Catechesi di lunedì 22 gennaio 2018
Ciclo di catechesi “La Fede: dubbio o Abbandono? La Scelta di una vita”
Relatore: p. Giorgio Maria Faré
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Brani commentati durante la catechesi:
Libro di Giosuè
Capitolo 5
13 Mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: “Tu sei per noi o per i nostri avversari?”. 14 Rispose: “No, io sono il capo dell’esercito del Signore. Giungo proprio ora”. Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: “Che dice il mio signore al suo servo?”. 15 Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè : “Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo”. Giosuè così fece.
Capitolo 6
1 Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. 2 Disse il Signore a Giosuè : “Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, 3 tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. 4 Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. 5 Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé “. 6 Giosuè , figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: “Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore”. 7 Disse al popolo: “Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca del Signore”. 8 Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe d’ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca dell’alleanza del Signore li seguiva; 9 l’avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva a suon di tromba. 10 Al popolo Giosuè aveva ordinato: “Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete”. 11 L’arca del Signore girò intorno alla città facendo il circuito una volta, poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento. 12 Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; 13 sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di tromba. 14 Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. 15 Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. 16 Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: “Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città. 17 La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. 18 Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché , mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. 19 Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore”. 20 Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé , e occuparono la città. 21 Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.
Testo della catechesi
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Questa sera affronteremo Giosuè, capitolo sei. Prenderemo la parte finale del capitolo cinque, che sarà il nostro cappello introduttivo. Al capitolo sei del libro di Giosuè, troviamo la caduta e la presa di Gerico, di questa importante città, importante roccaforte. E vedremo cosa insegna alla nostra fede questa vicenda conosciuta un po’ da tutti.
Giosuè 5, versetti 13-15
13Mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: «Tu sei per noi o per i nostri avversari?». 14Rispose: «No, io sono il capo dell’esercito del Signore. Giungo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che dice il mio signore al suo servo?». 15Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece.
Giosuè si trova presumibilmente di fronte all’Arcangelo San Michele, che non si presenta con un ramo di mandorlo fiorito, che non si presenta con una rosa, ma si presenta con una spada, perché c’è un esercito anche in cielo, un esercito che combatte contro coloro che si sono ribellati a Dio cioè, il demonio e tutti i suoi angeli. Questo esercito è però anche in comunione con l’esercito della terra. Tra coloro che combattono, siano esseri celesti e spirituali, o siano terreni (in questo caso Giosuè), quando la causa comune è Dio, ecco che si crea questa comunione, molto bella, dove questo capo dell’esercito del cielo viene a dire qualcosa.
Innanzitutto, questo capo gli dice: “Togliti i sandali”. Il luogo dove sta Giosuè è santo perché lì, attraverso questo angelo, c’è la presenza di Dio. Immaginiamoci, per la nostra fede, cosa dovrebbe voler dire questo, innanzitutto, quando noi entriamo in chiesa. Già questo evento comincia a farci ragionare: se basta la presenza di un angelo, che adesso c’è e dopo non c’è più, a dire “togliti i sandali”, chissà quando noi siamo alla presenza del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù nell’Eucaristia, nel Tabernacolo, che cosa non dovremmo fare! Noi che abbiamo perso, quasi del tutto, addirittura la pratica importantissima di fare la genuflessione passando davanti al Tabernacolo e riducendo tutto a un misero, e spesse volte sgangherato, inchino, che non dice della santità del luogo, della sacralità del luogo, proprio no!
Quindi, la prima cosa che impariamo è che l’angelo gli dà un’indicazione molto concreta, cioè: togliti i sandali. Cominciamo a mettere bene in chiaro che, innanzitutto, ti devi presentare e stare nel modo corretto davanti a Dio. Andiamo avanti.
Giosuè 6 — Presa di Gerico.
1Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava.
