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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Giudizio particolare, IV parte

Novissimi: il Giudizio particolare

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 28 novembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Giudizio particolare, IV parte

Eccoci giunti a domenica 28 novembre 2021. Prima domenica di Avvento.

Abbiamo ascoltato la seconda lettura della Santa Messa di oggi tratta Lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi capitolo III versetto 12 e fino al capitolo IV versetto 2. 

È bella questa espressione finale di San Paolo:

“Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.”

Ci sono delle regole di vita, ognuno di noi dovrebbe avere una regola di vita. Noi ragazzi, quando eravamo giovani, quando si era adolescenti, mi ricordo che abbiamo dovuto scrivere la nostra regola di vita e farla vedere al confessore, poi l’avevamo portata in Duomo a Milano, una sera, insieme a tutti i giovani della Diocesi, per consegnarla all’Arcivescovo. Un gesto simbolico ma per dire il nostro impegno, la nostra professione di fede, il nostro voler dire che Gesù è veramente il centro nella nostra vita. Eravamo tutti battezzati, comunicati, confessati e cresimati, ma tutto questo ha senso nella misura in cui plasma la vita, cioè diventa il criterio per vivere e quindi tutte le scelte che poi si faranno sono tutte educate da questa regola di vita che poi si declina in tante piccole regole.

Noi che regola di vita abbiamo? Qual è la nostra regola di vita? Il nostro vivere è affidato quale logica? La nostra?

È questo che dobbiamo chiederci.

Il giudizio di chi è importante per noi, il nostro? Quindi decidiamo noi oggi quando ci alziamo, quando andiamo a dormire… Decidiamo noi tutto? Ma allora il criterio siamo noi. Per amore del cielo, avremo tutte le intenzioni più belle e più buone, però il criterio siamo noi.

Quale regola di vita ci è stata data dal Signore Gesù?

Qui, in questo caso, l’ha data San Paolo e a noi chi l’ha data? Con chi abbiamo confrontato la nostra vita?

Perché è importante avere una regola di vita? 

Perché se no siamo come pecore senza pastore, sbandiamo di qui e di là, non abbiamo più un criterio secondo il quale vivere, è affidato alla voglia del momento. 

Mi ricordo che quando noi abbiamo dovuto scrivere la nostra regola di vita ci sono voluti quasi 6 mesi per farla, perché abbiamo dovuto mettere giù una bozza, poi confrontarla con il confessore, poi abbiamo dovuto cominciare a viverla, mi ricordo ancora i primi tempi, la cancellavo, poi aggiungevo, poi mettevo… É stata lunga trovare la volontà di Dio e avere poi la conferma da parte del Sacerdote che da quel momento in avanti quello diventava l’esame di coscienza più prossimo di ogni giorno, per vedere se ero stato fedele. Segnavamo la sveglia al mattino, i momenti di preghiera, la confessione, i giorni in cui andavamo a Messa, i tempi di meditazione… È importante. Così come, quando scrive:

“Avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio”

Questo credo che sia un punto fondamentale.

Noi da chi abbiamo imparato, se abbiamo imparato, il modo di comportarci e di piacere a Dio?

Questo è un problema grosso. Certamente, io personalmente, una delle grazie più grandi che ho ricevuto, e della quale dovrò sicuramente rendere conto a Dio, è che nella mia vita ho ricevuto tanti esempi di persone che con la loro vita mi hanno insegnato il modo di comportarmi e di piacere a Dio. 

Quando io ero più grandicello, Mons. Cazzaniga ormai era molto anziano, lui aveva la celebrazione della Messa feriale delle 18.00, io già facevo le Superiori a quel tempo, mi ricordo questo Vescovo, che arrivava con il suo Segretario, faceva un po’ fatica già a camminare, era un po’ traballante, eppure non è mai arrivato in ritardo alla Messa, arrivava sempre per tempo, ha sempre fatto la genuflessione prima di entrare in Sagrestia, ha sempre fatto un tempo di preparazione, la Santa Messa celebrata con dignità, con rigore, con calma, poi il Ringraziamento.

“come comportarvi in modo da piacere a Dio”

Se io penso a questa frase non posso non pensare a figure come questa. E poi i laici, da quante persone ho imparato da ragazzo, guardando la loro fede, il loro modo di amare il Signore, di custodire la Casa del Signore, di portare i ceri al Signore, i fiori alla Vergine Maria… Quanti esempi!

