Scroll Top

Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Paradiso, III parte

Novissimi: il Paradiso

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 21 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Scarica il testo della meditazione

Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Paradiso, III parte

Eccoci giunti a martedì 21 dicembre 2021. Oggi ricordiamo San Pietro Canisio, Sacerdote e Dottore della Chiesa.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato è tratto dal capitolo I di San Luca, versetti 39-45. 

Il saluto di Maria Santissima non può che far sussultare San Giovanni Battista e non può che ricolmare di Spirito Santo, Elisabetta. Che bella questa immagine di Santa Elisabetta, di San Giovanni Battista e Maria Santissima, abbiamo bisogno di santità, mi verrebbe da dire, oggi più che mai. Abbiamo bisogno di persone Sante, è bello vedere persone Sante che stanno insieme, che si vogliono bene, che condividono una cosa così grande che è l’amore per Dio. 

Ed è questo quello che vivono coloro che entrano in Paradiso, stiamo vedendo “I Novissimi” del Beato don Giacomo Alberione, siamo in Paradiso, oggi vedremo il capitolo 14°:

XIV. IL PARADISO È GLORIA 

“In primo luogo ci fermeremo a considerare la gloria che avrà il nostro corpo in cielo; in secondo luogo considereremo la gloria speciale di alcune categorie di beati; e in terzo luogo la differenza di gloria tra coloro che hanno raccolto maggiori o minori meriti per il Paradiso.”

1. La gloria che avrà il nostro corpo in cielo

Qui cita Matteo 25, 1-13, le Vergine Sapienti.

“Le lampade accese indicano la retta intenzione con cui dobbiamo lavorare..”

Qui vorrei darvi un paio di piccoli consigli:

“Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre. Gesù è quello che era, che è, e che verrà.” 

Spesse volte noi facciamo dei peccati non stando da soli, ma a causa di certi momenti nei quali stiamo con le persone, con gli altri. Teniamo in mente queste immagini: Cristo che era, che è, e che viene. 

Cristo che era. Noi potremmo, pensando a questo, chiederci: “Che cosa devo dire e che cosa devo tenere per me stesso incontrando queste persone?” Esempio: vado al lavoro, che cosa dovrò tenere per me stesso? Che cosa non dovrò mai dire?

Noi non possiamo incontrare il mondo che c’è fuori dalla nostra porta andando così impreparati. Voi pensate a come noi partiamo al mattino, sembriamo dei carri armati: ci alziamo, facciamo le nostre preghiere, poi inizia la giornata e iniziamo a guardare il cellulare, a rispondere alle mail, ai messaggi, poi ci laviamo, facciamo colazione, ci vestiamo, ci prepariamo, prepariamo il mangiare e andiamo. 

Ma siamo pronti, ci siamo preparati ad andare incontro alla giornata?

Non è solamente: “ho pregato”. Certo, questo è importante, ma non è solamente un atto in cui prego il Signore, rendo lode, prego i Salmi, ma prima di uscire da quella porta, perché da quella porta probabilmente torneremo stasera se non moriremo, proviamo a chiederci: “Oggi che cosa potrò dire e che cosa non dovrò mai dire? Che cosa dovrò tenere per me stesso?”

Voi direte: “Ma Padre come si fa a saperlo? Dipende da chi incontreremo, dipende da tante variabili, non posso sapere adesso che cosa dirò o non dirò. Come faccio a saperlo con tutte le persone che posso incontrare?”

Sicuramente so che ci sono cose che non posso dire, sulle quali devo essere sommamente prudente, poi vedremo che cosa dire. Noi dobbiamo pregare, prima di uscire di casa, per essere illuminati dallo Spirito Santo e sapere quali parole sarà necessario dire e quali cosa tacere. È fondamentale. La lingua è un piccolo muscolo ma fa tanti danni, “può provocare incendi enormi”, dice la Scrittura.

Cristo è. Quindi l’incontro. Incontrerò le persone, questo è di fatto il momento in cui incontro gli altri, che è il momento più delicato. Mi verrà voglia di parlare. Noi parliamo tantissimo, quanto parliamo! Avessimo un contaparole! Quante parole diciamo in una giornata, quante parole inutili, quante polemiche, quante spiegazioni delle spiegazioni, quante spiegazioni delle stesse cose continuiamo a dire, a ridire, quanto ci scusiamo, quanto male usiamo la parola.

Cristo è. È il momento presente, quindi devo chiedermi: ciò che devo dire, ciò che voglio dire, ciò che mi sento di dire, è necessario?

Questa è la prima domanda che dobbiamo porci. 

“Di ogni parola inutile dovrete rendere conto a Dio”, dice Gesù. Renderete conto di ogni parola inutile.

A me viene da tremare solo a pensarci. 

Ciò che devo dire, è necessario? Quanti messaggi su whatsapp assolutamente non necessari, se non dannosi, noi mandiamo e scriviamo. Su whatsapp e su tutte le app del mondo. Quanto tempo perdiamo su Facebook a scrivere, quanti messaggi, quante cose. E il tempo al telefono? Incalcolabile.

Ma ciò che devo dire, è necessario o no? Se è necessario allora lo dirò, tanto quanto è necessario, se no sto zitto, anche se ho una voglia matta di parlare, ma di quelle parole devi rendere conto a Dio, poi.

Secondo. Che cosa guadagnerò e che cosa farò guadagnare a parlare? C’è un guadagno a parlare? Spesse volte noi parliamo fuori luogo, diciamo cose giuste a persone sbagliate e molte volte diciamo anche cose sbagliate alle persone sbagliate, facciamo i teologi quando non lo siamo, facciamo i filosofi quando non lo siamo, facciamo i preti e le suore quando non lo siamo, e via di seguito.

Che cosa guadagnerò a parlare? Quanti pasticci, quanti problemi, quanti fraintendimenti, quante sofferenze noi causiamo, perché abbiamo detto ciò che non rappresentava un guadagno per nessuno, se non per dare aria alla bocca, se non perché ci sentivamo in dovere di dire qualcosa, se non perché “altrimenti di cosa parlo?”. Parla degli uccellini, delle ciliegie e dei panettoni, così non fai danno a nessuno, se proprio devi parlare. Non guadagni niente, ma almeno non fai danno a nessuno. 

Terzo. Parlando che cosa ho da perdere? Che cosa posso perdere dicendo quello che sto per dire?

Tra l’altro ci sono persone che hanno un brutto vizio, che è quello di parlare, di mettere in mostra i difetti degli altri, di parlare della debolezze degli altri. Guardate che non ci guadagna nessuno a fare questo, non c’è niente di istruttivo a parlare della debolezza degli altri. Guardate quel bellissimo cortometraggio che si intitola “Il circo delle farfalle”, è molto interessante. Non ci guadagna niente e nessuno a mostrare la debolezza, il limite. Noi non siamo al circo. Se io vedo un limite — ed è quello che emerge nel circo delle farfalle — non è perché devo mostrare il limite nell’umiliazione di colui che è limitato, ma userò il limite per far vedere la bellezza di colui che, vivendo nel limite, mostra come è possibile superare il limite. È tutta un’altra cosa.

Che cosa ho da perdere? Che cosa ci si perde e che cosa ci perde Dio, la verità, la giustizia, la bellezza al mio dire quello che vorrei dire? 

Quanti discorsi volgari, a doppio senso, da presa in giro… e a che pro?

Se non parlo della salvezza, di cose vere, di cose giuste, di cose belle è meglio tacere, perché quel parlare è vano, è assolutamente inutile, non cambia nulla e non serve a nulla. Oggi c’è un parlare… un parlare… a parte che oggi è un parlare monotematico, ma al di là di quello si parla in continuazione. E cosa cambia? Non cambia niente, anzi, le situazioni peggiorano. Tutti che parlano e che dicono: “Dobbiamo fare… faremo… facciamo…”. E quindi? Cosa è cambiato? Niente. È migliorato qualcosa? No, è solo peggiorato. E allora cos’è servito? A niente. Noi ci illudiamo che parlare voglia dire fare, ma non è così. La mia nonna mi diceva: “Parla poco e fai molto”.

Chi parla tanto, di solito, non fa granché, è bello invece vedere qualcuno che parla poco e fa molto, che non è produrre, è proprio il fare, l’operare.

