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Le cinque caratteristiche dell’anima amante – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.18

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Le cinque caratteristiche dell’anima amante – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.18
Sabato 18 novembre  2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 18, 1-8)

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 18 novembre 2023. Oggi festeggiamo la dedicazione delle Basiliche di San Pietro e San Paolo.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal diciottesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 1-8.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo sesto.

6 — Parlo per mia personale esperienza, per aver inteso ciò che succede in altri monasteri e per averne trattato con persone dotte e sante, le quali hanno studiato quello che meglio conviene per mantenere fra voi la perfezione e farla progredire. Se quaggiù vi sono pericoli dovunque, il minore è nella libertà di cui parlo. Non si permetta al Vicario d’intromettersi nel governo del monastero, e neppure al confessore. Essi non devono far altro che vegliare al raccoglimento e al buon nome della casa, nonché al profitto interno ed esterno delle monache. Se scoprono qualche mancanza, ne avvisino il Prelato, ma non facciano essi da superiori.

7 — Così si fa ora in questa casa. E ciò non soltanto per una mia veduta personale, ma anche per il parere del Vescovo attuale, sotto la cui obbedienza, e non sotto quella dell’Ordine, ci siamo messe per moltissime ragioni. Questo gran servo di Dio, uomo santo, virtuoso e di nobile famiglia, si chiama Alvaro de Mendoza. Egli avendo a cuore quanto può favorire questa casa, convocò un’adunanza di uomini dotti ed illustri per virtù ed esperienza, e decisero quanto sopra. Sarà bene che i Prelati suoi successori, si conformino a queste decisioni, prese da uomini tanto virtuosi, dopo aver molto pregato per non cadere in errore. Da quanto finora si è visto, nulla di meglio delle loro decisioni, e piaccia a Dio di volervele sempre conservare a sua maggior gloria! Amen.

Finisce qui il capitolo quinto. Quello che abbiamo letto in questi due paragrafi ci mostra come Santa Teresa sia stata estremamente prudente e vigilante nel mettere le basi giuridiche, normative, di questa riforma che stava portando avanti, e quindi di questi monasteri. 

Dà alcune indicazioni che a noi possono sembrare non utili, cioè non necessarie, perché noi non viviamo in un monastero. Però, quello che io prenderei da questa esperienza, da quello che lei scrive, è la saggezza e la prudenza. Nella nostra vita, soprattutto quando dobbiamo prendere decisioni importanti, non bisogna mai essere impulsivi, ma estremamente saggi e prudenti. 

È necessario pregare molto, è necessario il confronto, il consiglio con uomini saggi, con uomini virtuosi, con questi gran servi di Dio.

In questo caso lei sta parlando di Don Alvaro de Mendoza e lo definisce gran servo di Dio, uomo santo e virtuoso; è il suo modo per dire che era veramente una persona degna di ogni stima ed estremamente affidabile proprio per la sua santità di vita.

Lei fa delle scelte; delle scelte che, in quel momento, le sembrano le più opportune, e che si riveleranno essere le migliori.

CAPITOLO 6

Dell’amore perfetto di cui si è cominciato a parlare.

1 — Ho fatto una digressione abbastanza lunga, ma tanto importante che chi mi capisce non mi biasimerà. Torniamo ora all’amore che dobbiamo portarci a vicenda, amore puro e spirituale. Non so se ne comprendo bene la natura; ma non credo di dovermi troppo indugiare, perché retaggio di pochi. Quegli a cui il Signore l’ha concesso, lo ringrazi molto, perché è di altissima perfezione. Però ne voglio dire qualche cosa. E forse sarà utile trattarne, perché quando si desidera la virtù e ci si sforza di raggiungerla, basta averne una dinanzi per muoversi ad amarla.

2 — Piaccia a Dio che sappia intendere quest’amore e riesca a spiegarmi! Ma mi pare di non comprendere neppure quando sia puramente spirituale e quando v’intervenga alcunché di sensibile, per cui non so come ardisco trattarne. Sono come uno che sente parlare da lontano e non capisce ciò che si dice. Così io, che alcune volte non devo proprio capire quel che dico: eppure piace al Signore che sia tutto ben detto. Niente di strano se le mie parole non avranno senso, poiché nulla è più per me naturale di non azzeccarne una.

3 — Mi sembra che quando Dio concede ad un’anima di conoscere chiaramente ciò che è e quanto vale il mondo, che vi è un altro mondo ben diverso dal primo, uno eterno e l’altro passeggero come un sogno; quando le concede di conoscere cosa vuol dire amare il creatore o la creatura, e non per una semplice cognizione intellettuale oppure per fede, ma — ciò che è assai diverso — per propria personale esperienza; quando quest’anima vede e tocca con mano ciò che è il Creatore e ciò che è la creatura, quello che si guadagna al servizio dell’uno e quello che si perde al servizio dell’altra, e tutte quelle molte altre verità che Dio insegna a chi gli si abbandona nell’orazione o a chiunque altro Egli vuole…

Ecco, prima di dirvi qual è la sentenza vi dico: guardate se queste parole, quanto di queste parole, hanno trovato assonanza in voi. Mentre le leggevo, potreste avete avvertito due tipi sensazioni. La prima è una perfetta assonanza, un dire: “Esattamente quello che vivo, esattamente quello che sto provando, questa è la mia vita. Santa Teresa sta facendo la radiografia della mia vita, sta elencando proprio ciò che la mia anima prova”. Oppure: “No, non c’è assonanza. Questa cosa mi è ignota, non l’ho mai provata, né percepita, né desiderata, né niente”, oppure: “Un pochino”.

Prima di leggere la sentenza, rileggo le caratteristiche, perché guardate che è molto importante questo paragrafo terzo.

Quindi, quando Dio concede a un’anima… che cosa?

Mettiamo tutti i punti in fila, perché così, dopo, uno dice: “Sì, no, poco”. È importante. Allora:

quando Dio concede a un’anima:

  1. di conoscere chiaramente ciò che è e quanto vale il mondo;
  1. che vi è un altro mondo ben diverso dal primo, uno eterno e l’altro passeggero come un sogno;
  2. quando le concede di conoscere cosa vuol dire amare il creatore o la creatura, e non per una semplice cognizione intellettuale oppure per fede, ma — ciò che è assai diverso — per propria personale esperienza;

Cioè, quando Dio ti concede di conoscere cosa vuol dire amare il Creatore, ti fa fare esperienza di cosa ha voluto dire amare il Creatore, amare profondamente, primariamente, totalmente il Creatore. Oppure, per esperienza, ti ha fatto conoscere che cosa vuol dire sostituirlo, e quindi amare totalmente, primariamente, la creatura; cioè la differenza: ti ha fatto conoscere questa differenza tra amare il Creatore o amare la creatura, e te l’ha fatta conoscere non per fede, non per una riflessione intellettuale, ma per esperienza personale.

  1. quando quest’anima vede e tocca con mano ciò che è il Creatore e ciò che è la creatura

Quindi: vede e tocca con mano chi è Dio, e che cos’è la creatura. L’ha toccato con mano, ha fatto esperienza. Uno dentro dice: “Sì, io l’ho fatta questa esperienza: bellissima, dolorosissima. Bellissima, perché Dio mi ha permesso di toccare con mano chi è Lui; perché Dio mi ha concesso di poterlo amare. Ho fatto esperienza nella mia vita di cosa vuol dire amare primariamente e totalmente Dio: bellissima! Dolorosissima, perché nella mia vita ho sperimentato cosa vuol dire amare la creatura — amarla non nel senso quello giusto, amarla nel senso di metterla al posto di Dio, quindi amarla in quel modo sbagliato, cioè, dando alla creatura ciò che dovremmo dare al Creatore — e quindi ti ha fatto toccare con mano che cos’è la creatura, “il peso specifico”.

  1. quello che si guadagna al servizio dell’uno (del Creatore) e quello che si perde al servizio dell’altra (la creatura). — Cioè, tu hai toccato con mano, per esperienza personale, quello che si guadagna a essere al servizio di Dio totalmente, mettendolo al primo posto, e quello che si perde al servizio della creatura (anche qui: non “servire” nel senso bello, evangelico, ma “servire” nel senso di schiavitù) — e tutte quelle molte altre verità che Dio insegna a chi gli si abbandona nell’orazione o a chiunque altro Egli vuole…

Ecco, sono cinque, non le ripeto più, adesso, ve le ho dette, sono scritte, nel caso andate a riprenderle. Allora ecco la sentenza:

…quest’anima, dico, ama in un modo assai più perfetto che se non fosse giunta a questo stato.

Incredibile! Guardate che è una grazia enorme. Se c’è qualcuno che può dire: “Io ho queste cinque caratteristiche. Io ho questi cinque — non so come possiamo chiamarli — stati, o passaggi, queste cinque situazioni — chiamatele come volete — queste cinque caratteristiche io le ho provate, io le ho vissute”, bene, se ci sono, quest’anima sappia che ama in un modo assai più perfetto che se non fosse giunta a questo stato. È una grazia enorme; enorme.

