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La preghiera esicasta: la preghiera del cuore – Seconda parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 23 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LA PREGHIERA ESICASTA: LA PREGHIERA DEL CUORE – 2° parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a martedì 23 marzo 2021, abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. VIII, vv 21-30 di San Giovanni.

“Voi siete di quaggiù, io sono di lassù”

“Se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”

Noi stiamo camminando per poter essere anche noi di lassù e non essere ingoiati quaggiù. Stiamo camminando per non morire dentro al peccato, che vuol dire dentro al non riconoscere Gesù e al non lasciarsi raggiungere da Gesù, a rimanere come ingabbiati dentro la storia di questo mondo, “mondo” nel senso di realtà mondana.

Per questo stiamo vedendo questa bellissima preghiera esicasta, la preghiera del cuore, la stiamo imparando, leggendo nel libro: “Terapia delle malattie spirituali” del prof. Larchet. Andiamo avanti:

“Tuttavia, per giungere alla concentrazione richiesta, non basta la brevità della formula usata. Alla preghiera di Gesù si ricollegano un insieme di atteggiamenti spirituali, psichici e fisici che permetteranno all’orante di giungere a una preghiera senza distrazione.”

Chi di noi non desidera una preghiera senza distrazioni? Quindi alla preghiera di Gesù che abbiamo visto: “Kyrie Iēsoû Xristé, eléēsón me” “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me” si collegheranno questi atteggiamenti spirituali, psichici e fisici per vivere una preghiera senza distrazioni.

“La pratica della preghiera di Gesù è, infatti, legata secondo i Padri a un metodo, di cui uno degli elementi più conosciuti è quello di una tecnica psicofisica. Porre in pratica questa tecnica suppone un certo numero di condizioni”

Non basta la formula e non basta neanche la brevità della formula, è legata ad un metodo per i Padri, e il metodo è tanto importante quanto la formula. Uno di questi elementi è quello di una tecnica psicofisica.

“Porre in pratica questa tecnica suppone un certo numero di condizioni: l’isolamento, il silenzio, l’oscurità, l’immobilità, e la posizione seduta.”

Queste condizioni sono fondamentali, e quindi escludono il loro contrario. Bisogna essere molto attenti su questa cosa, altrimenti vengono fuori delle cose che sembrano, ma non sono. Come il Brunello di Montalcino è quello, non è un qualunque altro vino messo in quella bottiglia di vetro, e così anche questa preghiera del cuore. La preghiera del cuore è questa, e ce la spiega un ortodosso, quindi possiamo essere sicuri della fonte. Ha delle condizioni: isolamento, silenzio, oscurità, immobilità e posizione seduta.

“Lo scopo di questa tecnica è triplice:

  1. a) Far partecipare il corpo alla preghiera e permettergli di ricevere dei benefici.
  2. b) Favorire la continuità della preghiera legandola al ritmo respiratorio. È così che molti Padri consigliano di legare la prima parte della formula: «Signore Gesù Cristo (Figlio di Dio)» all’inspirazione, e la seconda parte: «abbi pietà di me (peccatore)» all’espirazione.

A questo riguardo, però, esistono diversi metodi.

  1. c) Favorire la concentrazione, il raccoglimento, l’attenzione. È questo il principale scopo che gli assegnano i Padri. San Callisto e sant’lgnazio Xantopulo osservano: «l Padri divini non hanno visto altro in queste cose se non un aiuto per raccogliere lo spirito, farlo tornare in sé stesso, al di fuori della sua abituale agitazione, e ridargli l’attenzione». Raccogliere lo spirito, in altri termini, è fare tornare lo spirito nel cuore.”

Quello è il luogo dello spirito, è lì che deve stare, cioè nel cuore.

“Per comprendere cosa significa questo, occorre sapere che il termine «cuore» nella lingua dell’ascetica ortodossa indica due realtà: una realtà spirituale e una realtà fisica. Il cuore, da un lato, indica, conformemente all’accezione principale neotestamentaria di questo termine, l’uomo interiore, l’insieme delle facoltà dell’anima, più precisamente la loro radice. Esso è il centro ontologico dell’uomo, la sua stessa interiorità; si identifica con la sua persona. Dall’altro lato, il cuore indica, secondo l’accezione comune, l’organo corporeo.”

Questo vuol dire cuore. È così che si fa quando si parla, bisogna chiarire i termini, tutti devono capire, anche i bambini di quinta elementare. Se uno le capisce le può spiegare anche alla persona più semplice del mondo.

“Ora i Padri esicasti hanno constatato per esperienza che tra il cuore «spirituale» e il cuore fisico, centro del corpo e principio della sua vita, vi è una corrispondenza analogica, e in virtù dell’unità dell’anima e del corpo nel composto umano, una connessione che consente che il primo (spirituale) risieda nel secondo (corporeo) e quello che colpisce l’uno colpisce anche l’altro, benché il cuore spirituale sia per natura indipendente dal cuore fisico.”