Il Cristo che verrà. E questo è il momento dell’esame di coscienza, dove mi fermo e guardo dove ho sbagliato, dove devo cambiare, dove mi dovrò maggiormente educare per domani, perché ogni volta che esci da quella porta — e non solo — io dico “da quella porta” perché sono da solo nella mia camera, è chiaro che se vivessi con una famiglia, se vivessi in un appartamento con altre persone, è chiaro che anche dentro si genera tutta questa dinamica, però poi uno va a letto, e quando metti giù i piedi dal letto, quando esci dalla tua camera, comunque, se non è la prima porta sarà la seconda, ti dovrai porre queste domande.

Spero di avervi dato qualche intuizione importante. 

“Le lampade accese indicano la retta intenzione con cui dobbiamo lavorare…”

Dobbiamo avere la retta intenzione con le cose che facciamo quando lavoriamo, quando usciamo dalla porta noi dobbiamo già avere la retta intenzione, chiedere allo Spirito Santo: “Illuminami, mi raccomando”

“Cristo che è, che era e che viene”

Tutte le realtà devono essere presenti a me.

“… l’olio è la provvista di opere buone; i fianchi cinti, in attesa dello sposo, ricordano la santità del corpo. E questo corpo, se è santo, sarà compagno di gloria all’anima, come fu all’anima compagno di merito sulla terra. Ed ecco invece le vergini stolte che sonnecchiano e si addormentano: si riposano, o meglio, stanno oziose. Il corpo spesso viene accontentato: golosità, sensualità, oziosità. Questo significa odiare e perdere anche il corpo.”

Questo sonnecchiare, questo dormire, questo buttarsi lì tra le braccia del sonno, così, rapiti, senza un senso, non per riposare, ma per oziare. Poi la gola, la sensualità. L’ozio, quell’annegarsi nel non far niente.

“Esso dovrà subire l’annichilazione del sepolcro, per la morte, che compirà la sua opera, e lo sfacelo nella tomba, ma la voce dell’Angelo intimerà ai morti di risorgere. «Si semina un corpo corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Cor 15,42-44). Il corpo entrerà, nel giorno del giudizio universale, con l’anima in cielo dotato di sottigliezza, impassibilità, immortalità, agilità, splendore.”

Chissà che bello che sarà.

“Esso avrà una propria beatitudine, perché tutti i sensi dovranno avere la ricompensa, in modo speciale i sensi che hanno più servito a conoscere, amare, servire il Signore.”

Pensate che bello questi nostri occhi che contemplano il Cielo. Io quando vi faccio le meditazioni, mi metto seduto parallelo alla mia scrivania e ho alla mia sinistra il Crocifisso e alla mia destra il Volto Santo di Gesù e questa bellissima finestra che mi fa vedere la mia bellissima Villa Pamphili, i miei cocoriti che ogni tanto mi passano davanti con le loro belle penne azzurre e verdi, poi ci sono due corvi, che ormai ho scoperto essere mamma e papà corvo, chissà dove hanno i loro piccoli, i loro… corvetti, e poi queste bellissime piante, questo bellissimo silenzio, questi tramonti, queste albe bellissime, questa luna che mi sta proprio lì sopra, che vedo… Penso a questi occhi, di questo devono vivere: del Crocifisso e quando si distolgono dal Crocifisso, del libro del creato, la meraviglia che Dio ci ha donato con la creazione. In mezzo, niente, tutto il resto sono nefandezze. Pensate alla bellezza di vedere le persone che si vogliono bene, che si amano, i ragazzi giocare, di vedere le cose belle, noi abbiamo bisogno della bellezza.

“La bellezza di Cristo salverà il mondo”, diceva Dostoevskij.

Noi abbiamo bisogno di questa bellezza e la vediamo nella luna che ci parla, che ci dice che la realtà ha sempre una faccia che sporge sull’eterno, la bellezza del sole, e via di seguito…

“I sensi che hanno più servito a conoscere, amare, servire il Signore.”

Gli occhi, la bocca, la lingua che canta le lodi del Signore, che parla del Signore, che parla della giustizia, della verità, le orecchie che ascoltano solo ciò che è degno, e gli occhi che grazie alle palpebre si possono chiudere ogni volta che sta per accadere qualcosa di negativo.

“Ma specialmente è bene che noi consideriamo le doti speciali che avrà il corpo dei vergini e il corpo dei Sacerdoti. Questo corpo verginale che sulla terra ha amato soltanto e sempre il Signore; questo corpo sacerdotale le cui fatiche hanno servito per predicare e far amare il Signore; questo corpo che tanto rimase vicino a Gesù, lo toccò, consacrò il Corpo e Sangue di Gesù Cristo; questo corpo, dico, dei vergini e dei Sacerdoti, avrà una gloria tutta particolare, uno splendore tutto speciale, una beatitudine tutta distinta.”

Eh sì, speriamo che noi Sacerdoti, che i vergini si comportino esattamente così, che abbiano amato sempre e soltanto il Signore e non la propria pancia, non il proprio gusto, non le proprie idee, non il proprio io. Che abbiano faticato per servire Dio con la predicazione, per far amare il Signore, per lo zelo delle anime. Con questo corpo sfiancato, questa mente esausta, questa lingua prosciugata dall’aver servito il Signore, dall’aver corso per il Signore, predicato per il Signore, pensato per servire meglio il Signore, dall’aver voluto solo il Signore. 

Quando ero ragazzo — me lo ricordo come se fosse oggi — e facevo le medie, andavo in una cooperativa vicino alla mia scuola media — se non ricordo male il giovedì — a fare assistenza alle persone portatrici di handicap e stavo lì con loro a fare i lavoretti. Si assemblavano delle cosine, si facevano dei lavoretti per il Natale — bellissima questa cosa — ci mettevamo lì a fare dei piccoli presepi, usavamo il cotone, ricamavo con loro per fare bene questi centrini che poi loro vendevano o delle bamboline che costruivano e passavo un pomeriggio lì con loro. Poi mi ricordo che la domenica pomeriggio — erano un po’ gli impegni di noi ragazzi — andavo dagli anziani a fare un po’ di assistenza, a stare lì con loro, a giocare alla tombola, a prendergli un caffè, a portarli giù dalle loro camere, a farsi raccontare le loro avventure di quando erano giovani, del tempo di guerra. Si creavano delle bellissime amicizie con queste persone, e mi ricordo che un giorno ero con una persona e questa persona mi disse: “Ma tu ti rendi conto che stai buttando via gli anni più belli della tua vita dietro a queste cose, a queste persone, dietro a tutta questa sofferenza? Ma questi sono gli anni nei quali ti devi divertire! Non torneranno mai più questi anni, ma ti rendi conto che assurdità e che spreco?”. Io mi ricordo che rimasi un attimo in silenzio guardando dritto davanti a me, ero in macchina, mi ricordo proprio che cosa vidi, come se si fosse fermato il tempo. Sono uno di quei momenti nella vita che credo non passano più, rimangono lì. E risposi: “Ma io sono felice a fare queste cose, non potrei farne a meno, perché voglio bene a queste persone, so che mi aspettano e io aspetto loro, e poi so che Gesù è contento di queste cose. Io quando sono lì sono contento e quando torno a casa ho il cuore che mi scoppia dalla gioia. Ma perché mai un domani, quando sarò grande, dovrei rimpiangere questi giorni? Rimpiangere rispetto a cosa? Rispetto a quei “maramei” che mi vedo qui accanto che sono lì con l’occhio strabuzzato da triglia lessa con i piselli e le patate, con questi qui che sono dei cadaveri che quando camminano sembra il film degli Zombi 3.0. Io di questi devo avere rimpianto quando avrò 40 anni? No! Poi, può darsi che abbia ragione tu, può darsi che abbia il rimorso quando avrò 40 anni di aver buttato via la mia gioventù, gli anni più belli, il fior fiore della mia vita, può darsi, ma oggi io questo non lo vedo. E certamente non rinuncerei.”

La nonnina che andavo a trovare il sabato e la domenica mattina dopo la Messa… ma come avrei potuto pensare che quello era buttare via gli anni più belli della mia vita?! Quella era la mia vita! Loro erano la mia vita, vivevo per loro. Non vedevo momento più bello della mia settimana che quando arrivava il giovedì, il sabato, la domenica, i giorni nei quali potevo andare a trovarli e potevo stare con loro. Li conoscevo per nome, e loro conoscevano me, ci aspettavamo. 

