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Presentazione di Gesù al Tempio: seconda parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 2 febbraio 2021 – Presentazione del Signore

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO

Seconda Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a martedì 02 febbraio 2021, Presentazione del Signore. Oggi è una grande festa, la Chiesa, oltre a questo rito molto bello della benedizione delle candele e della processione, ci invita a fare memoria, dopo 40 giorni dalla gioiosa celebrazione del Natale, per ricordare Gesù presentato al Tempio da Maria e Giuseppe. Un rito, quello della benedizione delle candele e della processione di questa festa, che ci fa gustare quanto è stato compiuto per Gesù da Maria e Giuseppe e poi da Gesù stesso, Bambino. Gesù si assoggettava alle prescrizioni della legge e allo stesso tempo andava incontro al suo popolo, poi incontrò i vegliardi, Simeone e Anna che lo riconoscono e gli danno testimonianza. Abbiamo letto questo bellissimo brano del Vangelo di San Luca, cap. II, vv 22-40.

Continuiamo la lettura iniziata ieri  dai “Sermoni” di San Bernardo che tratta di questa bellissima festa.

“Cristo diede se stesso e tu chi sei che indugi a dare te stesso? Chi mi aiuterà a fare in modo che la tua onnipotenza accolga la mia offerta? Ho due spiccioli, Signore, il mio corpo e la mia anima. Magari potessi offrirteli degnamente in sacrificio di lode! Sarebbe tanto bene per me e tanto più glorioso essere offerto a Te, che essere abbandonato a me stesso. Infatti la mia anima si abbatte se io rimango solo; in te invece il mio spirito esulterà, se ti viene offerto sinceramente.”

Quanto è importante questo darci totalmente a Dio!

“Fratelli, al Signore che ancora doveva morire, i Giudei offrivano vittime morte; ma ora com’è vero che io vivo, io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva [Ez 33,11]. Il Signore non vuole la mia morte; e io non gli darò volentieri la mia vita?

Il sacrificio che placa il Signore, la vittima che gli è gradita, è un sacrificio vivente. Ma in quell’offerta del Signore leggiamo che c’erano tre Persone, e tre sono le cose richieste nella nostra offerta. In quella c’era Giuseppe, sposo della Madre del Signore, il quale era considerato suo figlio; c’era la stessa Vergine madre e il bambino Gesù, che veniva offerto.

Ci sia dunque anche nella nostra offerta la costanza virile, ci sia la purezza verginale, la coscienza umile. Ci sia nel proposito l’animo virile di perseverare, ci sia il desiderio ardente di custodire un’innocenza verginale, ci sia la semplicità e l’umiltà del bambino nella coscienza. Amen.”

Chissà se noi ci preoccupiamo mai di avere tutte queste cose dentro di noi.

Non so se avete notato ma oggi molto di frequente il cristiano è chiamato a conoscersi, a conoscere se stesso. Il fine di questo conoscersi è il conoscersi in quanto tale. In tutto questo tempo che mi seguite, che ascoltate le omelie, voi notate che io ho parlato tanto di conoscenza di sé, ma sempre in funzione di un fine superiore: “Conoscere se stessi per…”. Per che cosa? Per convertirsi. Oggi invece si parla di conoscenza di sé ma fine a se stessa, non per convertirsi, perché l’anelito al meglio, di cui parla San Paolo, il desiderio di migliorarsi, il desiderio di diventare persone migliori, il desiderio di cambiare, di crescere, il desiderio di essere diversi, oggi non pochi affermano che viene dall’illusione che Dio voglia da noi qualcosa e dicono che questo è un concetto medievale superato, perché Dio non vuole da noi niente. Secondo questi tali, Dio vuole solo che noi siamo felici. Ma poi non si sa in cosa consista questa felicità per questi pensatori. Fanno discorsi molto astratti. In che modo Dio ci vuole felici? Cosa vuol dire concretamente? Come si realizza questa cosa? Non si sa.

Molti dicono anche che la natura va preservata in quanto natura, mentre non si dice mai che va preservata perché utile alla salvezza dell’uomo, perché concorre anche lei alla salvezza dell’uomo. Per questi pensatori l’uomo è natura, è terra, passione. Qui ci sta sotto un pensiero molto pericoloso, che affonda le sue radici soprattutto in un filosofo che è Spinoza il quale sosteneva che Dio e natura fossero la stessa cosa, sosteneva che il creato non ha un fine intrinseco, che l’uomo è parte della natura, quindi il libero arbitrio non esiste perché noi agiamo secondo le leggi di natura. In questa logica, nella filosofia di Spinoza, succede che il bene e il male non esistono, esistono solamente la letizia e la tristezza, e ovviamente tutte le virtù cristiane derivano dalla tristezza.

Alla base di certi ragionamenti quale filosofia abita? Il male non esiste, il bene non esiste, esistono solo letizia e tristezza. Se così fosse, perché mi dovrei migliorare? Perché essere un uomo diverso?

Invece, qual è la massima virtù dell’uomo? In cosa consiste? Consiste nella consapevolezza dei meccanismi interiori che uno ha e delle passioni che lo coinvolgono. Abbiamo bisogno oggi della costanza, della purezza verginale, della coscienza umile e non dobbiamo avere paura di chiamarle col loro nome.

Origene nel commento al Vangelo di Luca scrive:

“Simeone dice al Signore: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace. Finché io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli.