Ci saranno persone che probabilmente diranno a sé stesse, lo dicono a Dio nella preghiera: “Dio mi ha concesso tutte e cinque queste esperienze, queste situazioni, questi stati interiori”. Ecco, mi viene da dire: tenete tutto nascosto, nascondete il segreto del re. Che sia questo conosciuto solo da voi, da Dio, dal vostro confessore. Non andate in giro a sbandierarlo. 

E ringraziate Dio in un modo incredibile e profondissimo, profondissimo e fortissimo. Perché questa possibilità di amare in questo modo perfetto è una grazia enorme, … ma perché? Perché quest’anima ha avuto la grazia speciale di Dio di saper distinguere l’eternità dal tempo. Ha avuto la grazia di discernere — questo è il vero discernimento di cui parla anche Sant’Ignazio — questo mondo materiale da quello totalmente spirituale; il Creatore dalla creatura; ha visto la differenza. 

Poi, questo non vuol dire che quindi si comporterà di conseguenza, questo dipende dalla libertà, dipende dalla volontà. Uno può avere questa grazia enorme, di cui magari neanche era cosciente — da adesso lo sarà — e dire: “No”, non coltivarla, per esempio, non coltivarla oppure passarci sopra, oppure dire: “No, vabbè, ma fa niente”. 

Guardate che non è scontato. Questo “ama in un modo assai più perfetto che se non fosse giunto a questo stato”, vuol dire che hai questa possibilità, e quindi tu devi continuare a coltivare le cinque caratteristiche sennò le perdi, nel senso che ti rimane l’esperienza, ma non è servita a niente: non ti permette veramente di raggiungere questa perfezione nell’amore. 

Se invece tu ti comporti di conseguenza — e quindi sapendo bene che cosa vuol dire Creatore e cosa vuol dire creatura, la differenza tra i due, e mettendo Dio, quindi, al primo posto e la creatura al secondo — allora tu potrai amare in modo perfetto. 

Dio ti ha fatto fare l’esperienza, quindi tu hai una conoscenza diretta di questa differenza sostanziale. Allora, se da questa conoscenza diretta, personale, tu saprai fare scaturire decisioni di vita, e quindi mettere Dio al primo posto e la creatura al secondo sempre, ovunque, comunque, allora tu amerai Dio e la creatura in modo perfetto, perché li amerai secondo l’ordine con il quale devono essere amati, li amerai nel modo con il quale devono essere amati. È uno stato di grazia enorme, questo.

E uno dice: “Ma io non ho queste caratteristiche”, oppure “Ne ho una, due, ma le altre no, questa esperienza non l’ho fatta, e allora?”

Bene, Dio questa grazia particolare, fatta di queste cinque caratteristiche, la concede a chi gli si abbandona nell’orazione — a chi Egli vuole, va bene, questo lo sappiamo, e anche Teresa lo ripete, a chi Lui vuole, va bene, — ma anche a chi gli si abbandona nell’orazione. Quindi, nella misura in cui non le abbiamo, le abbiamo sì e no, oppure le abbiamo in un modo un po’ imperfetto, vuol dire che dobbiamo abbandonarci di più nella preghiera. Qualcuno dirà: “No, padre, io le ho tutte e cinque, il Signore me le ha date tutte e cinque, le ho scritte col fuoco dentro la mia mente, dentro il mio cuore, questa è la mia esperienza, io non lo sapevo; Santa Teresa mi sta raccontando di questa grazia, io magari non ho neanche mai ringraziato il Signore”: bene, da oggi coltivale per farle diventare vita, scelte di vita concrete. E allora anche tu vuol dire che ti dovrai abbandonare ancora di più nell’orazione, altrimenti le perderai; ve lo assicuro: altrimenti perderete tutto, perché rimarrà semplicemente una conoscenza, ma non diventerà mai un’esperienza, nel senso che non diventerà mai concreta, cioè non diventerà mai “scelte di vita”, perché è vero che per esperienza personale quest’anima ha capito la differenza, si, va bene, ma poi? Poi se di fatto non sceglie in relazione a questo, a cosa è servito avere questa esperienza? A cosa è servito avere questa conoscenza? 

Qui vedete che abbiamo proprio una conoscenza che nasce dall’esperienza. Queste due cose vanno tenute insieme e quindi bisogna farle diventare vita; uno deve dire: “Io da adesso farò questo, questo e quest’altro, questo sì, questo no; Dio al primo posto, la creatura al secondo, sempre e comunque”. Mi fermo qui, poi andremo avanti, perché i paragrafi successivi approfondiranno, però questo deve essere chiaro per tutti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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