Scroll Top

Gesù attraverso il cristiano pt.4 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.32

Mistica della riparazione

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Gesù attraverso il cristiano pt.4 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.32
Sabato 7 settembre 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 6, 1-5)

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 7 settembre 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 1-5.

Oggi è il primo sabato del mese, quindi ricordo la pratica dei Primi Cinque sabati del mese, richiesta dalla Vergine Maria a Fatima. Poi ricordo che oggi è la vigilia della festa della Natività della Beata Vergine Maria. Domani è domenica, quindi non si potrà fare questa festa — perché liturgicamente prevale la domenica — però comunque sarà opportuno, per tutti noi, vivere questo giorno con una particolare attenzione mariana. Mi sembrava opportuno dirvelo.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di don Divo Barsotti. Proseguiamo il capitolo che abbiamo iniziato giorni fa, dal titolo: “Continua attraverso il cristiano l’azione redentrice del Cristo”. Scrive:

D’altra parte, del peccato degli altri non siamo molto spesso noi stessi direttamente responsabili? Non è la nostra durezza di cuore, non è la nostra poca virtù, non sono i nostri stessi peccati la prima causa o almeno la prima occasione di tante mancanze e di tanti peccati anche degli altri? Di tutta l’infedeltà di coloro che rimangono fuori della Chiesa, non sono colpevoli forse i cristiani che non danno del Cristo una testimonianza così inoppugnabile, così viva da sgominare l’errore, da vincere ogni dubbio in coloro che rimangono al di fuori della Chiesa del Cristo?

Leggo tutte queste domande, sono diverse. Mi sembra un esame di coscienza che dovremmo stampare e ogni giorno rileggere. Un ottimo esame di coscienza, non solamente per segnare i peccati, ma per cambiare vita, per convertirci.

Non sono i cristiani i primi a portare la responsabilità dei peccati del mondo, non solo in forza della loro vocazione, ma prima ancora in forza della loro tiepidezza e della loro infedeltà, a motivo del loro peccato, di un peccato cioè che ha impedito a tutti gli uomini di buona volontà di conoscere Dio e di poterlo amare? Non è vero questo anche per noi? Se i cristiani sono responsabili del peccato del mondo, è proprio perché la loro fede cristiana non traspare così da imporsi ai lontani, non rivela Dio così da potersi comunicare al mondo. Non è anche vero per noi che la nostra povera vita cristiana ha impedito a tante anime di rispondere a Dio?

Guardate, a leggere queste domande, veramente, mi trema il cuore.

Siamo ancora così piccini, così egoisti, così legati a noi stessi, così suscettibili, così mediocri nella nostra vita, che anche coloro che ci conoscono invece di essere portati proprio dalla nostra vita a una maggiore intimità col Signore, forse hanno proprio da essa colto occasione per allontanarsi da lui o almeno per non ascoltarne la voce o per non volerlo seguire pienamente! Quale responsabilità la nostra, e quale colpa abbiamo anche di tutto questo! Proprio a motivo della nostra responsabilità dobbiamo sentirci maggiormente impegnati alla riparazione del peccato umano, all’espiazione del peccato di tutti. D’altra parte, a questa espiazione, a questa riparazione, siamo particolarmente sollecitati dalla nostra unione con Cristo, nella misura in cui noi siamo uniti col Cristo.

Che il Signore ci faccia comprendere, ci faccia sentire che dobbiamo essere veramente impegnati a questa opera che fu e rimane la sua! Che noi tutti avvertiamo questo nostro dovere di assumerci i peccati del mondo, espiandoli, riparandoli nell’umiltà della nostra vita, nell’accettazione piena delle nostre angosce segrete, delle nostre preoccupazioni, dei nostri dolori, di tutte le nostre pene, abbracciando queste nostre pene e questa nostra sofferenza intima col medesimo amore e con la medesima dolcezza, con la medesima gioia, con cui Gesù abbracciò la sua Croce per amore degli uomini, per la gloria del Padre.

Affrontiamo le domande, almeno cerchiamo di dire qualcosa. 

Del peccato degli uomini, chiede don Divo, non è che forse noi siamo direttamente responsabili? 

Tutte le volte in cui additiamo il male fuori da noi, non è che noi forse siamo i responsabili? Di tutte quelle volte che noi additiamo il male negli altri, che noi ci sentiamo così bravi, così buoni, così santi, così giusti, così convertiti, così perfetti. E lui dice: “Non è che forse la durezza di cuore, la poca virtù e i nostri peccati sono la prima causa, o almeno la prima occasione, dei peccati degli altri? 

Pensiamoci bene: durezza di cuore, poca virtù e i nostri stessi peccati, non sono forse loro la causa dei peccati degli altri?

Circa l’infedeltà di tutti quelli che stanno fuori dalla Chiesa, non è che forse magari c’entra la testimonianza che diamo noi cristiani? Una testimonianza che non è inoppugnabile; una testimonianza sciatta, blanda, timida, vuota, inconsistente, alle volte irragionevole. Se uno ti chiede: “Tu perché vai a Messa la domenica?” noi, cosa rispondiamo? Provate a pensare alle nostre risposte. “Ah, perché me l’ha detto la mamma”; “Ah, perché sono abituato a fare così”; oppure, come si diceva una volta: “Ah, perché sennò faccio peccato”.

”Perché tu vai a Messa la domenica?”; “Perché io dovrei venire a Messa la domenica?”. Quando tuo figlio ti dice: “Ma perché devo venire a Messa la domenica?”, cosa vede nei tuoi occhi? Cosa sente nelle tue parole? Una testimonianza inoppugnabile? Una bellezza affascinante, seducente? 

Poi, va a Messa la domenica, e cosa vede? Cosa trova? Non so, chiediamocelo! Un ragazzo va a Messa la domenica e cos’è che trova? Cosa c’è di diverso ad andare a Messa la domenica in chiesa, rispetto a quello che un ragazzo trova fuori? O magari che trova in discoteca, o magari che trova in compagnia degli amici; cosa c’è di diverso? Perché un ragazzo, una persona, dovrebbe andare a Messa (che dovrebbe essere il momento culminante della sua giornata) e dovrebbe rinunciare ad andare con gli amici oppure a stare a letto a dormire? Qual è la ragione motivante per cui mi devo alzare dal letto presto la domenica per andare alla Messa, perché lì trovo qualcosa di più, qualcosa di diverso, qualcosa di più importante rispetto a stare a dormire a letto fino a mezzogiorno. Perché? Voi che ragioni date? “Perché l’ha detto la Madonna”, “Perché sennò, altrimenti …”; perché?

E, infatti, è talmente vero quello che dice don Divo, che alla Messa feriale quanti ci vanno ancora? E questi che vanno alla Messa feriale, che età media hanno? A me sembra che siamo circa dai settanta in su, come età media, ad andar bene, perché alle volte siamo dagli ottanta in su. E quanti sono? Io so di Messe dove alle volte non c’è nessuno, oppure sono in due, o in tre. Ma non sto parlando della Messa feriale delle cinque del mattino, ma della Messa feriale delle diciotto di sera. E la domenica, quanti cristiani ancora vanno con regolarità, con fedeltà, a Messa? Tutte le domeniche? Quanti di questi cristiani arrivano in anticipo? Quanti arrivano in ritardo? E quando uno vede uscire questi cristiani dalla chiesa, vede una testimonianza inoppugnabile di Gesù? Cosa vede? E se uno entra in chiesa durante queste Messe, che cosa vede, cosa sente, cosa partecipa, cosa percepisce?

Uno dice: “Mah, oggi vado a vedere un po’ perché è così importante andare alla Messa. Vado lì, mi metto lì in un angolo e guardo un po’ questi cristiani che vanno alla Messa”; cosa vede? Spesse volte, prima della Messa, vede il mercato. Quindi uno dice: “Vabbè, senti, domani è lunedì, io già devo andare al mercato domani mattina, non è che ho bisogno di andare al mercato la domenica e il lunedì, mi basta andare il lunedì. Quindi, se devo venire alla Messa per vedere il mercato, per fare il mercato, vado direttamente lunedì mattina, che ho tutte le mie amiche, andiamo a comprare il pollo, poi andiamo a comprare il formaggio, poi vado a comprarmi la frutta”. 

“Una testimonianza così viva da sgominare l’errore, da vincere ogni dubbio”

In questo caso: si salvi chi può, veramente! Perché qui, ognuno la pensa come vuole, altro che una testimonianza così viva da sgominare l’errore, da vincere ogni dubbio! Ma se tu prendi cinque cristiani cattolici che vanno a Messa la domenica e fai a tutti e cinque la stessa domanda, hai cinque risposte diverse; anzi ne hai sei, perché qualcuno te ne dà anche due. 

E uno si chiede: “È la vostra fede, è la vostra religione, siete cristiani cattolici, non è che vi posso fare una domanda importante e mi date sei risposte diverse, su cinque che siete! Ci sarà pure un minimo comune denominatore, una fonte comune alla quale attingere! C’è o non c’è? Come posso avere cinque risposte diverse? C’è qualcosa che non torna. E come posso sgominare l’errore? Come posso vincere il dubbio, se mi date cinque risposte diverse; se non siete d’accordo neppure tra di voi, come fate a convincere me? Come fate a dare a me una risposta che sia convincente e mi faccia uscire dal dubbio?”

 Se poi, per caso, questo soggetto “X” fa una domanda (già se fa una domanda di teologia …) di morale a cinque persone, ottiene venti risposte, non cinque o sei, ne ottiene venti. Questo tizio esce e dice: “Guardate, lasciatemi perdere, perché qui sono entrato con un dubbio e sono uscito con venti dubbi”. Non faccio esempi, perché son talmente evidenti e sono talmente diffusi, sono talmente quotidiani, questi esempi, che non c’è bisogno che li facciamo. Ne potrei fare dieci, di esempi, di quanto su questi temi, soprattutto di morale, si ottengono dieci risposte diverse. Ma non li faccio, perché non serve farli, li sapete voi meglio di me. Certo è che poi non possiamo accusare gli altri di non essere fedeli, di non di fare i peccati, di non andare in chiesa, di non avere un cammino di fede.

Se io sono il primo che non do una testimonianza inoppugnabile, che non sono capace di sgominare l’errore e che non do una testimonianza tale da vincere ogni dubbio, allora gli altri rimangono fuori, certo, ma non è colpa loro. Innanzitutto è colpa mia, che sono il primo che non conosce il Catechismo della Chiesa cattolica, perché non l’ho mai letto e perché non l’ho mai studiato. 

Quindi (faccio l’esempio più piccolo possibile) alla domanda: è lecito o no dire una bugia? Esiste la distinzione tra bugie buone e bugie cattive? È vero che ci sono le bugie bianche e quelle non so di che colore, tale per cui quelle bianche io le posso dire? Fate questo esperimento, chiamate le vostre cinque o sei amiche e amici e dite: prendiamo un foglio, prendiamo queste tre domande che ci ha fatto padre Giorgio e ognuno risponde a queste domande sul suo foglio. Poi apriamo i fogli e leggiamo le risposte. Vedete cosa succede! Fatelo!

Ma il catechismo l’avete letto?

Allora, cosa si fa? “Ah, aspetta che scrivo a padre Giorgio o a padre Tal dei Tali per avere la risposta”. Eh no! La logica non è quella del bigino Bignami, non è questa, non è la scorciatoia. Perché, nella vita, non ci sarà sempre un padre Tal dei Tali che ti dà la risposta giusta quando ti serve. Quando tu stai parlando con una persona, la risposta devi averla in quel momento, non puoi dire: scusi, aspetti un attimo che chiamo il padre che gli chiedo. No, devi saperlo tu, e poi devi saperlo innanzitutto per la tua vita, come ci si muove. Don Divo veramente ha ragione…

Poi dice: “Non sono i cristiani i primi ad avere responsabilità dei peccati del mondo, in forza della loro tiepidezza e infedeltà, a motivo del loro peccato, che ha impedito a tutti gli uomini di buona volontà di conoscere Dio, di poterlo amare?”. 

Guardate, questa è la domanda veramente più tremenda… Pensare che io, con la mia tiepidezza, con la mia infedeltà, col mio peccato, con la mia ignoranza colpevole, ho impedito agli uomini di buona volontà di conoscere Dio e di poterlo amare… guardate, credo che sia uno dei rimorsi peggiori che possiamo avere, perché è veramente terribile. 

Un conto che io faccio un peccato, lo faccio io, punto, fine. Altro conto è che io, con la mia vita tiepida, con la mia vita infedele, diventi occasione per impedire a qualcun altro di conoscere e di amare Dio. Questo è veramente terribile, questo è un peso tremendo. 

Certo che come posso non essere tiepido, come possono non essere infedele, se mi confesso una volta all’anno?

Guardate, io li leggo, quasi tutti, i vostri commenti che mettete su YouTube, sulla pagina Facebook, su Telegram; più o meno li leggo quasi tutti, e devo dire: non ci siamo molto! E poi, ogni tanto, vado a leggere anche su altre pagine — sapete ci sono altri confratelli che fanno le omelie, che fanno meditazioni — ogni tanto mi capita di riuscire ad andare a leggere i commenti anche lì, oppure quando qualcuno scrive su cose religiose, leggo i commenti. Ecco, non ci siamo molto! La ragione è questa: io ho la mia idea, io ho la mia impostazione religiosa, questa è quella giusta e io vado avanti per la mia strada, non c’è niente e nessuno che mi possa scalfire; non va bene! Non va bene! Io la penso così e vado avanti a pensarla così.

Guardate, poco tempo fa — vi faccio un esempio, non parlo degli altri, ma di voi che seguite queste meditazioni, e non di tutti voi, ovviamente, di alcuni di voi — io avevo detto: guardate, è importante che impariamo a renderci presenti nel mondo in cui viviamo. Il cristiano, a meno che non abbia la vocazione di essere eremita (che però è un’altra cosa), deve essere inserito nella realtà in cui vive, non può vivere alienato. E vi ho fatto l’esempio dei social. Vi ho detto: come tutte le cose, possono essere usati bene o male. La logica del: “siccome non li ho usati bene, allora adesso non li uso più e mi tolgo da tutto e chiudo tutto e vivo come un eremita”, non è cristiana! Non è giusta, non è equilibrata. Se io, stasera, faccio indigestione di ciliegie e ho una congestione e sto male per due giorni, secondo voi, al terzo giorno, io non mangio più? Cioè, dico: siccome ho fatto indigestione, basta, io adesso non mangio più niente. In capo a un mese sono morto, capite?

Non è questa la logica! La logica non è: siccome ho esagerato, allora adesso chiudo tutto, perché questa non è una logica che educa. “Siccome io son stato un alcolizzato, allora adesso basta, non berrò mai più per tutto il resto della mia vita”. So che fanno così, propongono così, ma io non lo condivido, perché, secondo me, la logica è: sì, per un certo tempo può anche andare, ma poi tu devi imparare a gestire il bere. Perché sennò passeranno dieci anni che non bevi più, arriva il momento in cui tu stai male, sei depresso, ti è successa una brutta cosa, prendi e ti butti giù una damigiana di vino. E sei punto a capo peggio di prima! No! 

Bisogna educarsi a gestire le cose, non a fuggire terrorizzati; perché le cose non sono il male, nessuna cosa è il male, neanche l’alcol. L’alcol non è male, tanto che è usato da Gesù per fare l’Eucarestia! L’alcol non è male, il vino non è male, male è il modo in cui io lo uso, è un’altra cosa. 

Male non è quel social, non è questo, questo, questo — non voglio dire i nomi perché non voglio fare pubblicità a nessuno — il male è come io li uso. Questo è un altro discorso e questo vale per tutti e vale per tutto. Tutto va usato nel modo corretto; “siccome l’ho usato male allora io adesso non lo uso più”; sbagliato!

E infatti, ho letto alcuni vostri commenti, dove voi portate avanti questa logica — non tutti, alcuni — e dite: “Ah no, io prima non l’usavo bene, adesso ho capito che … quindi ho chiuso tutto, ho chiuso qui, ho chiuso questa pagina, ho chiuso quest’altra e mi sono tolto da qua, e mi sono tolto da qua e adesso vivo tutto bello, sereno e tranquillo, lontano da tutto e da tutti. Mi tengo aperta solamente una cosina che guardo ogni tanto, punto, fine”. Ma vedete che ragionamento egoista è questo? Al centro ci sei solo tu e il tuo presunto benessere. Non provi a pensare che proprio il fatto che tu usi quei social può essere innanzitutto di uso per te, per crescere nella conoscenza? Perché attraverso i social posso venire a conoscere delle cose importantissime — articoli, testimonianze, predicazioni, meditazioni — quindi io posso crescere.

Io ho imparato tantissimo da alcuni confratelli di cui ascolto le meditazioni, tantissimo, perché non so tutto! Nessuno di noi è Dio. Quindi io, tutti i giorni, lo dico con molta sincerità, ascolto alcune meditazioni di alcuni miei confratelli che sono presenti su YouTube. Tutti i giorni! Ma da anni! Perché mi servono per la mia formazione, e imparo tantissimo, mi danno tante idee, mi vengono in mente delle cose che magari non mi sarebbero venute in mente. Li ascolto sempre, ogni giorno. Voi ascoltate le mie e io ascolto le loro. Non mi metto ad ascoltare le mie stesse meditazioni! Quindi io ascolto le loro, perché mi fanno bene, sono veramente dei bravissimi sacerdoti.

