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La decenza – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.70

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La decenza – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.70
Mercoledì 29 maggio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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PRIMA LETTURA (1Pt 1,18-25)

Carissimi, voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.
Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba
e tutta la sua gloria come un fiore di campo.
L’erba inaridisce, i fiori cadono,
ma la parola del Signore rimane in eterno.
E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 29 maggio 2024. 

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla prima lettera di san Pietro apostolo, capitolo primo, versetti 18-25. 

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González. Siamo arrivati a pagina 139.

L’abbandono della liturgia della Comunione nel vestire

Avverto che nel parlare qui della Liturgia del vestito della Comunione, non assumo la parola Liturgia in senso rigoroso, ma in senso lato. Sebbene la Liturgia, propriamente, non dia altre prescrizioni che sull’abbigliamento dei ministri della Comunione, per estensione e come per corrispondenza impone anche ai comunicanti certe condizioni sul loro modo di vestire quando si avvicinano alla santa Mensa. Se al sacerdote non è lecito, al di fuori del caso di necessità, amministrare la Santa Comunione con la sua veste ordinaria, tonaca o mantello, ma per rispetto e venerazione verso il Sacramento ha da rivestirsi di rocchetta e di stola, non sarà forse conforme alla ragione e alla giustizia che dal fedele, il quale si dispone a godere dell’onore e della gioia di essere commensale di una Mensa tanto ricca e augusta, si esiga nel suo abbigliamento un qualche segno straordinario di venerazione e rispetto? E dico qualche segno, perché essendo la Comunione per tutti, per i ricchi e per i poveri, ed essendo, per intenzione e desiderio del suo divin Autore, un cibo quotidiano, la Santa Madre Chiesa non ha mai comandato una determinata forma o né genere di abito per comunicarsi per non porre il minimo ostacolo alla Comunione frequente da parte di coloro che sono impediti, dalla povertà o da qualsiasi altro motivo, ad acquisire o indossare l’abito prescritto. La Santa Chiesa ha ridotto ad una sola condizione quella che può essere chiamata la liturgia dell’abito per comunicarsi, e questa condizione si chiama decenza. E bada bene che decenza non significa sontuosità, né raffinatezza, né lusso… La nobildonna vestita di una ricca mantiglia di seta si accosta alla comunione con la stessa dignità della semplice contadina ricoperta della sua rancida mantellina o dal suo fazzoletto di cocco e scialle logoro, e il nobiluomo vestito con un cappotto o una giacca di taglio irreprensibile vi si accosta con pari decenza del lavoratore con la sua camicetta pulita e rattoppata. La decenza dell’abito non sta nel suo valore, che non è ugualmente possibile per tutti, ma nella sua pulizia e nella sua modestia, ed essendo ciò nella possibilità di tutti, è in questo che la Madre Chiesa domanda qualcosa di straordinario al comunicante. Quanto bene intesero i nostri anziani tale sentimento e desiderio della Chiesa! Quelli di noi che non sono ancora vecchi ricordano con edificazione e con una certa nostalgia i quadri di equanime modestia e di santo raccoglimento che i Tabernacoli presentavano nelle ore della Comunione. Come spiccava il candore dell’Ostia sopra quello sfondo nero di mantiglie, scialli e mantelli che, coprendo tutto il corpo, dal capo fino ai piedi, lasciavano scoperte solo le bocche aperte e le lingue tese dei benedetti commensali! Che felice maniera di confessare e predicare la grandezza e la sovranità del Gesù nascosto e silenzioso, che i Tabernacoli cristiani danno da mangiare e adorare! E scrivo che è con una certa nostalgia che ricordo questo quadro, perché la paragono a quella che si rappresentata nella maggior parte dei Tabernacoli di oggi, soprattutto nelle città e nei grandi agglomerati urbani. In quelli antichi non si vedeva altro colore che il bianco dell’Ostia consacrata, che si irradiava sui veli scuri e densi della modestia e dell’umiltà cristiana; in questi moderne, mio Dio!, che pena e che vergogna dirlo!, non è raro vedere il candore dell’Ostia pura costretto a riverberare su volti sfigurati e sopra carni imbellettate come quelli dei pagliacci, su seni, schiene e braccia nude come quelle degli indiani selvaggi, e su abiti trasparenti e di colori variegati e sgargianti che lasciano nudo piuttosto che vestito chi li indossa. Prima, nei tuoi Tabernacoli più frequentati, oh mio Gesù, quando si alzavano gli occhi non si vedeva altro che Te; oggi in molti di essi non ti si può vedere, perché non si può guardare!, non si possono aprire gli occhi!! Tra tua Ostia e gli occhi di coloro che ti cercano, la lussuria e la vanità hanno elevato un muro fatto di gambe accavallate, braccia e seni nudi e atteggiamenti provocanti di donne che, non so perché, ancora si chiamano devote e stanno nel tempio… — Signor Vescovo, mi hanno detto molti giovani che vogliono essere dei veri cristiani: “Nemmeno nei Tabernacoli si può stare più in pace con Gesù!”. Abbandono dei Tabernacoli accompagnati, e molto elegantemente accompagnati, come non sentirti e come non espiarti? Come non sentire quanto solo e imbarazzato si sentirà Gesù, assediato e oppresso da queste turbe immodeste e provocatrici? Vi dico che mi lascia amarezza nell’anima per tutto il giorno, la mattina in cui mi vedo costretto a lasciare senza comunione qualcuna di queste devote immodeste, senza dubbio più vanitose o codarde che malvagie, e che intravedo provenire da Dio terribili punizioni per questa povera società che sembra avere come principale occupazione e ossessione quella di rubare e perfino devastare il pudore di donne oneste e cristiane, e dei fanciulli e delle fanciulle. Mentre scrivo queste righe, leggo sulla stampa che il vescovo di una popolosa città italiana, una domenica, è stato costretto a ordinare di chiudere le porte della sua cattedrale a coloro che partecipavano alla Messa delle 12…. Non ebbe altra scelta, se non quella di intervenire per evitare le sacrileghe esibizioni di nudità a cui sono ridotte molte di queste Messe nei giorni di festivi!…

Nel III secolo della Chiesa, il grande apologeta cristiano Tertulliano gettò questa apostrofe in faccia ai gentili: abbiamo lasciato a voi solo i templi! Dio mio, è giunta l’ora di convertire l’apostrofe ai pagani dell’apologeta in un’orazione a Te…? Di fronte a tante donne cristiane ostinate a preferire l’insolenza della loro nudità all’onore della loro Fede e alla bellezza del loro pudore, non è forse giunta l’ora di pregare Te e di imporre ad esse che ci lascino almeno i nostri templi? “Marie”, donne cristiane, ancora molto numerose, che avete ancora occhi per vedere, e orecchie per udire, e un viso per arrossare di vergogna, e un cuore per compatire ed espiare: si disinfettino dalle immodestie i Tabernacoli accompagnati! In onore ed espiazione dell’Ostia santa, pura e immacolata, e del vostro stesso sesso, non recatevi in Chiesa se non vestite fino al collo e ai polsi.

Interamente e decentemente vestite!

Il paragrafo che abbiamo letto è molto lungo. Con molta franchezza vi dico che mi sembra superfluo ogni commento. Posso solo dire che sono totalmente concorde con quanto scrive il vescovo san Manuel Gonzalez.

Qualcuno potrà dire: “Altri tempi!”; qualcuno potrà dire che queste cose sono fuori moda, che queste parole non considerano l’evolversi dei tempi, dei costumi, della società. Qualcuno potrà dire che sono parole anacronistiche, qualcuno potrà dire che questo modo di vedere demonizza il corpo, non proviene da una giusta e corretta visione della corporeità; che nella corporeità non c’è niente di male, che il corpo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e quindi…

Mi sembra che il vescovo abbia veramente spiegato tanto bene tutto: per chi vuol capire! Per chi non vuol capire, ovviamente, le mie parole non possono aggiungere luce al sole; le parole del vescovo sono talmente chiare! Voi che avete il libro potete andarle a rileggere o le potete rileggere nella trascrizione; perché sono proprio da leggere e dire: “Si, è vero, è tutto vero, è proprio così”.

Ecco, credo che questo valga per tutti noi, non solo per le donne, anche per gli uomini, per tutti. Credo che per tutti noi valga questa raccomandazione e questo ragionamento sulla decenza — così lui la chiama — “che non è sontuosità, né raffinatezza, né lusso, ma pulizia, modestia” e quindi va bene per tutti, ricchi e poveri; tutti!

Ecco, è vero che si ha nostalgia di questi «quadri di equanime modestia e di santo raccoglimento che i Tabernacoli presentavano nelle ore della Comunione… confessare e predicare la grandezza e la sovranità del Gesù nascosto e silenzioso», è anche questo un modo.

Non perché il corpo sia la prigione dell’anima, o perché lo si voglia demonizzare, o perché lo si veda come il carcere, come qualcosa di negativo, di impuro, di sporco, no! Ma semplicemente perché siamo tutti fatti di carne, di sangue… insomma, non siamo angeli! Quindi è chiaro che già si fa fatica ad avere un atteggiamento di fede vero, profondo, a stare raccolti; se poi, fisicamente, si hanno comportamenti, atteggiamenti, che possono in qualche modo distrarre, e possono in qualche modo non «confessare e predicare la grandezza e la sovranità del Gesù nascosto e silenzioso» nel Tabernacolo, beh, perché non correggerli? 

Questo non fa riferimento solamente alla nudità; a tutto. Il nostro corpo, quando è in chiesa, quando prega, deve essere in totale armonia con l’anima. Ecco perché ci mettiamo in ginocchio, ecco perché stiamo in silenzio, ecco perché stiamo fermi, ecco perché stiamo raccolti, ecco perché facciamo la genuflessione. Il nostro corpo risponde in modo adeguato a ciò che l’anima crede e professa. Tutto il nostro corpo! In tutta la sua manifestazione, tutto!

Uno dice “Sì padre, ma ho caldo e sudo”; eh, lo capisco, certo, lo capisco. Pensate noi come siamo vestiti! Alle volte ci sono delle celebrazioni solenni a luglio, ad agosto — pensate l’Assunta, pensate alla Madonna del Carmine — pensate come siamo tutti bardati! Sì, si suda, vabbè, ma qualcuno ha mai detto che sudare fa male? No, fa caldo, ma non è che si muoia. Va bene, sudiamo, finita la Santa Messa, andiamo a casa e ci cambiamo e ci laviamo, non è mica morto nessuno. Però c’è questo decoro dove tutta la nostra persona esprime decenza.

È inutile ridire tutte queste riflessioni di san Manuel, perché sarebbe una ripetizione, quindi, preferisco lasciare il tempo alla vostra rilettura e meditazione, e a pensare, come dice il Vescovo, a «quanto solo e imbarazzato si sentirà Gesù, assediato e oppresso» da tutte queste situazioni. E il vescovo dice — addirittura — che ha lasciato senza Comunione alcune di queste persone, «più vanitose e codarde che malvagie». Ecco, riflettiamo, e per quello che ci sembra giusto e doveroso, correggiamoci.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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