Come potevano essere quelli gli anni nei quali sprecavo…

E infatti, oggi, che è passato qualche anno dalle mie scuole medie e superiori — la nonnina la conobbi quando ero alle superiori — vi devo dire che sono stati gli anni più belli della mia vita, sicuramente. Sono belli anche questi, ma sono diversi. Quelli hanno un gusto, un sapore indimenticabile. Non ho fatto niente di grande, non è che abbia fatto cose da eroe, niente di eccezionale, ma quei giorni, quelle ore, quei mesi, quegli anni, quei momenti dati a quelle persone sono certamente i ricordi più belli che porto nel cuore insieme a tanti altri.

A un ragazzo direi: “Consacra questi anni, i più belli, il fiore della tua gioventù. Conserva questi fiori lontano dalla tempesta di questo mondo, e portali un domani quando sarai morto davanti alla Madonna a dirle: puliscili un po’ e presentali a Gesù, sono il fiore della mia giovinezza, della mia infanzia, della mia fanciullezza.”

Ma vi ricordate quando da ragazzi, da bambini andavamo a prendere i fiori e ci dicevano di non annusarli? Mi ricordo quando andavamo nei campi, nel mese di maggio, che bello! Andavamo a prender tutti i fiori possibili ed immaginabili, la mia nonna mi aveva regalato un vaso cinese blu, di un blu bellissimo, c’era su un pavone mi pare, non ricordo più bene, era tutto colorato, stupendo, e io andavo a prendere tutti questi fiori nei campi dai colori più strani, dal giallo, al rosso, al viola, l’azzurro, poi prendevo le rose, andavo a tagliare rose da tutte le parti — rapavo tutte le piante di rose che trovavo, poverine! — ed ero con questo bel mazzone di fiori in mano, tutto bucato dalle spine che mi prendevo e mi ricordo che dicevo: “Mamma che voglia che ho di annusarli! Che voglia che ho di immergermi dentro col naso e con tutto me stesso per sentire tutti questi profumi che devono essere bellissimi e buonissimi”, ma subito mi veniva in mente il pensiero: “No, sono consacrati al Signore. Sono per Gesù e la Vergine Maria. Non devi annusarli, offri questo sacrificio al Signore, fai questo fioretto, fai in modo che questo profumo sia totalmente per Loro”. Duravano una settimana. 

E adesso dico: “Che bei tempi!”. Tornassi indietro, se lo facevo una volta alla settimana, adesso andrei a farlo tutti i giorni. I rami di ciliegio fioriti, di pesco, di mandorlo, ricordate quando si prendevano si tagliavano e si portavano a casa? Le pigne, quelle belle pigne che profumavano di bosco… Quanti ricordi!

Questo consacrare a Dio tutto, tutto per Gesù, tutto per la Vergine Maria. Questo corpo che non deve essere toccato, questo corpo totalmente dato, che col passare degli anni si vede che perde la sua freschezza da bambino, da fanciullo, che poi si stanca, si ammala, fa fatica, però che porta in sé sempre questa idea del totalmente dato.

Quando noi studenti ci stavamo preparando per diventare preti, mi ricordo che un giorno, un bravissimo Sacerdote ci disse: “Quando siete davanti al Tabernacolo — eravamo stanchi, con tutti gli esami da fare per l’Università… tante cose — e magari siete stanchi, come libro di meditazione guardate le vostre mani, girate le vostre mani, guardate i vostri palmi e pensate che a breve verranno unti con il Sacro Crisma e quelle mani saranno dedicate per consacrare il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Ovunque sarete, in qualunque luogo e in qualunque ora del giorno e della notte voi potrete consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo. E noi stavamo lì in cappella a guardarci le nostre mani e dire: “Pensa, tra un po’ non saranno più così… tra un po’ saranno altro, tra un po’ queste mani assolveranno, conforteranno, ungeranno, consacreranno, esporranno il Santissimo.”

 “Il corpo di Gesù Cristo è risorto glorioso; il corpo della Vergine fu assunto al cielo; il corpo dei religiosi vergini rassomiglierà al corpo glorioso della Vergine Madre, Maria.”

Ditelo, diciamolo ai giovani questo.

“Il corpo dei Sacerdoti zelanti ed operosi rassomiglierà al corpo glorioso di Gesù Cristo, anzi avrà la gloria speciale del corpo di Gesù Cristo. Questi occhi che mirano tante volte le cose buone, questi orecchi che si aprono a sentire la parola di Dio, questa lingua che parla il bene, questo cuore che palpita per Gesù, non rimarranno sempre nel sepolcro.”

