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Mercoledì fra l’ottava di Pasqua

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «Mercoledì fra l’ottava di Pasqua»
Mercoledì 12 aprile 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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PRIMA LETTURA (At 3, 1-10)

In quei giorni, Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio.
Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina.
Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò.
Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.
Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 12 aprile 2023.

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal capitolo terzo degli Atti degli Apostoli, versetti 1-10.

Anche noi ci stiamo preparando per camminare, saltare, lodare Dio, come quest’uomo storpio, storpiato, lui nel fisico noi nell’anima, dal peccato, dalla resistenza a Dio. Anche noi ci stiamo preparando per questo camminare, saltare, lodare, perché crediamo profondamente nella misericordia di Dio e quindi, fra qualche giorno, quando ci ritroveremo a Maria Rosa Mistica per celebrare insieme la solennità della Divina Misericordia e per fare il nostro Atto di Offerta quale Vittima di Olocausto all’Amore Misericordioso di Dio, ecco noi ci getteremo in questa fornace ardente. E siamo certi che se lo faremo con totale confidenza, la Misericordia di Dio ci guarirà, ci sanerà da tutte le nostre storpiature che portiamo nell’anima. E allora anche noi salteremo e loderemo e canteremo e balleremo e danzeremo, questa meravigliosa Misericordia del Signore che ci guarisce.

Andiamo avanti con questa nostra preparazione alla solennità della Divina Misericordia; oggi non possiamo assolutamente dimenticare che ricorre la memoria dell’apparizione della Vergine Maria della Rivelazione alle Tre Fontane a Bruno Cornacchiola, avvenuta il 12 aprile 1947. È una data veramente importante, a chi non conosce questa apparizione consiglio caldamente di approfondirla, di leggerla. Io ho letto un bellissimo libro che si chiama Il Veggente di Saverio Gaeta. È un bellissimo libro che, secondo me, soprattutto a noi sacerdoti, fa tanto bene, fa veramente tanto bene. Certo, se lo leggiamo e lo meditiamo con il cuore ben disposto, aperto e anche umile, perché la Vergine Maria alle tre Fontane dice diverse cose per noi sacerdoti e alcune sono dei rimproveri seri, importanti. C’è questa bellissima preghiera scritta da Bruno Cornacchiola alla Vergine Maria, l’ha scritta nella sala delle suore francesi alle 11, mentre esse erano in ritiro spirituale in via Principe Amedeo a Roma. Penso che la posteranno, la metteranno sul sito e quindi la troverete. Una preghiera veramente molto, molto bella e che potremmo proprio tutti, oggi, recitare affidandoci alla Vergine Maria, in questa preparazione per la Divina Misericordia.

E oggi 12 aprile siamo al sesto giorno della novena. Sentiamo che cosa dice Gesù a Santa Faustina:

“Conduci oggi a me le anime miti e umili, come pure quelle dei bambini, e immergile nella mia Misericordia. Sono queste che maggiormente assomigliano al mio Cuore e mi confortarono nell’amaro tormento della mia agonia: vidi che in futuro avrebbero vegliato accanto ai miei altari come degli angeli terrestri. Su tali anime Io verso a torrenti le mie grazie. Solo esse sono capaci di riceverle e quindi posso donare ad esse tutta la mia confidenza”.

Oggi portiamo tutte queste anime belle, le anime miti, umili, sono le anime più belle, portiamo le anime dei bimbi e dei nostri figli, di tutti i bambini piccoli. Sarebbe bello che il giorno della Divina Misericordia se abbiamo dei bambini piccoli portiamo anche loro, e anche loro li affidiamo alla Divina Misericordia. Dobbiamo proprio pregare tanto per questi anime miti, umili, perché si conservino tali.

Andiamo avanti adesso a leggere ancora un pochino del nostro Atto di Offerta: Atto d’Offerta di me stessa, Vittima d’Olocausto all’Amore Misericordioso di Dio di Santa Teresa di Gesù Bambino. Scrive Santa Teresa:

Ti ringrazio, mio Dio, per tutte le grazie che mi hai accordato, in particolare per avermi fatta passare per il crogiolo della sofferenza.

Non dimentichiamoci mai che dobbiamo sapere ringraziare Dio per le grazie che riceviamo, sempre! Ogni giorno al mattino, ogni giorno alla sera, dovremmo iniziare e concludere la giornata con la parola “grazie” per tutti i doni ricevuti di cui siamo coscienti, grazie per quelli ricevuti di cui non siamo coscienti, perché non ce ne siamo accorti, perché siamo superficiali, per tanti motivi  — perché il Signore ce li fa, e poi si nasconde — e grazie per il crogiolo della sofferenza.

In questo tempo storico nel quale la sofferenza sembra aver perso il suo valore, sembra sia stata relegata nella sfera del non senso, sembra che la sofferenza oggi debba semplicemente essere evitata, risolta, in ogni modo possibile. E se non si può risolvere temporaneamente — esempio: ho mal di testa, prendo un’aspirina; sono giù di morale, immediatamente chiamo il mio amico, la mia amica per risolvere la sofferenza — ecco, se non posso risolverla temporaneamente, allora risolverla definitivamente: se ho una malattia terminale, perché soffrire? Facciamola finita, concludiamo, risolviamo definitivamente il tema della sofferenza.

Peccato che la Scrittura e proprio il Mistero Pasquale che stiamo celebrando dicano tutt’altro. Esattamente il contrario. Peccato che questa sia proprio l’ultima tentazione di Gesù: “Scendi ora dalla croce e noi ti crederemo”, ricordate? Da sempre c’è questa tentazione di scendere dalla croce, cioè di risolverla in un modo o nell’altro, di concluderla. Gesù invece resta inchiodato e ci muore su quella croce, per dirci: “Da qui parte il senso di tutto, non da altrove. Questo luogo, la Croce, non si risolve perché questo luogo in realtà è il datore di senso di tutti i luoghi dell’umano”, tutto il contrario.

Quindi quando noi eravamo bambini e subivamo un torto, quando eravamo tristi, quando dovevamo mangiare una cosa che non ci piaceva, piuttosto che ricevere uno sgarbo e avere voglia subito di vendicarci, cosa ci dicevano le nostre nonne, le nostre mamme, la suora, cosa ci diceva? Ci diceva: “Pensa a Gesù, offrilo a Gesù”. Non risolvere, non risolverla questa sofferenza: il cristiano non è quello che risolve la sofferenza, ma colui che affida la sofferenza a Dio; non è colui che risolve la sofferenza in se stesso in un modo o nell’altro, temporaneo o definitivo, ma è colui che dalla sofferenza, nella sofferenza, scopre un progetto.

Questo è il cristiano! La sofferenza non è il buco nero dell’esistenza ma esattamente il contrario: la sofferenza è il luogo massimo dell’appartenenza. “Dio mio, Dio mio”. Ricordate il grido di Gesù: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni, Dio mio, Dio mio”. È il luogo dove “il Crocifisso” chiama ancora una volta il Padre suo. “«Padre Nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò”. Lo sentiamo ancora, questo canto finale di Gesù. La Croce: il luogo sommo della consegna, la Croce è il senso di tutto. Ed è a quel punto che il velo del tempio si squarciò in due, ed è a quel punto che venne il terremoto, ed è a quel punto che si fece buio poi su tutta la terra, e poi è a quel punto che si aprono i sepolcri. Vedete? Ci sarebbero tante cose da dire.

La morte di Gesù apre alla vita, la morte di Gesù diventa vita. Bellissima! La morte di Gesù diventa apertura, “il velo del tempio si squarciò in due”, si apre una porta. Da questo momento in poi Dio, a tutti gli effetti, da adesso, lo puoi e lo devi chiamare Padre. Perché in Gesù ti è assolutamente Padre e noi in Gesù gli siamo figli. 

Quindi Teresina ringrazia per averla fatta passare per il crogiolo della sofferenza. Questi sono i Santi! Per cui abbiamo i bellissimi esempi anche di santi recenti che rifiutano le cure, mi vengono in mente figure come Chiara Luce Badano e tante altre, rifiutano, scusate, non tanto le cure, ma rifiutano i sedativi, gli antidolorifici, per vivere fino in fondo. Non è un masochismo! Pensate Benedetta Bianchi Porro, non è masochismo questo, assolutamente, questo è eroismo, è l’eroismo dell’amore che dicono: “Desidero vivere fino in fondo questo momento di estrema sofferenza”, ma non da solo, non come un eroe: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, quindi come colui che si consegna totalmente al padre.

Per cui dobbiamo reimparare noi e reinsegnare il valore salvifico della sofferenza, e anche il suo valore umanizzante. Anche su questo ci sarebbe da dire, c’è un potenziale umanizzante nella sofferenza. È vero che la sofferenza può abbrutire, ma non un credente; un discepolo di Gesù sa che la sofferenza è il luogo, potremmo dire proprio è la culla, nella quale viene purificato da tutto ciò che lo rende schiavo, da tutto ciò che rende meno uomo. È il luogo proprio della spoliazione e della confidenza, dell’affidamento totale al Padre, che è quello che ha vissuto Gesù, non dimentichiamoci: “Scendi ora dalla croce e noi ti crederemo” — “Salva te stesso”. Vi ricordate? E Gesù tace, prega: “Eloì, Eloì”, si consegna, muore.