Era proprio una città chiusa. Anche adesso ci sono, in alcuni posti, delle roccaforti, che sono impenetrabili, proprio non si entra da nessuna parte. E se nessuno apre per uscire, non si esce. Dei luoghi veramente impossibili, impenetrabili. Sapete tutti che, a quel tempo, non c’erano i cannoni, non esistevano le armi da fuoco, per intenderci.
2Disse il Signore a Giosuè: «Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, 3tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. 4Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. 5Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé».
C’è un problema! Tutto quello che gli ha detto adesso Dio è una contraddizione pura. Questa è veramente una prova di fede incredibile, fortissima. Adesso voi direte: ma perché? Lo capirete subito, il perché.
Dio dice: «Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re»; no, non lo vedo! Io vedo una città assolutamente chiusa, iper-protetta, che neanche arrampicandomi riuscirei mai ad entrarci; ma, per Dio, la cosa è già fatta; perché lo dice Lui! Questa è la potenza della parola di Dio. Per Dio non esiste nulla di impossibile. Quindi Dio gli sta dicendo: questa cosa è già fatta, io l’ho messa nelle tue mani. Anche se Giosuè, di fatto, vede davanti a sé dei muri altissimi, impenetrabili. Questo è il primo punto e il primo atto di fede. Secondo punto: come già abbiamo visto nel passato, in altre situazioni, Dio dice:
Voi tutti prodi guerrieri, tutti atti alla guerra…
quindi Dio riconosce che sono tutti dei soldati, e dei soldati bravi, gente che sa armeggiare bene con le armi, e che sono pronti a fare guerra.
girerete intorno alla città …
ascoltando questo uno dice: “Scusa un momento, io sono un soldato e mi devo mettere a girare intorno alla città, ma che senso ha?”. Ecco, con Dio non dobbiamo mai chiedere che senso ha, perché il senso di Dio non è il nostro senso. Dio non ha quel senso pragmatico, consequenziale, da causa-effetto che abbiamo nella testa noi. Dio non ragiona secondo i nostri schemi, non si muove secondo le nostre logiche. Dio riconosce che sono prodi guerrieri, riconosce che sono tutti atti alla guerra, ma dice: voi non farete nessuna guerra. Cioè, le mura della città non cadranno perché voi siete dei prodi guerrieri, ma cadranno perché lo dico io; poi, quando saranno cadute, voi farete la guerra che dovete fare, ma l’origine, cioè la caduta del muro, non sarà opera vostra. E questo giro glielo fa fare per sei giorni. Voi immaginate cosa vuol dire essere guerrieri e dover fare per sei giorni, in tutto il giorno, solo questo: girare intorno alla città una volta. Prosegue:
Sette sacerdoti porteranno sette trombe …
Ora: stiamo parlando di una guerra, cosa c’entrano i sacerdoti?
E poi, in guerra con le trombe. Sì, va bene, possono anche esserci — “arrivano i nostri, suonano le trombe” — però la guerra non si fa con le trombe, si fa con le armi.
Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca …
quindi deve muoversi anche l’arca dell’alleanza, le tavole della legge, cioè, i dieci comandamenti. Quindi, devono muoversi i sette sacerdoti, devono muoversi le sette trombe e deve muoversi l’arca.
… il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe.
Voi capite che tutto questo con la guerra non c’entra niente, questa è una liturgia, non è una guerra. Questo non è altro che un atto liturgico; Dio gli sta facendo compiere una liturgia. Ha chiamato in causa i sacerdoti, ha chiamato in causa le trombe di corno d’ariete, e ha chiamato in causa l’arca dell’alleanza. Ciò non ha niente a che vedere con una guerra; questa è proprio una liturgia: la caduta delle mura di Gerico avverrà attraverso un’opera liturgica.
Questo è molto importante, perché ci fa capire e ci fa ricordare (tutto il percorso fatto l’anno scorso, quando abbiamo parlato dell’Eucarestia e in particolar modo della “Messa strapazzata” di S. Alfonso Maria de Liguori) del potere incredibile dell’atto liturgico, della preghiera liturgica, che è per eccellenza la Santa Messa. Noi, invece, quando abbiamo un problema, non lo affrontiamo mai attraverso la Santa Messa. Noi, quando abbiamo un problema, lo affrontiamo noi, con i nostri mezzi, le nostre risorse, le nostre capacità, le nostre idee, ma non ci sogneremmo mai di affrontarlo attraverso un atto liturgico. Noi non ci sogneremmo mai di circondare le roccaforti del demonio, del peccato che portiamo dentro di noi, attraverso l’atto liturgico della Santa Messa o della preghiera del breviario. Noi ci inventiamo le penitenze, ci inventiamo non so che cosa, ma non ci viene in mente di dire: innanzitutto io circondo il mio nemico con un atto liturgico.
5Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé. — Una volta fatto il giro, suonate le tombe, crolleranno le mura e quindi voi partirete e farete la vostra guerra. — 6Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: «Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore».
È proprio vero che di Giosuè ce n’è uno solo! Se fosse successo a noi, di essere a capo dell’esercito del Signore — che, probabilmente, non è proprio “uno molto morbido” — avremmo cominciato a dire: “Ma, in che senso? Ma perché devo fare un giro? Ma perché per sette giorni? Ma poi, cosa c’entra questo con le mura? E poi, questo giro, a che velocità lo devo fare? Lo devo fare di mattina, lo devo fare di sera o a mezzogiorno? Ma lo dobbiamo fare tutti, o basta solamente qualcuno? E cosa vuol dire fare il giro? Ma non è sufficiente che mi metto lì e suono le trombe? Perché devo mettermi a girare intorno alla città? E poi perché per sei giorni devo fare un giro e il settimo giorno ne devo fare sette? Ma poi, perché devo aspettare sette giorni? Queste mura non le puoi far cadere subito?”.
Ecco, noi prima di tutto avremmo risposto così. Poi, in seconda battuta, avremmo detto: “Eh, ma io, al popolo, come glielo dico, adesso? Cioè, io devo andare là e gli devo dire: guardate, noi gireremo intorno a una città una volta per sei giorni, per sette volte il settimo giorno e cadranno le mura”. No, ma ti vergogni, ti prendono per pazzo, ma come fai a dire una roba del genere! Questi poi sono dei soldati! Sì, io ho visto il capo dell’esercito del Signore, ma loro non l’hanno visto! Io come mi presento? Cosa gli vado a dire: «Ho visto il capo dell’esercito del Signore»? Ma mi prendono per matto! Come faccio ad andare a dire una roba del genere; questi qua sono tutti pronti, armati fino ai denti, e gli vado a dire: «Cominciamo a girare, a suonare», ma che senso ha? Nessuno.
Il tema non è né il senso, né che tu capisca. Il tema è: ti fidi o no? Basta. Se tu cominci a voler mettere dentro la tua testa, vuol dire che tu cominci a voler mettere le mani su questa cosa; vuoi sapere il perché, il per come e il per quando, che — tradotto — vuol dire: tu vuoi avere certezze. Ma non si vince la battaglia della fede con le certezze. La battaglia della fede si vince con l’abbandono, che è un’altra cosa. O ti fidi, o non ti fidi. Se ti fidi, ti fidi dalla A alla Z, fino in fondo, senza cominciare a fare mille versi. Se non ti fidi, attacca la città come vuoi tu, fai quello che vuoi, segui la tua testa, che meglio di te non c’è nessuno, segui i tuoi progetti, e vedremo cosa succederà.
Giosuè, invece, non fa niente di tutto questo, ma convoca i sacerdoti, e dice: «Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore»; c’è da notare che non gli dice: “Guardate, venite, vi devo dire che: io ho visto il capo dell’esercito del Signore, il quale capo dell’esercito del Signore mi ha detto che: così, così, così, così. Vi prego, fidatevi che dobbiamo fare questa cosa”. Non ha detto niente di tutto questo.
Giosuè era certamente un grande condottiero, un grande capo, ma anche questo popolo era veramente un grande popolo. In questa cosa si è dimostrato un grande popolo, perché si è fidato di quello che Giosuè ha chiesto e ha detto, e l’ha fatto senza battere ciglio, senza mormorare, senza ribellarsi, l’ha fatto e basta. Non è scontato!
7Disse al popolo: «Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca del Signore». 8Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe d’ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca dell’alleanza del Signore li seguiva; 9l’avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva a suon di tromba. — Era proprio una liturgia — 10Al popolo Giosuè aveva ordinato: «Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete».
Questi per sei giorni hanno dovuto tacere; sei giorni di marcia silenziosa e basta. Forse anche noi avremmo bisogno d’imparare il potere del silenzio e di saper parlare quando è necessario farlo. Quante parole inutili diciamo, e quante volte sprechiamo fiato per niente: parliamo per niente, a chi non vuole ascoltare. È inutile parlare coi muri, non si parla coi muri di Gerico, non serve, non vengono giù. Serve invece un grande silenzio, serve invece una grande liturgia, serve invece un grande abbandono, serve invece una grande fede. Non servono le parole e, mi verrebbe da dire, non servono neanche i fatti. È inutile andare a prendere e sbattere la testa contro le mura di Gerico; è inutile lanciargli le frecce, non vengono giù, quelle mura! Ci vuole un intervento divino.
11L’arca del Signore girò intorno alla città facendo il circuito una volta, poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento.
Vedete anche che tranquillità? Loro fanno quello che devono fare: girano e poi vanno a dormire, belli, sereni, tranquilli. Sì, magari possiamo pensare che qualche preoccupazione l’avranno avuta anche loro, qualche pensiero ci sarà stato, però si fidano e lo fanno.
12Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; 13i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di tromba. — L’arca di Dio sta in mezzo, perché è un bene prezioso, viene protetta. I soldati, in questo momento, servono a proteggere, a dare solennità — 14Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni.
15Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. 16Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città. — Giosuè aveva proprio una fede granitica — 17La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. 18Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. 19Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore». 20Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città. 21Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.
Cosa ci insegna tutto questo? Ci insegna che il Signore, anche nella nostra vita, è capace di compiere queste grandezze, però se noi siamo come Giosuè. È difficile, certamente, non si può non dire che è difficile avere una fede così importante, così vera, così totale. Soprattutto è difficile non metterci il naso in nulla. Ma perché è importante non metterci il naso? Perché Dio non vuole che loro facciano niente, se non lanciare l’urlo di guerra? Perché doveva essere chiaro a tutti che quella conquista era solo opera di Dio e perché questo popolo, e questo Giosuè, avesse chiaro che quel bene, quella vittoria che ne sarebbe derivata, era solamente per opera del Signore. Loro non avrebbero mai potuto far niente e ci sono riusciti solamente perché sono stati fuori, perché hanno lasciato fare a Dio, perché hanno obbedito, perché si sono fidati.
Qual è la cosa difficile? La cosa difficile è veramente lasciar fare a Dio; saper stare al proprio posto, saper stare fermi, mi verrebbe da dire, alle volte, quasi come morti. Cioè, quando si capisce che il Signore in quella cosa ci chiede un atto di fede, affidarsi veramente al Signore e dire: “Okay, fai tu”. Capisco che questa cosa supera radicalmente ogni mia possibilità. O magari potrei anche riuscirci, però interiormente capisco che io, in questa cosa, non devo metterci mano, perché la gloria deve essere solo tua. Perché devo ricordarmi per sempre che questa cosa è stata solo opera tua; io non ho fatto niente.
Poi certo, quando cadono le mura, loro entrano e combattono; però, dopo. Ma, senza l’intervento diretto di Dio, che fa cadere le mura, loro non avrebbero potuto fare nulla. Non ci sarebbe stata nessuna guerra; se anche l’avessero fatta, l’avrebbero persa. E a Dio interessa molto il poter dimostrare a noi la sua onnipotenza, facendoci vedere che l’impossibile diventa possibile, nel modo più incredibile che esista: un giro, sette giri, l’arca, le trombe, il grido di guerra; fine.
Io ho voluto leggervi questo testo, perché credo che, nella vita di ciascuno di noi, arriva il momento di Gerico, ed è un momento veramente duro, veramente difficile. Io vi auguro davvero di cuore, quel giorno, quando arriverà, e voi capirete che è la vostra Gerico, che vi saprete comportare come Giosuè perché, se farete così, sicuramente la vedrete cadere e ne avrete un ricordo incredibile, per tutta la vita, un ricordo bellissimo. Avrete per sempre la memoria di un evento che vi riguarderà direttamente e che voi, come Giosuè, guardandolo, direte: “Non ci posso credere; sono cadute le mura, davvero! E io non ho fatto niente. Io ho fatto qualcosa, sì, la mia parte: ho fatto il giro della città, ho suonato la tromba, va bene, ma era niente, in confronto a quello di cui c’era bisogno. E solo l’intervento di Dio, che si realizzerà sotto i vostri occhi — senza andare a disturbare la mistica — vi farà dire: “Senza il Signore, non sarei riuscito”. E, di norma, come c’è scritto qui, le mura di Gerico non vengono più ricostruite: quando cade, cade, e nessuno più la tira su. Quella veramente è una vittoria definitiva, e quello che si porta a casa, si porta a casa per sempre e non ve lo toglie più nessuno. Un evento del genere sviluppa, nella coscienza, una tale solidità, una tale intimità con Dio, un tale senso di appartenenza, una tale esperienza di fede, che da lì è difficile tornare indietro, perché veramente uno ha visto Gerico crollare e questo non si può dimenticare! Sono quei miracoli che, mi verrebbe da dire, sono ancora più grandi della guarigione dalla malattia. Sono proprio quelle cose che tu vivi in presa diretta, ci sei coinvolto dentro e le vedi proprio realizzarsi; sei testimone e, con i tuoi occhi, vedi realizzarsi questo crollo delle mura di Gerico. E questo ti rimane stampato dentro per sempre.
Per poter capire che quella realtà che stiamo vivendo è Gerico, è fondamentale, come dice San Francesco di Sales, e come dicono S. Teresa di Gesù e S. Giovanni della Croce, avere un bravo confessore. Santa Teresa dice: avere un confessore che sia innanzitutto dotto, che sappia il fatto suo, che conosca le idee dello Spirito e, possibilmente, anche un po’ santo, un po’ spirituale. Perché è importante avere un bravo confessore a cui far riferimento? Perché purtroppo non è facile riconoscere la volontà di Dio, sapere dove Dio mi sta chiamando e cosa Dio mi sta indicando. Non è facile, è vero che non è facile. Spesse volte succede che noi pensiamo che una cosa è la volontà di Dio, invece non lo è, e viceversa. Quindi il consiglio è: innanzitutto pregare per trovare un bravo confessore, poi pregare il doppio per conservarlo, perché, come è stato dato, così può essere tolto, e viene tolto nella misura di come noi gestiamo il dono. Perché guardate, il dono di un bravo confessore è il dono — per me — per eccellenza. Basta che voi andate a leggere Filotea, piuttosto che andiate a leggere S. Giovanni della Croce, per capire che trovare un bravo confessore è veramente una grazia. Che deve essere proprio il confessore che il Signore ha pensato per te, quello che fa bene a te, quello che ti aiuta, quello che ti sa illuminare, che ti sa indirizzare, che sa darti quella parola che sappia effettivamente cogliere la volontà di Dio. Perché ho detto: “pregare il doppio per conservarlo”? Perché, purtroppo, il demonio conosce meglio di noi queste cose e ci crede di più. E lui sa benissimo che, se tu metti un’anima vicina a un bravo confessore, se quell’anima è brava, in breve, vola. Perché è così! È una legge. Perché, se io mi rendo conto — perché ci sono dei segni che il Signore permette, in quella relazione, dei segni che fan capire — che seguendo quelle indicazioni, affidandomi a quella persona, effettivamente, io vedo Dio all’opera nella mia vita, io poi devo fare di tutto per conservare questa grazia perché, ripeto, si può perdere. “Il Signore da, il Signore toglie”, e il demonio fa di