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Dio è Amore – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.14

Mistica della riparazione

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Dio è Amore – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.14
Martedì 20 agosto 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 19, 23-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 20 agosto 2024. Oggi festeggiamo san Bernardo abate, dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal diciannovesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 23-30.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di don Divo Barsotti.

Iniziamo oggi un nuovo capitolo, dal titolo:

DIO È AMORE

La giustificazione e il fondamento dell’espiazione e della riparazione sono nella nostra unione con Cristo, ma dobbiamo dire di più. Non solo dobbiamo riparare perché siamo uniti a Cristo, perché la nostra unione con lui è unione con tutti i fratelli, perché la nostra unione con lui è unione con Dio: oltre che per il motivo ontologico, insomma, vi è anche un motivo morale, segreto.

Non è mai separabile, nel cristiano, il fondamento ontologico dell’attività morale, ma l’attività morale procede dal fondamento ontologico. Ora, se la dottrina della riparazione trova un suo fondamento ontologico nel fatto che noi siamo cristiani, inseriti nel Figlio, nel fatto che facciamo presente nella nostra vita il suo stesso mistero, nel fatto che la nostra natura cristiana altro non è che un certo prolungamento del mistero dell’incarnazione divina, questo fondamento ontologico è in ordine a un’attività morale. Infatti la nostra unione con Cristo esige poi la conformità di tutta la nostra vita con lui. Il nostro inserimento nel Cristo, che avviene mediante il Battesimo, fonda la legge di una conformità morale con lui. Noi siamo morti e sepolti con Cristo, come dice S. Paolo, eppure dobbiamo morire. Noi siamo nel Cristo per vivere la sua vita. Nella misura in cui egli vive in noi, noi viviamo la stessa vita di Dio, la vita di un infinito amore.

Dio è amore. La riparazione di fatto è veramente l’atto supremo dell’amore, sia in quanto è diretto verso i fratelli, sia in quanto è ordinato da Dio. La Redenzione è l’atto supremo dell’amore: di fatto, Dio ci ha manifestato il suo amore nella morte sulla Croce. E noi non siamo cristiani che in quanto amiamo, e non amiamo che in quanto ci sentiamo impegnati a espiare per tutti. Questa è l’attività più alta del cristiano.

Avremmo fatto ben poco quando avessimo assistito tutti i malati, soccorso tutti i poveri, educato tutti gli ignoranti. Che cos’è una carità che lenisca tutti i dolori degli uomini, se poi questi debbono morire? La nostra carità differisce la rovina ultima ma non la evita, è perciò una carità inefficace. La morte non si può abolire. Carità più grande è invece quella che immediatamente opera la salvezza soprannaturale, unendo gli uomini a Dio. Se il Cristianesimo si compendia tutto nell’amore e se io devo amare tutti gli uomini, che cosa di più grande posso fare per loro che assumermi il peso del peccato di tutti e implorare misericordia per tutti?

Se la Passione e la Morte sono state l’atto efficace della Redenzione, non è perché la Morte e la Passione dolorosa abbiano di per sé efficacia: l’efficacia è nell’amore che vince la sofferenza e la morte. La sofferenza e la morte sono il castigo del peccato proprio in questo: che la sofferenza abbrutisce l’uomo e la morte lo distrugge. Ma in Cristo la sofferenza fu atto volontario, atto di amore, e la morte fu l’espressione suprema di questa libertà, di questo amore. Non dunque tu ripari in quanto soffri, ma in quanto soffrendo tu ami, tu offri liberamente con Cristo il tuo soffrire, e al contrario dall’essere impedito e paralizzato nella tua libertà, nell’esercizio pieno di una tua consapevole responsabilità, tu vivi l’atto supremo della tua vita nel dono di te stesso a Dio, per il fine stesso per il quale volle morire il Cristo. Chi soffre, e tanto più chi muore, ha come la percezione di essere messo violentemente fuori dal mondo, come se non ne facesse più parte, come se non avesse più alcun potere, come se gli venisse tolta ogni missione; deve invece riuscire, per la sua fede in Cristo, per il suo inserimento nel Mistero, ad essere proprio allora al centro dell’universo, di essere allora al cuore delle cose. Per questo, non voler vedere la morte, non considerarla, volerla scartare dal proprio cammino, non soltanto è vano, ma è anche accettare in anticipo la vittoria del male: la vita del cristiano deve tendere alla morte come all’atto supremo. Devi vederla, devi accettarla, devi volerla, come la vide e l’accettò Gesù, per fare di essa non lo sconsolato riconoscimento di una tua sconfitta, ma l’atto supremo del tuo amore.

Alcune di queste cose, nei tempi passati, le abbiamo già viste, però è utile ripeterle e soprattutto approfondirle. Quindi, la giustificazione (ne abbiamo già parlato), il fondamento dell’espiazione e della riparazione, stanno nella nostra unione con Gesù. E don Divo ci ricorda che, nel cristiano, il fondamento ontologico, che vuol dire il nostro essere in Gesù tramite il battesimo, è il fondamento dell’attività morale. E questa attività morale deriva, procede, da questo fondamento ontologico. Dunque, tutto questo esige da parte nostra una conformità a Gesù, una conformità morale con Lui.

E poi lui dice — giustamente — che la riparazione è veramente l’atto supremo dell’amore. Perché tutti gli altri atti di carità — assistere i malati, i poveri, educare gli ignoranti — non puntano alla salvezza soprannaturale, unendo gli uomini a Dio, perché è proprio questa cosa della espiazione che invece punta immediatamente alla salvezza soprannaturale, all’unione con Dio; perché, appunto, assumo il peccato di tutti e imploro misericordia per tutti.

Lui dice: la morte e la passione di Gesù, che sono stati due momenti dolorosissimi, non sono efficaci per il fatto che sono legati al dolore — cioè, non è il dolore di Gesù che ci ha salvati, perché la sofferenza e la morte sono il castigo del peccato di questo mondo, di noi uomini — ma per il fatto che questa sofferenza fu un atto volontario, un atto d’amore e la morte fu l’espressione suprema di questa libertà, di questo amore; questo ci ha salvati! 

Dunque, tu non ripari in quanto soffri, ma in quanto, soffrendo, tu ami e tu offri liberamente con Gesù il tuo soffrire: questo ripara. E per questo noi non dobbiamo voler allontanare la morte dalla nostra vita, volerla scartare, ma dobbiamo imparare ad accettarla e ad amare la sofferenza che ad essa è collegata. Invece, se voi vedete, tutto in questa società tende e spinge a eliminare ciò che soffre, a spegnere la sofferenza e a spegnere la morte, arrivando addirittura a dire: beh, lo decido io, decido io quando è il momento di morire, decido io quando è il momento di non soffrire più. Perché diventa una sorta di inevitabilità, e quindi, quando è troppo, dico basta. E invece non è questa la strada, la strada del cristiano è un’altra, imparare ad accettare quella sofferenza fisica e/o spirituale, addirittura arrivando fino alla morte, accettarla e offrirla con amore al Signore, per riparare il peccato dell’uomo.

Vedete come in poche parole don Divo ci ha riassunto cosa vuol dire “Dio è Amore”? È per questo che lui dice che dobbiamo puntare alla salvezza soprannaturale dell’uomo. Questo è quello che di fatto rappresenta, significa, la carità suprema. Poi, certo, ci sono tutte le altre forme di carità, ma quella suprema è proprio questa, la salvezza soprannaturale. E questa offerta della propria sofferenza nel proprio dolore, offerta volontaria, offerta accettata, amata, con questa idea dell’espiazione, è ciò che maggiormente punta tutto questo.

Quindi basta poco, eh: con questo tempo, fa caldo, proviamo per un giorno a non lamentarci del caldo. Fra tra tre mesi farà freddo: proviamo a non lamentarci del freddo. Poi inizierà a piovere: proviamo a non lamentarci della pioggia. Perché, se voi notate, quando c’è il sole ci lamentiamo perché c’è troppo sole, quando c’è la pioggia ci lamentiamo perché piove troppo, quando c’è caldo ci lamentiamo perché fa caldo, quando c’è freddo ci lamentiamo perché fa freddo. Non va mai bene! È sempre una lamentazione; proviamo a non lamentarci. Tanto, queste cose, questi piccoli sacrifici, non ci costano niente, no? Ecco. Proviamo a non lamentarci e vediamo quanto siamo capaci di stare ventiquattro ore senza lamentarci, senza criticare, senza sbuffare, senza brontolare, accettando quello che arriva: vedrete com’è difficile.

Ovviamente accettare per offrire, con amore, per riparare.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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