Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Giovedì 23 febbraio 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 9, 22-25)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a giovedì 23 febbraio 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo nono del Vangelo di San Luca, versetti 22-25.
Proseguiamo la nostra lettura e il nostro commento del libro di Bonhoeffer, Vita Comune.
Ogni giorno porta al cristiano molte ore di solitudine in mezzo ad un mondo non cristiano. Questo è il tempo della verifica. Esso è la prova della bontà della meditazione personale e della comunione cristiana. La comunità ha reso gli individui liberi, forti, adulti, o li ha resi viceversa dipendenti, non autonomi? Li ha condotti un po’ per mano, per far loro imparare di nuovo a camminare da soli, o li ha resi paurosi e insicuri? È una delle domande più serie e difficili che si pone a tutti i cristiani che hanno tra di loro comunità di vita. Inoltre qui si tratta di decidere se la meditazione personale ha portato il cristiano (attenzione a quello che scrive!) in un mondo irreale, da cui si risveglia con spavento, nel ritornare al mondo terreno del suo lavoro, o se viceversa lo ha fatto entrare nel vero mondo di Dio, che permette di affrontare la giornata dopo aver attinto nuova forza e purezza. Si è trattato di un’estasi spirituale per brevi attimi, cui poi subentra la quotidianità, o di un radicarsi essenziale e profondo della Parola di Dio nel cuore, tale da costituire per l’intero giorno un punto di riferimento e un sostegno, uno stimolo all’amore attivo, all’ubbidienza, alla buona opera? Solo la giornata potrà deciderlo. La presenza invisibile della comunione cristiana è per ogni individuo una realtà e un aiuto? L’intercessione degli altri è per me fonte di sostegno durante il giorno? La Parola di Dio mi è vicina come fonte di consolazione e di forza?
Potrebbe essere un riferimento per un nostro esame di coscienza, potremmo aggiungere queste domande.
O forse faccio cattivo uso del tempo in cui mi trovo da solo, facendone un ostacolo alla comunione, alla Parola e alla preghiera? Ognuno deve sapere che anche il momento in cui è isolato ha una retroazione sulla comunione. Nella sua solitudine egli può dilacerare e macchiare la comunione, o viceversa rafforzarla e santificarla. Ogni forma di autodisciplina è anche un servizio alla comunione. Viceversa non c’è peccato in pensieri, parole e opere, che sia così personale e segreto, da non danneggiare tutta la comunione. C’è un agente patogeno che circola per il corpo, forse non si sa ancora donde provenga, in quale parte abbia allignato, ma il corpo è contaminato. Questa è l’immagine della comunione cristiana. Infatti, noi siamo membra di un corpo, non solo quando vogliamo, ma in tutto il nostro essere, e quindi ogni membro serve all’intero corpo, contribuisce alla sua salute o alla sua rovina. Non si tratta di teoria, ma di una realtà spirituale che viene sperimentata spesso con sconvolgente chiarezza nella comunione cristiana, in senso negativo o positivo.
Vi ho letto tutto di seguito il brano che si presenta compatto e denso: adesso analizziamo quanto abbiamo letto.
Dentro a un mondo non cristiano — ricordiamoci che vita ha vissuto Bonhoeffer e che sofferenze ha dovuto patire con la persecuzione nazista, nei campi di sterminio — ogni giorno il cristiano è chiamato a vivere molte ore di solitudine. Credo che sia esperienza di tutti il fatto che, al di là del volere o non volere, ci sono ampi spazi di solitudine durante la nostra giornata, anche mentre lavoriamo, mentre studiamo, mentre siamo all’Università, mentre andiamo a fare la spesa.
In primo luogo tempi di solitudine perché siamo soli (pensate al tragitto in macchina, con i mezzi, il treno, l’aereo, l’autobus, a piedi, in bicicletta). Poi bisognerà vedere, dice Bonhoeffer, come noi riempiamo quegli spazi di solitudine, o meglio, come viviamo quella solitudine, ma poi lo vedremo…
Poi c’è anche una solitudine che ci viene dalla percezione di una radicale diversità: la realtà in cui viviamo è profondamente diversa dal mondo spirituale che portiamo dentro di noi, per cui si avverte solitudine legata alla distanza profonda che c’è tra il soggetto credente e il mondo non credente. E questa è solitudine interiore, profonda, un senso di non appartenenza. È esattamente quello che accadde a Gesù, che non appartiene a tutto quel mondo — in senso giovanneo, che è ciò che si oppone all’appartenenza al Padre.
Sia che stiamo vivendo una solitudine nello spazio — di chi è solo nel tempo che impiega per raggiungere il lavoro o andare a fare la spesa, per esempio —, sia che stiamo vivendo una solitudine interiore, più spirituale, in entrambi i casi questo tempo di solitudine è un tempo di verifica. La solitudine è sempre un’occasione di verifica. Pensate a Gesù nel deserto, alle tentazioni: è una verifica! Nella solitudine ci verifichiamo. E che cosa verifichiamo? Due cose. Bonhoeffer dice che verifichiamo la bontà, la qualità della nostra preghiera, della nostra meditazione e della comunione cristiana: due cose! Verificherai quanto sia buona e vera la tua preghiera e quanto lo sia la tua comunione con i fratelli e le sorelle.
Prima domanda: che tipo di uomo ha formato la comunità? Con tutto quello che abbiamo visto parlando della comunione psichica e della comunione spirituale che abbiamo già visto in tutti questi giorni. Non: “Tu che tipo di uomo sei?” come se io mi formassi “a monte” della comunità, perché io mi formo “dentro” la comunità, non “a lato” della comunità. È la comunità il soggetto agente nella mia formazione: è nel mio rapporto con gli altri che io mi formo, non vivendo come un’isola!
La comunità, quindi, che tipo di uomo ha formato? Libero, forte, adulto oppure dipendente e non autonomo? Ti ha insegnato — tenendoti un po’ per mano, lui dice — a camminare da solo o ti ha reso pauroso e insicuro? Che uomo, che donna emergono nella verifica della solitudine come risultato della comunità, si chiede Bonhoeffer? Queste sono domande importanti che ognuno di noi si deve porre, perché sono domande non solo su di noi, ma anche sulla comunità, anche sulla nostra famiglia, che è la prima comunità alla quale apparteniamo.
Infatti Bonhoeffer dice: “È una delle domande più serie e più difficili”. Infatti noi non l’affrontiamo, vero? Cerchiamo sempre di evitare queste domande.
Quello che dice adesso, a me, personalmente, risuona tanto dentro perché è una cosa sulla quale da tanto tempo, avrete notato, io ritorno nelle meditazioni. Ci ritorno perché qui vedo veramente un rischio enorme per tutti noi e dobbiamo stare molto, molto attenti, a partire da me per primo: dobbiamo stare attenti a quello che lui ha scritto e che ora noi commentiamo.
La meditazione personale e la tua preghiera ti hanno portato in un mondo irreale da cui tu ti svegli con spavento nel ritrovarti dentro il mondo terreno fatto di lavoro, di famiglia, di cose da fare, di tutto quello che c’è? Oppure ti ha fatto entrare “nel vero mondo di Dio, che permette di affrontare la giornata dopo aver attinto nuova forza e purezza“? Stiamo attenti a non vivere in un mondo che non c’è!
C’è un film del quale, forse, vi ho già parlato. È un film molto complesso — non voglio dirvi come va a finire, anche se appena vi avrò detto il titolo mi verrà la tentazione di dirvelo, ma non lo farò, devo resistere — che si intitola “Inception”: ve lo consiglio vivamente! Forse la prima volta che lo vedrete, avrete la sensazione di esservi persi, ma è normale. Magari, vedendolo una seconda volta dopo un po’ di tempo, vi risulterà un po’ più chiaro.
È un film sicuramente molto bello; non è per niente un film leggero, anzi è un film “tosto”, molto inteso e bisogna seguirlo molto bene dall’inizio alla fine perché è veramente complesso. Il tema del mondo irreale è un tema centrale in questo film e ci fa vedere quanto sia rischioso, frequentando il mondo irreale, non uscirne più, a tal punto che non si riesce più a distinguere tra mondo irreale e mondo reale.
C’è bisogno di qualcosa di esterno — che però (adesso mi fermo) ha una sua ambiguità, diciamo così —, che mi dia la certezza di sapere in quale mondo sono, perché il muoversi continuamente tra il reale e l’irreale, a un certo punto mi fa perdere la coscienza di dove sono. La seduzione del mondo irreale è talmente potente (perché va a saturare tutto ciò che di irrisolto portiamo dentro, non risolvendolo di fatto, anche se ti illude di risolverlo, collocandoti nell’irreale), che tu rimani immobile. Nel mondo irreale tu stai operando, ma in quello reale tu sei fermo e immobile, non stai facendo niente.
Il mondo irreale ti illude, come vi dicevo, di risolvere tutti i tuoi “pasticci” o di essere quello che non sarai mai o che non saresti mai stato, ma di fatto non risolvi nulla: è semplicemente un sogno che non ha realtà, non ha forma, è un contenuto senza contenitore, quindi si perde.
Dovete vedere questo film, perché sembra il commento a questa frase: “Il risveglio da questo mondo irreale è spaventoso”. Il regista rende molto bene tutto questo perché ci farà vedere come, per svegliarsi dal mondo irreale al mondo irreale, ci voglia un colpo, uno spavento, un colpo che porti a coscienza la persona. È terribile, è terribile! A tal punto che la frequentazione dell’irrealtà diventa talmente seducente che poi uno cerca solo quello, uno si narcotizza per abbandonare la realtà e vivere unicamente nell’irrealtà, perché è comodo.
Quindi vediamo questi cristiani che vanno al lavoro depressi, che compiono i loro doveri contro voglia. “No, perché a me piace pregare!” Eh no! La preghiera non è innanzi tutto il luogo del piacere, è il luogo di un incontro, che è un’altra cosa, che potrebbe anche non piacerti!
Se, invece, la preghiera ti ha fatto entrare nel mondo di Dio, allora affronterai la giornata con una forza nuova, non da avvilito, depresso, spaesato, spaventato, ma “con una nuova forza e una nuova purezza“. L’incontro vero con Dio riporterà sempre il soggetto alla realtà, sempre! L’incontro con Dio è terapeutico, perché ti strappa, ti rapisce dalla irrealtà, dal mondo irreale.
La meditazione personale, quindi, è una esperienza di schizofrenia, si chiede Bonhoeffer? Cioè un’estasi spirituale per brevi minuti cui poi subentra la quotidianità? “Che bella la mia preghiera!”, poi esci di chiesa con la morte! Poi esci di chiesa e non sai più che hai pregato, vieni sepolto vivo dalle cose!
Oppure la meditazione personale è stata “un radicarsi essenziale e profondo della Parola di Dio nel cuore, tale da costituire per l’intero giorno un punto di riferimento e un sostegno, uno stimolo all’amore attivo, all’ubbidienza, alla buona opera?” La giornata te lo dirà; la realtà te lo dirà.
Questa preghiera, quindi, ti è servita per fare le tue effervescenze spirituali, ma poi con la giornata non c’entra niente? Oppure l’incontro con Gesù Eucarestia ti ha radicato nel cuore la Parola di Dio in modo vero, divenendo un punto di riferimento, uno stimolo? La giornata ce lo dirà: se alla fine della giornata, se a metà giornata, nel nostro esame di coscienza dovremo dire: “Oh, mamma! Mi sembra di aver pregato un anno fa! Ho perso completamente il contatto con Dio!” Ecco, appunto: ti stai dicendo che Dio non è diventato un punto di riferimento. Recuperalo!
“La presenza invisibile della comunione cristiana è per ogni individuo una realtà e un aiuto?”. Noi sentiamo la comunione con i nostri fratelli e le nostre sorelle, che durante la giornata non ci sono, come un aiuto?
“L’intercessione degli altri è per me fonte di sostegno durante il giorno?“.
Per questo io tante volte nelle meditazioni vi dico, o su Telegram vi scrivo: “Vi chiedo di pregare per questa intenzione; affido questa intenzione; ricordatemi in questa occasione”. Voglio educare innanzitutto me stesso, e poi voglio dare un suggerimento anche a voi, per capire l’importanza della preghiera di intercessione fatta l’uno per l’altro che è davvero un sostegno.
Devo andare a sostenere un esame all’Università: chiedere di essere ricordato nella preghiera dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle è bellissimo! Vai a fare l’esame e dici: “Oggi io non sono qui solo: ho qui con me cinquanta, sessanta, cento persone: so che ci sono tutte quelle persone che pregheranno per me!”. Non è la stessa cosa che andare lì da soli! “Ma io non li vedo!”; che cosa vuol dire? Anche l’aria non la vedi, eppure senza di lei muori, che cosa vuol dire? “Non sono solo: vado a sostenere questo esame accompagnato dai miei fratelli e dalle mie sorelle”. È importante!
Devo andare a fare non so che cosa chiedo la benedizione, magari al sacerdote, magari al papà e alla mamma: è importante! La loro benedizione è importante: sapere che loro ci benedicono, che invocano la benedizione di Dio su di noi, con la loro autorità materna e paterna. Bellissima questa cosa!
La preghiera di intercessione è quindi un sostegno e dobbiamo usarla come tale.
La Parola di Dio mi è vicina come fonte di consolazione e di forza? Chissà? La uso come fonte di consolazione e di forza? Guardate che è difficile questa cosa perché, nei momenti duri della vita, non è così facile andare alla Parola di Dio, ritornare sulla Parola di Dio, non è così facile! Nei momenti bui della vita ci viene più spontaneo disperderci piuttosto che rientrare in noi stessi, quindi, come direbbe Santa Teresa, “rientrare in noi stessi e concentrarci su Dio”, chiedere aiuto a Dio!
A proposito della Beata Candida dell’Eucarestia, di cui abbiamo già parlato ampliamento tempo fa – una Beata Carmelitana che, penso, tra breve verrà canonizzata e diventerà santa – sapete che il miracolo che, mi sembra, sia stato anche riconosciuto, è quello di aver moltiplicato delle Ostie nella pisside durante la Santa Messa, perché c’erano tanti fedeli e, per sbaglio, le Ostie erano poche. Le monache hanno pregato e, miracolosamente, le Ostie si sono moltiplicate: questa è una preghiera di intercessione.
Santa Scolastica che cosa ha fatto con san Benedetto? Una preghiera di intercessione, quindi si è scatenato il nubifragio!
“Faccio cattivo uso del tempo in cui mi trovo da solo, facendone un ostacolo alla comunione, alla Parola e alla preghiera?” Guardate: su questo c’è molto da dire, ci sarebbe molto da dire!
“Ognuno deve sapere che anche il momento in cui è isolato ha una retroazione sulla comunione“. Il fatto che siamo da soli non incide sulla comunione? Certo, perché, scrive Bonhoeffer, tu puoi “dilacerare e macchiare la comunione, o viceversa rafforzarla e santificarla“. Il tempo in cui io sono solo, che cosa faccio? Come uso il mio tempo, che uso ne faccio? Certo che, a guardarci intorno, c’è un po’ da preoccuparsi: sempre con i cellulari in mano! Sembra che abbiamo perso la capacità di pensare, di guardarci attorno, di riflettere, di ascoltare, di osservare. Tutti chinati a testa in giù sul cellulare: appena abbiamo un po’ di tempo libero, lo abbiamo sempre in mano.
Io mi sono detto: “Se avessi in mano il Crocefisso tanto quanto ho in mano il cellulare, sarei già santo!” Sicuramente! È un dato di realtà: è così. Non tengo in mano il Crocefisso tanto quanto tengo in mano il cellulare: questo è un dato di realtà. Poi posso mettere tutti e “se” e tutti i “ma” che voglio, ma la realtà dice questo. E questo fa pensare.
Se in ogni momento libero che ho, io mi metto a guardare video, Facebook, Instagram o non so quali piattaforme o social, è un uso buono del tempo o è un ostacolo alla preghiera, alla meditazione e all’incontro con Dio? E stiamo attenti perché, come noi usiamo il tempo da soli incide sulla comunità: poi non lamentiamoci se le cose in comunità vanno male, perché – voi lo avrete notato – quando qualcuno ci chiede: “Come va in comunità?”, noi ci lamentiamo contro il parroco, il papà, la mamma, il figlio, la suora, gli amici, i confratelli, le consorelle… c’è sempre una critica! “Come va in comunità?” e partono le critiche…
Ma, se la comunità non va bene, guardate che la responsabilità non è solamente degli altri. Io che cosa ne faccio dei miei pensieri, del tempo che ho libero, della mia solitudine? Che cosa ne faccio? Tutto questo va a incidere sulla comunità nel bene e nel male; “non c’è peccato in pensieri, parole e opere, che sia così personale e segreto, da non danneggiare tutta la comunità .” I miei peccati fatti in segreto feriscono radicalmente una comunità. Quando in una comunità (intesa come ogni forma di vita in comune: dalla famiglia alla classe a scuola, dalla parrocchia al convento, al monastero) le cose non vanno bene, e la misura in cui non vanno bene, dipende anche da me, dai miei peccati “in pensieri, parole e opere“, dalle mie virtù, perché il bene e il male vanno ad agire sulla comunità.
Di fatto, quindi, il nostro essere nel mondo, nel bene e nel male, serve la comunità, è un servizio alla comunità. C’è una frase molto nelle che Bonhoeffer dice: “ogni forma di auto-disciplina è un servizio alla comunione“; ogni forma di ascesi è un servizio alla comunione: quando tu fai un sacrificio, quando rinunci al male, stai facendo un servizio alla comunità. I servizi alla comunità non sono solamente pulire i pavimenti, portare gli indumenti ai poveri, far da mangiare. Non è solo questo: c’è anche un importantissimo servizio spirituale. Quando noi ci inseriamo nella logica della penitenza e del sacrificio, stiamo facendo un servizio alla comunità.
Chi dopo la sua giornata di lavoro rientra nella comunità dei cristiani con cui vive, porta con sé la benedizione della solitudine, ma a sua volta riceve di nuovo la benedizione della comunione.
Per vivere bene nella solitudine, come abbiamo detto fino ad adesso, quindi in comunione con il Signore, coltivando pensieri di santità, meditando la Parola di Dio, pregando e quant’altro, mentre siamo in viaggio, non accendiamo la radio assecondando la tentazione di rilassarci un po’ con la radio e la musica. No, stai sprecando la solitudine, perché rovinare la solitudine? Non rovinarla: fai silenzio. Perché non reciti un po’ di Rosario o ascolti la lettura di un bel libro spirituale o anche di un libro non spirituale, ma altrettanto bello? Ad esempio, I Miserabili di Victor Hugo, un libro bellissimo con una storia affascinante; oppure I Sogni di don Bosco, altro libro bellissimo! Ce ne sono di libri bellissimi! Evitiamo di perdere tempo accendendo la radio!
“Così, però, mi tengo informato!”
Ma non serve! Non viviamo sulla Luna, stai tranquillo: basta che tu ti metta a tavola e tutti ti dicono quello che è successo, poi, se ti interessa, vai a informarti un attimo, ma nel momento in cui hai l’occasione di stare da solo, stai da solo! Stai da solo con Dio, portando te stesso al cospetto del Signore; usa quel tempo per dire un po’ di Rosario, per pregare per i problemi che devi affrontare, per le persone che devi curare, per le responsabilità che hai da assolvere, invoca la Vergine Maria, chiedile la protezione, la luce, invoca lo Spirito Santo! E “a sua volta riceve di nuovo la benedizione della comunione“.
Benedetto chi è solo nella forza della comunione, benedetto chi mantiene la comunione nella forza della solitudine.
Ricordate che vi dissi che san Carlo Borromeo diceva: “Quando sei davanti al Tabernacolo pensa ai fratelli, quando sei con i fratelli pensa all’Eucarestia”.
“Benedetto chi è solo nella forza della comunione“: ricordate quello che abbiamo detto sulla solitudine e sulla comunione, no?
Sono solo, ma abitato dalla forza della comunione e benedetto è colui che mantiene la comunione dentro la forza della solitudine e del suo rapporto con Dio.
Ma la forza della solitudine e della comunione è costituita soltanto dalla Parola di Dio, che si applica all’individuo nella comunione.
Il centro è quindi sempre Dio con la sua Parola e con l’Eucarestia.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.