Volete una prova? È morto di “crepacuore”. Ecco la prova. Il cuore spirituale è connesso al cuore fisico, c’è una corrispondenza analogica, anche se il cuore spirituale è indipendente dal cuore fisico, c’è però questa corrispondenza analogica, per cui: “È morto di crepacuore”. Nessuno ha sparato nel cuore a quella persona, nessuno gli ha messo un coltello nel cuore fisico, ma il dolore che ha ricevuto per esempio per la morte del figlio, o della moglie o del marito, il dolore ricevuto gli ha fatto venire un attacco di crepacuore, che sarebbe un infarto. E l’infarto che cos’è? È il cuore fisico che si spacca, che non è altro per analogia, la spaccatura del cuore spirituale, per cui il dolore diventa talmente acuto e tremendo nel cuore spirituale che va a riverberarsi nel cuore fisico, quel cuore infranto spirituale, diventa realmente un cuore infranto fisico.

“Una spada ti trafiggerà il cuore”. Ricordate Simeone alla Vergine Maria. Questo vuol dire che, anche fisicamente, lei ha sentito questa tremenda spada trafiggerle il cuore, non è stata solamente una cosa spirituale.

Pensate al Cuore Immacolato di Maria come appare, al Sacro Cuore di Gesù, pensate a tutto quello che abbiamo detto e ripetuto più volte sul Cuore Eucaristico di Gesù. Gesù quando appare, appare sempre con il cuore trafitto.

Pensate al momento nel quale avviene la “fractio Panis”, l’Ostia viene spezzata. Quello è il Cuore Eucaristico di Gesù.

Quando nei miracoli Eucaristici hanno analizzato le fibre di quel Pane che ormai pane non era più, perché visivamente si era mutato in carne, hanno trovato il gruppo sanguigno AB positivo, che sappiamo tutti essere il gruppo sanguigno di Gesù. Hanno trovato che era tessuto del miocardio (sembra “mio cuore”). Il miocardio è la parte più interna del cuore. In un infarto miocardico si spezza il cuore nel punto più interno possibile. Gesù ci dà da mangiare non semplicemente la Sua Carne, non semplicemente il Suo Cuore, Gesù ci dà da mangiare il “midollo” del Suo Cuore, la parte più interna del Cuore. Quando andiamo a fare la Comunione avete capito di chi ci cibiamo? E noi non facciamo neanche la genuflessione davanti al Tabernacolo…

“Lo spirito stesso è uno degli organi del cuore spirituale, il più importante, anche se talvolta viene chiamato «cuore» per metonimia, benché l’appellativo di «occhio del cuore», che frequentemente gli viene attribuito, sia più appropriato. Quantunque esso sia per natura incorporeo e indipendente dal corpo, ha la sua sede nel cuore fisico. Tuttavia, ordinariamente, lo spirito è separato dal cuore, si diffonde e si disperde nei pensieri fuori da quest’ultimo, e da questo fuori da sé stesso. In ciò non vi è contraddizione, perché se lo spirito, per sua natura o sua essenza (ousìa), ha sede nel cuore, per la sua attività (enérgeia), esso può allontanarsene, più precisamente attraverso quella delle sue due forme di attività che san Dionigi l’Areopagita chiama «movimento in linea retta», e che corrisponde all’esercizio della ragione il cui organo è il cervello. La seconda delle sue due attività, che Dionigi chiama «circolare», «è [la sua] attività più eccellente e la più propria»: in questa attività esso «non si diffonde al di fuori, ma rientra in sé», ritrova sé stesso, e rimane unito al cuore. È così salvaguardato da ogni deviazione. È a questa seconda attività dello spirito che deve corrispondere la preghiera. Affinché esso possa dedicarvisi esclusivamente, occorre che cessi la prima. Occorre, detto in altre parole, «raccogliere lo spirito disperso al di fuori» e ricondurlo al di dentro, far rientrare lo spirito nel cuore, e mantenervelo.”

Se lo scopo è l’unione con Dio la metodologia è proprio quella di riportare lo spirito dentro al mio cuore.

“Basandosi sulla relazione che unisce, come abbiamo visto, il cuore fisico al cuore spirituale, i Padri esicasti consigliano il metodo psicofisico, relazione che deve permettere, a colui che la pratica, di pervenire più facilmente a «circoscrivere l’incorporeo nel[la] dimora corporea», come afferma san Giovanni Climaco.”

Adesso sentite cose dice, poi provatelo.

1) Questo metodo consiste, in primo luogo, nell’inclinare la testa e poggiare il mento sul petto, nel concentrare lo sguardo, chiudendo gli occhi, sul luogo del cuore, o, come raccomanda san Simeone il Nuovo Teologo, sull’ombelico. San Gregorio Palamas giustifica così questa pratica: «Colui che cerca di far tornare il suo spirito in se stesso al fine di spingerlo non al movimento in linea retta, ma al movimento circolare [. . .], non solo si raccoglierà così esteriormente su se stesso, per quanto gli sarà possibile, conformemente al movimento interiore che egli ricerca per il suo spirito, ma di più, dando una tale postura al suo corpo, egli rovescerà verso l’interno del cuore la potenza dello spirito che passa attraverso la vista verso l’esterno».

2) Si tratta, d’altra parte, di rallentare il ritmo della respirazione, di trattenere un po’ il respiro «in modo da non respirare agevolmente».

La preghiera del cuore, non è una passeggiata. È alla portata di tutti, ma non è banale, richiede tutta una metodologia importantissima, ecco perché la chiamano la “vetta della preghiera”.

Questa pratica ha quattro ragioni d’essere.

  1. a) Come osserva san Gregorio il Sinaita, «la tempesta dei soffi che sale dal cuore oscura lo spirito e agita l’anima, la distrae, la consegna prigioniera all’oblio, oppure le fa rivivere ogni sorta di cose in continuazione e la getta insensibilmente in ciò che non è necessario». Se una respirazione libera contribuisce alla dispersione dello spirito, al contrario una respirazione repressa e trattenuta lo disciplina.”

Ma chi di noi ha mai pensato a disciplinare la respirazione? Chi di noi ha mai pensato a fare l’ascesi del respiro? A me non è mai venuto in mente. Sei malato e vuoi fare qualche penitenza? Fai l’ascesi del respiro, fai la preghiera del cuore, la preghiera di Gesù e imparerai la prima grande penitenza, la prima grande disciplina, l’ascesi dello spirito.

“Possiamo constatare, fa notare san Gregorio Palamas, che «l’andirivieni del respiro diviene tranquillo quando ogni riflessione intensa, soprattutto in coloro che, con il corpo e con lo spirito, sono in riposo».”

Il tuo respiro si placa quando corpo e spirito riposano. Nel momento in cui tutta la riflessione che mi porto dentro riposa, si calma, e io inizio questa regolazione del respiro, è un aiuto a ritrovare tutto.

“Inversamente, il rallentamento della respirazione favorisce il raccoglimento dello spirito”

Più io calmo questo movimento del respiro, più anche lo spirito si ritrova. Avrete notato che quando si è agitati si fanno respironi come se si stesse soffocando.

  1. b) Il trattenere il respiro, e allo stesso tempo la posizione scomoda del corpo, producono un certo disagio e anche un certo dolore che ha, secondo i Padri, effetti benefici. Da un lato, però, questo contribuisce anche al raccoglimento. «Controllare con misura la respirazione, spiega san Nicodemo l’Agiorita, tormenta, comprime, e di conseguenza fa penare il cuore che non riceve l’aria richiesta per sua natura. Lo spirito, da parte sua, grazie a questo metodo, si raccoglie più facilmente e ritorna al cuore, in ragione [. . .] della pena e del dolore del cuore;». Dall’altra, fa notare san Nicodemo, «questa pena e questo dolore fanno vomitare [al cuore] l’amo avvelenato del piacere e del peccato che egli aveva ingoiato. E seguendo l’adagio dei vecchi medici, il contrario guarisce il contrario»
  2. c) «Il controllo della respirazione, come osserva ancora san Nicodemo l’Agiorita, affina il cuore duro e spesso. E gli elementi umidi del cuore opportunamente compressi, riscaldati, in seguito a ciò, divengono più teneri, più sensibili, umili, meglio disposti alla compunzione, e adatti a versare più facilmente le lacrime. Anche il cervello, d’ altra parte, si affina e, nello stesso tempo, con esso, l’azione dello spirito che diviene uniforme, trasparente».
  3. d) «Trattenendo il respiro, spiega san Nicodemo, tutte le altre potenze dell’anima si uniscono e tornano allo spirito e dallo spirito a Dio». Detto in altre parole, il metodo contribuisce a che tutte le facoltà siano unite nella preghiera e tese verso Dio, e a che l’uomo divenga interamente preghiera e si unisca completamente a Dio.

Non vuol dire non respirare più e rimanere asfissiati, non è questo, vuol dire esercitare un controllo. Vedremo poi il punto terzo. Provate a scrivervi queste cose, le mettete giù come uno schemino e cominciate a provarle e a vedere cosa succede sul controllo della respirazione, sul trattenere il respiro, per vedere quanto questa educazione del respiro aiuta a concentrare le potenze. Vi auguro una santa giornata. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Martedì della V settimana di Quaresima (Anno B)

VANGELO (Gv 8,21-30)
Avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono.

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?».
E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».
Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre.
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.

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