Che bello! Risorgeranno! Adesso è lì che riposa, finalmente il corpo di don Alberione riposa dopo essersi distrutto di fatiche, il corpo del Santo Curato d’Ars, di San Carlo, riposano, ma un giorno risorgeranno. 

Quando vi dicono: “Riposati! Riposati!” Ne avrò di tempo nella mia cassa di legno per riposare! Usiamo quel tempo là, adesso non è quello il tempo, adesso il tempo è altro, finché le gambe si muovono, la testa c’è, le mani pure… Forza! Forza! Muoversi, andare!

Quando mi dicono: “Sono stanco per lo studio”

“Ma come? Su, su! Abbiamo l’intelligenza, la parola, la possibilità di scrivere. Forza!”

 “Gli occhi si fisseranno nella SS. Trinità, nella Vergine; le orecchie si apriranno per sentire i canti e le melodie del cielo…”

Certo, perché le avremo chiuse sulle immondizie della terra.

“La lingua s’unirà a cantare le glorie di Dio insieme agli Angeli ed ai Santi; il cuore sarà inondato di gioia e di felicità: e tutto il corpo impassibile, immortale, adorno di luce e di splendore, cambierà la terra col cielo, l’esilio colla patria, la mortificazione colla dolcezza eterna.”

Ma non vi sembra che siamo già lì? Non vi sembra già di sentirlo? Di vederlo? Di gustarlo?

Uno guarda fuori dalla finestra e dice: “Gesù, ma io sono già pronto, andiamo. Portaci via! Cosa stiamo qui a fare?”

 “Beati coloro che sulla terra sanno usare bene della salute e dei loro sensi: i loro occhi, il loro udito, la loro lingua, il loro cuore, tutto quanto hanno ricevuto dal Signore. «Io riservo i miei occhi a mirare poi la faccia di Maria SS. in cielo».

Chi disse questo? San Luigi Gonzaga. Bello.

“Non voglio fissarmi su niente di immondo perché voglio che un domani fissino solo il Volto della Vergine”

Ma che bello!

“Beati coloro i quali ascoltano la parola di Dio, perché essi sentiranno i canti del cielo. Beati coloro i quali fanno qui sulla terra penitenze, fatiche, mortificazioni per il Signore. Queste fatiche un giorno frutteranno il riposo eterno. Beati i corpi vergini. Beate le mani che sempre danno benedizioni, distribuiscono il corpo di Gesù Cristo in Comunione. Beate le mani che sempre operano. Beati i piedi di coloro che camminano per spargere la parola di Dio, il santo Vangelo: «Come sono belli… i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene» (Is 52,7). Beate le lingue che predicano la parola del Signore: quale premio avranno! Questo è il vero amore al corpo: privarlo di soddisfazioni sulla terra; assoggettarlo alle fatiche perché abbia il Paradiso eterno. Il secondo mistero glorioso, l’Ascensione di Gesù Cristo al cielo, ci ricorda che anche il nostro corpo salirà al cielo come quello di Gesù.”

Bene. Si avvicina il Natale, siete pronti? Siamo belli caldi, preparati, infervorati, contemplativi del nostro presepe e del nostro bell’albero con alal sua stella e la punta che verte verso il cielo? Forza! Stiamo belli carichi, questo Natale deve essere un Natale bellissimo. Non lasciatevi spegnere la speranza, non lasciatevi spegnere dalle angosce di questo mondo, dai discorsi inutili, fatui, empi, triti e ritriti di questo mondo, di questo monotema. È Natale! Ci stiamo avvicinando al Natale, sentiamo già il calore della stella che sta per invaderci, che sta per passarci sopra la testa, che sta per conquistarci, per chiamarci. 

Mi raccomando, nessuno sia triste, anche nella fatica, anche nel disorientamento. È Natale. Smettiamo discorsi di depressione, di disperazione, concentriamoci su Gesù, fossimo anche in carcere, legati alle catene, noi non dobbiamo smettere di dire a chi abbiamo accanto: è Natale! Sta per arrivare Natale. Incatenatemi, va bene, è Natale.

Dobbiamo essere degli innamorati del giorno di Natale.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 1, 39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Post Correlati