Dobbiamo intendere queste parole come se fossero, non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno abbandona questo mondo e vuole guadagnare il Regno, prenda tra le sue mani Gesù, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo cuore e allora potrà andare esultante di gioia là dove desiderava.

Considerate quanti fatti provvidenziali hanno preceduto il momento in cui Simeone meritò di tenere fra le braccia il Figlio di Dio. Anzitutto aveva ricevuto la rivelazione dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo Signore. Poi entrò nel tempio, non a caso e semplicemente come il solito, ma ci andò mosso dallo Spirito di Dio, poiché tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio [Rm 8,14]. Lo Spirito Santo lo portò, dunque, al tempio.

Anche tu, se vuoi tenere Gesù, stringerlo fra le braccia e meritare di uscire dal carcere, cerca con ogni sforzo di lasciarti condurre dallo Spirito per giungere al tempio di Dio. Ecco: tu stai nel tempio del Signore Gesù, cioè nella Chiesa, tempio costruito con pietre vive. Ma tu stai nel tempio del Signore quando la tua vita e i tuoi costumi sono veramente degni del nome che designa la Chiesa.”

“Vita e costumi” cosa vuol dire? Vuol dire vita, vuol dire il modo in cui parli, in cui guardi le persone, il modo in cui ti comporti, il modo in cui rispondi, in cui pensi, in cui mangi. Tutto.

Continuiamo a leggere cosa scrive Origene:

“Se verrai al tempio mosso dallo Spirito, troverai il Bambino Gesù, lo solleverai tra le braccia e gli dirai: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace.”

Che bello se noi dovessimo andare incontro alla morte così, con questa frase: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace.”

Che bello avere la coscienza che dice: “Sì, vai in pace, sei stato veramente un Servo del Dio Vivente. L’hai veramente onorato, amato, servito, pensato tutto i giorni della tua vita, e oggi puoi andare in pace incontro a Lui”

“Osserva come alla liberazione e al congedo si unisca anche la pace. Non dice infatti Simeone: “Io voglio morire”, ma aggiunge: voglio morire in pace. Anche al beato Abramo fu promessa  la stessa cosa: Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri [Gn 15,15].

Chi può morire in pace se non colui che ha la pace di Dio, pace che supera ogni comprensione e custodisce il cuore di chi la possiede? Chi è che se ne va in pace da questo mondo, se non colui che comprende che era Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo? Costui non nutre inimicizia e rancore verso Dio, ma con le buone opere ha conseguito in sé la pienezza della pace e della concordia; se ne va dunque in pace per raggiungere i santi padri, verso i quali se n’è andato anche Abramo.”

Veramente delle riflessioni molto belle. Ringraziamo San Bernardo, ringraziamo Origene, vi auguro di trascorrere bene questa giornata, questa festa così bella e significativa e magari, oggi, stasera, accendete una candela benedetta con la memoria di tutta questa giornata, di questo rito che magari non avete potuto fare, ma fa niente, lo ricordiamo. Andiamo incontro al Signore con questo segno luminoso della candela, con l’inno di lode, andiamo incontro al Signore così. Chiediamo a Gesù di poterlo accompagnare in questo momento solenne della sua Presentazione e anche noi impariamo a presentarci ogni momento al Signore con la gioia e pace del cuore che può venire solo da una coscienza pura e senza macchia. E una coscienza pura e senza macchia può venire solo da una coscienza che si confessa frequentemente, regolarmente, santamente, devotamente, totalmente, sinceramente, senza false, inutili sciocche paure. È lì che nasce la pace, la gioia.

Quando ero piccolino sapete come chiamavo il Confessionale? Gli avevo dato questo nome: “La capanna della felicità”. Per me era così, lo vivevo così, con quel Vescovo santo che ci riceveva con tanta disponibilità, tanto amore, tanta dolcezza e tanta precisione.

La Confessione  è la felicità, è il momento più bello della settimana, perché è il momento in suo si ha la possibilità di ritrovare l’amicizia con Dio e la speranza. Nella Confessione si viene lavati dal Sangue di Cristo, si fa esperienza che il peccato non è l’ultima parola, si esce nuovi, liberi, “volanti”, puliti, pieni di nuovi propositi, di impegni, di voglia di essere un persona migliore, di voglia di essere un’altra persona, di crescere, di innamorarsi di Dio follemente, senza confini, senza ritegno, senza falsi pudori. Amare Dio per Dio, morire d’amore. Bello vedere una vita consumata per amore di Dio. Dobbiamo insegnare a ciascuno ad essere se stesso secondo quello che Dio ha pensato per lui, ma in quell’essere se stesso essere il massimo, per arrivare alla pienezza del suo carisma, e quindi della gioia, perché ha corrisposto totalmente al progetto di Dio. Ciascuno deve capire bene cosa il Signor egli chiede di fare, di essere. Dove, come, quando, perché, e lì metterci dentro tutta l’anima e il corpo.

Vi auguro col cuore di incontrare qualcuno che vi aiuti ad essere audaci, a non avere false prudenze, come dice Santa Teresa D’Avila: ci vuole la prudenza, ma la prudenza sapiente. Vi auguro con tutto il cuore di avere una santa e bellissima giornata, innamoriamoci sempre di più dell’Eucarestia e della Santa Confessione.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

VANGELO (Lc 2,22-40)
I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

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