Prosegue Teresina:

È con gioia che ti contemplerò nell’ultimo giorno con in mano lo scettro della Croce

 Allora veramente noi andremo incontro a Gesù dicendo: “Quello scettro mi appartiene”. Potremmo baciare quello scettro perché effettivamente ci ha accompagnati per tutta la vita, in un modo o nell’altro. E l’abbiamo accolta, questa Croce, non l’abbiamo cercata — non va cercata — ma quando arriva: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.

Poiché ti sei degnato di farmi partecipe di questa Croce così preziosa, spero in Cielo di rassomigliarti e di vedere brillare sul mio corpo glorificato le sacre stigmate della tua Passione.

Pensate, che bello! Vedete tutto questo tema della Passione e della sofferenza, pensate a Padre Pio che portava le stimmate! Certo, perché nel momento in cui io vengo a essere reso partecipe della Passione di Gesù, è chiaro che c’è poi la speranza di rassomigliargli in cielo e di vedere questi segni della Passione, che non sono altro che segni dell’amore, sono i segni della confidenza, i segni dell’abbandono in Dio, i segni della figliolanza, i segni della sua paternità. Vederli su di noi, “sul mio corpo glorificato”, dice Santa Teresa.

Dopo l’esilio della terra, spero di venire a godere di te nella Patria, ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio solo lavorare per tuo amore, con l’unico intento di piacerti, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.

Quindi c’è questa speranza; sempre avere la speranza della patria celeste. Non voglio ammassare meriti, cioè non è questo lo scopo: ma amarti, piacerti. Tutto ciò che faccio deve essere fatto per amarti, tutto ciò che faccio, che dico, deve essere fatto per piacerti e poi per consolare il tuo Sacro Cuore. 

Vedete che torna il tema del Volto Santo, che ormai abbiamo imparato ad apprezzare tantissimo con la nostra bellissima pratica della devozione al Volto Santo di Gesù, della beata madre Pierina De Micheli. Sappiamo ogni martedì di dover fare una visita al Santissimo Sacramento per riparare le offese ricevute dal Volto Santo di Gesù durante la sua Passione e, chiede la Vergine, per quelle che lui riceve nella Santa Eucarestia. E c’è una bellissima preghiera, bellissima, “Atto di Consacrazione al Volto Santo di Gesù” di Santa Teresina, anche quella bellissima. Io la recito ogni martedì, quando vado a fare la visita davanti al tabernacolo.

E poi torna l’altro tema: il Sacro Cuore. Beh, questo ormai abbiamo imparato proprio ad amarlo, a venerarlo, ad essere devoti, a conoscerlo con la pratica stupenda, meravigliosa dei Primi nove venerdì del mese. E quindi noi dobbiamo consolare, e la sofferenza serve anche a questo, anche a questo scopo, quello della consolazione.

“E di salvare anime che ti ameranno eternamente”. Ecco la missione, ecco perché vi ho detto “La sofferenza non è fine a se stessa”, il fine è la salus animarum, la salvezza delle anime. Quindi, questo lo dico proprio a tutte le persone che sono ammalate, a tutte le persone che soffrono nel corpo e nello spirito. Imparate ad offrire la vostra sofferenza, sicuramente ci sono momenti difficilissimi, pesantissimi, durissimi: imparate ad offrire la vostra sofferenza, ne abbiamo bisogno.

I sacerdoti, noi sacerdoti, abbiamo tanto bisogno della vostra sofferenza offerta, affidata, accolta, riconosciuta. Ne abbiamo bisogno noi sacerdoti, ne hanno bisogno i giovani, ne hanno bisogno le famiglie, ne ha bisogno la Chiesa, ne ha bisogno il mondo: abbiamo tutti bisogno della vostra sofferenza! Ma non della sofferenza in quanto tale, ripeto, ma di questa sofferenza che viene vissuta da cristiani, da discepoli di Gesù. Questa sofferenza che viene trasfigurata dall’accettazione amorosa, dalla confidenza filiale, dall’affidamento totale.

Bene, allora anche oggi siamo andati avanti in questa lettura, non ci manca molto per concludere la meditazione di tutto questo Atto di Offerta. Vi auguro di cuore una Santa giornata e una Santa Preparazione. Mi raccomando arrivate per domenica in grazia di Dio, cioè confessati.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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