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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 7

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Sabato 21 gennaio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 3, 20-21)

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.
Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 21 gennaio 2023. Ricordiamo oggi sant’Agnese, vergine e martire. 

Mi permetto subito di chiedervi una preghiera per me, perché oggi ricorre la festa del mio Battesimo: io fui battezzato il 21 gennaio 1973 e per me quello che conta è una preghiera; gli auguri so già che me li fate e che li avete tutti nel cuore. Vi ringrazio fin d’ora e non serve che mi mandiate tanti messaggi — seppur belli e graditi — perché la cosa importante è che mi ricordiate nella preghiera, una bella preghiera perché io possa vivere santamente il mio Battesimo; visto che oggi è sabato, vi chiedo un ricordo particolare nella preghiera del Salterio.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal terzo capitolo del Vangelo di San Marco, versetti 20-21.

Continuiamo la lettura e il commento del testo di Bonhoeffer sulla comunità. Proseguiamo.

Dio odia l’abbandono alla fantasticheria, che rende orgogliosi e pretenziosi. Chi si costruisce un’immagine ideale di comunione, pretende la realizzazione di questa da Dio, dagli altri e da se stesso. 

Bonhoeffer ci sta dicendo: “Abbandonate il fantasticare” — questa sorta di sognare vano, di sognare centrato sui miei desideri, sulle mie voglie, su quello che mi piace, su quello che voglio o vorrei — perché questo modo di fare ci rende orgogliosi e pretenziosi; è come se ognuno di noi avesse in mano il progetto della comunità ideale, cioè la nostra, quello che abbiamo in testa noi; è come se avessimo in mano il progetto della famiglia perfetta, quella che abbiamo in testa noi; è come se avessimo in mano il progetto dell’amicizia perfetta, quella che abbiamo in testa noi. 

E allora, siccome mi costruisco questa immagine ideale, pretendo che questa immagine venga realizzata da tutti, a partire da Dio; io voglio dire a tutti che l’immagine che ho in testa io, la fantasia della comunità che ho in testa io, viene esattamente da Dio, non ce n’è un’altra perché la mia e quella di Dio sono uguali! Quindi lo pretendo da tutti!

Nella comunità cristiana avanza esigenze sue, istituisce una propria legge e giudica in base ad essa i fratelli e perfino Dio.

Guardate che funziona così; purtroppo funziona così! Le mie esigenze non sono le esigenze mie, ma diventano le esigenze della comunità; tutta la comunità deve sentire le mie esigenze e le mie esigenze diventano quindi una legge. La comunità che ho in testa io ha una legge per essere perfetta e questa legge sono le mie esigenze: se tu soddisfi le mie esigenze, se tu collabori a costruire la comunità che ho in testa io, verrà fuori una “bella comunità” e, siccome le mie esigenze sono diventate la legge, è chiaro che io giudico tutti in base a questa legge. Chi non obbedisce a questa legge, chi non corrisponde alle mie fantasie, alle mie esigenze, al mio ideale, alla mia legge, va contro la comunità!

Ma nessuno di noi è “la comunità”, nessuno di noi è norma della comunità cristiana; tutto questo non forma una comunità, ma una setta: se viviamo così, noi viviamo in una setta, non in una comunità.

Si impone con durezza, quasi un rimprovero vivente nel gruppo dei fratelli. Fa come se spettasse a lui solo creare la comunione cristiana, come se fosse il suo ideale a legare insieme gli uomini.

La durezza è tipica di chi vive così. Non va confusa con la severità o il rigore di Gesù,  la durezza è proprio la durezza. È proprio il fatto che, se non corrispondi alla mia legge e alle mie esigenze, tu diventi mio nemico e io divento il tuo nemico spietato, senza pietà. E siccome io sono “la comunità”, per te che non vuoi entrare in questa legge, io sono un rimprovero vivente, un rimprovero che non viene da Dio, viene da me, dalla mia ingiustizia!

E lui, questo Tizio, si sente investito di questa missione, di questo compito di creare la comunione cristiana. Spetta a lui, il suo compito è creare e fare comunità: non c’è nessuno migliore di lui o più bravo di lui perché le esigenze e la legge vengono fuori dalla sua testa. In questo è logico: “Io divento la norma non normata della comunità: nessuno mi può normare perché io sono la norma. E solo se gli altri accettano questa norma, questa legge allora potranno essere fratelli”.

Ciò che non va secondo il suo volere, è preso da lui come un fallimento. Quando il suo ideale fallisce, pensa che si tratti della rovina della comunità. 

Quindi: o si fa come voglio io, oppure tutto ciò che non è come voglio io è male, è fallimento. Se il mio ideale di comunità fallisce, non c’è più speranza: o io riesco a realizzare il mio ideale di comunità, oppure (ricordate?) “Muoia Sansone con tutti i Filistei!”, oppure “muoio io, ma dovete morire anche voi!”, muore tutto! Il progetto di questa comunità può stare in piedi solo se si fa quello che voglio io e come voglio io. Altrimenti? Altrimenti periamo tutti; siccome perisce il progetto. Tutta la comunità si deve disfare, appunto: “Muoia Sansone con tutti i Filistei!“.

Ricordate? Sansone, cieco, alla corte di Filistei, faceva il giullare e chiese a Dio di dargli ancora una volta la forza che aveva sempre avuto; Dio gliela diede e Sansone fece crollare la casa dove erano tutti i Filistei: la Scrittura dice che con quel gesto fece più morti di quanti non ne avesse fatti in tutta la vita. Sì, ma non va bene: questo Tizio non è assolutamente un Sansone. 

Non è che se il mio ideale di comunità fallisce, allora devono morire tutti; è come quello che dice: “Quella ragazza o è mia o non è di nessuno!”. No, un momento! Tu non sei l’unicum e l’assoluto. Purtroppo, però, succedono queste cose, purtroppo succedono!

E così diventa prima accusatore dei fratelli, poi accusatore di Dio e infine si riduce a disperato accusatore di se stesso.

A questo livello costui che cosa diventa? Diventa un accusatore di tutto e di tutti: è insoddisfatto! Una persona che ha posto se stessa come norma e legge della comunità è destinata al fallimento; vedrà solo fallimento dentro di sé e attorno a sé: fallisce lui e fallisce il suo ideale, sicuro come l’oro! Nessuno di noi può essere fondamento di una comunità cristiana, perché non l’abbiamo creata noi. La comunione non può fondarsi sulle nostre idee, fossero anche le più belle del mondo! Invece:

è Dio ad aver già posto l’unico fondamento della nostra comunione, è Dio ad averci unito con altri cristiani in un solo corpo, in Gesù Cristo, ben prima che iniziassimo una vita comune con alcuni di loro: per questo la nostra funzione nel vivere insieme ad altri cristiani non è quella di avanzare esigenze, ma di ringraziare e di ricevere. 

Voi noterete che chi non vive così, cioè mettendo Dio al centro come unico fondamento della comunione, ha sempre critiche da fare. Se gli si dice: “Fai una relazione sulla tua comunità; fai una relazione sulla tua famiglia, su una tua amicizia”, farà sempre critiche.
Non riesce a dire cose belle; non riesce a dire: “Adesso scrivo tredici pagine di ringraziamenti”. No! “Adesso scrivo tredici pagine di accuse, di invettive, di rimprovero”. 

Ma Bonhoeffer dice che il nostro compito di vivere insieme è solo quello di ringraziare e di ricevere, perché non viene da noi, quindi è proprio tempo inutile, carta buttata, inchiostro disperso, è un insulto ecologico fare diversamente. Nel momento in cui ti metti a fare tutta questa serie di critiche, ad accusare, tu stai dicendo che il centro dell’essere comunità è l’idea che tu hai della comunità che viene delusa; ma il centro dell’essere comunione è Dio, non la tua idea di comunità. Se fosse così [cioè se per te il centro dell’essere comunione fosse Dio] allora non avresti altro da fare che dire: “Grazie!”, sempre perché, abbiamo già visto, “veramente tutto è dono”. 

Adesso sentite che cosa dice:

Ringraziamo Dio per ciò che egli ha operato in noi. Ringraziamo Dio perché ci dà dei fratelli che vivono della sua vocazione, della sua remissione, della sua promessa. Non reclamiamo per ciò che da Dio non ci vien dato, ma lo ringraziamo per ciò che ci dà quotidianamente. — Incredibile! — Forse non è abbastanza quanto ci viene dato: quei fratelli che con noi vanno avanti e vivono nel peccato e nella miseria, e ai quali è data tuttavia la benedizione della grazia? 

Chi può dire che non è abbastanza? 

Proprio perché il centro non è Dio, ma lo sono le nostre idee, noi non ci concentriamo sul fatto che chi abbiamo attorno come fratelli e sorelle, nonostante il loro peccato, le loro debolezze, la loro miserie, le loro cadute e ricadute, la loro ipocrisia… tutto, metteteci tutto il male possibile… nonostante tutto questo, continuano ogni giorno a svegliarsi e a cercare di restare dove sono per amor di Dio. Cercano nel loro piccolo di fare quanto possono. Non ci riescono? Ci riescono poco? Ci riescono male? Ma non tocca a noi giudicarli: infatti Bonhoeffer dice che, nonostante tu veda che sono peccatori che cadono, che sbagliano, che sono miserabili, vedi che, come te, ricevono la benedizione della grazia di Dio? Sono in vita! Il Signore ogni giorno offre loro la speranza della conversione; offre loro la sua Misericordia perché cambino, non lo vedi? Esattamente come succede a te! Uguale a quello che accade a te che ogni volta sperimenti la tua miseria e ogni volta Gesù ti dice: “Forza! Ricominciamo! Ricostruisci: non è caduto tutto! Su, avanti!”

Quindi, noi dovremmo ringraziare Dio per ciò che sta operando in noi, attraverso noi, all’interno della nostra comunità. Dovremmo ringraziare Dio perché ci ha dato dei fratelli che vivono della sua vocazione, della sua remissione e della sua promessa: l’essere insieme per tutto questo è una grazia immensa che non è assolutamente scontata. 

Smettiamola di attaccare Dio e il prossimo per quello che non abbiamo, non troviamo e che vorremmo trovare, ma ringraziamolo per quello che ogni giorno ci dà: questo dovrebbe essere il nostro compito.

Per il ringraziamento nella comunità cristiana valgono le stesse considerazioni che per altre situazioni di vita cristiana. Solo chi ringrazia per il poco, riceve anche grandi doni. 

Ma noi ringraziamo ogni giorno per il poco? Innanzitutto, qui a Bonhoeffer potremmo chiedere: “Ma che cos’è che c’è di poco?” Ciò che riceviamo da Dio, ciò che ci viene donato è poco? È poco, forse, in relazione a ciò che io mi aspetto, ma non è poco… non c’è niente di poco! Il mandarino che ricevo sulla mia tavola, l’olio, l’aceto, il sale, il respiro, la possibilità di riposare, di dormire, l’avere una comunità… non è poco! Veramente non c’è niente che sia “poco”; non c’è nulla che sia “poco”… tutto è una grazia incredibile, ma noi non abbiamo il senso della gratitudine interiore. 

Credo di avervelo già detto: nelle Bacchidi, Plauto scrive: “A parer mio non v’è nulla di peggio di un ingrato. Meglio lasciare impunito un malfattore che trascurare un benefattore”.

Stiamo attenti perché rischiamo di essere così con Dio: lamentosi, musoni, arcigni… sempre a criticare gli altri, a lamentarsi degli altri: “Non ha fatto; non ha detto; questo non va bene; questo è una tragedia; questo non funziona!” Ma guarda quello che c’è di buono! Smetti di continuare a sputare veleno ovunque: sei peggio di un rospo dalla lingua appiccicosa e schifosa! Tutto quello che tocchi, appiccichi! Smetti di vivere una vita del genere! 

Impariamo a cantare come un usignolo le glorie di Dio; le grazie che riceviamo; il luogo dove viviamo! Perché continuiamo a lamentarci: “La gente non viene; giovani non partecipano; la comunità non risponde!”? Ma fatti un esame di coscienza invece che attaccare gli altri! Piuttosto comincia a guardarti tu, per prima cosa; secondariamente comincia a ringraziare per quello che c’è, per il fatto che ci sia una chiesa, per il tuo sacerdozio, per la presenza di Gesù Eucarestia nel Tabernacolo e via di seguito! 

Chi non ringrazia per il poco, non riceve grandi doni” Verissimo!

Impediamo a Dio di farci i grandi doni spirituali che ci ha preparato, perché non siamo grati dei doni di ogni giorno. 

Ogni giorno? A me verrebbe da dire “ogni minuto”!

Pensiamo di non poterci contentare di quel po’ di conoscenza, di esperienza e di amore in campo spirituale che ci è dato, e di dover solo aspirare continuamente ai grandi doni. 

Sì, anche questa è un’altra cosa incredibile: è come se io fossi sempre in attesa di una santità che non c’è . È come se io dicessi: “Sì, Signore, io vorrei che… tu, però, fammi-fammi, dammi-dammi”. Ma uno dice: “Ma non ti puoi accontentare di dove sei? Comincia da lì! Comincia dalla conoscenza che hai, dall’esperienza d’amore che hai e parti da lì!”

Lamentiamo la mancanza di certezza ferma, di fede forte, di ricca esperienza, presumendo che Dio ne abbia fatto dono ad altri cristiani, e pensiamo che queste lamentele siano un sintomo di devozione. 

La lamentela non è mai un sintomo di devozione! “Certezza ferma, fede forte, ricca esperienza“… ma il Signore mi ha dato quello che mi ha dato e io sono quello che sono… 

Preghiamo per grandi cose e ci dimentichiamo di ringraziare per i piccoli (ma in effetti non piccoli!)  — anche lui adesso lo dice —  doni quotidiani.

Noi dovremmo semplicemente dire: “Signore, grazie per tutto quello che mi dai!” e nominare questo “tutto”, dargli un nome.

Ma come può Dio affidarci cose grandi, se non vogliamo prendere dalle sue mani il poco con gratitudine? Se non ringraziamo quotidianamente per la comunione cristiana, in cui ci troviamo, anche nel caso che non si tratti di una grande esperienza, di una ricchezza visibile ma piuttosto di un aggregato di debolezze, di poca fede, di difficoltà; se anzi ci lamentiamo con Dio di tutta questa miseria e meschinità, niente affatto rispondente a quanto ci aspettavamo, impediamo a Dio di far crescere la nostra comunione fino a raggiungere quella misura e ricchezza già predisposta per noi tutti in Gesù Cristo.

Forse vale la pena di darci questa solenne conversione: la nostra comunione non migliora e non cresce proprio perché c’è questa lamentazione, perché vediamo la meschinità, l’ipocrisia. C’è gente che dice: “Ah, in quella chiesa, in quella comunità sono tutti ipocriti; ah, in quella comunità sono tutti falsi, tutti Giuda; lì si comportano tutti male!”. Sì, ma non ti accorgi che passano i mesi e gli anni e non migliora niente? Che l’unico perfetto/perfetta sei tu? Strano! Per fortuna ci sei tu che salvi il mondo e la Chiesa! La comunità non cresce, Dio non fa la grazia perché tu continui a concentrarti su quel limite che ci sarà sempre (e non è altro che la delusione, la frustrazione continua dell’idea che tu hai di comunità, non della comunità di Gesù!). 

Se tu, invece, ringraziassi per quello che c’è, Dio farebbe crescere questa comunione fino ad arrivare alla misura predisposta in Gesù.

Va bene: domani andremo avanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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