Scroll Top

I frammenti del pane e i tralci della vite: klasma e klema, parte 4

I frammenti del pane e i tralci della vite: klasma e klema

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione del ciclo dal titolo “I frammenti del pane e i tralci della vite: klasma e klema” di giovedì 18 agosto 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 22, 1-14)

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

I frammenti del pane e i tralci della vite: klasma e klema, parte 4

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 18 agosto 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventiduesimo di san Matteo, versetti 1-14.

Vedrete a breve quanto è provvidenziale la lettura di questo Vangelo: sembra proprio che io abbia fatto apposta a far coincidere la spiegazione che darò oggi con la lettura di questo Vangelo. Invece, no, non ho preparato nulla perché voi che sapete che io parlo a braccio e quindi non posso sapere quanto dirò e non immaginavo proprio di arrivare a dire quello che dirò oggi esattamente con questo Vangelo. Sono quelle bellissime ‘Dio-incidenze’ che non sono mai legate al caso. Quindi teniamo sullo sfondo questa ultima frase che abbiamo ascoltato: “Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Continuiamo il nostro lavoro sul tema “I frammenti del pane e i tralci della vite: klasma e klema”.

Ieri siamo arrivati a Gv 15,6 che dice: “Se uno non rimane in me, viene gettato fuori” — ecco il Vangelo di oggi: stessa espressione — “come i tralci che si seccano e si raccolgono e si gettano nel fuoco dove bruciano”. Oggi ci concentreremo proprio su questo versetto, Gv 15,6, in particolare su alcuni verbi che sono ‘gettato’ unito al rafforzativo ‘fuori’; ‘seccano’; ‘si raccolgono’; ‘bruciano’. I verbi di una frase ne costituiscono il cuore, quindi dobbiamo capire bene che cosa ha voluto dire Gesù con questi verbi. 

Adesso voi mi sentirete leggere perché queste cose le ho scritte prima, in quanto sono molto tecniche e non voglio incorrere in imprecisioni: parlando a braccio, quando si ha a che fare con un approfondimento filologico, bisogna stare molto attenti. Quando citerò qualcuno, vi avvertirò.

In questo versetto i verbi che si riferiscono ai tralci (gettato fuori, si seccano, si raccolgono e poi bruciano), ovvero alle anime ribelli che volontariamente si separano da Gesù, non vogliono stare con Gesù (“se uno non rimane in me, viene gettato fuori”, Vangelo di oggi) come i tralci che “si seccano, si raccolgono e vengono gettati nel fuoco dove bruciano”, mostrano con drammatica evidenza la conseguente e irrimediabile sorte che spetta loro. 

Cominciamo a vedere il primo verbo che è “gettare”, ἐβλήθη, indicativo aoristo passivo.
Stiamo imparando che il tempo verbale dell’aoristo indica che l’azione è definitiva, che si compie una volta per tutte, quindi questo rigetto, questo gettare è definitivo: “viene gettato fuori” una volta per sempre.
Gesù sapeva bene quello che diceva e ci vuole dare un messaggio molto chiaro.
Non è “gettato fuori” come se io prendo una pallina e la getto fuori sapendo che poi il gatto, il cagnolino, un bambino oppure io stesso la prendo e la riporto dentro. Qui è diverso: getto fuori una volta per sempre e non si entra più.
Quindi voi capite che è una cosa importante. “Chi non rimane in me, viene gettato fuori” una volta per sempre, in modo definitivo e in questa forma è usato solo da Gv, e oltre in questo passo solo in alcune descrizioni abbastanza forti dell’Apocalisse, per esempio in 8,7, 8,8 o in 12,9.
Abbiamo poi anche l’utilizzo del rafforzativo ἔξω. Quindi, non semplicemente “vien gettato via”, ma “viene gettato fuori”, che è molto indicativo. È lo stesso rafforzativo utilizzato moltissime volte nei Vangeli per indicare “le tenebre di fuori”, la condanna eterna ove “sarà pianto e stridore di denti” (cfr. Mt 8,12; 22,13 “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti”; 25,30). Potete andare a vedere come ritorni spesso questo rafforzativo.

Poi abbiamo il secondo verbo: “seccare”, ἐξηράνθη, sempre indicativo aoristo passivo, quindi questi tralci si seccano in modo definitivo, una volta per tutte. Esso viene utilizzato più volte nelle parabole evangeliche per indicare la condizione irreversibile di chi non compie la volontà di Dio: si pensi alla pianta di fico di Mt 21,19 che Gesù seccò fino alle radici perché non portava frutto; o ai semi caduti sul terreno sassoso, seccati perché senza radici di Mt 13,6. Questa è la condizione di chi non compie la volontà di Dio e si secca. “Se uno non rimane in me…”.

 Il terzo verbo è “raccogliere” — lo abbiamo già visto — Συνάγουσιν, raccogliere, presente indicativo. Questo tempo verbale indica l’ordinarietà, la quotidianità di questa azione. In greco i tempi verbali hanno un significato molto preciso: il tempo dice qualcosa di ben preciso di quel verbo; mentre l’aoristo dice che l’azione è definitiva, l’indicativo presente indica l’ordinarietà. Il senso della frase è reso ancora più drammatico (oltre che dalla sfumatura data dal tempo verbale, ovvero l’indicazione che questa raccolta per la bruciatura dei tralci ribelli è quotidiana e inesorabile, perché chi non rimane viene quotidianamente raccolto, perché è un tralcio secco e un tralcio secco non si lascia attaccato alla vite), se pensiamo che sunágo [ συνάγω ] è lo stesso verbo usato in Gv 6,12, per indicare la raccolta dei frammenti avanzati: ma in quel contesto i frammenti vengono raccolti per essere salvati, mentre qui, in Gv 15,6, i tralci, sono raccolti per essere bruciati. Sempre raccolti sono, ma con due finalità diverse. 

Il quarto verbo, “bruciare” [Καίεται], bruciare, indicativo medio, presenta la sfumatura di senso più drammatica: infatti, il significato di questo tempo medio è diretto, ovvero l’azione si riflette direttamente sul soggetto, la sfumatura è chiaramente riflessiva. In poche parole, questo verbo imputa la responsabilità dell’ azione di essere bruciato al soggetto stesso, che sia la compie, sia la subisce: “i tralci” ribelli si bruciano da soli, a causa della propria scelta di non appartenere alla “Vera Vite”. Infatti: “Come tralci che si seccano, si raccolgono e si gettano nel fuoco dove bruciano”, non “vengono bruciati”. Loro bruciano, bruciano per la loro propria responsabilità di separarsi da Gesù. Loro compiono l’atto del bruciare e subiscono l’atto del bruciare. Non è tanto il fuoco che li brucia, ma sono loro che si bruciano, che nel fuoco si bruciano: sono loro che compiono l’azione di bruciarsi e sono loro che si bruciano a motivo della loro responsabilità.
Questo mi sembra tanto importante… perché tutto questo? Perché hanno scelto di non rimanere in Gesù.
Quando noi non rimaniamo in Gesù, tutto questo — certo a livelli diversi — si realizza nella nostra vita. Quindi, impariamo a non dare la colpa al fuoco che brucia: il fuoco, certo, brucia, ma se tu che bruci! In questo caso non è il fuoco che ti sta bruciando, ma sei tu che compi questo atto di bruciarti e nello stesso tempo subisci questa bruciatura terribile. Bruci da solo, a causa della tua scelta, per il fatto di non voler appartenere a Gesù 

Dai due testi esaminati evinciamo che nel primo Gesù ci istruisce su come avere cura della sua presenza reale in ogni frammento eucaristico, “affinché nulla vada perduto”; nel secondo ci istruisce sul fondamento della vita stessa: rimanere noi in Lui, e Lui in noi.

Se Gv 6,12 è la prefigurazione di una santa Messa, Gv 15, 6 è la descrizione di una sorta di contro-messa, di anti-messa. Infatti, qui i tralci si bruciano. L’apprensione di Gesù nei due testi è quella di salvare la messe, i frammenti e i tralci. Lui vorrebbe che i tralci rimanessero in Lui, che i frammenti venissero raccolti. Se noi disperdiamo i frammenti (Gv 6,12), se noi non rimaniamo in Gesù ( Gv 15,6), stiamo facendo qualcosa che è radicalmente e profondamente contrario a quanto Gesù ci ha indicato.

Ecco: abbiamo così finito di fare questa esegesi dei due testi sull’importanza del frammento dei tralci.

Domani faremo un altro approfondimento… non vi dico cosa, così vi lascio un po’ di suspence; vedrete che domani impareremo una cosa nuova.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati