori seriali, per cui abbiamo le cantine che sono stracolme di cose che sono lì da vent’anni e neanche più ci ricordiamo di averle. Ecco, questo è un accumulo seriale. Questo è un accumulo che si è trasformato in possesso stabile. E veramente ci manda in rovina questo stile di vita eh! Questo non va bene; per cui ogni tot è giusto andare a rivedere le nostre cose e dire: no, questa cosa non mi serve, tanto che sono tre anni che è qui e neanche ricordavo di averla. Quindi la do via, magari a qualcun altro serve. 

Il problema è l’accumulare inutilmente, senza una ragione, senza una progettualità, senza un reale e utile scopo. E questo accumulo si trasforma in un possesso stabile, cioè io stabilmente possiedo queste cose. E non si può dire che il nostro cuore non si attaccherà ad esse. Capite?

Pensate anche a questa cosa: alle volte noi abbiamo degli oggetti preziosi, li prendiamo, li mettiamo in cassetta di sicurezza in banca e li chiudiamo là dentro e restano là dieci, quindici, vent’anni. La collana della nonna, il bracciale, la cornice… che uno poi arriva a settant’anni e sono venti o trent’anni che ha in banca in cassetta di sicurezza questa roba poi si ferma e dice: “Ma scusa un momento, sto per morire anch’io e non li ho mai neanche quasi visti, ma che cosa mi è servito averli?” “La collana bellissima della mia nonna e della mia mamma…” ma cosa ti è servito averla che non l’hai mai messa su neanche una volta per andare fuori a cena, per andare a un matrimonio, per andare ad un battesimo, per andare alla laurea di tuo figlio, a cosa è servito averle? Allora cosa la tenevi a fare? “No, ma è un ricordo”, ma un ricordo di che cosa? Se è un ricordo che tu non puoi più fruire, è diventato semplicemente un possesso stabile, ma a che cosa serve? Tra un po’ morirai anche tu e quante volte ne hai beneficiato di questa memoria? “Due”, ecco, a cosa è servito? Capite? Dobbiamo imparare ad usare i beni con intelligenza. “Eh, ma poi me li rubano!” — “Almeno li avrai goduti, almeno li avrai usati”, a me verrebbe da rispondere così. Farai di tutto per non farteli rubare, ma se dovesse mai succedere non devi dire: “Eh però se li avessi messi in banca…”, no, se li avessi messi in banca sarebbe stato la stessa cosa che te li avessero rubati. Perché? Perché comunque non li usi mai, perché comunque non li tocchi mai, perché comunque non li vedi mai, semplicemente sono in tuo possesso. 

Usiamo le cose, le cose sono fatte per essere usate, certo con delicatezza, con attenzione, con rispetto, con cura, tutto quello che volete, ma devono essere usate. Non dobbiamo essere schiavi delle cose — e qui viene fuori quello che vi dicevo di queste case, delle nostre case, che sembrano di più delle sale operatorie che dei luoghi di vita. Quindi, tutte in ordine, pulite e profumate, spolverate e quant’altro, e poi? E poi niente e poi niente. E poi non c’è vita: non correre, non ti muovere, non sporcare, non sudare, non andare, non invitare, non far venire. A cosa serve tutta questa cosa? Stiamo usando di questi beni? No, in parte forse, in parte, ma non in pienezza. Perché noi tendiamo ad accumulare, tendiamo a preservare a tal punto che escludiamo la vita. Certo che se io non uso mai una cosa quella cosa non si consuma mai, o meglio si consuma più lentamente, però non l’hai usata. E quindi non è servita a niente. 

È vero che «dov’è il mio tesoro, là è la mia fiducia, la mia sicurezza, la mia consolazione, il mio Dio»; ed è verissimo che «il tesoro è idolatria». È vero, perché nel momento in cui esula dall’essere risorsa — ecco, mi è venuta la parola giusta, ringraziamo lo Spirito Santo — nel momento in cui questo bene non è più una risorsa, ma è un possesso, è diventato idolatria.

Ciò che fa di un tesoro l’essere idolo è che non è più una risorsa, ma è un possesso. Ecco, questa mi sembra proprio la differenza sostanziale.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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