Quindi, ritornando al discorso, punto uno: i social sono utili per la mia formazione. Punto due: è un modo di fare apostolato. Mi spiego (io faccio sempre così): ascolto la meditazione del padre Tal dei tali ed è bellissima, veramente bellissima, stupenda. Allora faccio: “condividi”, prendo quella meditazione e la condivido con alcune persone che conosco che so che può essergli utile, o a qualche altro confratello o ad alcuni giovani o ad alcune famiglie che conosco, a cui può essere utile, e la invio e dico: “Ascoltatela, è veramente molto bella, può esservi di grande aiuto”. E anche qui, quasi ogni giorno, condivido queste meditazioni, perché, effettivamente, fanno del bene, e quindi io, stando fermo, con un click faccio apostolato. E dico: ecco, io, senza neanche dire una parola, facendo clic col dito, mandando la meditazione a quelle persone, io ho già fatto apostolato. Quindi tranquillo, oggi, anche se non avrò chissà che cosa da dover fare, ho già fatto apostolato, perché ho testimoniato, attraverso quel sacerdote, delle cose bellissime, che possono cambiare la vita di qualcuno. Se quelle persone a loro volta faranno click e condivideranno, vedete come la mia testimonianza “va al quadrato”, poi “va al cubo”, perché poi Tizio condividerà con Caio, Caio con Sempronio e avanti a livello esponenziale, aumenta sempre di più. Sono atti di carità, sono occasioni bellissime di carità.

Se io vi dicessi, invece: “Ah no, no, no, io voglio essere tutto chiuso, lontano da tutto e da tutti, non voglio vedere niente, nessuno, voglio essere purissimo e quindi via questo, via quello, via quello, via quell’altro”, sì, vabbè, io quand’è che cresco? Devo andare a leggere, devo andare a studiare io da solo; eh sì, ma voglio dire, io mi arricchisco anche della testimonianza degli altri: primo! Secondo: e il mio apostolato sarebbe con quei quattro gatti che ho davanti quando faccio un’omelia — con tutto il rispetto dei gatti? In questo modo, invece, quante persone raggiungo?

Ma non c’è niente da fare, non la capiscono, non si capisce. Perché io ho la mia idea e vado avanti per la mia strada. Anche questa è la tiepidezza di cui parla don Divo! Perché rimango tiepido, rimango chiuso dentro il mio bozzolo e non divento mai una farfalla.

Proprio pochi giorni fa, proprio uno di voi mi ha scritto e ho l’e-mail di questa persona, l’ho conservata, perché magari poi qualcuno mi dice che me la sono inventata. Guardate, la prendo adesso, in questo momento, così vi leggo esattamente le parole che mi ha scritto, leggo proprio testualmente:

“Padre, non ci siamo. Un’altra piccola osservazione sul canale YouTube. Almeno per questa bella riflessione — sta parlando della sentenza che io ho fatto il 26 agosto 2024 — non si contribuisce alla diffusione evangelica: su 3522 visualizzazioni (che lui aveva visto in quella data in cui mi ha mandato l’e-mail) ci sono stati 313 likes, troppo poco, mi dispiace”. 

E io gli ho risposto: e io cosa ci posso fare? L’ho detto, ridetto, stradetto, e vedo che anche i miei confratelli che svolgono questo apostolato attraverso Internet, fanno la stessa cosa, lo dicono anche loro; lo dicono, lo ripetono, qualcuno anche ogni giorno, ogni volta lo ripete, lo ridice, lo ridice, lo ripete, ma non c’è niente da fare. Non passa!

Tu hai 3552 visualizzazioni e solo 313 likes, questo in teoria vorrebbe dire che, di queste 3552 visualizzazioni, solamente a 300 persone è piaciuta. Ma a voi sembra possibile? È chiaro che non è così, perché, sennò le altre sentenze, la volta dopo, non avrebbero visualizzazioni così alte. Perché, se questa sentenza è piaciuta solamente a 300 persone, alla quarta sentenza tu avresti al massimo 300 visualizzazioni, giusto? Qui il problema non che è piaciuta o non è piaciuta, qui il problema è che uno non ci pensa proprio! Non gli interessa! E dovrebbe solo fare un click sul simbolo del pollice in su, non ci vuole nient’altro! Ci vuole un secondo: clicca sul pollice in su (quello è un like) e fa girare ulteriormente quella sentenza all’interno del mondo dell’Internet, di YouTube e di quant’altro, secondo la spiegazione che vi ho dato degli algoritmi che ci sono. E infatti questo signore scrive: 313 su 3552 è troppo poco, mi dispiace, la diffusione evangelica non funziona, non gira.

Certo! Perché la logica qual è: “Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdàmmoce ‘o passato,

Quindi: io me la sono sentita, mi è servita, mi è piaciuta, me la sono consumata, “ti saluto Paperino, chiuso, punto e me ne vo’”. 

E gli altri? Vedete quanto siamo egoisti? Vedete quanto siamo superficiali? Se tu mettendo quel like hai la possibilità di farla diffondere… perché devi essere solamente tu a beneficiarne? Non ti è piaciuta? Fai benissimo a non farlo. Ma se ti è piaciuta e non l’hai fatto, eh beh, allora… o lo fai o lo sei, scusatemi ma o lo fai o lo sei, perché non è giusto. E non parlo solo di me, ma parlo di tutti gli altri sacerdoti.

Voi sentite qualcosa che vi piace? Mettete quel benedetto like, perché qualcun altro può trovare la speranza in un momento di disperazione, ascoltando una meditazione. Per caso (anche se il caso non esiste), batte una parola su YouTube e va a scoprire che il padre Tal dei Tali ha fatto quella meditazione su quella cosa e gliela presenta YouTube, perché ha ricevuto tanti like.

Io, infatti, a quella e-mail ho risposto: “Guardi, non so più cosa devo fare. Io l’ho detto, l’ho spiegato, ma tanto vedo che anche gli altri lo fanno e alla gente non gli interessa niente; basta”.

Ognuno di noi ha la sua coscienza e ognuno di noi risponderà davanti a Dio, delle piccole, come delle grandi cose. Uno dice: “Eh, vabbè, adesso devo rispondere anche dei likes?”, andate a leggere cosa scrivono i santi sul giudizio di Dio, poi vediamo se parliamo ancora di piccole cose. È una piccola cosa per te, ma per un altro può essere una grande cosa. 

Devo leggervi tutte le e-mail che ho ricevuto in tutti questi anni? Dove delle persone mi hanno scritto: “Padre guardi, era un momento difficile della mia vita, per caso su YouTube ho trovato questa sua meditazione, mi ha proprio aperto la mente, mi ha dato un po’ di speranza”. Quante persone! 

Quante volte è successo a me! E cosa ci vuole a farlo? Così come: cosa ci vuole a iscriversi a un canale? Ti piace quel canale? Ci vai su tutti i giorni? Lo visiti con frequenza? Iscriviti! Così aumentano le iscrizioni, così gli dai visibilità, così gli dai importanza: è un modo di dire grazie! Invece di star lì a commentare a scrivere i messaggi sotto: grazie, grazie, grazie, prego, prego, grazie, grazie; ma iscriviti e metti i likes e così lo fai girare. Il canale Telegram ti piace? Iscriviti! Ma che! Uno va lì, prende quello che gli interessa e se ne va.

Ripeto, guardate, lo dico non solo per me, non vale solo per quanto riguarda me; perché uno pensa che chi dice queste cose le dice per il suo interesse. Ma cosa volete che mi interessi? Cosa volete che mi interessi? Io non sono partito a fare queste cose, a fare le meditazioni e le omelie, perché mi interessava avere i like! Pensate che io sono così stupido da credere che, davanti al giudizio di Dio, contano i like o contano gli iscritti? Ma chi è che è così stupido?! Il punto è che dobbiamo imparare a dare testimonianze della nostra fede. È un’altra cosa! Il punto è che dobbiamo uscire dalla tiepidezza, dall’infedeltà. Vedete, è questo è il modo di essere fedeli. Lì imparo qualcosa? Diffondilo! Lo impari ascoltando un padre dell’Australia? Diffondi quel padre lì! Lo impari ascoltando quel filosofo? Diffondi quel filosofo lì. Ma non rimanere inerte di fronte a queste cose. Collabora alla diffusione della verità, collabora a fare in modo che il dubbio e l’errore vengano sconfitti. Non avere paura della tua fede, non avere paura di dire: “Signore, sono qua, voglio portare avanti questa fede”.

Mi fermo, abbiamo fatto solamente alcune domande ma io non mi muovo; abbiamo finito il capitolo, ma domani ritorniamo ancora sulle domande, perché queste domande sono troppo importanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati