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Le Passiflore Eucaristiche: Ven. Marthe Robin, parte 1

Le Passiflore Eucaristiche: Ven. Marthe Robin

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di mercoledì 16 novembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 19, 11-28)

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 16 novembre 2022.

Oggi ricordiamo Santa Margherita di Scozia, regina, e Santa Geltrude, vergine.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciannovesimo del Vangelo di san Luca, versetti 11-28.

Ci sarebbe da fare una bellissima catechesi su questo Vangelo, famoso e tanto bello, ma purtroppo dobbiamo soprassedere per proseguire nel nostro lavoro sulle Passiflore Eucaristiche. Di certo ci possiamo dire che questa parabola fa riflettere tanto; non ci presenta proprio l’immagine di Dio che noi abbiamo in testa e di sicuro non vogliamo mettere la nostra moneta d’oro dentro un fazzoletto, magari sotto terra ben nascosta adducendo mille false ragioni per fare questo. Se non traffichiamo la nostra moneta, non finirà bene.

Iniziamo quest’oggi a leggere l’esperienza eucaristica della Venerabile Marthe Robin che visse oltre cinquant’anni senza mangiare, senza bere e senza dormire. Come vedete, in lei si aggiunge qualcosa d’altro.

Comincio citando una frase di Marthe Robin che è bella non perché sia ‘ad effetto’, ma perché solo una persona che vive così può dirla:

“Ciò che riguarda l’avvenire… lei sa che mi attribuiscono tante idee sull’avvenire. Io non so niente, salvo una cosa: che l’avvenire è Gesù.”

Vediamo la sua biografia in sintesi.

Dal libro di Jean Guitton, Ritratto di Marthe Robin, pp. 40-53

“Marthe-Louise Robin nacque nella casa dei suoi genitori nel 1902. Fu battezzata non nella chiesa di Châteauneuf, ma in quella di Saint-Bonnet-de-Galaure, che era allora parrocchia. Aveva solo venti mesi quando si dovette aprire la tomba di famiglia, perché l’acqua inquinata del pozzo della «piana» aveva provocato una epidemia di tifo e sua sorella Clémence ne era morta nel 1903. Marthe si ammalò e rimase da allora cagionevole di salute. Faceva molte assenze da scuola. Così nel 1912 il parroco la preparò, da sola, alla Prima Comunione, che fece in forma privata il 15 agosto. Marthe diceva che quella Comunione privata era stata una presa di possesso, che «il Signore si era impadronito di lei in modo dolcissimo». Due anni dopo, il 21 maggio 1914, fece la Prima Comunione solenne. E lì finì la sua istruzione religiosa.

Il 25 novembre 1918 Marthe era in casa, accanto alla madre, quando a un tratto cadde, in cucina, e non riuscì più ad alzarsi. Non mangiava, non parlava. Aveva entrambe le gambe paralizzate. Sonnecchiava per tutto il giorno. Il medico parlò di poliomielite, di meningite, di traumatismo deformante, di encefalite letargica. La malata un po’ gridava, un po’ era immersa nel sonno. Rimase in questo stato per una ventina di mesi. Poi emerse dall’incoscienza. I suoi genitori, pensando che stesse per morire, le fecero dare l’estrema unzione. Si sollevò, chiese che la portassero in cucina. Suo padre comprò una poltrona, che si può ancora vedere accanto al divano su cui è morta. E in quella cucina, Marthe a poco a poco ricomincia vivere, seduta presso la finestra, con le imposte accuratamente accostate perché i suoi occhi temono la carezza della luce. Fa anche qualche passo con le stampelle. Legge. Abile a lavorare d’ago, ricama dei bavaglini, per poter comprare le medicine che le danno sollievo, in particolare l’aspirina. Il fratello la prende in giro: «Non guadagni neppure l’acqua che bevi

La portano in pellegrinaggio nei santuari vicini. In quel periodo sente parlare di Teresa di Lisieux (che sarà canonizzata nel 1925) e vuole farsi carmelitana.

La malattia a poco a poco progredisce. Il 3 ottobre 1926 Marthe cadde in una sorta di morte apparente, che durò tre settimane. Questo fatto fu messo in relazione con una consacrazione che aveva fatto il 15 ottobre 1925, per la festa di santa Teresa d’Avila: si era offerta come «vittima d’amore». (…) 

Vediamo già una seconda Passiflora Eucaristica che ha un legame molto forte con i santi del Carmelo: anche questo ci fa riflettere, anche questo è un aspetto interessante che andrebbe approfondito. Capite che dovremmo fare le meditazioni di ventiquattr’ore perché ogni volta che leggiamo un passo si apre una ‘vena d’oro’ da seguire, ma il tempo è quello che è, e poi voi vi stancate e mi rimproverate.

Un anno dopo quella consacrazione, Marthe ripiombò in un silenzio di morte, in coincidenza con la prima festa liturgica di Santa Teresa del Bambino Gesù, il 3 ottobre 1926. Lei stessa ha testimoniato che S. Teresa le era apparsa e le aveva detto che non sarebbe morta, che avrebbe vissuto e che avrebbe continuato la sua missione con fondazioni in tutto il mondo. «Credo che non morirò» disse ai genitori. «Sperimento quanto sia dolce amare, anche quando si soffre. Direi anzi che la sofferenza è una scuola per amare di più. Chi non ha conosciuto il dolore non potrà mai gustare pienamente la gioia». 

Non può più spostarsi. Mangia pochissimo. Nel 1928 sua madre le mette in bocca dei pezzettini di arancia, che lei riesce ancora a succhiare. Ma il 2 febbraio anche le braccia restano paralizzate. Ormai non può più ricamare. «Ho tenuto» racconta «il ditale al dito per otto giorni, poi ho detto alla mamma: “sai, puoi togliermelo; è finita”». La stendono sul letto; non lo lascerà più. Lei stessa ne aveva stabilito le misure: «Vorrei» scriveva nel 1928 (in una delle sue ultime lettere) «che si facesse la spalliera da quarantacinque a cinquanta centimetri, a causa dei miei reni malati; larghezza novanta, o, se non si può, ottanta, ma non meno, soprattutto per le mie gambe piegate. Vorrei anche che sotto avesse delle rotelle». 

Resterà in questo «letto» fino alla sua morte. Da quel giorno non mangia più. Dal 1928 al 1981 non ha inghiottito nient’altro che l’Ostia della Comunione, che le portavano una o due volte la settimana. Naturalmente i genitori tentavano di costringerla a prendere qualche nutrimento, magari una tazzina di caffè, ma la vomitava. E suo padre, piangendo, diceva: «Eppure, mia figlia non ha mai fatto niente di male». Nella stessa epoca perde anche il sonno e le braccia e le gambe la inchiodano sul divano. Tiene le gambe piegate come una M maiuscola. Ha un cuscino dietro la schiena e uno per sorreggere le ginocchia. Il braccio destro è posato sul petto, il sinistro steso lungo il corpo. Non può muoversi.

Nel 1930 Marthe dettò una lettera: «Ecco la fine dell’anno, che si conclude nell’unione intima della mia anima con Dio. Il mio essere ha subìto una trasformazione tanto misteriosa quanto profonda. La mia felicità, in questo letto da inferma, è intensa, duratura, perché è divina. Che lavoro! Che salita! E quante agonie della volontà mi sono occorse per morire a me stessa. Gesù è stato così tenero con una piccola anima sanguinante: prende su di sé tutto il dolore della prova e a me lascia solo il merito di seguirlo senza resistergli. La malattia sopprime i nostri mezzi d’azione, ma ne crea altri, poco capiti e così poco studiati. Ci sono anime che si dedicano all’azione esteriore, ma ce ne sono altre, numerose, votate all’inazione. Le une come le altre lavorano in un campo vasto e sconosciuto. Tutto si completa. Dio è padrone di tutte le anime ed è padrone di tutti i giorni di ciascuna” (30 dicembre 1930).”

Già questo è un miracolo: una ragazza così giovane totalmente paralizzata che non può mangiare e non può bere e che, credo sia la cosa più pesante in assoluto, non può neanche dormire… la giornata è lunga, ma la notte! La notte è da impazzire: pensare di non avere neppure il refrigerio del riposo notturno, fossero anche poche ore… e pensare che tutti sono a dormire e non è possibile chiamarle perché non si può disturbare il loro sonno. Pensate: ventiquattro ore su ventiquattro così! 

Siamo solo all’inizio del percorso, ma potrei fermarmi qui e dire che una ragazza che ha vissuto così, che scrive e dice queste cose offre già un segno chiaro di santità, di amicizia intima con Dio perché non è possibile vivere così. 

Chi ha sofferto la malattia fisica nella sua vita sa quanto il dolore fisico sia espropriante, estenuante, avvolgente, distraente e assorbente: il dolore fisico ti porta via la testa, quindi se dici che ‘Gesù è così tenero’, o sei santo o sei dentro a una vita di santità vera e profonda oppure è impossibile.

Vediamo ora varie testimonianze riguardo lo stato di salute della Venerabile Marthe Robin e il suo rapporto con la Santissima Eucarestia.

Seguono alcuni appunti tratti dai resoconti medici del dottor Jean Deuchaume, medico psichiatra dell’Ospedale di Lione e docente alla Facoltà di Medicina di Lione:

Pag. 57 e seguenti, da J. Guitton, Ritratto di Marthe Robin. 

“Questo stato di incapacità motoria, sopravvenuto improvvisamente il 2 febbraio 1929, (sapete tutti che è il giorno della Presentazione di Gesù al Tempio) resterà poi definitivo. Sussiste oggi così come si manifestò allora, con la sola differenza tuttavia che, dal giugno 1929, si sono dimostrati possibili alcuni movimenti delle falangi delle dita, appena sufficienti a far scorrere i grani del rosario.”

Una persona che muove solo le falangi delle dita!

Dal 1939 la cecità diventerà pressoché totale: non basta che non mangi, che non beva, che non dorma e che sia totalmente paralizzata, eccetto che in alcune falangi…no! È anche cieca!

“Da quella stessa epoca (settembre 1939) la paziente è quasi completamente priva della vista e l’ha anche persa completamente per un lungo periodo, fino alla fine della guerra. Attualmente non vede, non riconosce e non scorge veramente alcunché, ma di tanto in tanto percepisce delle impressioni fugaci e dolorose.”

Questo ed altri medici hanno tentato più volte di giustificare scientificamente i sintomi e l’evolversi delle malattie di Marthe, ma hanno dichiarato a più riprese che ritengono impossibile sintetizzare i cambiamenti repentini e comprenderli sul piano medico.

E spesso, evidentemente controvoglia perché di indole scettica e di convinzioni atee, gli stessi medici, costretti a dover pur dir qualcosa sullo stato alimentare della povera malata, riportano simili descrizioni:

“Infine, la signorina Robin ci ha fornito qualche particolare sul momento in cui riceve la Comunione. Non inghiotte l’Ostia che le viene posta sulla lingua. Non appena sulla lingua (e a volte neppure tocca la lingua), l’Ostia, che lei vorrebbe tenere un po’ in bocca senza poterlo fare, è come assorbita, senza deglutizione (e del resto la malata non può in realtà fare il movimento della deglutizione). È «come un essere vivente che entra in lei» spiega.”

“Vorrei gridare a quelli che mi chiedono se mangio che mangio più di loro, perché sono nutrita con l’Eucaristia del sangue e della carne di Gesù. Vorrei dire che sono loro ad arrestare in se stessi i frutti di questo cibo, ne bloccano gli effetti”.

Mi fermo qui e, come esame di coscienza potremmo aggiungere: quanto l’Eucarestia è per me vero cibo e vera bevanda? Quanto i frutti della Eucarestia vengono da me arrestati attraverso la distrazione, la mancanza di amore, i peccati, l’ingratitudine verso Dio? Noi possiamo camminare, mangiare, bere, vedere, dormire! Vi siete già resi conto che ci troviamo ancora una volta di fronte a una donna speciale!

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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