Oggi abbiamo ancora tutti questi esempi di Sacerdoti, di Vescovi, di laici, che amano il Signore, che ci insegnano il modo di piacere al Signore?

Il Sacerdote coadiutore che io ebbi quando ero ragazzo, morto poi di cancro, giocava a pallone in talare, pensate un po’, non l’ho mai visto una volta senza la talare, mai. E fu lui, si chiamava don Francesco, a insegnarci molte cose. Lui era diverso dal Vescovo, era molto severo, non aveva l’amabilità di Mons. Cazzaniga, era un po’ più severo, più duretto. Fu lui a insegnarci che quando si arriva in oratorio la prima cosa che si fa non è andare a giocare a pallone ma girarsi a destra ed entrare in cappella ad andare a salutare Gesù, stare un po’ con Gesù e poi andare a giocare. Ancora adesso, le rarissime volte in cui mi è capitato di ritornare in quell’oratorio non sono più andato a vedere i campi da calcio, di gioco, di pallone — forse qualche volta per curiosità — ma la prima cosa che faccio quando arrivo lì è entrare in cappella e mi sembra di rivedere tutto quello stuolo di ragazzi giovani che arrivano e che entrano. Pensate, la domenica pomeriggio, cascasse il mondo, alle 15.00 esatte si sospendevano tutti i giochi, l’oratorio si svuotava, tutti i ragazzi con i loro educatori e catechiste entravano in Cappella perché c’era la recita, tutti insieme, del Vespero della domenica con esposizione Eucaristica, il sacerdote era in cotta e stola, col turibolo e l’incenso e alla fine ci impartiva la benedizione Eucaristica. Tutte le domeniche, e con i canti. Se solo ci penso mi chiedo se forse io ho vissuto la mia fanciullezza al tempo del Curato D’Ars. Incredibile veramente. Ogni domenica tirava fuori l’Ostensorietto, i suoi chierichetti, tutti belli con le loro vestine, andavano lì in ginocchio, incensavano l’Ostensorio, poi c’era la benedizione Eucaristica e poi tutti fuori a giocare ancora. Tutti assolutamente in ginocchio. Ci diceva sempre: “Quando entrate in Chiesa, genuflessione e prima di entrare nella panca e sedervi, in ginocchio e salutate il Padrone di Casa, salutate Dio, poi vi sedete”.

“Il modo di comportarvi e di piacere a Dio”

Poi questo sacerdote fece costruire una cappellina dedicata alla Madonna davanti alla cappella dell’Oratorio, una piccola cappellina che c’è ancora, e mentre stavano scavando le fondamenta disse: “Chi vuole può portare una piccola offerta per questi lavori e poi può segnare il suo nome su questi fogli che metteremo in una busta di plastica che faremo mettere con la prima pietra benedetta, la faremo cementare sotto e diventerà il fondamento di questa cappellina”.

Quando io passo penso: “Lì c’è il mio nome, sotto i piedi della Vergine, sotto la sua cappellina ci sta il mio nome, scritto da ragazzo, insieme a tutti gli altri che hanno partecipato a questa cosa”. Come si fanno a dimenticare questi eventi, queste realtà? È impossibile!

Chiediamo al Signore questa grazia di avere qualcuno da cui imparare il modo di comportarci e piacere a Dio, sapere che facendo così tu piaci a Dio, che il Signore è contento, sapere che c’è una regola da seguire. 

E guai a chi di noi domenica avesse solo pensato di comprare qualcosa. Impossibile! Assolutamente impossibile! 

Anche questa bella cosa di queste case aperte — di cui vi ho parlato nei giorni scorsi — delle mamme che preparavano le torte e i dolci e poi si andava a casa dell’uno e dell’altro. Ma non uno o due, eravamo dieci, quindici, a stare insieme il pomeriggio a giocare! Magari pioveva, faceva freddo e allora si stava insieme a giocare il pomeriggio e poi arrivavano queste torte fatte in casa, buonissime, con le cioccolate, con il the, il latte caldo. 

Adesso che riguardo indietro quei giorni mi dico: “Chissà Gesù com’era contento! Chissà Gesù che consolazione riceveva dal vederci così uniti, così dediti alle cose semplici, così innamorati delle cose più belle”. Ci sono dei modelli, bisogna cercarli, bisogna tenerli cari, custodirli dal vento della dimenticanza, della dissipazione, della superficialità, dell’irriconoscenza.

 

Andiamo avanti, iniziamo questo capitolo VIII, l’esame dell’anima, del Beato don Giacomo Alberione su: “I Novissimi”.

Oggi, prima domenica di Avvento — ormai ci stiamo avvicinando al Natale — viviamolo bene questo Avvento, cerchiamo qualcosa di bello, di degno del Signore da introdurre in questo Avvento e poi da lì in avanti per sempre, perché come vi ho detto, quello che si fa come penitenza in Avvento, in Quaresima, non è solo per la Quaresima o per l’Avvento ma la penitenza è iniziare una vita nuova, quindi cambiare qualcosa di nuovo, introdurlo e tenerlo lì. Poi si avvicina il Natale, l’Immacolata Concezione, e poi tra poco bisogna fare l’albero, il Presepe.

VIII. L’ESAME DELL’ANIMA 

“L’ora  di  adorazione  di questa  sera mira ad ottenerci dal Signore  Gesù  la grazia della sincerità:”

Questo potrebbe essere un impegno per questo Avvento, ce lo dà il Beato don Alberione: la grazia della sincerità.

“La grazia della sincerità: sincerità con Dio, sincerità con noi stessi,  sincerità con il prossimo.”

Abbiamo avuto dal Cielo l’impegno di questo Avvento: la sincerità. Essere sinceri in tutto, sempre. Essere veri. Imparare a dire: “Ho sbagliato”. Imparare a dire al Signore: “Sono stato proprio un’oca, sono caduto.” Imparare a dire a noi stessi: “Non ce l’hai fatta, oppure bravo, ce l’hai fatta”. E poi col prossimo impariamo a parlare, non facciamo come quelli che ti tirano addosso tutto quello che non va quando vengono messi con le spalle al muro e lo fanno per difendersi. No, impariamo ad essere sinceri, a chiamare le cose con il loro nome, a dirle. Questo potrebbe essere proprio l’impegno di questo Avvento: essere sinceri, essere persone vere. È difficile.

 Certo non a tutti bisogna dire tutta la verità, però questo non vuol dire che allora bisogna essere falsi, ma sinceramente ci sono cose che non possono essere dette a tutti, perché sono cose personali, delicate.

“Abbiamo  considerato  la  nostra comparsa davanti al nostro Giudice supremo, Gesù (nei giorni scorsi). Oggi fermiamoci sopra l’esame, le testimonianze, la discussione  che avverrà al giudizio. È vero che il giudizio di Dio si compie in un istante, ma  noi  dobbiamo  considerarlo  parte  a  parte per averne maggiore vantaggio spirituale.”

Sono contento, leggendo i vostri commenti, i vostri messaggi, le vostre e-mail, che avete apprezzato questo discorso che stiamo facendo su “I Novissimi” di don Alberione. Io non ci avevo pensato, è stata una persona a suggerirmi di fare questo argomento. E sono contento di vedere che avete capito l’intenzione con cui lo sto facendo, è stato bello un commento che ho letto l’altro giorno che diceva “È bello vedere come parlando della morte si sta facendo un inno alla vita e un inno al Natale”. Esatto, è proprio così, un cristiano quando parla della morte non può non parlare della vita e non può non pensare al Natale, alla bellezza, perché è vero che la morte è un momento difficile, che è un parto, un travaglio, ma è anche vero che ci apre all’Eternità, all’incontro con Dio.

  1. Siamo schietti con  Dio

“Il timore di Dio è principio della sapienza: «Signore,  penetrami  di  un  santo  timore, perché io voglio temere i tuoi giudizi» (Sal 118,120). Si troverà l’anima  nostra  davanti  al Giudice  supremo, Gesù Cristo.  Alziamo gli occhi e vediamo se  possiamo  incontrarci senza tremare e con lo sguardo sereno  cogli  occhi penetranti di Gesù.  Gesù legge, in questo momento,  fino  in fondo dell’anima  nostra. Gli renderemo conto di tutto il bene e di tutto il  male che avremo  fatto.”

Gesù ci scruta sempre e soprattutto in quel momento. Siamo pronti? Possiamo guardare il suo volto senza dover abbassare gli occhi?

 “Gli renderemo  conto di tutto il bene. Tutto  è  scritto  nel  libro della vita; niente viene tralasciato. Vi sono figliuoli e vi sono anime che nella loro vita si  conservano  fedeli  al  Signore;  e  vi  sono  anime  che  nella vita si allontanano da Dio e non lo obbediscono. L’essenza della vita nostra è  questa: essere una  prova.  Se  daremo  prova di fedeltà a Dio,  saremo  salvi per  sempre;  ma  se  saremo  infedeli a Dio, oh! quanto ne  dobbiamo temere il giudizio.”

“L’essenza della vita: essere una  prova”

 È vero, è verissimo, la nostra vita è tutta una prova, da quando nasciamo a quando moriamo. La prova di che cosa? La prova di fedeltà al Signore, se siamo fedeli o no. E ogni giorno si rinnova questa prova, anche oggi.

Quanto è difficile essere fedeli al Signore, tanto quanto è necessario essere innamorati, vivere la Sua Presenza, questa è la difficoltà; la fedeltà al Signore vuol dire costanza, costanza, soprattutto quando c’è il sangue da versare, che sia fisico o spirituale non cambia, costanza anche vuol dire fare la volontà di Dio sempre e la volontà di Dio, spesse volte, costa cara, perché ci chiede cose che noi non vorremmo mai fare, eppure ha una sua logica.

“Tutti gli  uomini  sono  inclinati  al male;  ma  vi è chi sostanzialmente nella vita si  mantiene  fedele al Signore, pure  sbagliando qualche volta; vi è chi nella vita è sostanzialmente  infedele al Signore, pur  facendo  qualche  poco  di  bene. Esaminiamoci  innanzi a Dio: cerchiamo noi  di  servire  a Dio,  come  principale  mira?  La nostra vita sostanzialmente è fedele alla legge di Dio? Oppure la  nostra vita sostanzialmente si allontana da Dio? Gli Angeli  cattivi diedero  prova  di  infedeltà a Dio, pur credendo di avere molte scuse, ragioni, pretesti:”

Certo, primo fra tutti il rifiuto dell’Incarnazione del Verbo, questo è in assoluto il primo rifiuto e la ragione è assolutamente ragionevole per loro: “Io, purissimo Spirito, angelo — sopratutto Lucifero che era il più bello, il più luminoso, il più vicino a Dio di tutti gli Angeli — dotato di un’intelligenza superiore, di una forza e una potenza superiore a quella degli uomini, io dovrei adorare, inginocchiarmi davanti al Verbo che si fa carne? Nessun problema ad adorare Dio, come Spirito, nella sua realtà spirituale, ma il pensiero dell’unione del Verbo con la natura umana, e quindi l’assunzione della natura umana, è irragionevole.” Il problema non era la natura divina di Gesù, per Lucifero e i suoi Angeli, ma era la natura umana. Ha la sua ragionevolezza, le sue scuse e i suoi pretesti. 

“Io davanti un uomo non mi inginocchio, anche se è Dio”.

Perché? 

“Perché io sono superiore”. 

Ecco il peccato di superbia. Quindi è innanzitutto il rifiuto del piano salvifico di Dio. Non è poca cosa.

 “Furono cacciati nell’inferno. Gli Angeli buoni diedero prova di fedeltà a Dio e  furono  innalzati alla visione beatifica.”

Loro si sono fidati, sicuramente anche per quelli buoni ci sarà stata la questione di dire: “Adesso il Verbo si fa carne e quindi dopo noi dovremo adorare anche la natura umana di Gesù, non solo quella divina, natura umana che in se stessa è inferiore alla nostra che siamo di natura Angelica, ma fa niente, ci fidiamo di Dio”. Ecco la prova di fedeltà.

 Caino ed  Abele  offrirono  insieme  sacrifici  al  Signore;  ma  con cuore diverso. La fine dell’uno e dell’altro ci è nota.

Mi fermo qui.

Chiediamo al Signore la grazia grande di iniziare questo percorso di Avvento all’insegna della sincerità, facciamo sincerità con Dio, con noi stessi e col prossimo, e che arrivi il Natale e in noi sia maturata una grande sincerità, che vuol dire fare anche una bella confessione, magari vincere le proprie paure, le proprie resistenze e avvicinarci al Confessionale con un cuore nuovo e diverso.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

SECONDA LETTURA (1 Tes 3, 12-4,2)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.
Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

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