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Il progetto – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.139

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il progetto – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.139
Lunedì 18 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 8,12-20 – Anno C)

In quel tempo, Gesù parlò [ai farisei] e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me».
Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Gesù pronunziò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 18 marzo 2024. Oggi festeggiamo San Cirillo di Gerusalemme, vescovo e Dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’ottavo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 12-20.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo quarantaduesimo, ultimo capitolo del libro.

CAPITOLO 42

Si tratta di queste ultime parole del “Pater noster”: “Sed libera nos a malo. Amen: Ma liberaci dal male. Amen”

1 — In questa domanda sembra che il buon Gesù abbia pregato anche per sé stesso. Era stanco della vita, molto stanco, e lo fece intendere nella sua ultima cena quando disse agli apostoli: “Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi questa cena”. Gli uomini, invece, anche dopo cent’anni di vita, non solo non si sentono stanchi, ma desiderano ancora di vivere. È vero che la nostra vita non scorre così povera e fra tanti travagli come quella di Gesù. Che fu mai la sua vita se non una morte continua, per l’immagine sempre presente dei supplizi che l’attendevano?2 E questo era il meno, perché il suo dolore più grave era vedere le offese che si facevano a suo Padre e la moltitudine delle anime che si perdevano. E se questo per un’anima che abbia un po’ di carità, è un argomento di così viva tristezza, che dovette mai essere per il nostro dolce Signore, la cui carità è senza limiti e senza misura? Oh, come aveva ragione di scongiurare il Padre a liberarlo da tanti mali e sofferenze, e a introdurlo nella pace di quel regno di cui era il vero erede!… 

2 … ed una croce, per le molte nostre ingratitudini che aveva sempre sotto gli occhi? (Manoscr. Escor.).

Allora, cerchiamo di affrontare questo paragrafo. Non so se abbiamo mai pensato che Gesù era stanco della vita; Santa Teresa scrive: «molto stanco»; e lei lo desume e lo segnala da questa frase:

“Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi questa cena”

Non abbiamo forse mai riflettuto su questo: Gesù era stanco. E io mi vorrei fermare qua, perché Santa Teresa poi scrive: «Gli uomini, invece, anche dopo cent’anni di vita, non solo non si sentono stanchi, ma desiderano ancora di vivere». 

La stanchezza di Gesù è una stanchezza motivata da che cosa? Da questa grande povertà e dai tanti travagli. Gesù ha condotto una vita poverissima, mi verrebbe da dire poverissima di tutto; non miserabile, assolutamente dignitosa, però poverissima.

Gesù ha vissuto tutta la sua vita guadagnando il proprio pane con il suo lavoro da falegname (i trent’anni vissuti a Nazareth nel nascondimento), aveva una famiglia normalissima, che viveva del proprio lavoro, una famiglia che ha sperimentato fin dall’inizio un’estrema povertà, tanto da non trovare neanche un luogo che la ospitasse. Una povertà non solo materiale, ma anche di affetti. Nel senso: Maria e Giuseppe, chi è che hanno trovato, che li ha aiutati? Nessuno, nessuno…

Umanamente erano soli; ha dovuto fare tutto San Giuseppe, per cercare un luogo di rifugio e di riparo per la Vergine Maria e il Bambino Gesù. Hanno bussato agli alberghi: chiusi! E la Vergine Maria era vicina al parto; immaginatevi il disagio, la sofferenza, e anche questo senso di profonda povertà. E sono andati a finire dove? Dove è nato Gesù? Nessuno di noi è finito in una mangiatoia… Pensate che povertà, che solitudine. Poi sono arrivati gli angeli, i pastori, i Re Magi, si, va bene, ma questo era il Figlio di Dio! Questo è il Re dell’universo! Un po’ di pastori, tre Re Magi… ma chi sono, in confronto al mondo? Chi sono, in confronto a Erode, che ordina la Strage degli Innocenti per uccidere Gesù? E siamo all’inizio della sua vita…

E poi, tutti questi travagli. E quando Gesù viene catturato, chi è che ha avuto vicino? Nessuno, sono scappati tutti. Siccome Gesù non ha accettato di vivere quel momento secondo la logica mondana, e secondo quello che volevano gli apostoli, quello che voleva San Pietro, lo hanno abbandonato e se ne sono andati.

Vedete che solitudine, vedete che povertà! E quante lotte con gli scribi e i farisei, con la gente, che non capisce nulla; la moltiplicazione dei pani, lo vanno a cercare per farlo re, per avere la pancia piena, per avere il pane gratis; Lui che parla del lievito degli scribi e dei farisei, e i discepoli che si chiedono: “Come facciamo ad avere pane? Non abbiamo pane!”

Una vita piena di povertà e di travagli, ha ragione Santa Teresa, la sua vita fu una morte continua. Non ci abbiamo mai pensato a questo, forse. Una morte continua, perché aveva presenti i supplizi che lo attendevano. Spieghiamoci: se noi avessimo presente, fin dall’inizio, tutta la sofferenza che nella nostra vita dobbiamo vivere, tutte le persecuzioni, tutti gli odi, tutte le cattiverie che dovremo subire, se noi li avessimo presenti fin dall’inizio, io non so quanti di noi riuscirebbero a fare un passo, ogni giorno. Veramente una morte continua! E Gesù aveva presente tutto perfettamente, perché era vero Dio e vero uomo e, come vero Dio, aveva tutto chiaro. Quindi, lui sapeva benissimo cosa lo attendeva e perché lo attendeva. Quindi, immaginatevi cosa portava nel cuore.

Quando c’è una sola preoccupazione — ma quelle vere, quelle che ti tolgono il fiato dalla gola, quelle preoccupazioni che ti sembra che non ci sia via d’uscita — ne abbiamo una e si perde la voglia di mangiare, si perde la voglia di bere, si perde la voglia di dormire, non si riesce più a sorridere; il pensiero è sempre lì. Gesù non ne aveva una, Gesù aveva davanti la sua morte, aveva davanti il suo supplizio, aveva davanti la sua agonia nel Getsemani, aveva davanti la sua via Crucis, e tantissimi altri dolori e sofferenze: una morte continua.

Poi aveva davanti: le offese che si facevano a suo Padre — altro dolore che si aggiunge — la moltitudine delle anime che si perdevano; tutte cose che ha scritto Santa Teresa, non me le invento io, sono scritte qui. Tutto questo era l’oggetto, era la causa, di questa morte continua che aveva Gesù. Ecco che lei dice:

…aveva ragione di scongiurare il Padre a liberarlo da tanti mali e sofferenze…

libera nos a malo”, la preghiera del Padre nostro.

E allora, lei dice: c’è questa stanchezza, Gesù era stanco della vita, stanco, molto stanco, perché voleva entrare nel Regno del Padre suo, voleva ritornare da dove era venuto.

E, a questo punto, vorrei dirvi una cosa, e la vorrei dire collegandomi al Vangelo di oggi. Un Vangelo bellissimo!

Nel Vangelo leggiamo che criticano Gesù perché Lui dice: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre…». Gli dicono: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera», cioè “tu parli di te e dici il falso”. Lui risponde: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado», voi non lo sapete. Voi non sapete da dove io sono venuto, e voi non sapete dove vado.

Ecco, io mi stavo chiedendo, in questi giorni, in relazione alle vostre e-mail che ricevo, ai vostri messaggi, dove mi dite: “Veniamo allora da Maria Rosa Mistica a Montichiari il 7 di aprile; do la mia disponibilità…”; “Io vengo da molto lontano (qualcuno mi ha scritto da Napoli, da paesi abbastanza lontani), però non so come fare. C’è qualcuno che mi può aiutare, ospitarmi e venire insieme?”. Ecco, allora io mi sono fermato un attimo e mi sono detto: ma perché facciamo questo? Perché fare questa giornata insieme a pregare e a stare insieme? Che bisogno c’è di farla? E poi, che cosa si fa di straordinario? Niente, niente… Uno dice: “Ma perché devo fare Napoli-Brescia (per esempio) per andare a partecipare a una Santa Messa, ascoltare una breve catechesi, ricevere lo scapolare, la medaglia del Volto Santo, mangiare insieme a delle persone sconosciute — non so neanche chi siano — e poi, il pomeriggio, fare l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso?

Guardate, la Messa c’è anche a Napoli, c’è anche in Sardegna, c’è anche in Puglia, c’è anche in Sicilia, la Messa c’è ovunque. 

Lo scapolare e la medaglia del Volto Santo li trovate anche a Napoli, in Sicilia, in Sardegna, piuttosto che in Svizzera. 

L’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso? Beh, insomma, questo è di dominio pubblico, non ho bisogno di farmi Napoli-Brescia per recitare l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso; se non lo trovo su Internet — che c’è tranquillamente, comunque — me lo faccio spedire via e-mail, vado in chiesa a tre minuti da casa mia, mi metto in ginocchio e faccio l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso. 

E poi ci sarà la possibilità di pranzare con degli sconosciuti. Beh, questo non è che sia molto allettante; gente che ha fede come me, però sono sconosciuti. Vabbè, vado in parrocchia, mi faccio un pranzo, una cena in parrocchia con persone conosciute, che è anche meglio.

Beh, ma allora perché vado da Napoli a Brescia? Non vado da Napoli a Brescia, dalla Puglia a Brescia, da Caltagirone a Brescia, da Lampedusa a Brescia, non vado per quello si fa, perché non si farà niente di speciale. Voi direte: “Ma padre, cosa sta dicendo? In questo modo smonta tutto. Lei dovrebbe invece sottolineare tutte le …” no, no, no, io non voglio ingannare nessuno, per l’amor del cielo, non ci sarà niente di speciale, sapete? Non c’è niente di speciale, ci sarà esattamente quello che vi ho detto. Sì, poi una piccola sorpresina, ma guardate, vi garantisco che non regge la ragione Napoli-Brescia, assolutamente no. È una piccola cosa, una sorpresa bella, certo, tutto quello che volete, però è una cosa piccolina, che vi dico, già da adesso — non ve la posso svelare, sennò non è più una sorpresa — ma vi dico già da adesso che non regge il viaggio, non motiva il viaggio Napoli-Brescia. Faremo le cose normali, ordinarie, non ci sarà niente di speciale, niente di eclatante, niente di strepitoso; sarà una cosa assolutamente normale. E allora, perché devo fare una sfacchinata del genere?

Quindi: non sarà per quello che faremo, perché lo trovate anche a casa vostra. Leggendo questo Vangelo ho capito che la ragione che può reggere la fatica di un viaggio Napoli-Brescia, che può reggere la fatica dell’ospitare persone che non conosco, che può motivare il perché apro la mia casa verso chi non conosco, perché darò un passaggio a chi non conosco, perché pranzerò con chi non conosco, perché verrò a fare queste cose ordinarie, la ragione abita solo nel “perché lo facciamo”; perché facciamo questa cosa? Noi la facciamo perché: “sappiamo da dove siamo venuti e dove andiamo”. Questa è la ragione.

Queste stesse cose possono essere fatte da altre persone, però, forse, non sanno da dove vengono e dove vanno; non sanno bene da dove vengono e dove vogliono andare. Dio sa bene dove vuole andare. Noi facciamo questo incontro, questo stare insieme, per un motivo. Noi vogliamo, proprio radicalmente, cambiare la nostra appartenenza a Gesù. Abbiamo capito che deve essere un’appartenenza totale, profonda, radicale, appassionata. Dev’essere un’appartenenza senza “se” e senza “ma”. Perché? Perché noi veniamo da questo Regno del Padre Suo, lì siamo stati creati, e noi lì vogliamo tornare, insieme. 

Allora abbiamo capito che qualcosa ci unisce, e vogliamo vedere questi volti, abbiamo bisogno di vedere questi volti che, come noi, guardano nella medesima direzione; vogliamo guardare insieme quel luogo meraviglioso, vogliamo farci coraggio insieme, per camminare verso questo luogo meraviglioso. Non ha importanza, paradossalmente, dove ci ritroveremo, addirittura dico: non ha importanza quello che faremo; non ha una importanza talmente forte quanto il “perché lo faremo”, per queste ragioni che ho detto. E allora, queste cose che faremo, importanti — la Messa è importante, certo — ma queste cose che noi faremo saranno la manifestazione della nostra fedeltà a questo progetto.

Noi, quindi: faremo quella Santa Messa, faremo quella vestizione dello scapolare, rinnoveremo la nostra Consacrazione alla Vergine Maria, riceveremo le medaglie del Volto Santo, faremo l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso, quale testimonianza di fedeltà al progetto di Gesù espresso in questo Vangelo, Giovanni, 8,12-20: “Sappiamo da dove veniamo, e sappiamo dove andiamo”, punto. Noi conosciamo Gesù e conosciamo anche il Padre suo — ognuno secondo le sue possibilità e capacità — e loro vogliamo frequentare, lì vogliamo andare e stare.

E allora abbiamo bisogno di ridircelo insieme, abbiamo bisogno di stare insieme quel giorno — altri giorni, non lo so, non lo sappiamo, ci è stato proposto quel giorno — sotto la bellissima solennità della Divina Misericordia, perché, insieme, vogliamo stringerci la mano e dirci: insieme andiamo verso questa patria che ci attende. E allora sarà il momento nel quale ci potremo dire le fatiche che affrontiamo, è il momento nel quale ricaricheremo le nostre anfore di olio, per poi vigilare nel buio di questo mondo, nel buio della sofferenza, della disperazione che ci circonda, del disorientamento, della mancanza di fede, tutto quello che volete. Noi, lì, metteremo olio dentro le nostre anfore, dentro le nostre lanterne, dentro i nostri contenitori, da portare a casa.

Ecco che allora non è il ritrovo di un gruppo di fedeli, che si ritrova perché fa delle cose belle insieme. No! Noi non ci ritroviamo perché facciamo delle cose belle insieme; noi non ci ritroviamo perché dobbiamo fare delle cose insieme! No, no. Noi ci ritroviamo perché “sappiamo da dove veniamo e sappiamo dove andiamo”, dove vogliamo andare, per questo ci ritroviamo; quindi, quello che faremo, qualunque cosa fosse — fosse anche tutta un’altra cosa — non ha importanza, perché sarà comunque sempre una testimonianza della nostra fedeltà a questo progetto. Non ha importanza.

Qualcuno poi dice: “Eh, ma se piove, come faremo?” Ma noi non siamo lì perché faremo delle cose! Di dieci cose riusciremo a farne una? Fa niente, va benissimo. Perché ciò che conta sarà l’essere lì insieme, radunati da questo miracolo incredibile che è la fede in Gesù, per cui uno, incredibilmente, prende un treno da Napoli e viene a Brescia. E uno non viene da Napoli a Brescia perché fa delle cose può fare ovunque; uno non viene da Napoli a Brescia per “fare delle cose”, ma perché c’è un progetto, perché c’è un “perché” che ci unisce, che ci motiva: “So da dove vengo e voglio tornare esattamente da dove vengo”, e ho bisogno di questi volti, che non conosco umanamente, ma li conosco perché appartengono alla mia patria; anche loro condividono questo progetto. 

La nostra conoscenza non si fonda sul “siamo usciti a mangiare la pizza insieme”, la nostra conoscenza si fonda sul fatto che non ci conosciamo umanamente, ma conosciamo il medesimo progetto. È quello che ci unisce, non il fatto che abbiamo mangiato la pizza insieme, ma che condividiamo il medesimo progetto, che conosciamo il medesimo progetto, che vogliamo il medesimo progetto. Questo ci unisce, questo ci rende fratelli e sorelle, e questo ci rende amici. Non so se mi sono spiegato.

Se non è chiaro questo “perché”, se non è vero questo “perché”: non facciamolo, non veniamo. Ma se è vero, se voi lo sentite vero dentro di voi, se queste parole che vi ho detto hanno avuto la musica della verità, il suono della verità, se le sentite vibrare dentro di voi, beh, potreste abitare al polo Nord, una soluzione si trova per venire. Potreste essere le persone più timide del mondo, la soluzione si trova per venire; potreste non avere mezzi — “non ho la macchina, non conosco nessuno” — si trova una soluzione. A chi mi scrive: “Padre, io sono di Napoli, vorrei venire, ma non so come fare”; ma come fare non è un problema, come fare si trova. Il punto è: è chiaro il perché? È chiaro il motivo? È chiaro lo scopo? Lo senti dentro di te vibrare? Lo senti che ti chiama? Senti che questo perché è vero? Se non lo senti, lascia perdere; vuol dire che magari non è vero il perché, vuol dire che magari ho sbagliato io a pensare alle cose, che magari non sono giuste, allora non perdiamo tempo. Ma se è vero: non ti fermi nulla. Perché quella è sicuramente un’occasione di luce — “Io sono la luce del mondo”, dice Gesù — quella è un’occasione di luce. 

E allora, non possiamo andare da soli; perché, capite, quando c’è qualcosa di importante, non lo posso vivere da solo. Almeno, a me viene così nel cuore: se c’è una cosa bella, mi viene subito voglia di dirlo alle persone a me più care. Non so a voi, a me funziona così. Se scopro una cosa buona da mangiare, mi vien subito di dire: “Dai, vieni, vieni, te la devo far assaggiare”; se trovo una persona bella, ti viene subito la voglia di dire: “Guarda, devo presentarti una persona eccezionale, ho trovato un dottore meraviglioso”; subito, ti viene. Appena esci: “Mamma, che bravo dottore! Guarda, te lo dico, si chiama così, così, così, abita qui, dovesse mai succedere che ti viene un problema di questo genere, chiama lui”, proprio ti viene dentro. Oppure, non so, c’è un evento particolare, lo vedi tu che sei lì, gli altri non lo vedono, perché magari sono lontani, e ti vien da dire: “Guarda, devi venire, devi venire, è una cosa stupenda e meravigliosa. Organizziamoci, sabato ci vediamo e andiamo a vederlo, perché è troppo bello, bellissimo”. Arriva la primavera, hanno previsto: domenica giornata bellissima; “Senti, andiamo a fare un tuffo nella natura, nel libro di Dio, andiamo insieme in bicicletta, facciamoci una bella biciclettata insieme in mezzo ai campi, a vedere gli uccellini, i merli e le bestioline che stanno ricominciando a vivere. Andiamo a vedere i germogli, andiamo insieme”. Ti viene dentro, questa voglia, no?

E come fa a non venire quando c’è da condividere un perché esistenziale? Quando c’è da condividere uno scopo, una ragione, che investe la tua vita e la tua anima? “Vieni con me” — “Eh, ma dove andiamo? Ma io non lo so…” — “Ma tu non ti preoccupare, ti fidi di me? Tu ti fidi di me?” — “Sì” — “Siamo amici?” — “Sì” — “E allora non te lo dico neanche, dove andiamo. Fai il biglietto per Brescia, per Milano” — “E poi, là?” — “E poi, là, vedrai. È una sorpresa, ti faccio una sorpresa” — “Eh, ma come facciamo, stiamo via?” — “Sì, stiamo via una notte. Non ti è mai capitato di andare via una notte?” — “Eh, no, ma mi devi dire dove andiamo” — “No, non te lo dico, non te lo dico, perché è una sorpresa, tu ti devi fidare, l’amicizia è fatta di fiducia, non te lo dico, è una sorpresa, vieni e vedi (ricordate il Vangelo: “Vieni e vedi”), poi deciderai”; perché, se voi lo dite prima e uno non conosce la realtà, dice: “Sì vabbè, ma allora queste cose qui le trovo anche qui”- “Eh no, eh no! Le cose da fare le trovi qui, ma non il perché. Questo perché forse lì non lo vedi, non lo trovi. Io ti dico che lì io l’ho trovato. C’è qualcosa che mi chiama ad andare, perché lì ci sono persone che hanno lo stesso perché, che hanno lo stesso scopo, che sanno da dove vengono e dove vanno. C’è un progetto comune. Devi venire con me, non te lo dico, tu ti devi fidare”.

Pensate poi la bellezza di tornare a casa insieme, fare il viaggio Milano-Napoli (è lungo, eh) con gli occhi a cuore. Perché poi funziona così: fai Milano-Napoli con gli occhi a cuore, con il cuore che ti sbalza fuori dal petto al ricordo; a rivedere le foto, i video, ti sbalza fuori il cuore dal petto. Dici: “No, ma io ritorno su domenica prossima!” No, ma domenica prossima non c’è più! Capite, dopo funziona così, dopo te lo ricordi per un anno intero.

Se il perché è vero, se lo scopo è vero, se il progetto è vero, non dovrebbe esserci niente che ci separa. La tua assenza o la tua presenza faranno la differenza, perché tu non sai di quel fratello, quella sorella, che sono là e che ti aspettano; tu non sai la tua testimonianza quanto può cambiare quella vita di quella persona che si siederà accanto a te, sul prato, a mangiare il panino col prosciutto! Non lo sai! Dio, sì! Dio l’ha già pensato e preparato. Quindi, ripeto, se senti che tutto questo è vero, fai come Matteo, lascia tutto, alzati e segui Gesù, non pensarci neanche.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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