Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: «”Tendiamo insidie al giusto…” (Sap 2,12)»
Venerdì 24 marzo 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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PRIMA LETTURA (Sap 2, 1. 12-22)
Dicono [gli empi] fra loro sragionando:
«Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo
e si oppone alle nostre azioni;
ci rimprovera le colpe contro la legge
e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e chiama se stesso figlio del Signore.
È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita non è come quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
Siamo stati considerati da lui moneta falsa,
e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure.
Proclama beata la sorte finale dei giusti
e si vanta di avere Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere,
consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,
per conoscere la sua mitezza
e saggiare il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo a una morte infamante,
perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Hanno pensato così, ma si sono sbagliati;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i misteriosi segreti di Dio,
non sperano ricompensa per la rettitudine
né credono a un premio per una vita irreprensibile.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a venerdì 24 marzo 2023.
Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal capitolo secondo della Sapienza, versetti 1,12 e seguenti.
Ci stiamo avvicinando sempre di più alla Settimana Santa, al triduo della Passione, Morte e poi Resurrezione di Gesù, e ascoltando questa prima lettura non possiamo non pensare immediatamente a Gesù. E poi, dopo Gesù, per partecipazione, per imitazione, anche a tutti i suoi amici, i suoi discepoli, a tutti coloro che hanno scelto di vivere secondo Dio seguendo le orme di Gesù e che quindi parteciperanno appunto a tutta questa diagnosi che viene fatta in questo libro della Sapienza; diagnosi che è anche una profezia.
Qui ci viene detto il senso di tutta quell’ingiustizia, di tutto quel male, di tutta quella cattiveria che dopo Gesù, a partire da Gesù i santi hanno dovuto sperimentare con gravissime sofferenze, con grandissimi tormenti nella loro vita. Ci sono santi che veramente hanno avuto una vita profondamente crocifissa.
Non dimentichiamo che l’empio è anche colui che è malvagio, ma l’etimologia di empio è “colui che non è pio”, em–pio, cioè colui che non ha una vera devozione, che non è un timorato di Dio. È come gli scribi e i farisei che non sono timorati di Dio perché cercano la gloria uno dall’altro, come dicevamo ieri. E quindi, l’empio, colui che non è pio, colui che non ha una vera devozione, colui che non ha un vero cammino spirituale può fare una cosa sola: sragionare; è l’unica perché, come dicevamo ieri, la logica non sa neanche dove sta di casa. E quindi chi non sa fare ragionamenti logici può solo sragionare, perché il ragionamento o è logico o non è un ragionamento. E allora vediamo questa mancanza di ragionamento.
Perché si vuole perseguitare il giusto, perché gli si vuole tendere insidie? Perché è di incomodo, perché si oppone alle azioni degli empi, perché rimprovera le colpe contro la legge e rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta e, non è che deve farlo per forza con la voce. Non serve che si metta a fare chissà quale predica, basta vederlo.
Vedere Gesù come viveva, già questo era un opporsi, era un rimprovero, era un incomodo rispetto a tutto ciò che di sbagliato, di ingiusto, c’era nella vita. Avere accanto una persona santa, anche se sta zitta, di fatto è un rimprovero continuo contro le nostre colpe verso la legge di Dio. Perché la persona giusta, la persona che ama il Signore con la sua vita, con tutta la sua persona, si oppone alla colpa, si oppone alle trasgressioni.
Questo “giusto” è una condanna non solo di ciò che viene fatto, ma addirittura dei pensieri. Gli empi sono così corrotti, come Erode, che addirittura i loro pensieri sono profondamente malvagi e il giusto li condanna, condanna i pensieri. Loro percepiscono che la vita del giusto gli entra nella testa. È questa la cosa incredibile. Avvertono che il loro pensiero è messo in discussione, avvertono che nel loro pensiero c’è qualcosa che non va, ma siccome sono attaccati ai pensieri, ai loro pensieri, più che alla verità, più che alla giustizia, allora la vita del giusto — che appare appunto come totalmente difforme alla loro e quindi una condanna ai loro pensieri — diventa motivo di non sopportazione, non riescono più a sopportarlo.
Vedete, uno poi si mette in discussione e dice: “Ma cos’è che faccio di male o cos’è che devo cambiare nel mio atteggiamento perché io riesca ad essere accolto, accettato, amato?”. No, il punto non è che deve cambiare l’atteggiamento. In questo caso dovrebbe diventare empio anche lui per essere accolto, stimato e quant’altro. Per diventare sopportabile, per non essere più percepito come una condanna, devi diventare empio.
Mi ha sempre colpito ne Il Signore degli anelli questo fatto. Riguarda gli Uruk-hai, quei mostri, quelle bestiacce orrende che si vedono, gli orchi che vanno a servizio del grande occhio — anche lì ci sono un po’ dei ranghi. C’è una scena abbastanza forte in cui si vede quando vengono plasmati, si vede che escono dalla terra, queste brutte bestie emergono proprio dal fango, dalla terra. C’è un punto nel quale il mago Saruman sta spiegando l’origine degli orchi e dice che gli Uruk-hai sono Elfi corrotti.
In effetti, se voi ci pensate, la Scrittura dice che Corruptio optimi pessima: la corruzione dell’ottimo non è il mediocre ma è il pessimo. Quando si riesce a corrompere l’ottimo, si ottiene il peggio del peggio, si ottengono gli Uruk-hai che sono, tra tutti gli orchi, la razza peggiore.
Ecco, lui dice, vengono da lì: vengono da questi Elfi che vengono torturati, seviziati, sfigurati, abbrutiti e quant’altro, a tal punto da perdere tutta la loro identità e in loro avviene proprio un cambiamento dell’essere, un cambiamento ontologico, da Elfi diventano Uruk-hai, diventano orchi, e della peggior specie.
Quindi, riallacciandoci al nostro discorso: per non essere perseguitato devi diventare così.
Per capire questa pagina, questo testo, voi dovete avere in mente molto bene questa cosa de “Il signore degli anelli”. O entri nel regno del grande occhio, o fai parte di Mordor, o diventi anche tu un orco… perché un Elfo, un uomo, uno Hobbit non può stare in quel regno, non ci sta, non c’è possibilità, non esiste. Perché sono due appartenenze — di questo stiamo parlando — sono due appartenenze radicalmente diverse.
Ecco perché Gesù, nel Vangelo di Giovanni al capitolo 8, dice: “Non abbiamo lo stesso padre”. E poi alla fine glielo tirano fuori — leggete bene quel testo, sarebbe bellissimo fare una catechesi su Gv 8, un giorno la faremo a Dio piacendo — a un certo punto Lui dice: “Sì, perché il vostro padre è il diavolo”. Quindi veniamo da due paternità completamente diverse: mio padre è Dio, Dio Padre è il padre mio, il vostro padre è il diavolo. Non c’è possibilità di incontro, di dialogo, di comunione, di scambio. Non c’è, non esiste, a meno che non accetti di diventare un Uruk-hai, cioè un elfo talmente destrutturato, totalmente de-ontologizzato, talmente violato, talmente sfigurato che cambia l’identità, cambia tutto.
È possibile: si può arrivare fin lì per diverse ragioni. Quindi l’unica soluzione è quella.
Vi ricordate i “Kapò” dei campi di concentramento? Chi ha letto un po’di storia non può non ricordarli. Certamente in quella vicenda oscura sono stati tanti gli attori diabolici e terrificanti. Ma se voi ci pensate bene, almeno secondo me, poi magari sbaglierò, a me sembra che i peggiori siano stati proprio i kapò e a leggere un po’ di storia si vede che erano quasi i più spietati. Ma chi erano i kapò? I kapò erano gli stessi ebrei che si vendevano al male e da perseguitati che erano diventavano persecutori, da vittime diventavano carnefici, ma carnefici spietatissimi.
Tante sono le ragioni che stanno alla base di questi comportamenti, non ultima l’aver salva la vita. Però, a che prezzo? E il libro della Sapienza lo dice bene:
“perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade”
Capite? C’è una diversità, potremmo dire che c’è una singolarità nella vita del giusto, tale per cui rompe ogni appartenenza, rompe ogni schema che non sia corrispondente alla sua appartenenza unica, inviolabile, indivisibile, intoccabile, che è l’appartenenza al Padre e l’appartenenza a Dio. E quindi è chiaro che la sua vita è completamente diversa da quella di tutti gli altri, è chiaro che: le sue strade, i suoi modi, i suoi stili, le sue scelte, sono completamente all’opposto da quelle degli altri, perché ha un’appartenenza diversa, ecco perché.
Vi ho sempre detto che è inutile che stiamo qui a fare mille discorsi con chi ha fatto altre scelte, non serve, perché tanto non c’è possibilità di comunicazione, non esiste, non è possibile.
Perché, vedete, qui non si tratta di dire: “Secondo me è più bella la montagna”, “No, secondo me è meglio il mare”. Se dobbiamo decidere le vacanze ci sediamo a un tavolo, vediamo perché è meglio la montagna, vediamo perché è meglio il mare, mettiamo giù una lista e poi cerchiamo di fare una scelta e, guardando i pro e i contro, arriviamo a un dunque, ad una sintesi. Poi uno dice: “Senti, arriviamo a una sintesi, quest’anno andiamo in montagna e l’anno prossimo andiamo al mare”. Nessun problema, va bene. Questo non va a incidere su niente. Sì, un po’ sul gusto.
Uno dice: “A padre Giorgio piacciono le ciliegie, al padre tal dei tali piacciono le fragole” e ci mettiamo lì, ragioniamo sui geni delle fragole, magari vinco io perché le fragole producono un po’ di orticarie e le ciliegie invece no. E vabbè, posso averla vinta una volta e diciamo: “Va bene, allora per quest’anno, siccome poi c’è il rischio delle orticarie, accontentiamo padre Giorgio, mangiamo le ciliegie, ma l’anno prossimo, orticaria sì, orticaria no, mangiamo le fragole”. Ci facciamo scorpacciata di ciliegie quest’anno, l’anno prossimo ci faremo le scorpacciate di fragole, poi l’anno venturo faremo un po’e un po’.
Ma si può fare, queste cose si possono fare, qui un dialogo è possibile, non va di mezzo la verità, non va di mezzo la giustizia, non va di mezzo la gloria di Dio.
A me piace di più la gelateria “Pinco panco al cono rovesciato” e a quell’altro piace di più la gelateria “Il cono diritto”. Va bene, una volta andiamo al Cono rovesciato, l’altra volta andiamo al Cono diritto e mangeremo il gelato da una parte e dall’altra, non muore nessuno, si può fare.
Possiamo dialogare sul perché è meglio la pallacanestro del calcio, avendo punti di vista diversi. Ma anche in teologia, anche nelle cose di Dio, che sono un po’ più importanti delle ciliegie, delle fragole, del calcio, del pallone e del gelato, anche in teologia, in filosofia, in medicina, in tutte le scienze si può avere un dibattito, in psicologia, in psichiatria. Uno dice: “Secondo me questa prospettiva è meglio per queste ragioni” portando le sue fonti, le sue motivazioni, e un altro dice: “Ma secondo me è meglio questo e quest’altro” e si ha un confronto: benissimo!
Così è avvenuto lo scontro che ha portato alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, in questo confronto serrato tra francescani e Domenicani a un certo punto Duns Scoto ha avuto la meglio, ma ci sta: a questo livello si può fare, si deve fare.
Ma quello di cui sta parlando la Scrittura oggi non è questo livello, non è al livello che vi ho appena citato. Perché qui siamo proprio al cuore della questione, qui siamo all’appartenenza. In tutto quello che vi ho detto prima c’è un dialogo possibile perché sta all’interno di una disputa che non mette in dubbio, non mette in crisi i fondamenti, non va a toccare il cuore della questione. Invece, in questo caso, come nel caso di Gesù, è tutta la vita, è tutto l’essere che è completamente altro e quindi non c’è possibilità di dialogo.
E infatti vedete che in Gv 8 Gesù tenta un dialogo, ma è un fallimento unico. Il dialogo non c’è, non perché Gesù non lo voglia avere, ma perché quelli lì di Gv 8, “quei giudei che avevano creduto in lui”, quando Gesù dice: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, questi dicono: “Cosa?”. Comincia così e inizia questo andirivieni di domande e risposte fino a quando abbiamo l’apice, la vetta di tutto, dove Gesù dice basta: “Vostro padre è il diavolo”, punto, e “voi fate le opere del padre vostro” che è “omicida fin dal principio”, fine della discussione. E che dialogo vuoi avere a questo livello? Non c’è, non è possibile.
Quindi impariamo anche a saper fare un passo indietro. Impariamo anche saper dire: “No, qui non c’è lo spazio per un vero confronto”.
Tra l’altro, vedete che gli empi sragionano fra loro e si parlano addosso, mentre Gesù le chiama le cose con i loro i nomi, chiaramente, davanti a tutti. Gesù non ha paura di chiamare le cose col loro nome davanti alle persone. Quello degli empi, invece, è tutto un chiacchiericcio dietro alle spalle. Ve lo dicevo in questi giorni, è tutto una mormorazione, una calunnia, un pettegolezzo, un sibilo proprio serpentesco, è terribile.
“Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure”
È questo che brucia loro, anche se il giusto non lo dice non ha importanza. Gli empi lo sentono: sentono di essere considerati dal giusto come una moneta falsa. Sentono che le loro vie, le loro scelte, i loro stili, loro modi, i loro gusti sono considerati come panni immondi, lo sentono benissimo, anche se il giusto non glielo dice. Lo sentono, lo percepiscono, lo vedono, perché la coscienza dentro parla. E quindi? E quindi lo torturano, lo mettono alla prova, gli infliggono violenze e tormenti, lo condannano a morte infamante. Fano tutti dei loro ragionamenti assurdi e il libro della Sapienza ci dice:
“la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio”.
Ecco, allora in questa giornata mettiamoci davanti a questo testo della Sapienza, capitolo secondo, e chiediamo alla Vergine Maria questa grazia grande di non diventare Uruk-hai, di non sfigurare la nostra persona trasformandoci in orchi al servizio del grande occhio. Restiamo uniti, restiamo quello che siamo, qualunque sia il prezzo da pagare, non è possibile fare diversamente.
Senza mai scordare che la speranza non va mai persa, mai! C’è sempre speranza e questo è sicuramente per noi una grande consolazione.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.