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La falsa compassione – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.45

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La falsa compassione – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.45
Venerdì 15 dicembre  2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 11, 16-19)

In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 15 dicembre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 16-19.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Cammino di perfezione, di Santa Teresa di Gesù. Siamo arrivati al capitolo quattordicesimo, paragrafo secondo.

2 — Una persona di criterio appena comincia ad affezionarsi al bene, vedendone l’utilità, gli si attacca fortemente. E se poi non è fatta per arrivare a grande perfezione, può sempre giovare con i suoi consigli e in molte altre cose, senz’essere di aggravio ad alcuno. Ma se manca di criterio, non può essere di alcun vantaggio, molto invece di danno. È questo un difetto che non si scorge tanto facilmente, perché alcune persone parlano bene e intendono male, mentre altre parlano poco, ed anche quel poco assai male, ma sono capaci di molto bene. Vi sono anime così semplici che degli usi e degli affari del mondo non s’intendono nulla, ma molto invece dei rapporti con Dio. Per questo, prima di ricevere una postulante, occorrono grandi considerazioni, e prove assai lunghe prima di ammetterla ai voti.1 Sappia il mondo una buona volta che voi siete libere di rinviarla. In un monastero di tanta austerità i motivi non mancano. E quando si saprà che questo è il vostro costume, nessuno l’avrà a male.

La nota dice:

1 Infatti, il libro delle professioni del monastero di Avila dimostra che la Santa ne ritardava spesso la data. (Circa l’ammissione ai voti)

Ritorna questo tema del criterio, quindi, una persona che ha criterio — ieri abbiamo visto un po’ gli scriteriati — che cosa fa? Si affeziona al bene, si attacca al bene fortemente, proprio per l’utilità che vede legata all’amare, al praticare il bene. E poi, questa persona che ha criterio, se anche non ha grandissima perfezione, può essere di grande aiuto agli altri, ad esempio con i consigli, ad esempio con l’esempio, appunto, con l’impegno. 

Se però è scriteriata, non è di utilità a nessuno; non solo, ma è anche di danno. Ecco, l’essere scriteriati è un difetto che è difficile da scorgere; perché bisogna andare a verificare, perché uno può apparire in un modo ma essere in un altro. Vedere se una persona ha criterio è difficile. E per questa ragione, lei dice: prima di ricevere una postulante è bene fare grandi considerazioni, prove assai lunghe. 

E questo non dovrebbe valere anche per chi si sposa? Prima di fare un passo così importante, che poi dura tutta la vita, non ci dovrebbero essere grandi considerazioni? Prove assai lunghe?

Vedete, noi abbiamo sempre tanta fretta, sempre tanta fretta in tutto: abbiamo fretta nel diventare santi; abbiamo fretta nel cammino di perfezione; abbiamo fretta di fare le cose; abbiamo fretta di arrivare dove dobbiamo arrivare, sempre tanta fretta; vogliamo arrivare al dunque. 

Ma perché abbiamo fretta? Perché vogliamo certezze, questa è la ragione: siamo bramosi di certezze e, quindi, vogliamo avere tutto chiaro, tutto subito, tutto immediatamente. 

Ma questo può essere veramente un grandissimo problema perché, se non mi do il tempo necessario per «fare grandi considerazioni» come dice Santa Teresa, o «prove assai lunghe», rischio di sbagliare tutto, rischio di sbagliare proprio in modo grave, e poi? E poi non si torna più indietro. Tutto per la fretta! Come se stesse per bruciare il mondo. 

Diamo tempo al tempo, non c’è fretta; avere fretta non è mai un buon segno. E, infatti, vedete che la nota dice che la santa rimandava spesso la data della professione. Grande prudenza, ci vuole grande prudenza. Invece a me sembra che, con grande frequenza, sì incontrino grandi atti di imprudenza.

3 — Dico questo perché sono tanto sventurati i nostri tempi, — immaginiamoci: nel 1500! Chissà adesso… — ed è così grande la nostra debolezza che non ci basta nemmeno di averlo per comando dei nostri maggiori, i quali tanto ci raccomandano di disprezzare ciò che il mondo stima onore, e di non aver paura di dispiacere ai parenti. Pretesti per persuadersi che l’ammissione di tali postulanti sia legittima non mancheranno mai; ma voglia Iddio che non la si abbia poi a pagare nell’altra vita!2

Nota:

2 Quando il Superiore, deposta ogni simpatia o passione, non guarda che al bene del monastero, credo che Dio gli impedirà di ingannarsi; ma se si lascia vincere da una falsa pietà o da ingiustificabili riguardi, tengo per certo che cadrà in molti errori.

Allora: i tempi sono sventurati, la debolezza è grande. Ritorna il disprezzo di ciò «che il mondo stima onore», dice Santa Teresa. E poi questo tema del dispiacere ai parenti che ritorna, vedete? Del dispiacere agli altri, soprattutto alle persone a noi care. Dobbiamo stare attenti, perché ci sono mille pretesti, mille ragioni, per dire: “Sì, va bene, è giusto fare questo passo”, “Sì, va bene, è giusto ammettere questa persona”, “Sì, va bene, è giusto decidersi per il matrimonio”, ci sono mille pretesti, ma bisogna essere attenti, perché poi si rischia di pagarla qui e di là, dice Santa Teresa. Per cui, ecco perché servono tempo e considerazioni. E, paradossalmente, se ci pensate bene, serve il contrario di quello che noi vogliamo e facciamo.

Mi è venuto in mente questo vecchio film, che tutti conoscerete, che nel tempo di Natale viene sempre trasmesso, che è: “Tutti insieme appassionatamente”. Chi non l’ha mai visto, lo deve vedere assolutamente, perché è un classico, un film bellissimo, proprio bello, bello, bello: “Tutti insieme appassionatamente”. La protagonista principale è un’aspirante suora e, a un certo punto, entra in una sorta di crisi della sua vocazione. La domanda è: “Qual è la mia vocazione? Ero convinta che fosse l’essere suora, ma forse no”. E allora va dalla superiora ad esprimere tutta questa sofferenza, tutto questo dilemma. E questa aspirante suora vorrebbe ancora di più riconfermare questo proposito di farsi suora — diciamo così — rinchiudersi ancora di più, per separarsi da ciò che interiormente sente. La superiora, invece, dice: “No, bisogna verificare e non bisogna fuggire. Questo è proprio il tempo della verifica, è il tempo del comprendere qual è la volontà di Dio”. E quindi la manda fuori dal monastero, dal convento, per andare a fare l’educatrice di questa famiglia di tanti bambini, dove la mamma non c’è più… e va bene, poi c’è il resto del film, che vedrete.

Quello che mi interessa sottolineare, è che la verifica deve passare anche — io penso — da un tempo di distacco rispetto a quello che io vorrei. Può essere utile, perché può riconfermare ulteriormente oppure far capire che non è quella la strada. Tanto, se la strada è quella, stando lontano tu avrai modo di approfondire ancora di più le ragioni per seguirla. Non si perdono; se si perdono è perché non era quella. Ma, se non è quella, allora è meglio capire qual è. Non bisogna mai fuggire, non bisogna mai avere paura, non bisogna mai attaccarsi alle proprie piccole certezze, bisogna essere sempre liberi di cambiarle, di averne altre, di perderle. Perché bisogna cercare la volontà di Dio, non la propria, capite?

Infatti, un tempo i monaci, quando qualche giovane andava a bussare per entrare in monastero, per tre volte lo mandavano via. Perché, dicevano: se la quarta volta ritorna, allora c’è qualche possibilità che questa cosa sia vera. Sono tutti piccoli strumenti che vengono usati per vedere la serietà, la verità, di un certo cammino, e che anche i santi hanno usato.

Passiamo alla nota due, che è molto importante: il superiore, o comunque chi ha un compito di autorità, di responsabilità, deve guardare al bene comune, quindi, in questo caso, al bene del monastero, non alla simpatia o alla passione. Deve guardare al bene di una famiglia, per esempio, deve guardare al bene di una parrocchia, deve guardare al bene di una diocesi. Bisogna, alle volte, prendere delle scelte anche un po’ dolorose. E Santa Teresa dice che, se depone ogni simpatia e ogni passione:

Dio gli impedirà di ingannarsi; ma se si lascia vincere da una falsa pietà…

falsa pietà che io chiamerei: intenerimento. Veramente, guardate, l’intenerimento è una delle cose più terribili, uno degli strumenti peggiori del demonio, con cui ci trae in inganno; una falsa pietà: “Poverino, mi dispiace, oh, mamma, adesso come farà?”; c’è una pietà vera e c’è una pietà falsa, fuori luogo; 

… o da ingiustificabili riguardi

bisogna avere riguardi per le persone, certo, ma devono essere giustificati, non fondati sulla passione, non fondati sulla simpatia, non fondati sul mito della crocerossina, no; fondati sulla carità, quella vera, quella di cui parla San Paolo; “perché se si fa vincere da una falsa pietà e da ingiustificabili riguardi, cadrà in molti errori”, conclude Santa Teresa.

Ecco, quindi dobbiamo stare molto molto attenti, perché guardate che la falsa pietà e i riguardi ingiustificati, fanno fare delle scelte sbagliatissime. Allora, concludiamo:

In quest’affare ognuna deve fare la sua parte considerarlo, raccomandarlo a Dio e a far coraggio alla Superiora, perché la cosa è importante. Prego il Signore che vi dia la sua luce. Non ricevere dote per voi è sommamente vantaggioso, perché talvolta per non poter restituire il denaro già speso, si tiene in casa il ladro che rapisce il vero bene: e non sarebbe poca sventura. Ma voi non dovete aver compassione di alcuno, — vedete?! — perché, dopo tutto, sarebbe sempre un far torto a chi pretendereste di favorire.

Questa è la compassione sbagliata. C’è un aver riguardo che è doveroso, un compatire che è doveroso, ma, in questo caso, invece di fare del bene, tu faresti del male. 

Quindi, anche qui, il tema del ricevere doni: bisogna stare attenti. Perché il dono può essere bello, può essere — appunto — un dono, ma non deve mai legare le mani. E, mi verrebbe da dire, che più uno è in alto, meno doni deve ricevere. Perché, se poi cominciamo a ricevere soldi, eh, basta: poi non si torna indietro più, poi si hanno le mani legate. Si crea un debito — infatti lei lo dice — si crea un debito che, se questa dote che lei ha dato poi tu l’hai già spesa, come fai a mandarla via? La devi tenere per forza. Ecco perché Santa Teresa non voleva le doti. In modo tale che siamo liberi: se non vai bene, ti dico no, arrivederci, e non ti faccio nessun torto, perché non ho speso niente della tua dote. Ma se tu la tieni in casa quando questa persona non è adatta, questa porta via il vero bene, il bene della comunità.

Per cui, lei dice: non devi avere compassione di nessuno, perché quella compassione lì, che ti impedirebbe di dire: “no, questa non è la tua strada”, sarebbe farle un torto, perché permettere a una persona di intraprendere la strada che non è la sua, una vocazione che non è la sua, è il torto peggiore che si possa fare.

Bene, abbiamo finto il capitolo quattordicesimo, domani inizieremo il quindicesimo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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