tutto, spesse volte, per confondere le carte in tavola, per fare in modo che le cose improvvisamente non vadano più bene, che venga fuori un pasticcio. E quindi, anche dopo aver trovato il confessore, non è che si è fatto tutto; una volta trovato, bisogna chiedere al Signore la grazia immensa di saperlo poi gestire bene, saperlo tenere bene, vivere bene, sapersi aprire bene. Io dico sempre: quando andate dal confessore, vi raccomando, siate non solo sinceri, non basta essere sinceri, bisogna essere trasparenti, perché sennò, invece di farvi del bene, vi farà del male. Perché, se io vado dal dottore e ho la bronchite, e non gli dico che ho avuto la febbre, e non gli dico che ho il catarro, e non gli dico da quanti giorni è che ce l’ho, lui mi dà un tipo di medicina al posto di un’altra. Dopo, se invece di star meglio sto peggio, la colpa non è del dottore, la colpa è mia, perché mi sono dimenticato di dire — o non ho detto volutamente — quelle cose lì. È chiaro che poi la cura è in relazione a quanto io dico.
Quindi, al confessore devo mostrare esattamente tutto, e la prima parte della relazione deve essere impostata proprio sulla conoscenza che, di norma, è l’elenco dei miei peccati, perché è importante dirli, ma mentre io dico i miei peccati, io devo anche dire di me, devo anche parlare di me, devo dire che cosa io mi porto dentro. Perché io non sono solo un mondo di peccati, c’è dentro di me un mondo, che si chiama anima, che è abitato dal peccato, ma soprattutto dalla grazia, soprattutto dai doni che Dio mi ha fatto e che io devo mettere a conoscenza. E ci sono tanti modi per mettere a conoscenza: c’è sia il parlato, ma c’è anche lo scritto. Io posso farmi conoscere attraverso una breve relazione per punti dove, poi, il confessore, se vuole, se ha bisogno, se non capisce, dopo mi chiederà delle specificazioni ulteriori. Ma devo fare di tutto per metterlo nella condizione di conoscere perché, se la persona non parla, o non rivela i sentimenti che ha dentro, io, confessore, non me li posso sognare, e vado per la mia strada, per quella strada che la persona mi fa vedere. Se la persona non mi ha fatto vedere tutto, è peggio per lei. Perché poi, chi la paga siete voi, perché ovviamente il confessore, poi, vede Dio dove non c’è. E Dio non illumina il confessore quando, da parte del penitente, non c’è questa piena disponibilità e volontà alla conoscenza, alla trasparenza, alla sincerità.
Certo che, se io comincio a dire che ho paura di essere sgridato, basta, è già finito. Se avete paura di essere sgridati, avete già finito un cammino spirituale, perché questa cosa qui si fonda sull’orgoglio, sulla superbia e sulla permalosità. Basta, il cammino spirituale è già concluso. Se io già sono mosso dentro dalla paura di essere sgridato, io ho già finito qualunque percorso, non ci sarà mai nessun percorso spirituale, perché essere sgridati fa parte del cammino di maturazione di una persona, succederà, deve succedere, è bene che succeda, che io venga richiamato, anche sgridato, vuol dire che sono stato sincero e trasparente fino all’osso. Ma essere sgridati, a differenza di quello che noi pensiamo, non vuol dire non essere amati, non vuol dire essere amati di meno, non vuol dire perdere la stima del confessore, assolutamente! Questa può essere l’esperienza che voi fate nel mondo, o che, disgraziatamente, si fa con alcuni genitori, ma non è l’esperienza dell’amore. Fa parte dell’amare, sgridare, cioè, rimproverare, richiamare al vero, e questo è fondamentale per crescere; fa parte dell’amare sentirsi dire: “No, questo no!”. Noi invece, quando andiamo a confessarci, vogliamo essere impanati come la cotoletta, accarezzati e amati. No, non si cresce in questo modo! Non è questa la strada! La strada si ha quando si è nella verità, e quando il confessore deve dire: “Purtroppo, la volontà di Dio a me sembra che non sia la tua. Mi sembra di dover dire che forse il Signore ti chiama ad altro”.
E, quindi, gli strumenti sono questi: tanta preghiera, tanta vita cristiana autentica, la lontananza dal peccato, tanta intimità con Gesù e, quindi, un rapporto col confessore: vero, serrato, sincero, trasparente, costante.
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Domanda:
Vorrei fare una domanda riguardo quella logica di fede che bisogna avere per non porsi quel gruppo di dubbi di cui ha parlato prima. A un certo punto, ha elencato una serie di domande e ce n’era un gruppo che, secondo me, erano più logiche delle altre, cioè più “giuste” da porsi; ad esempio: “Ciò che mi ha indicato il Signore, lo faccio la mattina o lo faccio la sera?”. Il senso della domanda è: ciò che nel messaggio di Dio non viene specificato, io come devo affrontarlo, per fare la volontà di Dio?
Dove Dio non precisa e non indica, è perché lascia liberi. E Dio lascia libertà, perché non è un Dio dei morti, ma è un Dio dei vivi. Non ha creato dei cloni, dei robottini, ma ha creato delle persone libere. E c’è una libertà sacra, riconosciuta. E questo si può vedere anche quando Gesù parla con i mistici. Infatti, sono i mistici che, spesse volte, dietro alle indicazioni del confessore, devono andare da Gesù a chiedergli mille spiegazioni, mille precisazioni, declinazioni; perché sennò Gesù non le dà. Anche le indicazioni che da Gesù sui Primi Nove venerdì del mese, se voi andate a leggerle adesso su qualunque sito, vedete una roba molto lunga; ma se andate a leggere la storia di quell’evento, è un rigo: “Io prometto la penitenza finale a coloro che per nove venerdì si comunicheranno”, punto, fine. Ma, siccome questa roba a noi sembra troppo facile, cominciamo a dire: “No, ma questo non basta! C’è questo, c’è questo, c’è questo…” E, facendo così, delimitiamo, costringiamo, rendiamo sempre più invivibile ciò che Dio propone. E diventa veramente disumano, impossibile da vivere, poi.
Quindi: dove Dio non precisa, vuol dire che non è necessario! “Il giro delle mura lo facciamo di giorno o di notte?”. Ma fallo quando vuoi! Basta che tu lo faccia. “Ma dobbiamo farlo di corsa o camminando?”, Ma puoi anche farlo su una gamba sola; fai quello che vuoi, basta che lo fai.
Nelle cose del Signore, noi non dobbiamo cadere — vedi catechesi della volta scorsa — nel: “Ho bisogno di precisare anche le virgole per essere sicuro!”. Perché è questo, che sta dietro, cioè: io voglio essere sicuro, io voglio essere a posto con Dio, io voglio sapere di aver fatto tutto quello che…” Ma il Signore non chiede questo. Il Signore, semplicemente, fa delle richieste molto stringate, molto puntuali, anche precise, ma non ossessive. Poi ti lascia libero di metterci anche un po’ della tua fantasia. Non mettiamo sopra determinazioni, non costruiamo impalcature addosso alle persone. Ci sono delle indicazioni da dare e si danno, e poi ciascuno un po’ si muove secondo anche la sua fantasia, secondo quello che porta nel cuore, secondo la sua creatività, secondo ciò che lo spirito gli suggerisce; con libertà! E vedrete che sarà anche un vivere la fede più bello, più gioioso, più sereno, meno formattato.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.
Informazioni
Padre Giorgio Maria Faré ha tenuto queste catechesi tutti i lunedì alle ore 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza.