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L’invidia del re Saul

Trionfo di Davide

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 20 gennaio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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L’invidia del re Saul

Eccoci giunti a giovedì 20 gennaio 2022. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratta dal Primo Libro di Samuele capitolo XVIII, versetto 6 e seguenti. 

Che cosa notiamo in questo testo? Notiamo due cuori completamente diversi. Uno è il cuore di Gionata, oggettivo, realistico, vero, che chiama le cose con il loro nome e dà a ciascuno il suo, quindi un cuore giusto, ed è un cuore libero. L’altro, quello di Saul è il cuore di un perdente, è il cuore di un fallito, è il cuore di colui che ha la coscienza sporca e che non è in amicizia con Dio. Infatti vi ricordate che vi dissi: “Andate a leggere da qui in avanti cosa succederà a Saul”? Abbiamo letto che Saul fu rigettato come re. Qui Saul sta cominciando a sperimentare i segni di questo rigetto. Qua siamo solo inizio, i segni saranno sempre maggiori e sempre più evidenti. Ormai Saul a livello spirituale non è più re, lo è solamente a livello politico, il Signore ha scelto Davide adesso. Abbiamo due re in questo momento, perché anche Davide è stato unto, quindi abbiamo un re Saul che continua a mantenere il trono, pur essendo stato rigettato da Dio — perché lui ha rigettato Dio con la sua disubbidienza — e poi abbiamo Davide, che è il nuovo re di Israele in pectore, potremmo dire. Dio l’ha scelto al posto di Saul e sta cominciando a dare tutti i segnali di questa elezione: tutto ciò che Davide fa gli riesce perfettamente, al contrario di Saul che ormai è un fallimento unico.

“Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole.”

 Ma sono vere.

«Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila»

 È vero, e poi non è stato Saul a sconfiggere Golia. È evidente, tutti lo sanno è successo praticamente l’altro giorno.

“Mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo”

 È successo qualche giorno prima, è appena successa questa incredibile vittoria di Davide contro il gigante Golia, con un sasso. Perché non l’ha fatta Saul visto che è così bravo, visto che è così re, visto che è così capace, visto che lui qui, visto che lui là? Doveva ucciderlo lui! E invece no, non è stato capace, non era in grado di combattere contro il gigante Golia, avrebbe consegnato il popolo alla schiavitù dei Filistei. Quindi la verità, la realtà vuole che Davide, un ragazzo, ha superato in capacità, in abilità il grande re Saul.

“Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole… Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno»

Quando l’invidia cattura il nostro cuore, saremmo capaci di fare solo cose brutte, perdiamo la lucidità. L’invidia e la gelosia sono due bestie sanguinarie, spargono sempre sangue e infatti Saul vuole uccidere Davide, esattamente come Caino e Abele. 

Noi di chi siamo invidiosi? Di chi siamo gelosi? Sono due cose diverse, sono due peccati diversi, che vanno certamente a colpire la carità. Ma chiediamocelo, facciamo qualche atto di verità nella nostra vita.

Io di chi è che sono invidioso? Di chi sono geloso? Vorrei vivere la vita di chi? Vorrei essere al posto di chi?

Vedete, l’invidia è proprio uno dei peccati più gravi contro Divina Provvidenza, cioè l’invidia dice [a Dio]: “Quello che Tu hai scelto per me, Dio, è sbagliato, non va bene, non mi piace, non lo voglio. Io voglio quello lì, quello che ha lui o lei”.

Davide non mirava certamente al regno, semplicemente stava servendo Saul. Poi interviene Gionata che fa al re, suo padre, un ragionamento molto realistico, molto equilibrato, lo riporta al senno, gli dice: “Non guardare i tuoi fantasmi, le tue paure, i tuoi fallimenti, non guardare neanche quel castigo che ti senti addosso, che ti vedi addosso, per la tua ribellione, guarda la realtà. Cosa ti ha fatto Davide di male? In che cosa ti ha mancato? Di rispetto, di amore, di servizio,… in che cosa? In niente, è solo la tua invidia.”

Guardate che queste cose nei nostri ambienti succedono oggi e domani e dopodomani, sempre. I nostri ambienti sono sotto assedio dell’invidia e della gelosia. 

“Ecco a lui ha dato cinque caramelle e a me ne ha date solo quattro”

“Ma scusi lei quanti anni ha? 

“56” 

“Signora, a 56 anni lei guarda quante caramelle il Sacerdote ha dato a Tizio, Caio e Sempronio? Ma stiamo scherzando?” 

“Ma io sono qui in questa Chiesa dai tempi del Big Bang, io sono qua quando ancora Dio non aveva creato il mondo!”

“E la miseria!”

“Perché mio padre, e il nonno di mio padre, e il bisnonno di mio padre, e il trisavolo di mio padre si sedevano sempre su questa panca!”

“Ci scriva sopra la targhetta «Radici 3.0», cosa le devo dire, signora?”

“E se io vengo in Chiesa mi siedo su questa panca e questa panca è mia!”

“E la miseria!”

“Adesso, cosa sono tutte queste novità?”

“Quali novità?”

“Perché deve leggere lui in Chiesa?” 

“Signora, perché lei non è l’unica ad avere il dono della voce. Lei quanti anni ha?”

“85”

“E lui quanti anni ha?”

“21”

“Si faccia due conti. Provi un po’ pensare, non è il momento, come dicevano i nostri vecchi, di mollare questo badile? Ma basta! Non è giunto il momento di cedere un po’ il passo? Non è giunto il momento di insegnare ad altri a raccogliere la tua eredità, la tua testimonianza, il tuo servizio, di insegnare loro, e poi di fare andare avanti loro? L’hai fatto per una vita! Ma riposa un po’ in pace! Ma stai un po’ sereno! Ma goditi la bellezza di vedere che altri vengono a casa con i loro 10.000! Di vedere che gli altri fanno le cose belle, di vedere che gli altri ti sanno sostituire, di vedere che gli altri sanno raccogliere con riconoscenza la tua eredità, che la sanno arricchire, metterci dentro fantasia, aria nuova, vita nuova, da quello partire e fare cose nuove, belle, interessanti e fantasiose. Ma non è bello? Ma non è bello vedere tutto questo? Non è bello vedere che tutto ciò che tu hai fatto ha un futuro? Che tutto ciò che tu hai fatto lo stai consegnando alla vita e non alla tua bara?”

“Ma quel posto è mio!”

Mi viene in mente Il Signore degli Anelli “Il mio tessoro!” 

Ma che ansia! Mamma mia! Pensate a questi poveri preti che devo andare a dire la Messa e quando entrano in Chiesa già vedono, non i fedeli ma un covo di serpi che cominciano uno a guardarsi in cagnesco con l’altro, perché lui qui, perché lui lì, “perché lui è nel primo banco e io invece nel secondo!” 

Ma mangiati una cioccolata con la panna fino a svenire! Ma stai sereno! Ma ti prego! Non arrivano in Chiesa un’ora prima per stare con Gesù, arrivano in Chiesa un’ora prima per occupare il posto. Robe da matti! Robe incredibili! Che solo a dirlo uno dice: “No, Padre Giorgio sta esagerando!” No, non sto esagerando, assolutamente, anzi sto dicendo la punta dell’iceberg, perché l’invidia e la gelosia non hanno fondo, non esiste un fondo, sono le realtà più irrazionali, più folli che ci siano, e portano a compiere gli atti più assurdi, e più ingiusti di questo mondo!

“Non gli manca altro che il regno!”

Non è che a lui interessasse, ti ha servito? E allora?

Alcuni si scandalizzano per le pellicce a Natale in Chiesa, almeno ai miei tempi, negli anni ’80 c’era questa cosa: “Ecco il giorno di Natale vanno in Chiesa e sfoderano le pellicce!” E vabbè! Facciamo un giro nella foresta, vediamo un po’ di bestioline: c’è quella che ha il visone, quell’altra che ha la lince, quell’altra che c’ha la pelliccia di talpa, e quell’altra che ha il ratto muschiato e vabbè! E quindi? A te cosa ti interessa? Guarda te stesso, guarda la tua anima, guarda la tua vita. A me invece scandalizza di più vedere la gente che è attaccata alle cose, vedere la gente che è attaccata ai posti, vedere la gente che in Chiesa si comporta come la “padrona della melonera”. E poi mi dicono: “Padre, ma lei non parla solamente per i milanesi, deve parlare un po’ per tutti. Ma come fa a dire queste espressioni che poi sono iscrivibili, intraducibili” .

E va be! El padron de la melonera, andate a vedere chi è.

La Chiesa è di Gesù Cristo e di nessun altro. Il servizio che tu fai è per Dio, non è per te, e se non lo fai tu, lo può fare benissimo qualcun altro. Non attacchiamoci ai servizi che facciamo. Non ci dobbiamo attaccare, dobbiamo restare liberi, perché se no, noi non andiamo a fare quelle cose per Dio, le facciamo per noi stessi, per avere un posto al sole, per avere un po’ di briciole di potere.

“Ah io sono quello più vicino al parroco”

Si vabbè e quindi? Ti scalda il sonno questa cosa? Ti accontenti di poco, figlio mio!

Noi dobbiamo veramente uscire da queste logiche perverse, per entrare nella logica di Gionata che prova grande affetto, che ha grande affetto. Anche noi dovremmo manifestare affetto gli uni per gli altri, anche noi dovremmo volerci bene, dovremmo gareggiare nello stimarci a vicenda, dice San Paolo, e non stare lì a vedere quanta fetta di torta viene data a me.

Adesso vi faccio un po’ sorridere. Ho coniato una nuova espressione psicologica “il complesso di Caspoggio”, che non esiste, l’ho inventato io, non esiste. Perché il complesso di Caspoggio? Perché quando ero piccolino andavo in montagna in questa bellissima zona della Valtellina, in questo bellissimo paese della Valtellina che si chiama Caspoggio. Ci ho lasciato un po’ il mio cuore, perché in estate andavamo sempre anche lì, dopo il mare facevamo un po’ di montagna e quindi ricordo tutte le passeggiate in quei bellissimi monti: il lago Palù un po’ lontanino ma bello, Livigno, … tanti posti bellissimi, non vicinissimi a Caspoggio però Caspoggio in sé è comunque una bellissima cittadina. Mi ricordo che dall’hotel dove eravamo noi si saliva e si andava in questo grande spiazzo che si chiama Santa Elisabetta, dove c’era una chiesa — credo ci sia ancora questa chiesina messa in mezzo ad una grande radura, non so come chiamarla — dove stavo al pomeriggio a giocare, a studiare. Lungo il tragitto per salire c’era un convento, pochi anni fa quando ci sono tornato da prete ho scoperto che era delle suore Dorotee, adesso non ci sono più, mi hanno detto che hanno lasciato. Era una sorta di orfanotrofio, dove c’erano dei bambini abbandonati. Io salivo con i miei, facevo questa lunga passeggiata — per arrivare su c’era da morire! — siccome andavamo su nel pomeriggio mi portavano la merenda. A me, ignaro di tutto, è capitato di arrivare più o meno all’altezza dell’orfanotrofio e in quel momento aprire la mia merenda. Mi veniva un po’ di fame e prendevo la mia girella. Oh Cielo! Solo a parlarne mi viene male! Vedevo questi bambini che quando passavo, solo per il fatto che vedevano qualcuno passare, correvano verso il cancello. C’erano delle inferriate larghe, dalle quali passavano le mani e le braccia. Questi bambini mi vedevano passare — mi avranno visto una volta o due perché poi non l’ho più fatto — con la girella in mano, vi potete immaginare! Questi correvano contro il cancello, mi chiamavano, un po’ piangevano, un po’ mi chiamavano, tiravano fuori le loro braccine per chiamarmi verso di loro. Insomma, alla fine andavo lì e gli davo tutta la mia girella e anche quello che non avevo, perché mi si strappava il cuore dal petto.

Allora l’ho chiamato “il Complesso di Caspoggio”, — che in loro, per l’amor del cielo, era più che giustificato, ma in altri non lo è — questa cosa per la quale io mi sento abbandonato, mi sento solo, mi sento non voluto, non voluto bene, e via di seguito. Ripeto, nel loro caso era più che comprensibile, più che giustificato, nel nostro no, perché si fonda su che cosa? Noi dobbiamo essere realisti, esattamente quello che fa Gionata, dobbiamo guardare la realtà per quella che è e non vedere mostri dove non ci sono. Liberiamoci dall’attaccamento ai posti, agli onori, alle briciole, alle fette di torta, al potere, a tutte queste cose. Noi siamo nella casa di Dio per servire il Signore. Fine. Se uno serve, serve, se uno non serve, non serve, ma liberi, tranquilli e sereni. 

“Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase alla sua presenza come prima.”

Sì, per due giorni.

«Per la vita del Signore, non morirà!».

Sì, oggi e domani, perché Saul, da lì a breve, riprecipita in un abisso da cui non uscirà più. Un abisso di angoscia, di ansia, di mostri per cui deciderà di ammazzare Davide. E non c’è verso, non si libererà più da questo demonio che si porta dentro nella testa. Poi lo vedremo, invece di entrare in se stesso, invece di capire da dove arriva tutto questo, invece di dire: “L’ho fatta grossa, quindi è meglio che vada in pensione” (diciamo così). No, in aggiunta a tutto il male che ha fatto, decide anche di voler uccidere un innocente. Che il Signore ci preservi da questa follia.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

PRIMA LETTURA (1 Sam 18, 6-9: 19,1-7)

In quei giorni, mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i tamburelli, con grida di gioia e con sistri. Le donne cantavano danzando e dicevano:
“Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila”.
Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: “Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno”. Così da quel giorno in poi Saul guardava sospettoso Davide.
Saul comunicò a Giònata, suo figlio, e ai suoi ministri di voler uccidere Davide. Ma Giònata, figlio di Saul, nutriva grande affetto per Davide. Giònata informò Davide dicendo: “Saul, mio padre, cerca di ucciderti. Sta’ in guardia domani, sta’ al riparo e nasconditi. Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Ciò che vedrò te lo farò sapere”.
Giònata parlò dunque a Saul, suo padre, in favore di Davide e gli disse: “Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. Egli ha esposto la vita, quando abbatté il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande salvezza a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?”. Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: “Per la vita del Signore, non morirà!”.
Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase alla sua presenza come prima.

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